Il dl Agricoltura è legge. Misure da caporalato a Tea, grano, maltempo e Blue economy

Con il via libera definitivo della Camera dei deputati (48 sì e 71 contrari), il decreto Agricoltura diventa legge. Il testo, firmato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, somma una serie di misure dal valore di circa 500 milioni di euro. “Ringrazio tutti i parlamentari che hanno sostenuto questo decreto, i sottosegretari Patrizio La Pietra e Luigi D’Eramo, e i presidenti delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato, Luca De Carlo e Mirco Carloni – commenta il responsabile del Masaf -. Mettiamo a terra importanti interventi per il settore agricolo, della pesca e dell’agroalimentare, ne potenziamo l’impatto e introduciamo nuovi strumenti per affrontare le crisi e le emergenze. La conversione in legge del decreto rappresenta un importante tassello della strategia complessiva che il Governo Meloni ha disegnato per lo sviluppo del settore agricolo e della pesca e che mira in prospettiva a rilanciare complessivamente l’agricoltura italiana anche a livello europeo e mondiale”.

“Abbiamo messo a disposizione oltre 500 milioni di euro per sostenere le filiere in difficoltà, affrontare le emergenze, garantire maggiori controlli, specialmente sulle importazioni e assicurare un giusto reddito ai nostri produttori”, ha sottolineato il ministro. “Inoltre, abbiamo rafforzato, insieme alla ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, le azioni a contrasto del caporalato e contro le pratiche sleali per chi compra prodotti agricoli sottocosto, perché le eccellenze del nostro made in Italy devono essere legate non solo alla qualità indiscussa delle produzioni agricole italiane, ma anche alla dignità dei lavoratori agricoli. Continueremo a sostenere i nostri pescatori, agricoltori e imprenditori che ogni giorno fanno grande la nostra Nazione. La difesa del settore primario rappresenta un interesse centrale per il Governo”, ha concluso il ministro.

Passando alle misure, è prevista una moratoria su mutui e finanziamenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura che nel 2023 hanno subito un calo del volume d’affari di almeno il 20% o hanno subito una riduzione della produzione pari da almeno il 30 percento o, nel caso delle cooperative agricole, una riduzione almeno pari al 20% delle quantità conferite o della produzione primaria. C’è, infatti, la sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui e dei finanziamenti in scadenza nel 2024, oltre alla proroga (sempre per 12 mesi) dei termini di rimborso senza oneri per le parti e il differimento automatico della scadenza delle garanzie rilasciate dal Fondo di garanzia e dall’Ismea.

Il Fondo per la sovranità alimentare aumenta di 1 milione per il 2024 e di 10 milioni per il 2025 e 2026. Dal Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura 32 milioni vengono destinati ai produttori di grano duro e dell’intera filiera produttiva cerealicola, alle imprese e i consorzi della pesca e dell’acquacoltura per interventi di conto capitale destinati al sostegno e allo sviluppo della filiera ittica e di contrasto alla crisi dovuta al granchio blu. Per il 2024 viene concesso un credito di imposta per investimenti nella Zes unica per il settore della produzione primaria di prodotti agricoli e della pesca e dell’acquacoltura.

Sulla genetica agraria, le cosiddette Tea (Tecniche di evoluzione assistita), rispetto al dl Siccità del 2023, è prorogato al 31 dicembre 2025 il termine per le attività di ricerca presso siti sperimentali, consentendo, dietro autorizzazione, “l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi prodotti con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici“. Confermato l’incremento a 600 milioni della dotazione per la card ‘Dedicata a te, riservata ai nuclei familiari residenti in Italia e iscritti nell’anagrafe comunale, con Isee non superiore a 15mila euro annui, per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità, carburanti e abbonamenti ai mezzi pubblici. Ai Comuni, come da legge di Bilancio 2024, vanno 4 milioni per le spese di comunicazione ai beneficiari sostenute.

C’è una parte di decreto dedicata ai danni provocati dal maltempo, con un sistema di ristori per il settore agricolo per i danni provocati da frane nelle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche. La copertura finanziaria è di massimo 8 milioni per il 2024. Inoltre, per tutto l’anno in corso c’è una riduzione di premi e contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, a tempo indeterminato o a tempo determinato, operante nelle zone agricole particolarmente colpite.

In commissione sono state introdotte norme transitorie in materia di ammortizzatori sociali per sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa connesse a eccezionali situazioni climatiche, con una Cassa integrazione salariale operai agricoli che ha limite di spesa pari a 2 milioni di euro per il 2024.

