Imprese, Benna (Cnpr): 10mila aziende italiane hanno introdotto intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale sta evolvendo rapidamente e promette prestazioni simili a quelle umane. Secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, ‘le macchine’ avranno un forte impatto sul mondo del lavoro: l’IA influenzerà fino al 40% dei posti di lavoro, con un incremento al 60% nelle economie più avanzate.

Se una metà delle professioni potrebbe trarre benefici, in termini di produttività, dall’introduzione dell’IA, l’altra metà riscontrerà una riduzione della domanda, con una conseguente riduzione dei salari o la scomparsa di alcune mansioni.

“Secondo il VI Rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager, molte imprese italiane stanno cercando di integrare l’IA per ottimizzare i processi aziendali. Nel 2023 – spiega Michela Benna, consigliera d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – circa 10mila aziende italiane hanno introdotto l’IA, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente”.

Il 48,1% delle imprese utilizza l’IA per migliorare la produzione, mentre il 40% la impiega in modo collaborativo, mantenendo comunque il contributo umano.

Nonostante l’IA stia mettendo in atto una vera e propria rivoluzione, il vero valore continua a risiedere nell’intelligenza umana. Difatti, solo il 23,8% delle imprese è realmente pronto a integrare l’IA nei propri processi.

Altro aspetto da non sottovalutare è la carenza di personale qualificato per ruoli come l’IA Integration Specialist, Chief Data Officer e IA Strategy Director. Questo divario di competenze – conclude Benna- è dovuto anche a un livello insufficiente di formazione, con il 46% della popolazione italiana che possiede competenze digitali di base”.

Assegnato il Nobel per la Fisica: premiati i ‘padri’ dell’intelligenza artificiale

Il Premio Nobel per la Fisica è stato assegnato al canadese Geoffrey Hinton e all’americano John Hopfield per il loro lavoro nel campo dell’“apprendimento automatico”, utilizzato nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. “I due vincitori del Premio Nobel per la Fisica di quest’anno hanno utilizzato gli strumenti della fisica per sviluppare metodi che costituiscono la base dei potenti sistemi di apprendimento automatico di oggi”, ha dichiarato la giuria assegnando il riconoscimento.

John Hopfield, 91 anni, professore alla prestigiosa Università di Princeton, e Geoffrey Hinton, 76 anni, professore all’Università di Toronto in Canada, sono stati premiati “per le loro scoperte e invenzioni fondamentali che consentono l’apprendimento automatico tramite reti neurali artificiali”. I due lavorano su questo tema dagli anni Ottanta.

Le reti neurali artificiali si ispirano alla rete di neuroni del nostro cervello. “I vincitori del 2024 hanno utilizzato concetti fondamentali della fisica statistica per progettare reti neurali artificiali che funzionano come memorie associative e trovano modelli in grandi insiemi di dati”, ha dichiarato alla stampa Ellen Moons, presidente del Comitato Nobel per la Fisica. Queste reti neurali artificiali, ha aggiunto, “sono state utilizzate per far progredire la ricerca in campi diversi come la fisica delle particelle, la scienza dei materiali e l’astrofisica, e ora fanno parte della nostra vita quotidiana”,

“Sono stupito… Non avevo idea che potesse accadere”, ha dichiarato Geoffrey Hinton, considerato un pioniere dell’intelligenza artificiale, contattato dalla giuria. Alla domanda su quale fosse il suo strumento di intelligenza artificiale preferito, Hinton ha detto di essere un appassionato utilizzatore di ChatGPT, pur ammettendo di essere preoccupato per le ripercussioni della tecnologia. “Date le stesse circostanze, rifarei la stessa cosa (la sua ricerca, ndr). Ma temo che la conseguenza generale di tutto questo sarà che sistemi più intelligenti di noi finiranno per prendere il controllo”, ha aggiunto il ricercatore.

Grazie al loro lavoro, l’umanità ha ora un nuovo strumento nella sua cassetta degli attrezzi, “che possiamo scegliere di utilizzare per scopi positivi”, ha sottolineato il comitato. Il modo in cui questo lavoro verrà utilizzato in futuro dipenderà “da come noi esseri umani sceglieremo di usare questi strumenti incredibilmente potenti, che sono già presenti in molti aspetti della nostra vita”.

