A Roma l’assemblea mondiale dei mercati contadini. Prandini: “Valore da oltre 4,5 miliardi”

Photo credit: canali social Coldiretti

 

Salvaguardare la biodiversità, valorizzandola. Roma diventa il centro del mondo enogastronomico per la due giorni della World Farmers Markets Coalition, l’associazione che riunisce i mercati contadini del pianeta. Nata nel 2021 su impulso di Coldiretti e Campagna Amica, si tratta di un’organizzazione non-profit che fa parte dei dieci progetti selezionati nell’ambito del Programma Food Coalition della Fao e ha richiamato nella Capitale italiana agricoltori dai cinque continenti per portare le proprie specialità da salvare. I numeri rendono meglio l’idea della portata di questa manifestazione: oltre 70 associazioni rappresentative da 60 Paesi, 20mila mercati coinvolti, 200mila famiglie agricole e oltre 300 milioni di consumatori.

Il Wfmc è un’opportunità per lo sviluppo e la crescita, anche dei Paesi emergenti che si trovavano in difficoltà”, dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, a margine dei lavori che si svolgeranno venerdì 12 e sabato 13 luglio al mercato di Campagna Amica, al Circo Massimo. Il numero uno dei coltivatori diretti ricorda l’esempio italiano: “Grazie a ‘Campagna amica’ abbiamo salvato 30mila imprese, quindi nuclei familiari, creando un valore, all’interno della filiera, nella vendita diretta, superiore ai 4,5 miliardi. Ma soprattutto – aggiunge – creiamo le condizioni perché si possa fare cultura, in termini di informazione, difesa della biodiversità e della distintività del modello agroalimentare italiano e creare le condizioni per le quali ci sia sempre l’attenzione al tema degli sprechi di cibo”.

Altro tema emerso con forza nella prima giornata di assemblea è la necessità di porre un freno alla deriva delle catene globali, nelle quali le grandi multinazionali spingono l’acceleratore verso i cibi ultraprocessati, oltre a sfruttare i territori e le loro risorse, mentre in diverse zone del mondo è la filiera di prossimità a nutrite le popolazioni. “Se riusciremo a fare il chilometro zero a livello globale, creeremmo una opportunità di crescita e attenzione per i cittadini, ma anche per i nostri produttori”, sottolinea ancora Prandini. Supportato anche dai risultati dello studio condotto da Ipes-FoodFood from somewhere: building food security and resilience through territorial markets‘: oltre il 70% della popolazione mondiale è alimentata da piccoli produttori e reti di agricoltori che utilizzano meno di un terzo delle terre agricole e delle risorse globali.

Inoltre, secondo un’analisi Coldiretti su dati Fao, gli agricoltori di piccola scala e a conduzione familiare producono l’80% dell’approvvigionamento alimentare nell’Africa sub-sahariana e Asia. In media, con il fabbisogno alimentare delle città viene fornito principalmente da un’agricoltura attiva nel raggio di 500 chilometri.

Una tendenza che è molto presente anche nel nostro Paese. Anche in questo caso vengono in supporto i numeri delle analisi. Secondo quella condotta da Coldiretti su dati della Noto sondaggi, infatti, il 64% degli italiani, quindi quasi due su tre, preferiscono fare la spesa nei mercati contadini. Non solo, perché il 73% degli intervistati nell’indagine ritiene che acquistare direttamente dall’agricoltore sia il modo migliore per avere la garanzia della sicurezza di quanto portano in tavola tra tutte le forme di distribuzione, dal supermercato al web. Infatti, l’86% dei nostri concittadini vorrebbe avere a disposizione un mercato contadino di prossimità. Percentuale che sale al 93% nelle regioni del Centro.

Dobbiamo garantire, soprattutto nel nostro Paese, prodotti di qualità, quindi anche la differenziazione della produzione è utile e va sostenuta”, afferma il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, tra gli ospiti d’onore della prima giornata di World farmers market coalition. “Allo stesso tempo – continua il responsabile della Farnesina – bisogna sostenere l’industria agroalimentare, che rappresenta un punto di forza della nostra economia reale e del nostro Export. Ne parleremo anche al G7 commercio internazionale di Reggio Calabria”.