Il dl Agricoltura rafforza anche l’attività di controllo con il Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura, che coinvolge ministero del Lavoro, Masaf, Viminale, Inps, Inail, Inl, Agea e Istat. E ancora, al personale ispettivo del comando Carabinieri per la tutela del lavoro in forza presso viene dato accesso a tutte le informazioni e banche dati, sia in forma analitica che aggregata, trattate dall’Inps. L’Istituto nazionale di previdenza sociale e l’Inail, nel 2024, potranno assumere con contratto a tempo indeterminato, 403 e 111 nuove unità di personale.

Scorrendo ancora il decreto, aumenta di 44 milioni nel 2024 la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, di cui 4 milioni per gli interventi di sostegno ai produttori di kiwi e 40 milioni per i danni da attacchi di peronospora alle produzioni viticole. In più, il Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole viene incrementato di 2,5 milioni nell’anno in corso e il 2025, mentre il Fondo per il funzionamento delle Commissioni uniche nazionali di 600mila euro l’anno a partire dal 2024.

Per sostenere le imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per il 2024 per i reimpianti e le riconversioni tramite cultivar di olivo resistenti, nonché per le riconversioni verso altre colture.

Per la trasparenza dei mercati nel settore agroalimentare arriva il cosiddetto ‘Granaio Italia‘, ovvero l’obbligo, per le aziende che acquistano e vendono, a qualsiasi titolo, cereali nazionali ed esteri, di comunicare al Masaf, in forma cumulativa e aggregata, il volume totale delle operazioni effettuate ogni tre mesi, attraverso un apposito registro telematico istituito presso il Sian.

Passando alla parte ‘energia’ del provvedimento, viene limitata l’installazione degli impianti fotovoltaici a terra, che sarà autorizzata solo dove sui siti sono già installati impianti della stessa fonte, le cave e le miniere cessate non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, nonché le discariche e i lotti di discarica chiusi o ripristinati, i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie e delle società concessionarie autostradali, quelli delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli di pertinenza di aeroporti delle isole minori, le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti e le aree classificate agricole i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento e le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. Inoltre, la durata dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie su terreni nelle aree considerate idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non può essere inferiore a sei anni. In sede referente, sono state introdotte misure per garantire la continuità produttiva agli impianti di biogas e biometano alimentati con biomasse agricole.

Viene rifinanziato con 5 milioni nel 2024 e 15 milioni nel 2025 il Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza. Contro il granchio blu è prevista la nomina fino al 31 dicembre 2026 di un commissario straordinario nazionale, mentre per il piano di intervento sono assegnati 1 milione per il 2024, 3 milioni per il 2025 e 6 milioni per il 2026.

Per rafforzare le funzioni dell’Arma dei Carabinieri in materia di tutela agroalimentare è istituita la figura del personale ispettivo con compiti di polizia agroalimentare. Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma, poi, passa alle dipendenze del Masaf. Ancora, per razionalizzare il sistema di controllo la società Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell’agricoltura (Sin) viene incorporata nell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea).

Arriva, poi, come modificato in sede referente, il Dipartimento per le politiche del mare, con funzioni di coordinamento, indirizzo e promozione dell’azione del governo sulla materia. Viene contestualmente soppressa la Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

C’è anche l’ex Ilva nel decreto, con il via libera ad altri 150 milioni di euro da poter trasferire all’amministrazione straordinaria della società Acciaierie d’Italia, portando così il totale dei fondi a 320 milioni, per garantire la continuità operativa degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale e la tutela dell’ambiente.

Infine, viene istituito, presso l’Inps, una banca dati degli appalti in agricoltura e in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare è concessa all’Icqrf l’autorizzazione a chiedere agli acquirenti tutte le informazioni necessarie, con l’acquisizione di documenti contabili relativi alle attività di vendita, per facilitare indagini sulle eventuali pratiche vietate.

Commissione Ue, parte il toto-nomi in Italia. Ma prima va chiusa la partita dei ‘Top Jobs’

La partita europea entra già nel vivo. Chiuse le urne e completati i conteggi, il negoziato sembra avviato sulla linea di una possibile riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue, ma stavolta la maggioranza potrebbe allargarsi a Verdi e Ecr, quanto meno a nuclei della famiglia dei Conservatori europei. Dunque, anche la composizione della squadra di governo continentale potrebbe essere più ‘larga’ del previsto, nonostante le iniziali ritrosie dei Socialisti. Prima, però, vanno definiti i cosiddetti ‘Top Jobs‘, ovvero i ruoli di vertice: Presidenza di Commissione e Consiglio, alto rappresentante per la politica estera, per intenderci. L’Italia può dire la sua, forte del fatto che l’esecutivo – uno dei pochi nel Vecchio continente – non ha subito contraccolpi dal voto, anzi ne esce rafforzato, in particolar modo la premier, Giorgia Meloni.