Il Premio Nobel per la Chimica sarà assegnato mercoledì, prima del premio per la Letteratura giovedì e del Premio Nobel per la Pace venerdì a Oslo. Quello per l’Economia, assegnato per la prima volta nel 1969, sarà consegnato lunedì 14 ottobre. Il vincitore del Premio Nobel riceverà un assegno di un milione di corone svedesi (oltre 970.000 euro).

Jakala lancia Jakademy: al via corso su ‘Artificial Intelligence for Business Impact’

Sarà dedicato ad ‘Artificial Intelligence for Business Impact’ il primo corso della Jakademy, nuova Academy dedicata alla formazione d’eccellenza nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale, lanciata da Jakala, leader europeo in ambito data-driven transformation.

La Jakademy è parte integrante del Centro di Competenza Internazionale di Jakala dedicato all’Intelligenza Artificiale: situato a Milano, questo hub ospita oltre 500 specialisti che raccolgono e condividono conoscenze provenienti dagli oltre 30 Paesi in cui Jakala opera. “Con questo progetto – spiega l’azienda – Jakala stabilisce un nuovo standard di riferimento per la formazione avanzata dedicata all’AI, proponendosi come punto di riferimento per chi desidera acquisire competenze avanzate in questo ambito”.

Il corso ‘Artificial Intelligence for Business Impact’ si articolerà in due sessioni a novembre e a dicembre 2024. Il programma intensivo di tre giornate è stato progettato per fornire a professionisti come CMO, CIO, CTO, CDO, COO e data scientist le competenze necessarie per implementare efficacemente soluzioni di AI e guidare la trasformazione digitale nelle loro organizzazioni. Attraverso un approccio pratico e interattivo, i partecipanti apprenderanno come l’AI può automatizzare i processi, aumentare l’efficienza operativa e introdurre nuove modalità di interazione con i clienti, rendendole più rapide e personalizzate.

Il programma del corso è incentrato sull’innovazione e la trasformazione dei processi aziendali attraverso l’adozione dell’Intelligenza Artificiale, con particolare attenzione all’individuazione delle aree in cui questa può generare benefici concreti. Il key focus dell’Academy sarà dedicato alla Data Strategy, per massimizzare l’impatto dell’AI sul business, migliorando efficienza, produttività, efficacia e customer satisfaction.

Oltre ai docenti Marco Di Dio Roccazzella, Managing Director Global Data & AI Leader di Jakala, Stefano Brigaglia, Senior Director Head of Data & AI & Location Intelligence di Jakala, Bruno Rodà, Director Global Data & AI Solution Design di Jakala e Vittorio Di Tomaso, Managing Director di Maize, Jakala inviterà esperti di tecnologia provenienti da aziende partner di Jakala del calibro Microsoft, Google e AWS, che condivideranno insight e strumenti per l’implementazione efficace di soluzioni AI in azienda. I partecipanti avranno inoltre l’opportunità di partecipare a sessioni di networking con figure chiave del settore, permettendo lo scambio di idee e la costruzione di relazioni professionali strategiche.

“La Jakademy – spiega Marco Di Dio Roccazzella – rappresenta un’opportunità per chi desidera acquisire conoscenze all’avanguardia nel campo dell’Intelligenza Artificiale, nonché un trampolino per chi intende ridefinire il futuro del proprio business attraverso l’Intelligenza Artificiale. In Jakala siamo convinti che la vera innovazione nasca dalla fusione di competenze tecniche all’avanguardia e visione strategica. Con la Jakademy puntiamo a formare i leader di domani, equipaggiandoli con gli strumenti necessari per trasformare l’AI in un motore di crescita e successo”.

Il corso si terrà a Milano presso la sede di Jakala di Palazzo Mellerio, con due sessioni programmate per il 26, 27 e 29 novembre e per il 10, 11 e 13 dicembre 2024, dalle 9.30 alle 18.30.