Che serva “un nuovo patto tra l’Europa e il mondo agricolo” ne è convinto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Mettendo “al centro la sostenibilità con il mondo agricolo alleato in questa battaglia”. Per il primo cittadino della Capitale è “fondamentale la centralità della riduzione delle emissioni, che non va visto come un pericolo, anzi l’agricoltura può essere alleato non solo dal punto di vista produttivo, ma come forma di cura del suolo e difesa dell’ambiente”. Evitando, però, “lo sviluppo di una industrializzazione che quando fa dell’ultra processato l’unità di misura fondamentale di qualsiasi fase nutritiva delle persone – avvisa Gualtieri – mette in discussione sia la salute delle persone, sia una filiera produttiva di qualità”.

La seconda e ultima giornata del Wfmc sarà aperta dal ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. Le conclusioni, invece, saranno affidate al presidente e al direttore generale del World farmers market coalition, Richard McCarthy e Carmelo Troccoli.

Coldiretti contro l’arrivo in Italia del cibo ‘fake’, blitz nei porti di Bari e Salerno

Photo credit: Coldiretti

 

No fake in Italy“, “Stop falso cibo italiano“, “Basta import sleale“: sono solo alcune delle grida di battaglia lanciate da Coldiretti dal Brennero, che ora arrivano anche nei porti di Bari e Salerno. Sono proprio Puglia e Campania i teatri dei blitz dei coltivatori diretti per impedire l’arrivo in Italia di “importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei“, come spiega il presidente, Ettore Prandini.

Entrando nel dettaglio, l’azione messa in campo a Bari è servita a denunciare l’arrivo in rada della “nave fantasma” con a bordo grano turco “di cui si erano perse le tracce dopo che aveva lasciato la Tunisia, da cui risulta sia stata respinta” spiega l’associazione. Sottolineando che l’arrivo allo scalo pugliese sarebbe avvenuto toccando le coste della Grecia. A Bari, però, sono salpate le imbarcazioni degli agricoltori di Coldiretti “decise a denunciare queste pratiche che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di nostre aziende, facendo crollare i prezzi del prodotto italiano proprio alla vigilia dei raccolti“. I dati parlano chiaro: nel 2023 l’import di grano duro dalla Turchia è aumentato oltre l’800%, dalla Russia di oltre il 1000%, dal Kazakistan del 170 percento e dal Canada del 47, sebbene sia trattato con glifosato secondo modalità vietate a livello nazionale. Inoltre, solo nei primi 2 mesi del 2024 sono arrivati quasi 35 milioni di chili di frumento duro, lo stesso quantitativo dell’intero 2022.

Vogliamo che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull’origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione“, dice ancora Prandini in audizione sul decreto Agricoltura davanti alla commissione Agricoltura del Senato. Il numero uno di Coldiretti apprezza l’apertura del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “Per noi è la madre di tutte le battaglie a livello europeo. Non può e non deve essere l’ultima trasformazione, ma il prodotto che viene utilizzato, che ne deve esaltare l’italianità“.

Proprio per questo motivo i blitz. Il secondo dei quali è avvenuto a Salerno, con gommoni e imbarcazioni sui quali gli associati hanno contestato l’arrivo nei pressi del porto di una nave con 40 container di concentrato di pomodoro cinese, accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze. Un carico che ha iniziato il suo viaggio lo scorso 29 aprile sul treno della China-Europe Railway Express per essere poi trasferito sull’imbarcazione che è poi approdata in Campania dopo un viaggio di oltre diecimila chilometri tra binari e mare. “Il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri“, denuncia Coldiretti. Lo scorso anno l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang nonostante il fatto che gli Stati Uniti ne abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato.

A Salerno è anche il Masaf a muoversi, come conferma il ministro Lollobrigida a GEA, a margine di una visita nel Viterbese. “Ieri abbiamo avuto la segnalazione di una nave che stava per arrivare, che ha chiesto l’autorizzazione a entrare in porto e penso che quando ha saputo che avremmo controllato fino all’ultimo dettaglio del grano che portava e che era stato rifiutato dalla Tunisia, ha girato e se n’è andata. Ma potrebbe avere anche cambiato idea per altre ragioni, non lo sappiamo“. Comunque, assicura, “quel grano non sbarcherà in Italia“. Lollobrigida ribadisce l’impegno sulla “richiesta di revisione del codice doganale” e assicura: “Con noi i controlli sono aumentati. Non accetteremo che la concorrenza sleale dei paesi che non rispettano le stesse regole che imponiamo ai nostri agricoltori e allevatori desertifichi il nostro sistema produttivo“.