Non sarà una fase facile, né veloce anche se i rumors sono indirizzati verso la soluzione dei negoziati entro il 18 luglio. In questo lasso di tempo dovranno essere scelte anche le figure dei commissari con la relativa assegnazione delle varie deleghe. Ed è qui che si fa più calda la situazione nel nostro Paese. L’Italia vorrebbe un ‘ministero’ di peso: le voci di corridoio dei palazzi della politica suggeriscono di tenere d’occhio le deleghe alla Concorrenza (sarebbe il vero obiettivo di Meloni), ma anche l’Agricoltura, il Mercato interno o addirittura l’Energia, che potrebbe chiudere il cerchio di quel Piano Mattei su cui Palazzo Chigi sta puntando molte delle sue fiches di politica estera. Difficile, ma non fantascienza, che al nostro Paese venga assegnata la Difesa, mentre potrebbe rivelarsi un boomerang accettare eventualmente la delega agli Affari interni, che in pancia porta la delicata questione dei flussi migratori, storicamente divisivo in Europa.

Una volta deciso chi farà cosa, allora si potrà passare alla fase dei nomi. Sebbene il pallottoliere stia già andando a mille dalle parti di Roma. Finora sono tre i ministri del governo Meloni che hanno pubblicamente fatto sapere di non essere disponibili: in primis Giancarlo Giorgetti, che ha ripetuto spesso (e volentieri) di preferire il campo italiano a quello europeo. Si chiama fuori dai giochi anche Adolfo Urso, che vuole completare il lavoro al Mimit: “Il Paese ha altre personalità che saranno sicuramente più adeguate del sottoscritto, io certo non posso mollare quello che faccio“. Out pure Antonio Tajani, che più chiaro non poteva essere: “Ritengo non si debba tornare dove si è lavorato per 30 anni“, aggiungendo che preferisce restare alla Farnesina.
Sul taccuino, dunque, resta Raffaele Fitto, che in questi due anni ha avuto stretti contatti con Bruxelles nel suo ruolo di ministro degli Affari Ue, della Coesione e del Pnrr. Ma nelle ultime ore sono circolate altre ipotesi, altrettanto valide, come quella di Roberto Cingolani, attuale ceo di Leonardo con un passato da ministro della Transizione ecologica nel governo di Mario Draghi. Sarebbe un ‘tecnico‘, certo, ma con esperienza istituzionale, che alle latitudini europee conta eccome come criterio per essere scelto. Ancora, della squadra dell’ex Bce potrebbe avere il phisique du role Vittorio Colao, che ha guidato una multinazionale come Vodafone e ha fatto il ministro dell’Innovazione e Transizione digitale.

I bene informati non escludono, però, colpi di scena. Come Maurizio Leo che, però, ha ‘solo‘ gli ultimi due anni da viceministro dell’Economia nel suo curriculum politico da poter spendere a Bruxelles, dove è preferibile avere personalità che abbiano ricoperto cariche di maggiore responsabilità, sebbene il Mef sia considerato un dicastero assolutamente ‘pesante‘. Nella ruota dei ‘papabili‘ restano comunque Gilberto Pichetto (Mase) e Guido Crosetto (Difesa), così come a mezza bocca è circolato il nome di Francesco Lollobrigida, attuale ministro dell’Agricoltura, forse la persona più vicina alla premier. Molto difficile che possa traslocare dal Masaf, ma in politica vige una sola regola: ‘nulla è impossibile.

Coldiretti contro l’arrivo in Italia del cibo ‘fake’, blitz nei porti di Bari e Salerno

Photo credit: Coldiretti

 

No fake in Italy“, “Stop falso cibo italiano“, “Basta import sleale“: sono solo alcune delle grida di battaglia lanciate da Coldiretti dal Brennero, che ora arrivano anche nei porti di Bari e Salerno. Sono proprio Puglia e Campania i teatri dei blitz dei coltivatori diretti per impedire l’arrivo in Italia di “importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei“, come spiega il presidente, Ettore Prandini.