Granelli: “Il Made in Italy ‘salverà’ l’export, ma sui dazi alla Cina evitare inasprimenti”

Modernità nel segno della tradizione. Le nuove sfide globali toccano ogni ganglio della società civile e, di conseguenza, anche di quella economica: in questo scenario a fare la differenza è chi si sa far trovare pronto ai cambiamenti. Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, traccia la rotta ai microfoni del #GeaTalk (clicca qui per rivedere l’intervista integrale), passando dai criteri Esg alla nuova Europa, all‘Intelligenza artificiale, dalle mosse della Bce alla direttiva Case green. “La sostenibilità è nel Dna di ogni artigiano“, mette in chiaro Granelli, spiegando che “per noi non è una parola nuova, perché i nostri artigiani e i nostri imprenditori sono sostenibili da sempre. Sin dal 2016 siamo con l’Asvis per diffondere gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con questo spirito cerchiamo di coniugare il rispetto per l’ambiente con la produttività che ha in sé i valori di cui portatori“.

Però, per “immaginare un mondo improntato sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale, abbiamo bisogno di strumenti che ci consentano di migliorarla“. In questo senso i criteri Esg a cui sono sottoposte le aziende, a suo modo di vedere, “potrebbero essere rivisti al meglio“. Perché con quelli attuali “non c’è differenza tra grandi imprese e piccole aziende, mentre invece si dovrebbe tener conto delle dimensioni, anche con uniformità, e semplificando l’accesso a questo tipo di requisiti“.

Lo sguardo si sposta, dunque, in direzione di Bruxelles. Tra pochi mesi sarà operativa la nuova Commissione Ue che lentamente Ursula von der Leyen sta costruendo dopo l’ultima tornata elettorale e la spinosa trattativa sui ‘top jobs‘. Confartigianato nel frattempo ha già le idee ben chiare su cosa chiedere alla nuova Europa: “Competitività, competenze e credito“, elenca Granelli. “Competitività, soprattutto nei rapporti fra imprese e Pubbliche Amministrazioni, in un’ottica di semplificazione e valorizzazione dell’autoimprenditorialità“, ma “con delle competenze, perché tra i grandi problemi che abbiamo c’è quello di non trovare lavoratori e, soprattutto, lavoratori esperti di digitale. Quindi, quello che viene chiesto è di poter avere politiche formative che abbiano sempre un occhio, un aiuto e un sostegno per fare in modo che ci sia sempre più connessione fra giovani imprese e mondo del lavoro“. Poi c’è il “problema atavico del credito“, innanzitutto “includendo di più le piccole imprese nel mercato degli appalti, visto che rispetto alla media europea l’Italia è il Paese dove ne vengono aggiudicati meno“.

Il numero uno degli artigiani cita il dato del 2023: “Abbiamo pagato circa 8-9 miliardi in più di costo del credito. Credo che sia eloquente la difficoltà che c’è oggi ad avere credito, da parte delle nostre imprese, con un tasso attestato al 5,45%, il più alto rispetto alla media Ue“. Altro problema è la ‘refrattarietà’ della Bce a tagliare i tassi. “Questo provoca un blocco degli investimenti. Parlare di sostenibilità e transizione significa anche avere un credito che sia in loro supporto: la tecnologia ce lo impone, altrimenti saremo su un binario morto“.

D’altronde, le difficoltà del commercio estero sono evidenti. Anche se, per Granelli, il Made in Italy è la chiave di volta. “Le piccole imprese, gli artigiani hanno grandi potenzialità per l’export. In un mercato dove aumentano le difficoltà, ed è molto globalizzato e competitivo, l’unicità e la creatività del nostro saper fare italiano può fare la differenza“. Magari facendosi aiutare dai nuovi strumenti tecnologici come l’Intelligenza artificiale. “Ben venga se utilizzata per svolgere tutti quei lavori di routine, standardizzati che oggi sottraggono risorse ed energie ai nostri imprenditori. In quest’ottica, con una complementarietà, diciamo che deve sempre prevalere l’Intelligenza artigiana mentre quella artificiale è al suo servizio“.