La battaglia di Coldiretti: “Il 54% degli italiani è contrario agli insetti a tavola”

Dalla carne sintetica all’approdo sulle tavole di larve e farine di insetti, fino ad arrivare alla tanto dibattuta etichettatura Nutri-score. È un ‘no’ su tutta la linea quello che lancia Coldiretti di fronte ai temi più caldi legati alle “nuove frontiere” dell’alimentazione. Una contrarietà che deriva da differenti motivazioni, anche se la principale è sempre una: la difesa delle produzioni agroalimentari Made in Italy di qualità. In alcuni casi Coldiretti è passata dalle parole ai fatti. Lo testimonia la raccolta firme organizzata per promuovere una legge che vieti la produzione, l’uso e la commercializzazione in Italia del cibo sintetico, dopo il via libera della Food and Drug Administration negli Stati Uniti. Nel volgere di poche settimane la mobilitazione ha ottenuto l’adesione di 350mila persone. Secondo Coldiretti, la diffusione della carne sintetica rappresenta “una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy”. E l’associazione prova a smontare quelle che ritiene fake news diffuse ad arte dai sostenitori della carne da laboratorio: non giova all’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri e non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali.

Non meno critica è la posizione nei confronti dell’ok dell’Ue a diversi insetti per usa alimentare, fatto che secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, rappresenta “la manifestazione più evidente che Bruxelles è totalmente fuori sintonia con la gente”. Un sondaggio di Coldiretti/Ixè afferma che il 54% degli italiani è contrario agli insetti a tavola, con appena un 16% che si dichiara a favore. Secondo l’associazione degli agricoltori, al di là dell’avversità legata a fattori di tipo culturale, l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità: la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi come il Vietnam, la Thailandia o la Cina, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari. Coldiretti, insomma, pretende maggior chiarezza.

Chiarezza che dovrebbe essere tra i principali obiettivi di Nutri-score, il sistema di etichettatura ideato in Francia e basato su un sistema a semaforo per identificare i valori nutrizionali di un prodotto alimentare. “Fuorviante, discriminatorio ed incompleto” è invece la definizione che ne ha dato Coldiretti, mettendo in evidenza come il sistema penalizzerebbe l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine, escludendo dalle tavole dei fiori all’occhiello quali l’olio extravergine d’oliva e il Parmigiano Reggiano. “Un approccio che va combattuto perché fuorviante e anche perché – sottolinea la Coldiretti – apre le porte al cibo sintetico, dalla bistecca fatta nel bioreattore al latte senza mucche, che rappresenta una minaccia letale per l’agricoltura italiana, la salute dei consumatori e la biodiversità del pianeta”. Non stupisce allora che l’associazione guidata da Ettore Prandini abbia accolto con soddisfazione il rinvio almeno al 2024 della proposta legislativa sull’etichettatura europea nutrizionale.

Dal grano al pane prezzi decuplicati: “Troppa speculazione”

Dal grano al pane i prezzi aumentano anche di dieci volte a causa di speculazioni e distorsioni all’interno delle filiere che impoveriscono i cittadini e danneggiano gli agricoltori, strozzati dai rincari record di energia, mangimi e fertilizzanti. Lo denuncia Coldiretti, che prevede un’impennata dell’inflazione che peserà sul carrello degli italiani oltre 8 miliardi nel 2022 mentre nei campi i compensi sono ormai scesi sotto i costi di produzione, costringendo molte imprese a lavorare in perdita.

La guerra ha di fatto “moltiplicato manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari, sottolinea l’associazione, parla di tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali, etichette ingannevoli, taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione.

Il risultato è che, secondo l’analisi su dati Ismea, per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati, appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi. Il pane è uno degli esempi più significativi.