Entrando nel dettaglio, l’azione messa in campo a Bari è servita a denunciare l’arrivo in rada della “nave fantasma” con a bordo grano turco “di cui si erano perse le tracce dopo che aveva lasciato la Tunisia, da cui risulta sia stata respinta” spiega l’associazione. Sottolineando che l’arrivo allo scalo pugliese sarebbe avvenuto toccando le coste della Grecia. A Bari, però, sono salpate le imbarcazioni degli agricoltori di Coldiretti “decise a denunciare queste pratiche che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di nostre aziende, facendo crollare i prezzi del prodotto italiano proprio alla vigilia dei raccolti“. I dati parlano chiaro: nel 2023 l’import di grano duro dalla Turchia è aumentato oltre l’800%, dalla Russia di oltre il 1000%, dal Kazakistan del 170 percento e dal Canada del 47, sebbene sia trattato con glifosato secondo modalità vietate a livello nazionale. Inoltre, solo nei primi 2 mesi del 2024 sono arrivati quasi 35 milioni di chili di frumento duro, lo stesso quantitativo dell’intero 2022.

Vogliamo che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull’origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione“, dice ancora Prandini in audizione sul decreto Agricoltura davanti alla commissione Agricoltura del Senato. Il numero uno di Coldiretti apprezza l’apertura del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “Per noi è la madre di tutte le battaglie a livello europeo. Non può e non deve essere l’ultima trasformazione, ma il prodotto che viene utilizzato, che ne deve esaltare l’italianità“.

Proprio per questo motivo i blitz. Il secondo dei quali è avvenuto a Salerno, con gommoni e imbarcazioni sui quali gli associati hanno contestato l’arrivo nei pressi del porto di una nave con 40 container di concentrato di pomodoro cinese, accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze. Un carico che ha iniziato il suo viaggio lo scorso 29 aprile sul treno della China-Europe Railway Express per essere poi trasferito sull’imbarcazione che è poi approdata in Campania dopo un viaggio di oltre diecimila chilometri tra binari e mare. “Il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri“, denuncia Coldiretti. Lo scorso anno l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang nonostante il fatto che gli Stati Uniti ne abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato.

A Salerno è anche il Masaf a muoversi, come conferma il ministro Lollobrigida a GEA, a margine di una visita nel Viterbese. “Ieri abbiamo avuto la segnalazione di una nave che stava per arrivare, che ha chiesto l’autorizzazione a entrare in porto e penso che quando ha saputo che avremmo controllato fino all’ultimo dettaglio del grano che portava e che era stato rifiutato dalla Tunisia, ha girato e se n’è andata. Ma potrebbe avere anche cambiato idea per altre ragioni, non lo sappiamo“. Comunque, assicura, “quel grano non sbarcherà in Italia“. Lollobrigida ribadisce l’impegno sulla “richiesta di revisione del codice doganale” e assicura: “Con noi i controlli sono aumentati. Non accetteremo che la concorrenza sleale dei paesi che non rispettano le stesse regole che imponiamo ai nostri agricoltori e allevatori desertifichi il nostro sistema produttivo“.

Il governo scioglie nodo fotovoltaico a terra: Solo su terreni agricoli non produttivi

Giorni di discussioni e oltre due ore di Consiglio dei ministri ma, alla fine, sul fotovoltaico a terra il governo trova la quadra. Non si potranno installare nuovi pannelli solari sui terreni agricoli produttivi, via libera invece su quelli non produttivi. Sì invece all’agrivoltaico e all’agrisolare anche sui terreni agricoli produttivi, perché permettono di continuare a coltivare.

L’articolo 5 del dl Agricoltura “è stato di grande interesse”, osserva Lollobrigida in conferenza stampa, ma assicura: “Con il collega Pichetto c’è stata grande serenità nell’approccio a questa problematica”. La norma di riferimento che interveniva sulla questione è del 2021 ed era, spiega, “di difficile applicazione“. Dopo tre anni, non si è riusciti ad avere una definizione di aree idonee, in un “costante rimpallo tra uffici“, racconta. Con il nuovo decreto “interveniamo, ponendo fine a quella che è installazione selvaggia di fotovoltaico a terra. Ovviamente con pragmatismo, salvaguardando alcune aree“.

Lo Stato considera preziosi i terreni agricoli produttivi. Se però si vogliono piantare a terra pannelli fotovoltaici, non l’agrisolare, non l’agrivoltaico, che permette di produrre energia compatibile con la produzione agricola, stai cambiando la destinazione d’uso di quel terreno e non riteniamo che questa prassi debba continuare”, avverte Lollobrigida. Per questo, il governo ha scelto di limitare ai terreni produttivi questo divieto. Non ci saranno problemi invece per le cave, le miniere, le aree in concessione alle ferrovie dello Stato, ai concessionari aeroportuali, le aree delle autostrade, industriali, le aree sulle quali già insistono impianti per rifacimento, modifica, revisione purché non comporti un incremento della superficie già utilizzata. “Andremo a contenere le norme che salvaguardano i fondi del Pnrr, che non vogliamo mettere in discussione in alcun modo“, mette in chiaro il ministro.