Infine, il giro si conclude tornando in Ue, più precisamente alla direttiva sulle Case green. “L’Italia è il Paese con il più alto dissesto idrogeologico d’Europa, con un’alta sismicità e un patrimonio immobiliare vetusto che ha bisogno di essere ristrutturato e consolidato. E’ un tema che dobbiamo assolutamente affrontare (lo abbiamo fatto con i bonus, che hanno avuto un’esperienza ‘travagliata’), ma con i tempi giusti e, soprattutto, con sostegno e incentivi adeguati“, dice la sua il presidente di Confartigianato. Che sottolinea: “E’ un problema che chiaramente chiama in causa ancora una volta l’Europa, perché il nostro Paese non può sicuramente farsi carico di mettere in sicurezza un patrimonio immobiliare così vasto con le proprie risorse: parliamo di centinaia e centinaia di miliardi“. Chi a Bruxelles ha orecchie per intendere, intenda.

Barachini: “Sacrosanta una nuova legge sull’editoria. Per l’Ia serve approccio umanocentrico”

Un tempo si diceva intervista ‘a tutto tondo’. Alberto Barachini, sottosegretario all’Editoria e all’Informazione, davvero tocca tanti argomenti ai microfoni del #GeaTalk (guarda qui il video integrale). Innanzitutto sulla rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea: “Come esponente di Forza Italia sono estremamente soddisfatto del fatto che la coerenza dell’appartenenza al Partito popolare europeo ha portato a una buona continuità di governo europeo. La coerenza e anche la visione europeista del nostro movimento politico e del Ppe credo siano fondamentali anche per dare una centralità all’Italia“.

Restando sull’attualità, Barachini risponde anche (indirettamente) all’appello lanciato poche ore prima dal presidente dell’Autorità per Garanzie nelle Comunicazioni, Giacomo Lasorella, che alla presentazione della Relazione annuale 2024 di Agcom dice apertamente che serve una nuova legge sull’editoria. “Credo che sia sacrosanto e fa parte di una riflessione che molti di noi hanno fatto in questo periodo. Il sistema dell’editoria sta cambiando in maniera vorticosa e la legge è del 1987. Qualcosa sicuramente va rivisto“. Anche perché “il sistema nazionale dell’informazione italiana è fragile, quindi va tutelato e difeso nell’interesse nazionale e nell’interesse anche occupazionale del Paese“, ammette l’esponente di governo.

Oggigiorno tutto sta cambiando rapidamente sotto la spinta del web, dei social e adesso anche dell’Intelligenza artificiale, argomento di cui Barachini si occupa quasi quotidianamente. Al punto da aver creato una commissione, con a capo padre Paolo Benanti, che svolge lo stesso ruolo anche alle Nazioni Unite. Dal lavoro di questo nuovo organismo è stata prodotta una relazione che poggia le basi su tre pilastri: “Difesa del diritto d’autore, marcatura dei contenuti prodotti con l’Ia e, soprattutto, la nuova aggravante penale del cosiddetto deep fake“. Il testo è stato poi consegnato alla premier, Giorgia Meloni, che lo ha inserito nel dossier che ha centralizzato l’attenzione del G7 dei leader, alla presenza anche di Papa Francesco. “L’approccio umanocentrico prodotto nella nostra prima relazione è stato molto opportuno“, dice Barachini del lavoro svolto.

Il sottosegretario analizza diverse criticità di questa tecnologia. In fondo “siamo in presenza di un’innovazione della quale neanche gli stessi ingegneri conoscono l’evoluzione esatta“. Che porta anche qualche preoccupazione: “Abbiamo cercato di lavorare sul tema del cosiddetto ‘Registro di apprendimento dell’Ia – ricorda -, cioè chiedere alle società che sviluppano questa tecnologia di tenere un registro delle fonti. Si tratta di un tema molto delicato, perché i tecnici della commissione mi hanno detto che al momento, e probabilmente anche nel futuro, i sistemi di Intelligenza artificiale generativa sono talmente complessi che dalla risposta sarà quasi impossibile risalire alla fonte. Cioè, è talmente articolata l’interazione, la gestione delle fonti che lo stesso sistema non riconosce quali fonti che hanno generato un contenuto“.