Un chilo di grano viene pagato agli agricoltori intorno ai 35/40 centesimi e serve per produrre un chilo di pane che viene venduto a consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, secondo Coldiretti. L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane resta dunque marginale pari a circa il 10% in media. Ma c’è anche il caso del pomodoro. In una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

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Per riequilibrare la distribuzione del valore lungo la filiera tutelando cittadini e agricoltori, è entrato in vigore il 15 dicembre il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali. Ma contro il caro prezzi una soluzione strutturale è rappresentata anche dalla diffusione dei contratti di filiera per l’equa distribuzione del valore lungo la filiera e per tutelare il reddito degli agricoltori.

Per affrontare questa emergenza causata da guerra e siccità Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare progetti operativi – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Oltre all’accordo con Philip Morris Italia sul tabacco, stiamo progettando investimenti di sistema per il 100% italiano, dalla zootecnia al vino, dal grano alla frutta secca, dall’olio all’ortofrutta. Dobbiamo puntare ancora di più su qualità, sostenibilità, innovazione e ricerca per rafforzare ancora il Made in Italy sui mercati esteri”.

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Emergenza Oro blu. Fiume Po? Uno ‘scenario desolante’

L’oro blu è sempre più prezioso e ora l’allerta è rossa. Tanto da portare i ministeri coinvolti (Politiche agricole, Transizione ecologica, Economia, Affari Regionali) a riunirsi in un vertice straordinario con Palazzo Chigi e la protezione civile e, dopo la richiesta di stato d’emergenza già inoltrata da Piemonte e Emilia Romagna, a far decidere anche al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti di proclamare lo stato di calamità. La situazione più grave riguarda il fiume Po che in questi giorni, a detta dell’Autorità distrettuale di bacino (AdbPo), restituisce “uno scenario desolante”: le storiche portate al ribasso dei giorni scorsi e quella registrata oggi di 180 metri cubi al secondo a Pontelagoscuro (Ferrara) “sono il sintomo chiaro di un generale ed esteso stato di estrema gravità idrica nell’intera area del Po”. Il leit-motiv è non perdere nemmeno un minuto di tempo. A questo servono gli appelli ai decision makers che si sono moltiplicati negli ultimi giorni: occorre accelerare gli interventi amministrativi di emergenza dato che la carenza diffusa di acqua disponibile “condiziona pesantemente le difficoltà di agricoltura e habitat naturale”. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha già chiesto al governo di attivare lo stato d’emergenza con il pieno coinvolgimento della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti: Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, “e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico“. E spiega che “è necessario uno stretto contatto con le istituzioni e per questo abbiamo già attivato tavolo con i ministri Patuanelli e Cingolani che nelle prossime ore si riunirà nuovamente“. Lo stesso responsabile del Mipaaf ha fatto sapere che “la situazione è delicata“, per questo “ci aggiorneremo a livello politico“, per studiare le contromosse.

STATO D’EMERGENZA

Oggi è tornato a riunirsi, per l’ottava volta da inizio anno, l’Osservatorio permanente sugli utilizzi della risorsa nel bacino del fiume Po che raggruppa Regioni, Consorzi di bonifica, associazioni di categoria e concessionari di energia elettrica. “I singoli scenari proiettati da tutti gli enti e portatori di interesse – spiega l’AdbPo – ci consegnano una realtà drammatica, aggravata dalla prospettiva di una assenza ulteriore di precipitazioni per un minimo di almeno 10-12 giorni e comunque solo temporalesche e con temperature roventi”. E se il tempo stringe, precisa l’Autorità di bacino “sono oltremodo stringenti anche le tempistiche dei numerosi summit regionali e nazionali destinati a razionalizzare e centellinare l’utilizzo per tutti gli usi dell’acqua disponibile”. Piemonte ed Emilia-Romagna hanno infatti già inoltrato richiesta di stato d’emergenza al Governo, anche alla luce del protocollo sugli impieghi che per legge prevede dapprima quelli civili per le forniture del comparto idropotabile, poi quello agricolo e via via tutti gli altri. E se il Piemonte ha chiesto aiuto alla vicina Valle d’Aosta, il presidente Lavevaz ha risposto che anche nella sua regione si stanno “riscontrando gravi criticità dovute alla carenza idrica“, per questo è difficile che possa “rispondere a un’emergenza ampia come quella che si sta configurando“. A breve si potrebbe aggiungere la richiesta di stato di emergenza anche del Veneto, mentre la Regione Lazio annuncerà lo stato di calamità. Il governatore Nicola Zingaretti ha spiegato che “servirà ad adottare immediatamente le prime misure e invitare i sindaci alle prime misure di contenimento perché dobbiamo prepararci a una situazione molto critica“. Parla di situazione “abbastanza grave” anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Noi stiamo attenzionando questo problema da un mese e mezzo e abbiamo già raggiunto nei mesi scorsi degli accordi con gli agricoltori per realizzare interventi che utilizzino nel modo migliore la poca acqua di cui disponiamo”, spiega Fontana, intervistato da GEA. Per fare un esempio, “abbiamo concordato con loro di rinviare alcune semine per darci la possibilità di raccogliere maggiore acqua nei laghi che poi abbiamo rilasciato al momento opportuno”. Ma anche con i gestori dei bacini idroelettrici sarebbe già stato raggiunto un accordo sul “rilascio graduale di una quantità importante di acqua che deve servire proprio in questi giorni per mantenere le irrigazioni”. Il problema, secondo Fontana, è che “si possono realizzare tutte le alchimie di questo mondo, ma se manca la materia prima che è l’acqua prima o poi anche le alchimie rischiano di saltare”.