Si è ritenuto di salvaguardare tutto ciò che è inerente al Pnrr, quindi le Comunità energetiche. Nulla toglie al fatto che il Pniec rimanga lo stesso, con l’obiettivo di rinnovabili sul fronte solare di circa 30 gigawatt“, garantisce il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto.

Di “grande sintonia” continua a parlare Lollobrigida, che si riferisce al dl come a un provvedimento “straordinariamente importante”, che guarda al mondo dell’agricoltura, della pesca, con “l’attenzione garantita ai cittadini in fase pre-elettorale e che ci ha visti programmare una serie di iniziative per rispondere alle emergenze emerse nel tempo“.

Dopo anni in cui abbiamo chiesto l’emanazione del decreto aree idonee sul fotovoltaico a terra, arriva un giusto intervento per fermare le speculazioni dei grandi fondi di investimento che in molte aree del Paese sta mettendo in difficoltà la produzione agricola”, commenta Ettore Prandini, assicurando che Coldiretti continuerà a lavorare “nell’interesse di tutti gli agricoltori e dei cittadini”.

Agroalimentare, Lollobrigida: “Servono controlli serrati e omogenei in tutta Europa”

“Fanno bene amici della Coldiretti a manifestare, perché chiedono la stessa cosa che abbiamo proposto noi in Europa: una condivisione dei controlli tra forze dell’ordine europee”. Lo dice il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, a margine della presentazione del Report 2023 delle attività del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del Masaf. “Noi possiamo fare i controlli, e li facciamo bene, all’interno della filiera nazionale, dai porti agli accessi – spiega -. Ma è evidente che esistono distorsioni nel mercato Ue. A volte riusciamo ad evitare che entrino merci da Paesi terzi ri-etichettate come italiane ed europee e questo deve avvenire anche nel resto d’Europa. Perché se non accade” il rischio è che entrino “in un porto del nord Europa merci non etichettate proveniente dall’Africa che vengono poi etichettate come unionali e così arrivano come se fossero state prodotte nel nostro Paese. Il controllo deve essere serrato e omogeneo”.

Stop alla carne coltivata, ultimo passaggio alla Camera. Ma è scontro con l’opposizione

L’ultimo step. Dopo il via libera del Senato, ora manca solo il passaggio nell’aula di Montecitorio per approvare in via definitiva il disegno di legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, nonché il divieto della denominazione di carne per quei prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. In poche parole, quello che due scuole di pensiero chiama, rispettivamente, carne sintetica (i contrari) o carne coltivata (i favorevoli). Il ddl è firmato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, che sin dal primo momento in cui il tema è balzato agli onori delle cronache per la discussione aperta a Bruxelles, si era schierato decisamente dalla parte del no. Soprattutto per difendere la qualità dei prodotti italiani e dei produttori. Da questo assunto prende corpo il provvedimento.

Tesi che non ha mai convinto una parte consistente delle opposizioni. Ad esempio i Cinquestelle, che invece sono molto d’accordo con questa nuova tecnica, al punto che il garante e co-fondatore del Movimento, Beppe Grillo, tramite il suo blog, diffuse nel marzo scorso un post per raccontare l’esperienza della società californiana Good Meat, che ha ricevuto il via libera della Food and drug administration per vendere il suo prodotto a base di pollo coltivato in laboratorio. Da allora la posizione del M5S non è mai cambiata: “Un provvedimento ideologico, che non porta alcun vantaggio all’Italia o agli italiani, se non ad alcune specifiche categorie“, commenta infatti la deputata Carmen Di Lauro, bocciando il ddl del governo e della maggioranza in discussione alla Camera. “Pur di difendere gli interessi di allevatori e produttori di carne, il governo se ne infischia della salute degli esseri umani, dell’ambiente, del benessere animale e del progresso scientifico“, rincara la dose la parlamentare pentastellata. Che è in buona compagnia, perché dal Pd è il capogruppo in commissione Agricoltura di Montecitorio, Stefano Vaccari, intervenendo in aula durante la discussione generale sul ddl, ad accusare l’esecutivo di aver varato “un provvedimento nato per dare fiato alla propaganda piuttosto che per intervenire su un tema complesso che avrebbe richiesto equilibrio, responsabilità e assonanza con le indicazioni dell’Unione europea“. Non è da meno Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputata di Avs: “Oscurantista, retrogrado, ideologico, dannoso e potenzialmente un salasso per i cittadini italiani: questa è, a mio avviso, la descrizione di questo ddl che non smentisce l’azione repressiva e punitiva che questo governo ha dimostrato finora“.

La maggioranza, però, non si scompone e tira dritto. “Il governo sta dimostrando grande coraggio nel difendere i prodotti di qualità e questo disegno di legge sulla Carne sintetica lo dimostra. Con questo provvedimento salvaguardiamo il prodotto d’eccellenza italiano e, allo stesso tempo, il valore del lavoro di agricoltori e allevatori“, replica alle accuse la vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Augusta Montaruli. “La carne coltivata è pericolosa“, commenta in aula il vicepresidente di Noi moderati, Pino Bicchielli. Che aggiunge: “Gli esperimenti sulla carne coltivata sono un grande business, e vengono spesso giustificati col tema della sostenibilità ambientale, ma per Coldiretti viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali e, soprattutto, non ci sono garanzie sulle conseguenze dell’assunzione da parte del corpo umano di prodotti sostanzialmente chimici“. L’ultima parola spetta comunque all’aula di Montecitorio. Anche se non sono in vista ‘sorprese’ dell’ultimo secondo.

lollobrigida

Arriva Ddl contro cibi sintetici. Lollobrigida: “Tutela salute e ambiente”

Vietata la produzione e la vendita di carne, latte, formaggi, pesce e mangimi sintetici in Italia. Arriva il disegno di legge voluto dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, approvato in consiglio dei ministri. “E’ il primo provvedimento di questa natura a livello internazionale. L’Italia è la prima nazione che dice di no alla carne sintetica con un provvedimento ufficiale“, rivendica il ministro. “Abbiamo ragionato sulla qualità: prodotti da laboratorio non garantiscono qualità e sicurezza. Il problema è anche sociale, si andrebbe verso una società in cui i ricchi mangiano bene e i poveri no”, afferma, assicurando di aver lavorato per garantire “la tutela della nostra salute, della nostra produzione, dell’ambiente, di un modo di vivere di cui continuiamo a essere orgogliosi“. Si basa su un principio di precauzione, perché “ad ora non ci sono evidenze scientifiche sulla dannosità” di tali cibi, precisa il ministro della Salute, Orazio Schillaci.

E’ vietato agli operatori del settore alimentare e agli operatori del settore dei mangimi, impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare oppure distribuire per il consumo alimentare, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati“, si legge nel provvedimento. Per chi viola le disposizioni, la multa va da un minimo di 10mila a un massimo di 60mila euro, o fino al 10% del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso prima all’accertamento della violazione, quando questo importo è superiore ai 60mila euro. Alla violazione consegue la confisca del prodotto, l’applicazione delle sanzioni amministrative del divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni, oltre alla chiusura dello stabilimento di produzione, per lo stesso periodo. Alla sanzione incorre chiunque abbia “finanziato, promosso, agevolato in qualunque modo le condotte” ritenute illecite.

Il provvedimento “Risponde alle richieste di mezzo milione di italiani che hanno firmato la petizione per salvare il Made in Italy a tavola dall’attacco delle multinazionali, sottoscritta anche dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro Lollobrigida”, commenta Coldiretti, che organizza un flash mob davanti a Palazzo Chigi. Tra i primi a firmare la petizione la premier Giorgia Meloni nella sua prima uscita pubblica dopo le elezioni e il ministro Lollobrigida, ma anche altri ministri e sottosegretari, parlamentari nazionali ed europei, governatori, sindaci. ‘No al cibo sintetico’, ‘Contro il cibo in provetta è meglio una vera porchetta’, ‘Difendiamo la dieta mediterranea’, ‘No agli oligarchi del cibo artificiale’, sono solo alcuni degli slogan su striscioni e cartelli esposti dai manifestanti sul lato della Galleria Alberto Sordi, guidati dalla delegata nazionale Veronica Barbati, insieme al Segretario Generale Vincenzo Gesmundo e al Presidente Nazionale Ettore Prandini.

L’Italia che è leader europeo nella qualità e nella sicurezza a tavola ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari a tutela dei cittadini e delle imprese”, spiega il presidente Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di difendere i primati dell’agricoltura più green d’Europa. “Proprio i giovani agricoltori, che hanno scelto di costruire il proprio futuro nelle campagne – ricorda Coldiretti -, sarebbero le prime vittime della diffusione del cibo sintetico, che punta alla sostituzione degli alimenti naturali prodotti nelle campagne con quelli fatti in laboratorio”.

Larve insetti farina

Arrivano decreti su farine di insetti: trasparenza in etichetta e scaffali dedicati per prodotti

Gli alimenti prodotti con farine di insetti dovranno essere ben riconoscibili dai consumatori, sia dalle etichette, sia dal loro posizionamento all’interno dei supermercati. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, emana, con i ministri Adolfo Urso (Imprese) e Orazio Schillaci (Salute), quattro decreti interministeriali, uno per ogni insetto con il quale viene prodotta la farina già in commercio e approvata dall’Unione europea: il grillo, la locusta migratoria, l’alphitobius diaperinus (il verme della farina minore) e il tenebrio molitor (la tarma della farina). Si trovano già in una serie di alimenti come pane, panini, cracker, grissini, barrette ai cereali, nei prodotti a base di pasta, pizza o cioccolato ma anche nei preparati a base di carne, di prodotti sostitutivi della carne e nelle minestre.

Le informazioni dovranno essere inserite in etichetta per tutti gli alimenti e i preparati destinati al consumo umano ottenuti con queste farine, nel rispetto del livello massimo stabilito da Bruxelles. La dizione dovrà anche specificare se si tratta di “polvere parzialmente sgrassata”, “congelata” o “essiccata”. Bisognerà indicare il luogo di provenienza e precisare che queste farine possono provocare reazioni allergiche nei consumatori con allergie note ai crostacei e ai prodotti a base di crostacei, ai molluschi e ai prodotti a base di molluschi e agli acari della polvere. Le indicazioni devono essere ben visibili, non nascoste in nessun modo, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire e i prodotti messi in vendita su scaffali dedicati, in comparti separati, segnalati con cartelloni ad hoc. “Abbiamo tentato di affrontare l’argomento seguendo le direttive europee, ma il tema riguarda il nostro modello di consumo“, spiega Lollobrigida. L’obiettivo, quindi, è rafforzare la capacità di discernimento dei consumatori:L’informazione riteniamo sia la base per una corretta alimentazione. Quando parliamo di cibo, siamo persone e non consumatori”, commenta, aggiungendo che non considera questi prodotti “in concorrenza con la nostra dieta Mediterranea”. Una posizione non distante da quella dei cittadini.

La spinta alla produzione di farine animali non sembra interessare i consumatori europei e gli italiani che, per la grande maggioranza, secondo una indagine Coldiretti/Ixè, non porterebbero a tavola gli insetti, considerati estranei alla cultura alimentare nazionale: il 54% è contrario, è indifferente il 24%, favorevole il 16% e non risponde il 6%. Le etichette diventano importanti per “garantire la libertà di scelta della maggioranza degli italiani che vogliono evitarli ma anche per tutelare la salute di quanti sono sensibili ai rischi di reazioni allergiche che sono stati evidenziate dall’Autorità Alimentare Europea (EFSA)“, sottolinea Coldiretti. “I decreti adottati confermano il ruolo centrale che svolgiamo nella sicurezza alimentare“, rivendica Schillaci, che assicura attenta vigilanza, anche grazie all’azione dei Nas, sul “pieno rispetto delle disposizioni, sia per quanto riguarda l’uso di farine di insetti per pasta e pizza, sia per le etichettatura”.

Pur contraria alla decisione europea di immissione in commercio delle farine di insetti, la Conferenza delle Regioni, ha lavorato per inserire ulteriori garanzie per la tutela della salute dei consumatori.Serve cautela e tutte le garanzie”, scandisce Federico Caner, coordinatore della commissione Agricoltura della Conferenza. “Abbiamo chiesto dei chiarimenti su diversi aspetti, in particolare un pronunciamento del Ministero della Salute sui rischi per i consumatori e quindi di prevedere il pieno coinvolgimento del ministero nei decreti in fase di emissione”, fa sapere. Un’altra richiesta delle Regioni è stata quella di riportare in etichetta l’ingrediente, anche se non presente al livello massimo previsto, ma anche quando presente in quantitativi inferiori, per evitare l’uso indiscriminato e possibili frodi.

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Coldiretti: Nelle campagne c’è posto per 100mila giovani

Con l’arrivo della primavera c’è posto per almeno centomila giovani per colmare la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne lo scorso anno con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti presentata in occasione dell’iniziativa ‘Lavoro per i giovani, in agricoltura c’è’. Un bisogno che, secondo il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, intervenuto all’evento, si può colmare grazie alle “tante richieste per lavoratori stranieri che dobbiamo far arrivare col decreto flussi. Poi c’è una grande offerta ben pagata e in regola, da aziende sanissime, che come noi sono contro il caporalato, lo sfruttamento e la concorrenza sleale”.

Secondo Coldiretti nelle campagne servono figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori e tecnici dell’agricoltura 4.0 per guidare droni, leggere i dati metereologici ed utilizzare gli strumenti informatici ma anche raccoglitori per le verdure, la frutta e la vendemmia. Non vanno dimenticati poi i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili. Per questo è necessario e un piano integrato di formazione che coinvolga le scuole anche per recuperare le conoscenze antiche e vincere le sfida della rivoluzione digitale nelle campagne con gli investimenti in droni, gps, robot, software e internet delle cose che hanno raggiunto 1,6 miliardi con la crescita del 1500% nel giro di 5 anni.

Lo scorso anno in agricoltura – precisa la Coldiretti – hanno trovato opportunità di lavoro dipendente oltre 1 milione di persone, di cui quasi uno su tre (32%) ha meno di 35 anni, destinati peraltro ad aumentare con gli investimenti previsti dal Pnrr e dal piano per la sovranità alimentare. In questo contesto va segnalato che le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia hanno ridotto la presenza di lavoratori stranieri ed aumentato quella degli italiani che sono tornati a considerare il lavoro in agricoltura una interessante opportunità.

E’ dunque importante l’arrivo del nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nella Manovra dal Governo e sostenuto da Coldiretti che porta una rilevante semplificazione burocratica per facilitare l’avvicinamento al settore agricolo. Potranno accedervi – spiega Coldiretti – pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno.  Sarà a tutti gli effetti un rapporto di lavoro subordinato agricolo – evidenzia Coldiretti – con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno. Il salario sarà esente da imposizione fiscale, cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico. Al lavoratore saranno inoltre garantite le stesse tutele (contrattuali, previdenziali, assistenziali, ecc.) previste per gli occupati a tempo determinato.

Irlanda notifica a Wto etichette allarmistiche su vino. Tajani scrive a Dombrowskis

Dopo aver ottenuto il via libera della Commissione europea, l’Irlanda notifica il piano di introdurre etichette allarmistiche su tutte le bevande alcoliche anche all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Una iniziativa che sarebbe un pericoloso precedente per il settore del vino e che ha già fatto saltare sulla sedia molti dei Paesi europei produttori, Italia, Francia e Spagna in testa. I tre hanno prodotto un documento congiunto che sta raccogliendo adesioni tra i 27 per bloccare l’iniziativa, anche perché l’Europarlamento ha espresso parere negativo prima dell’ok della Commissione.

Proporrò all’Irlanda una mediazione che può aiutarli a rendere più chiara la loro etichetta e soprattutto garantire corretta informazione“, assicura il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. La scorsa settimana, il ministro ha incontrato l’omologo irlandese ma la questione, spiega, è sul piano della salute. Orazio Schillaci parlerà quindi con il collega di Dublino e sta già attivando il confronto con la comunità scientifica. “Eccessi e abusi vanno combattuti, ma un uso moderato garantisce, come la la scienza afferma, benessere“, ricorda Lollobrigida. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, scrive una lettera al vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrowskis, in cui spiega che l‘Italia resta disponibile a “individuare soluzioni” sulla questione, ma si riserva di “assumere tutte le iniziative ritenute opportune in sede europea e internazionale a tutela della libertà degli scambi“. Il rischio, avverte, è che si crei una “distorsione” negli scambi internazionali, “equivalente a una restrizione quantitativa“. In altre parole, per Tajani, il provvedimento, oltre a essere criticabile sotto il profilo del diritto europeo, “potrebbe innescare una reazione a catena che finirebbe con il danneggiare l’insieme dell’Unione“.

Sul piede di guerra il Comité Européen des Enterprises Vins, il Comitato europeo delle imprese del Vino: “L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola del progetto notificato al Wto nonostante il fatto che non meno di 13 Stati membri – Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna – abbiano espresso commenti critici sul disegno di legge irlandese durante il processo di consultazione dell’Ue“, spiega Ignacio Sánchez Recarte, Segretario Generale del Cev. Il “blitz” irlandese sulle etichette, fa sapere Coldiretti, è un danno enorme per l’Italia, principale produttore ed esportatore mondiale, con oltre 14 miliardi di fatturato in un settore che dà lavoro dal campo alla tavola a 1,3 milioni di persone. Il periodo per la presentazione delle opposizioni scade tra 90 giorni. “Viene realizzato all’estero più della metà del fatturato del Vino italiano per un totale di 8 miliardi nel 2022 che – sostiene Coldiretti – potrebbero essere messi a rischio dal diffondersi di ingiustificati allarmi in etichetta mirati a contenere i consumi di un prodotto presente sulle tavole da migliaia di anni e che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea”.