Senza contare che, sul piano ambientale, l’Ia qualche problema lo crea. “Amazon, che sta investendo molto in Ia, ha fatto studi molto approfonditi sul consumo di energia elettrica e idrico, perché per raffreddare i server serve una mole di acqua incredibile. Quindi, la domanda è: il business che genererà sarà compatibile con l’esborso di risorse e i consumi che questo fenomeno richiede?“. Per Barachini “forse stiamo anche un po’ sopravvalutando l’Ia: pensiamo che possa fare cose straordinarie, poi quando gli chiediamo di fare delle cose molto semplici o facciamo degli esperimenti il contenuto è estremamente superficiale“. Ci sono anche aspetti positivi, però. Ad esempio per i Paesi sottosviluppati può essere una risorsa importante, a patto che “a livello internazionale si rifletta anche sulla capacità di sviluppo e, magari, sull’aiuto economico. Perché se queste tecnologie rimangono patrimonio solo di alcuni Paesi, invece che ridurre la povertà mondiale – avverte Barachini –, si rischia di ampliare il divario“.

Barachini: “Intelligenza artificiale non sia solo patrimonio di alcuni Paesi”

Ho avuto questa opportunità straordinaria di partecipare a un dibattito alle Nazioni Unite sull’Intelligenza artificiale. In particolar modo, in quella sessione ci si confrontava sul tema se e quanto l’Ia possa contribuire al miglioramento delle condizioni economiche dei Paesi sottosviluppati: è stata un’opportunità molto interessante, perché parliamo molto spesso delle ricadute potenzialmente negative dell’Intelligenza artificiale, ma esistono anche scenari positivi dell’applicazione tecnologica“. Lo dice il sottosegretario all’Editoria e l’informazione, Alberto Barachini, ospite della nuova puntata del #GeaTalk. “Ho saputo, lavorando su questo campo, che per esempio in ambito sanitario ci sono delle innovazioni straordinarie – spiega -: c’è un ragazzo piemontese che proprio con l’utilizzo dell’Ia ha la possibilità di rimuovere i propri arti inferiori grazie a una sorta di computerizzazione degli impulsi che dal cervello arrivano alle sue gambe. Poi c’è l’ambito biomedico, biochimico, farmaceutico e c’è anche effettivamente l’ambito economico, basti pensare per esempio alla gestione dei processi produttivi agricoli che l’intelligenza artificiale potrebbe avere nei Paesi sottosviluppati. Certo è – continua -, che quando si parla di innovazione tecnologica il divario economico è fondamentale. Già l’Italia rispetto, per esempio, al Sud-est asiatico e agli Stati Uniti soffre un gap di investimento, quindi a livello internazionale dobbiamo riflettere anche sulla capacità di sviluppo, e magari sull’aiuto economico, perché se queste tecnologie rimangono patrimonio solo di alcuni Paesi, invece che ridurre la povertà mondiale, si rischia di ampliare il divario“.

Perché l’intelligenza artificiale è così energivora?

Le emissioni di carbonio di Google sono aumentate del 48% in cinque anni a causa dell’esplosione dell’intelligenza artificiale, ha dichiarato la scorsa settimana il gigante americano, evidenziando uno dei principali problemi dello sviluppo fulmineo di questa tecnologia: il suo vorace consumo di energia.

PERCHE’ L’IA CONSUMA ENERGIA? I modelli linguistici su cui si basa l’IA generativa richiedono un’enorme potenza di calcolo per l’addestramento su miliardi di set di dati, che a sua volta richiede server potenti. Poi, ogni volta che un utente invia una domanda a ChatGPT o a qualsiasi altra IA generativa, questa fa funzionare i server situati in un centro dati. Questi server consumano elettricità, si riscaldano e devono essere raffreddati con sistemi che a loro volta richiedono energia. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie), i centri dati generalmente utilizzano circa il 40% dell’elettricità per alimentare i server e il 40% per raffreddarli. Diversi studi hanno dimostrato che una richiesta a ChatGPT richiede in media 10 volte più energia di una semplice richiesta al motore di ricerca Google. Il boom dell’IA dal 2022 ha portato i giganti di Internet come Amazon, Google e Microsoft a investire massicciamente nella creazione di centri dati in tutto il mondo. Nel suo rapporto ambientale, Google evidenzia l’aumento del consumo di energia nei suoi centri dati, nonché il balzo delle emissioni legate alla costruzione di nuovi centri dati e alla modernizzazione di quelli esistenti.