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SCENARIO ROSSO

Il più grande fiume italiano è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume”, ha annunciato la Coldiretti rimarcando l’importanza del Po sull’ecosistema della pianura padana “dove per la mancanza di acqua è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo”. Secondo il monitoraggio Coldiretti, il livello del Po a Ponte della Becca (Pavia) è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso registrato nel Ferragosto 2021. “La siccità colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le coltivazioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, in un momento in cui è necessario garantire la piena produzione con la guerra in Ucraina”, ha spiegato l’associazione delle imprese agricole. Lo scenario nel distretto padano si fa dunque obbligatoriamente ‘rosso’ e prevede lo stop totale e immediato dei prelievi.

SOLUZIONI TAMPONE E PERICOLO INCENDI

Una soluzione tampone potrebbe essere quella individuata dal segretario generale dell’AdbPo, Meuccio Berselli: un provvedimento transitorio per equilibrare in modalità sussidiaria l’uso della risorsa rimasta, con il -20% dei prelievi per continuare comunque l’irrigazione e garantire la risorsa idrica al Delta che vede una risalita di acque dal mare Adriatico arrivata oggi a oltre 21 km. “Per quel che resta in termini di quantità disponibile – ha spiegato Berselli – assicuriamo la continuità dell’irrigazione all’agricoltura, pur in maniera ridotta, mantenendo come primo obiettivo l’idropotabile. Proseguendo così il prelievo dai laghi si garantisce la continuità irrigua. Giunti a questi livelli ogni decisione porta con sé margini di criticità ma il traguardo, in ottica di area vasta, è minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e organi di governo”. All’emergenza siccità oltretutto si aggiunge quella legata agli incendi. Le alte temperature e l’assenza di precipitazioni hanno infatti inaridito i terreni nelle aree più esposte al divampare delle fiamme. Sempre secondo Coldiretti, i roghi si sono triplicati nell’ultimo anno rispetto alla media storica, con un più di un rogo ogni due giorni dall’inizio del 2022.

IDROELETTRICO IN PANNE

A correre ai ripari, lanciando l’ennesimo allarme, è persino l’associazione ‘Elettricità Futura‘ che raggruppa le imprese del mondo elettrico. Risulta ad esempio “scarsissima” la produzione idroelettrica attuale e “aumenta il pericolo per il raffreddamento delle centrali termoelettriche”. Nonostante questo, spiega Elettricità Futura, “il settore si rende disponibile a collaborare con le Regioni e con Terna per sostenere il comparto dell’agricoltura“. Dal canto suo Terna ha confermato una “produzione idroelettrica estremamente ridotta, con riserva al minimo degli ultimi anni“. Dall’Osservatorio sul fiume Po è giunta anche la raccomandazione della Protezione civilea una gestione coordinata e solidale nei rilasci nell’intero distretto del fiume Po“. L’attenzione “è altissima”, spiegano gli esperti “dopo la ricognizione sui potabilizzatori del Delta fatta insieme alla Regione Emilia-Romagna, in particolare gli impianti dei gestori Acque Venete e Romagna Acque, che servono quasi 700-800mila persone grazie a 7 centrali di potabilizzazione“. Alta attenzione “anche sugli impianti di raffreddamento delle stazioni termoelettriche“.