QUANTA ENERGIA CONSUMA L’IA? Prima della mania dell’intelligenza artificiale, i data center rappresentavano circa l’1% del consumo globale di elettricità, secondo l’Aie. Se aggiungiamo l’IA e il settore delle criptovalute, i data center hanno consumato quasi 460 Twh di elettricità nel 2022, ovvero il 2% della produzione globale totale, secondo l’istituto. Una cifra che potrebbe raddoppiare entro il 2026 fino a 1.000 Twh, che sarebbe equivalente al consumo di elettricità del Giappone, avverte l’istituto in un rapporto. Alex de Vries, economista della Libera Università di Amsterdam, ha modellato il consumo di elettricità necessario solo per l’intelligenza artificiale, sulla base delle proiezioni di vendita di Nvidia, i cui processori sono essenziali per l’addestramento dei modelli AI.
Se le stime di vendita di Nvidia per il 2023 sono corrette, e se tutti i server funzionano alla massima capacità, potrebbero consumare tra 85,4 e 134 Twh all’anno, ovvero quanto consuma un Paese come l’Argentina, scrive in un articolo. “Le cifre che ho inserito nel mio articolo erano piuttosto conservative, perché non tengono conto di processi come i requisiti di raffreddamento”, ha dichiarato all’AFP. L’anno scorso, le vendite di Nvidia hanno superato le loro previsioni, quindi le cifre potrebbero essere ancora più alte, ha continuato.

IN CHE MODO I DATA CENTER GESTISCONO QUESTA MAGGIORE RICHIESTA DI ENERGIA? L’IA trasformerà il settore dei data center, ha riconosciuto Fabrice Coquio di Digital Realty, che gestisce un enorme data center alla periferia di Parigi, una parte del quale sarà dedicata all’intelligenza artificiale. “Sarà esattamente come il cloud (cloud computing, NLDR), forse un po’ più massiccio in termini di distribuzione”, ha spiegato all’AFP durante un tour dell’infrastruttura in aprile. Mentre i server con una potenza di calcolo media possono essere collocati in stanze con sistemi di aria condizionata, i server molto più potenti necessari per l’AI tendono a riscaldarsi di più e richiedono il pompaggio di acqua direttamente nelle apparecchiature per raffreddarle, ha spiegato Coquio. “Sicuramente richiede server, apparecchiature di archiviazione e di comunicazione diversi”, ha insistito.

COME STANNO REAGENDO I GIGANTI DI INTERNET? In un momento in cui i giganti della tecnologia cercano di incorporare sempre più intelligenza artificiale nei loro prodotti, gli esperti temono un’esplosione del consumo di elettricità. Come Google, Microsoft, il numero due mondiale del cloud, ha visto le sue emissioni di CO2 aumentare del 30% nel 2023 rispetto al 2020. Mentre Google, Amazon e Microsoft sottolineano i loro investimenti in energie rinnovabili per alimentare i loro centri dati, i loro obiettivi di neutralità di carbonio sembrano allontanarsi sempre di più.
AWS (la divisione cloud di Amazon) si è impegnata a diventare un’azienda a zero emissioni di carbonio entro il 2040, mentre Google prevede di raggiungere emissioni nette zero in tutta la sua attività entro il 2030. Anche Microsoft si è posta l’obiettivo di avere un’impronta di carbonio negativa entro il 2030. Una promessa fatta prima dell’esplosione dell’AI, ha ammesso il presidente di Microsoft Brad Smith a maggio in un’intervista a Bloomberg.

Panetta: “Fronte comune Ue su transizioni e materie critiche. Puntare sul capitale umano”

Fronte comune in Europa per portare avanti le transizioni (verde e digitale), aumentare l’indipendenza energetica rafforzando le rinnovabili ma allo stesso tempo stringere rapporti “solidi e reciprocamente vantaggiosi” con i Paesi ricchi di materie critiche.

Nelle sue prime considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia e a pochi giorni dalle elezioni europee, Fabio Panetta guarda a Roma, ma soprattutto a Bruxelles, invitando a puntare molto sulla dimensione comune per non restare indietro rispetto ai grandi competitor internazionali. Innovazione e capitale umano sono le parole chiave di una relazione di ampio respiro, che non tralascia i rischi dell’Intelligenza artificiale. L’Ia, è il monito, potrebbe creare rapporti di costi-vantaggi disomogenei e avere effetti, in Italia, su due lavoratori su tre.

La visione del governatore è ottimista: nell’Unione, Roma ha tutte le carte in regola per tornare a crescere e “contare, scandisce. Cruciale è rilanciare la produttività, aprire alla concorrenza, ridurre il debito, soprattutto. Un “fardello“, lo definisce, da cui però potersi liberare. Come? “Coniugando prudenza fiscale e crescita“, suggerisce.

Politiche comuni, precisa Panetta, “sono necessarie nel campo ambientale, della difesa, dell’immigrazione, della formazione e in altri ancora”, osserva il governatore, “poiché molti progetti riguardano beni pubblici comuni quali l’ambiente e la sicurezza esterna, un ammontare di investimenti insufficiente danneggerebbe tutti i paesi e tutti i cittadini dell’Unione. È pertanto necessario, nell’interesse collettivo, realizzare iniziative a livello europeo“.

Per le sole transizioni climatica e digitale e per aumentare la spesa militare al 2 per cento del Pil, la Commissione europea stima infatti un fabbisogno di investimenti pubblici e privati di oltre 800 miliardi ogni anno fino al 2030: “Perseguire un piano così vasto a livello nazionale comporterebbe duplicazioni di spesa e la rinuncia alle economie di scala“, mette in guardia Panetta.

Sugli investimenti in capitale umano, parla di “un’esigenza pressante, data la minore disponibilità, rispetto al resto dell’area dell’euro, di lavoratori con livelli di competenza elevati nel campo dell’innovazione.

Poi l’invito alla piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal Pnrr che, oltre a innalzare il prodotto di oltre di 2 punti percentuali nel breve termine, “avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti a incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio”, ricorda Panetta.
E’ comunque sul fronte della tecnologia che “si giocherà la partita del futuro, per l’Italia e per il resto d’Europa. Servirà, scandisce, “valorizzare la ricerca, accompagnare il sistema produttivo nella sua trasformazione proteggendo i più svantaggiati, creare un ambiente normativo, economico e finanziario che favorisca l’assunzione di rischi imprenditoriali nei settori innovativi e che limiti il potere monopolistico di pochi grandi attori”.

IA, Pagliuca (Cnpr): Sta rivoluzionando mondo del lavoro

L’Intelligenza artificiale ha iniziato un percorso di trasformazione radicale del mercato del lavoro. Secondo uno studio elaborato dalla multinazionale ManpowerGroup, l’IA trasformerà l’80% delle professioni entro il 2030, sostituendo l’uomo in molti lavori ripetitivi e richiedendo nuove competenze.

Energia, commercio, IT e trasporti saranno i settori che vedranno una forte domanda di personale a partire dal 2025.

“L’IA rivoluzionerà diversi settori, in primis quelli legati alla videosorveglianza e all’analisi dei big data – spiega Luigi Pagliuca, presidente della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – e l’automazione richiederà nuove abilità adattandosi alla rapida evoluzione tecnologica”.

A partire dai primi tre mesi del 2025, secondo un’indagine MEOS, i settori che ricercheranno personale sono Energia (+28%), Commercio (+23%), IT (+21%) e Trasporti (+21%).

“Un’altra rivoluzione nel mondo del lavoro è quella della transizione green che sarà capace di creare 30 milioni di posti di lavoro in più. L’unico ostacolo al raggiungimento di questo traguardo – prosegue Pagliuca – potrebbe essere l’inevitabile gap delle competenze delle generazioni che si troveranno a lavorare insieme tentando di trovare un punto d’incontro tra qualifiche, obiettivi, ambizioni ed esigenze del tutto diverse”.

Le trasformazioni lavorative indotte dall’IA ed i nuovi paradigmi che stanno rimodellando il mondo del lavoro saranno discusse nella prima Annual Conferenze di ManpowerGroup Italia.

Urso torna dalla Libia con accordo su energia, materie prime e rinnovabili

Photo credit: Mimit

 

Italia e Libia coopereranno anche su transizione ecologica e digitale. Dalla sua missione a Tripoli il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, torna con la sigla sulla dichiarazione congiunta con il ministro dell’Industria e dei Minerali del Governo di Unità nazionale dello Stato della Libia, Ahmed Ali Abouhisa, per promuovere iniziative di collaborazione economica e industriale nei campi dell’energia, delle materie prime critiche e della tecnologia green. “I nostri Paesi hanno numerosi punti di complementarità sul piano economico e industriale“, commenta il responsabile del Mimit. Spiegando che proprio per questo motivo “una cooperazione sempre più stretta rappresenta un valore aggiunto sia per l’Unione europea sia per il continente africano, così come prevede il Piano Mattei“.

L’accordo, infatti, prevede la facilitazione degli investimenti diretti e delle iniziative congiunte tra le imprese di Italia e Libia, attraverso lo scambio di informazioni e conoscenze nel campo della ricerca, dell’innovazione applicata all’industria manifatturiera e la formazione di nuove competenze. “I nostri Paesi hanno una storica cooperazione nel settore energetico che intendiamo rafforzare, soprattutto nell’energia rinnovabile e al suo trasporto attraverso i cavi di interconnessione tra i Paesi – continua Urso -. L’attenzione alle fonti rinnovabili emerge anche alla luce del fatto che l’Italia diventerà presto il primo produttore europeo di pannelli fotovoltaici di nuova generazione con lo stabilimento di 3Sun di Catania“. Il ministro, poi, parlando come ospite d’onore alla Conferenza internazionale per l’industria e la tecnologia di Tripoli, ha allargato gli orizzonti: “Tra i nostri Paesi c’è un fondamentale partenariato strategico che si può rafforzare nel settore del gas e del petrolio, ma ancora di più nel settore minerario e dell’energia rinnovabile in questa fase storica dell’Italia e dell’Europa, della Libia e del Mediterraneo“.

Nell’accordo è prevista la cooperazione anche nel settore minerario, in particolare sull’approvvigionamento di materie prime critiche. Ragion per cui Roma è pronta “a mettere a disposizione il suo know-how ingegneristico e imprenditoriale per avviare sinergie che possano guardare ad accordi di collaborazione win-win, volti all’estrazione e alla lavorazione in Libia, a beneficio di entrambe le nazioni e in piena coerenza con la legge sulle materie prime critiche italiana che approderà tra poche settimane in Consiglio dei ministri“.

L’Italia, inoltre, sosterrà anche i progetti libici per la realizzazione delle interconnessioni con l’Europa per il trasporto di elettricità da fonti rinnovabili, di cui la nazione nordafricana ha necessità di sviluppare infrastrutture dedicate. Fattore che passa anche dallo sviluppo dell’economia digitale, e in questo senso “la Libia può essere anche un attore prioritario“. Inoltre, aggiunge Urso, “l’Italia nel suo ruolo di presidente di turno del G7 ha voluto dare particolare attenzione al continente africano. La trasformazione digitale è uno straordinario strumento per avvicinare l’Africa agli obiettivi di sviluppo sostenibile“.

Nel corso del colloquio bilaterale, Urso e Ali Abouhisa hanno toccato anche il tema della siderurgia, soffermandosi sui possibili investimenti delle imprese italiane in Libia e del trasferimento di competenze nella tecnologia digitale, anche attraverso l’AI Hub per lo sviluppo sostenibile in cooperazione con l’Undp, come indicato nella dichiarazione ministeriale del vertice G7 dei ministri dell’Industria, Tecnologia e Digitale del marzo scorso. Il responsabile del Mimit ricorda anche le prospettive italiane, perché il nostro Paese “sta diventando leader nella produzione mondiale di pannelli solari di ultima generazione“, grazie “alla fabbrica del gruppo Enel 3Sun Gigafactory in Sicilia, a Catania, che sarà la più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa producendo pannelli fotovoltaici bifacciali ad altissima prestazione con una capacità produttiva di tre GW all’anno è una tecnologia d’avanguardia unica al mondo“.