NEI TERRITORI

La situazione nei diversi territori varia tra situazioni definite “preoccupanti” a altre “gravissime. L’AdbPo denuncia infatti che la crisi idrica è “molto accentuata” nell’area occidentale dell’Emilia, specie nelle province di Parma e Piacenza, fino all’Enza e poi in parte del Modenese e in tutta la zona Ferrarese e Bolognese. “Anche l’acqua nei terreni è quasi del tutto assente” è stato spiegato nell’Osservatorio, senza contare che sono confermate “temperature fino a 36 gradi e piogge solo sporadiche e temporalesche di scarsa intensità“. In Lombardia la riduzione dell’apporto di quasi tutte le portate degli affluenti verso il fiume Po “è drastica, spiega l’AdbPo mentre solo il lago di Garda resta al 60% della sua capacità di riempimento. Anche il lago Maggiore, principale magazzino di risorsa essenziale per il Po, è solo al 24% della sua capacità di invaso. Non si può nemmeno sperare in un aiuto dal cielo: secondo Arpa Lombardia, “per quanto concerne la temperatura si sono registrati picchi fino a +5 gradi sopra la media“. Per quanto riguarda il Veneto e il Delta del Po, l’AdbPo segnala che a Porto Tolle (Rovigo) “si interrompono le derivazioni irrigue fino a oltre 20 km dalla costa per l’intrusione del cuneo salino, quindi con parziale utilizzo delle derivazioni irrigue, perlopiù la notte e con la bassa marea. Oggi dal Po si derivano solo 8 metri cubi al secondo, pari ad oltre 60% in meno di portata“. L’Osservatorio tornerà a riunirsi a Parma il 29 giugno.

irrigazione siccità

Allarme siccità, Anbi-Coldiretti: Acqua insufficiente e made in Italy a rischio

Da 4 mesi che non c’è una goccia d’acqua, il Po è un rigagnolo, i fiumi sono diventati torrenti, le montagne hanno perso 3 metri di neve che erano la nostra riserva, il rubinetto“. Quello di Alessandro Folli presidente di Anbi Lombardia, non è più un campanello d’allarme ma quasi una ‘chiamata alle armi’ per istituzioni, consorzi di bonifica, associazioni di categoria e stakeholder. La grande sete assedia infatti città e campagne, il Po sta vivendo un periodo di siccità come mai negli ultimi 70 anni. Sono spariti 3 metri di neve dalle montagne, i laghi si svuotano e nei campi, ormai disidratati, la siccità ha già provocato danni che Coldiretti quantifica in 2 miliardi di euro.

Proprio la principale associazione dell’agricoltura italiana ha ribadito quali sono le priorità durante il convegno ‘Sicurezza alimentare e qualità delle risorse idriche: opportunità della normativa europea sul riuso delle acque depurate in agricoltura’ organizzato a Milano da Anbi e Anbi Lombardia. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha esordito con una stoccata alla politica e ai decision-makers: “La situazione della siccità è altamente critica – ha spiegato – e negli anni la politica si è seduta e ha lavorato solo sulle emergenze, ma noi da tempo chiediamo investimenti significativi per bacini di accumulo. Si era ritenuto che fosse un’esigenza secondaria“. Ma non bisogna solo dare risposte sull’emergenza ha spiegato il presidente di Coldiretti, nel suo videocollegamento a Palazzo delle Stelline: “Dobbiamo essere lungimiranti perché senza soluzioni, la crisi che stiamo affrontando porterà a un’esplosione dei costi dei prodotti trasformati e commercializzati. Costi già in aumento per i prezzi dell’energia e per indisponibilità, ad esempio, di fertilizzanti“.

Se in ordine di priorità le necessità umane sono al primo posto, immediatamente dopo c’è l’agricoltura: “Non dobbiamo perdere il vantaggio competitivo dell’export agroalimentare Made in Italy, dobbiamo creare occasioni per produrre di più, specialmente in periodi come questi”. Secondo Prandini, “destinare acqua all’agricoltura non è fare una cortesia a noi di Coldiretti perché lo chiediamo da anni, ma significa avere visione e lungimiranza. Questo chiediamo alle istituzioni: uscire da questa logica dell’emergenza. Necessario è pianificare a medio-lungo periodo affinché si possa trattenere il massimo dell’acqua piovana e delle acque reflue“. Per Coldiretti “raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo”.

Uno sforzo di collaborazione e confronto è quello chiesto dalla stessa Anbi. “Sono anni che a livello nazionale si parla di riutilizzo acqua – ha chiarito Folli – ma le utility hanno i depuratori che poi scaricano l’acqua: il confronto dev’essere serio tra coloro che danno acqua all’agricoltura e coloro che depurano le acqua come enti locali e le stesse utility“. Oltre all’utilizzo massimo delle acque reflue, la soluzione proposta anche da Coldiretti è un piano di investimento lungimirante su reti di invasi e bacini di accumulo. “È necessario creare le condizioni per recuperare le acque depurate e al contempo avere la consapevolezza che tutte le difficoltà che stiamo vivendo ricadranno sul nostro mondo“, ha denunciato Prandini, secondo cui “le parole fanno la differenza. Chiedere lo stato di calamità è un errore perché ci fermiamo a evidenziare solo i danni economici alle imprese. E servono 2-3 anni per i ristori che sono comunque cifre esigue. Dobbiamo invece chiedere lo stato di emergenza collegato all’intervento della Protezione civile per ridurre i passaggi burocratici e coinvolgere tutti i soggetti, dalle Regioni ai Comuni fino ai Consorzi di bonifica“. Questo è peraltro ciò che ha chiesto lo stesso Prandini al premier Mario Draghi in una lettera.

Parla di situazione “abbastanza grave” anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Noi stiamo attenzionando questo problema da un mese e mezzo e abbiamo già raggiunto nei mesi scorsi degli accordi con gli agricoltori per realizzare interventi che utilizzino nel modo migliore la poca acqua di cui disponiamo” spiega Fontana, intervistato da GEA. Per fare un esempio, “abbiamo concordato con loro di rinviare alcune semine per darci la possibilità di raccogliere maggiore acqua nei laghi che poi abbiamo rilasciato al momento opportuno”. Ma anche con i gestori dei bacini idroelettrici sarebbe già stato raggiunto un accordo sul “rilascio graduale di una quantità importante di acqua che deve servire proprio in questi giorni per mantenere le irrigazioni”. Il problema, secondo Fontana, è che “si possono realizzare tutte le alchimie di questo mondo, ma se manca la materia prima che è l’acqua, prima o poi anche le alchimie rischiano di saltare”. Le prospettive effettivamente non sono rosee data l’assenza ulteriore di precipitazioni per un minimo di almeno 10-12 giorni. Perciò ogni minuto per arginare l’emergenza diventa prezioso e a breve si riunirà nuovamente il tavolo con i ministri dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

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Made in Italy tarocco: due prodotti tricolori su tre sono falsi

Vero o falso made in Italy? Al ristorante, al supermercato, in enoteca o in macelleria: occorre fare sempre più attenzione nella scelta degli alimenti da mangiare o acquistare. Arriva da Coldiretti e ‘Filiera Italia‘ l’allarme relativo alla crescente diffusione di prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Per colpa del cosiddetto ‘italian sounding‘ – stima l’associazione – sale a 120 miliardi il valore del falso made in Italy agroalimentare nel mondo. Ormai, purtroppo, due prodotti tricolori su tre sono falsi e senza alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese.

Nella top ten degli alimenti più taroccati troviamo anche:

  • Il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. La produzione delle copie di questi formaggi ha superato quella degli originali: dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tutti i continenti;
  • I salumi più prestigiosi, come il prosciutto di Parma o la mortadella Bologna, storpiata come mortadela e con indicazioni geografiche false come siciliana o con carne diversa da quella di suino;
  • Vini: dal Chianti al Prosecco, che non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata. Ne sono un esempio il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova.

 

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Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy, a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese, potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia.