rifiuti

L’ambiente preoccupa gli italiani: clima, rifiuti e smog in cima alla lista

Climate change, qualità dell’aria e rifiuti. Così è composto il podio delle preoccupazioni degli italiani in tema ambientale. In particolare, le prime due categorie sono state segnalate in oltre il 50% dei casi come ‘principali’, quota che si abbassa al 45% considerando la terza. Nella sua indagine ‘Preoccupazioni ambientali e comportamenti ecocompatibili’, l’Istat tenta ancora una volta di fotografare il mutamento delle consapevolezze e costumi degli italiani su argomenti specifici. Già a partire dal 1998 e con continuità tra il 2012 e il 2021, l’indagine rileva la percezione dei cittadini rispetto alle tematiche ambientali. Sta di fatto che nel 2021, i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente (52,5% della popolazione di 14 anni e più), seguito a stretto giro dai problemi legati all’inquinamento dell’aria (51,5%) e dallo smaltimento e la produzione di rifiuti (44,1%). Ulteriori fattori di rischio ambientale a livello globale vengono percepiti nell’inquinamento delle acque (40,1%) e nell’effetto serra e buco nell’ozono (34,9%). Gli altri problemi ambientali preoccupano meno di 3 persone su 10. In fondo alla graduatoria speciale compaiono temi come l’inquinamento elettromagnetico (che preoccupa ‘solo’ l’11,1% del campione di cittadini), e, risalendo, l’inquinamento acustico (12,3%), la rovina del paesaggio (12,4%), l’esaurimento delle risorse (19%) e ancora la distruzione delle foreste (22,3%), il dissesto idrogeologico (22,4%), l’inquinamento del suolo (22,9%), le catastrofi provocate dall’uomo (23,3%) e l’estinzione di alcune specie (25,7%).

La percezione dei principali problemi legati all’ambiente varia tuttavia in relazione alla posizione geografica. Ad esempio secondo l’Istat i cambiamenti climatici preoccupano il 54,3% degli abitanti del Nord-est rispetto al 46,5% di quelli del Sud. L’inquinamento delle acque è particolarmente sentito dagli abitanti di entrambe le ripartizioni settentrionali, molto meno nel Mezzogiorno, soprattutto nelle isole. Viceversa, i residenti del Centro e del Mezzogiorno sono più sensibili alle tematiche legate alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). In particolare, l’argomento rifiuti è più sentito dai cittadini del Lazio (52,2%) e della Campania (51,9%) rispetto alle altre aree del Paese (media nazionale del 44,1%). E se vivere in centri metropolitani densamente popolati rafforza la preoccupazione su inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e sui rifiuti, i residenti dei piccoli comuni risultano maggiormente sensibili rispetto all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico. Anche l’età fa mutare priorità e consapevolezze. Nell’indagine Istat si chiarisce infatti che i giovani fino a 34 anni sono più sensibili sulla perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over55), sulla distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e sull’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli over55 si dichiarano invece più preoccupati per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%).

Non solo: l’Istat spiega che “l’analisi dei comportamenti ambientali e, degli stili di vita e di consumo sono di grande interesse per costruire un quadro complessivo dell’approccio dei cittadini rispetto all’ambiente”. E allora ecco che nel 2021 il 67,6% degli intervistati dichiara di fare abitualmente attenzione a non sprecare energia, il 65,9% a non sprecare l’acqua e il 49,6% a non adottare mai comportamenti di guida rumorosa al fine di diminuire l’inquinamento acustico. Inoltre, il 37,1% della popolazione legge le etichette degli ingredienti e il 24,4% acquista prodotti a chilometro zero.

Dall’indagine emerge anche uno spunto sui cambiamenti delle preoccupazioni nel corso del tempo. “L’analisi dei dati in serie storica– spiega l’Istituto di statistica – fa presupporre che le preoccupazioni più legate al clima abbiano un andamento fortemente legato alle policy e all’influenza mediatica”. Emblematico il fatto che nel 1998 la preoccupazione per l’effetto serra coinvolgeva quasi 6 persone su 10 mentre nel 2021 interessa soltanto il 34,9% degli intervistati. È aumentato però il timore per i cambiamenti climatici, dal 36% nel ’98 al 52,5% del 2021 (ovvero +16%). Tale variazione si spiega anche per l’aumento delle manifestazioni globali a favore della tutela ambientale (dal movimento legato alla decarbonizzazione a quello promosso dall’attivista Greta Thunberg e i Fridays for future). L’Istat rileva infatti “che l’attenzione aumenta in misura decisa a partire dal 2019 in concomitanza ai movimenti di protesta che hanno preso avvio a livello globale”.

bollette

Prezzi alle stelle e bollette da capogiro strozzano le famiglie

L’Italia ha sete di acqua e fame di energia. Due necessità che rischiano di pesare non poco sui bilanci delle imprese. Anche perché una si lega all’altra, dato che la mancanza d’acqua sta spegnendo le centrali idroelettriche, vanto e orgoglio nazionale in questi tempi di vacche magre. E se l’industria è affannata con bollette da capogiro, non va meglio al terziario. L’Osservatorio di Confcommercio stima che tra gennaio e aprile 2022 il prezzo delle offerte elettriche sia salito mediamente del 61%, quelle relative al gas del 21%. Tra aprile 2021 e aprile 2022 i valori sono addirittura a tripla cifra, passando da +110% a +140%. Il conto energetico è insomma sempre più salato per le imprese del commercio, della ristorazione, dei trasporti e del turismo. Secondo Confcommercio, nel 2022 la spesa in carburante per gli autotrasportatori si dovrebbe collocare sui 37 miliardi di euro, ovvero +7 miliardi rispetto al 2021.

PREZZI ALLE STELLE

La congiuntura è stata confermata proprio oggi dall’Istat, nel suo bollettino su commercio estero e prezzi all’import. Il dato che balza all’occhio è ovviamente quello relativo ai beni energetici e ai prodotti petroliferi. Ad aprile la crescita dell’export (+1,5%) interessa tutti i i raggruppamenti principali di industrie, a eccezione dei beni intermedi (-0,3%). L’aumento è dovuto principalmente all’incremento delle vendite di energia (+18%) e beni di consumo non durevoli (+2%). La crescita su base mensile dell’import (+7,0%) riguarda tutti i raggruppamenti, a esclusione dei beni di consumo durevoli (-2,8%), ed è spiegata per la metà dall’aumento degli acquisti di energia (+18,1%). Per quanto riguarda i prezzi all’importazione, incrementi tendenziali sono stati rilevati in quasi tutti i settori manifatturieri, e i più elevati interessano fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+56,4% area euro, +54,8% area non euro).

CONTI IN TASCA

Gli effetti si vedono non solo nel manifatturiero. I dati del terziario che arrivano dall’Osservatorio di Confcommercio parlano chiaro: solo ad aprile i costi dell’elettricità sono aumentati tra il 50% e l’80%. Fa riflettere il conto medio di un albergo tipo, che quest’anno potrebbe dover affrontare spese per 137mila euro per la corrente (+76% rispetto al 2021) e 6mila euro per il gas, ma anche quello di un ristorante (per la corrente 18mila euro, +57%, per il gas circa 10mila euro), mentre per un negozio alimentare la corrente passerà da 23mila a 40mila euro (+70%) e per un bar il conto annuale aumenterà del 54%. Per i negozi non alimentari il rincaro, stima Confcommercio può arrivare addirittura all’87%. Calcolatrice alla mano, i vari comparti del terziario sono chiamati a far fronte a un aggravio di spesa di 27 miliardi, oltre il doppio del 2021 (11 miliardi). Numeri pesantissimi che testimoniano ulteriormente, qualora ce ne fosse bisogno, il momento di sofferenza delle imprese. Nel confronto tra aprile 2021 e aprile 2022, la bolletta annuale di elettricità e gas è aumentata considerevolmente per tutti i principali comparti del terziario: settore alberghiero a +68mila euro per l’elettricità e +13mila per il gas, ristoranti a +9mila euro e + 5mila.

Confcommercio rimarca anche il “pesantissimo balzo” per le famiglie, con tariffe più che raddoppiate dal 2021: la spesa media annuale di un nucleo tipo – con consumo annuo di 2.700 kWh – sarà di 1.116 euro (ovvero più del doppio rispetto ai 540 euro dell’anno scorso). Per quanto riguarda invece i consumi annui di gas (circa 1.400 metri cubi) la spesa sarà di 1.731 euro, ovvero +703 euro rispetto al 2021 (era a quota 1.028).

DEFICIT DA 9 MLD IN UN MESE

La ‘fame di energia’ costa dunque cara, ma l’Italia non è sazia. Anzi. Secondo l’Istat, ad aprile 2022 il deficit energetico raggiunge i 9,111 miliardi (era 2,849 miliardi un anno prima), mentre da gennaio, proprio per effetto dei forti rialzi dei valori medi unitari all’import di gas, greggio e prodotti della raffinazione, raggiunge quasi i 31 miliardi.

Protesta

Arriva la protesta delle ‘pentole vuote’ contro il caro-prezzi

Migliaia di ‘pentole vuote‘, simbolo delle difficoltà economiche delle famiglie, affolleranno le piazze d’Italia il prossimo 10 giugno. È la protesta lanciata dalle più importanti associazioni dei consumatori, che chiamano a raccolta delegati in tutte le Regioni contro il caro-prezzi dell’energia. “Siamo in presenza non di un generico né temporaneo aumento dei prezzi, ma di una vera e propria emergenza nazionale, alimentata da ingiustificabili fenomeni speculativi, che sta costringendo le famiglie a rinunce e privazioni che avranno importanti conseguenze“, spiegano le organizzazioni.

Denunciano un gap sempre più profondo nel Paese, che colleziona disuguaglianze, povertà energetica e povertà alimentare. Più di un quarto delle famiglie si trova già in difficoltà e sta iniziando a ridurre anche i consumi essenziali, come quelli alimentari, sanitari e di cura della persona. Inflazione e caro-bollette, afferma il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi, “non solo modificano i comportamenti economici dei consumatori, portandoli a tagliare gli acquisti anche per beni essenziali, ma producono un danno ingente alla nostra economia, in termini di Pil, occupazione e incidenza della povertà“.

Al Governo le sigle chiedono di essere ricevute e coinvolte nelle scelte sul contrasto alla povertà energetica, il sostegno alle famiglie e ai soggetti più fragili, la determinazione e sorveglianza dei prezzi, i carichi fiscali.

Nel 2022, l’inflazione ha già raggiunto il 6,5%, come non accadeva dai primi anni ’90, e il rialzo dei tassi d’interesse previsto porterà all’aumento delle rate di mutui e prestiti.

A monte, secondo i dati dell’Istat, i prezzi alla produzione dell’industria sono aumentati nel mese di aprile dello 0,2% su base mensile e del 35,3% su base annua. Se l’incremento congiunturale appare contenuto, quello su base annua è il secondo maggior rialzo di sempre, dopo quello di marzo, del 36,9%. “Un guaio per i consumatori, dato che questi rincari verranno inevitabilmente traslati in avanti sui clienti finali, con effetti sull’inflazione e sulla riduzione del potere d’acquisto delle famiglie“, scandisce Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Le associazioni lamentano risposte troppo “timide” dell’esecutivo, che, tuonano, “si è limitato a misure di carattere emergenziale e temporaneo, come la tassazione sui superprofitti delle società dell’energia, gli sgravi parziali per alcune imprese e la riduzione degli oneri fiscali sulle bollette, ma rinviando i necessari interventi di carattere strutturale che da tempo rivendichiamo per arginare una crisi che si prospetta non di breve periodo“.

I raduni si terranno il 10 giugno alle 11, con presidi a Roma in piazza Santi Apostoli e contemporaneamente in tutti i capoluoghi regionali davanti alle Prefetture. Sono state invitate a partecipare alla manifestazione le organizzazioni sindacali e datoriali, il mondo del terzo settore e del volontariato sociale, le associazioni ambientaliste e studentesche. Insieme, dalle piazze d’Italia, presenteranno una piattaforma di interventi per calmierare i prezzi e combattere la speculazione.

inquinamento

Diminuiscono le emissioni ma aumentano eventi meteo estremi

Il Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) 2021 dell’Istat rivela un ritratto drammatico dell’Italia, con un aumento dei divari nella popolazione e l’arretramento del benessere soprattutto fra donne e giovani. Nel report un lungo capitolo è dedicato alle tematiche ambientali. Il cui quadro è ancora decisamente influenzato dalla pandemia, con la riduzione delle emissioni di CO2 a causa delle prolungate chiusure di attività economiche e l’attenuarsi dell’inquinamento da PM2,5, che rimane, tuttavia, elevato e senza miglioramenti apprezzabili. Dagli indicatori del Bes emerge che per effetto dei cambiamenti climatici aumentano gli eventi meteo-climatici estremi come periodi di caldo, assenza di pioggia e precipitazioni estreme. Fenomeni che, tra l’altro, acuiscono il rischio delle popolazioni esposte a frane e alluvioni. Sono ancora forti le criticità nella distribuzione dell’acqua potabile e nella raccolta e nel trattamento delle acque reflue urbane. La superficie delle aree terrestri protette, che ricopre oltre un quinto del territorio nazionale, e la disponibilità di verde pubblico pro capite nelle città italiane, non subiscono avanzamenti sostanziali negli ultimi anni. Seppur a un ritmo minore rispetto a quello degli anni passati, continua l’incremento del consumo di suolo prodotto dalle coperture artificiali impermeabili. Si riduce la produzione pro capite di rifiuti urbani per effetto del ciclo economico e prosegue la riduzione della quota ancora smaltita in discarica. Si conferma l’incremento degli ultimi anni della percentuale di energia elettrica da fonti rinnovabili.

INQUINAMENTO DA PM2,5

Per la qualità dell’aria, nel 2020 si rileva una diminuzione della percentuale dei superamenti di PM2,5 che si attestano al 77,4%, valore più basso dell’indicatore dal 2010, mentre nell’anno prepandemico (2019) risultavano l’81,9%. Questo andamento di attenuazione del fenomeno dell’inquinamento da PM2,5 non si riscontra nelle ripartizioni nord occidentale e orientale dove storicamente si osservano i valori più elevati dell’indicatore, che nel 2020 sono stabili rispetto all’anno precedente.

LE EMISSIONI DI CO2 E GAS EFFETTO SERRA

Diminuiscono nettamente nel 2020 le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti (o gas effetto serra) generate dalle attività economiche e dalle famiglie, raggiungendo il valore di 6,6 tonnellate di CO2 equivalente per abitante, per effetto delle restrizioni imposte nel periodo del lockdown. Si conferma la flessione iniziata nel 2008, anno in cui le tonnellate pro capite emesse erano 9,8.

TEMPERATURE E PRECIPITAZIONI

Sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in termini di temperature e precipitazioni. Nel 2021 le temperature minime e massime risultano maggiori rispetto alla media climatica (periodo di riferimento 1981-2010). L’intensità dei giorni di caldo negli anni 2011-2021 risulta sempre maggiore rispetto alla mediana del periodo di riferimento in tutte le ripartizioni. Nel 2021 i giorni di caldo risultano assenti nel Nord, stazionari al Centro (+18 giorni) e mostrano scarti positivi maggiori nel Sud (25 giorni) e nelle Isole per 13 giorni. Riguardo alle precipitazioni lo scarto rispetto alla mediana del periodo di riferimento a livello nazionale è pari a +2%, ma la situazione è più eterogenea e varia molto con la latitudine, passando da scarti negativi nel Nord (con punte superiori a -11% in Piemonte ed Emilia-Romagna) e in parte del Centro, fino ad anomalie positive diffuse nel Sud e molto elevate nelle Isole (+27,6%). Nel 2021 si osserva una riduzione dei giorni consecutivi non piovosi a scala nazionale, dovuta in particolare alle ripartizioni del Nord e delle Isole, mentre al Sud si osserva un aumento (+6 giorni). Nel 2020 si rileva una riduzione dei volumi di acqua movimentati nelle reti comunali dei capoluoghi rispetto al 2018. I volumi immessi in rete si contraggono di oltre il 4%, a fronte del -1,6% dei volumi erogati. Ne consegue una riduzione delle perdite totali di rete di circa 1 punto percentuale, proseguendo la tendenza degli anni precedenti. Anche la pandemia può aver generato delle modifiche nei volumi movimentati in distribuzione, infatti, in alcuni comuni a forte vocazione turistica, come Rimini e Venezia, si registra un’importante riduzione dei volumi erogati, -11,8% e -13,9% rispetto al 2018.

RIFIUTI URBANI

Nel 2020 la produzione di rifiuti urbani in Italia è scesa a 28,9 milioni di tonnellate (-3,6% dell’ammontare complessivo rispetto al 2019), pari a 487 chilogrammi per abitante (-16 chilogrammi pro capite) tornando quasi al valore pro capite più basso dal 2010, registrato nel 2015 (486,2). Nel 2020, sono stati conferiti in discarica il 20,1% del totale dei rifiuti urbani; era il 20,9% nel 2019 e il 46,3% nel 2010. La quota del Nord-ovest e del Nord-est risulta molto al di sotto della media, Centro e Sud hanno andamento e valori più prossimi alla media, mentre nelle Isole si osservano quote molto maggiori, si tratta di valori al lordo dei flussi in entrata e in uscita dalle regioni e delle ripartizioni e che non permettono quindi una valutazione sulla performance dei territori. Nel 2020 sono stati consumati 45.920 milioni di tonnellate di materia, circa l’8% in meno rispetto all’anno precedente e in controtendenza rispetto alla graduale crescita registrata nel periodo 2017-2019.

LA SENSIBILITÀ DELLE PERSONE AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’aumento dell’effetto serra rappresentano uno dei problemi ambientali che preoccupano maggiormente le persone. Tuttavia, se fino al 2019 la percentuale di persone di 14 anni e più che ritengono che questo sia uno dei problemi ambientali principali era in costante crescita, nel biennio 2020-2021 si registra un’inversione di tendenza che riguarda tutto il territorio (dal 71% del 2019 al 66,5% del 2021). Tale decremento e stato più significativo nel Nord-est, dal 73,6% al 68,2%, e nelle Isole, dove si riduce dal 72,8% al 64,1%. Nel 2021 il livello di interesse per queste tematiche torna a quello registrato nel 2018 (66,6%), evidenziando un aumento di attenzione in concomitanza con i movimenti di protesta a livello globale del 2019-2020. Inoltre, è ragionevole ipotizzare che le preoccupazioni per la pandemia e di conseguenza per la crisi economica siano state preponderanti.

ONDATA DI CALDO

L’Italia scotta, è caldo record nelle grandi città: +1,2 gradi

Italia sempre più calda, soprattutto nelle grandi città. Nei capoluoghi di regione la temperatura media annua segna un’anomalia di +1,2°C sul valore climatico 1971-2000 e sono in crescita alcuni estremi di caldo, con 15 giorni estivi e 18 notti tropicali in più nell’anno. Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, sono sempre più diffusi gli interventi di forestazione urbana, i boschi a sviluppo naturale, presenti in 47 capoluoghi. Nelle tre maggiori città, Milano, Roma e Napoli, l’inquinamento atmosferico è in lieve miglioramento, ma Milano è penalizzata dalla scarsa presenza di aree verdi, Roma ha il tasso di motorizzazione più elevato e Napoli il parco circolante più obsoleto. È l’istantanea scattata dal Report dell’Istat ‘I cambiamenti climatici: misure statistiche 2020’.

Nel 2020 la temperatura media è stata di +16,3°C (calcolata come media dei valori di stazioni termo-pluviometriche dei 24 capoluoghi di regione e città metropolitane), in aumento di 0,3°C sul corrispondente valore medio del decennio 2006-2015. Considerando solo i capoluoghi di regione è stata di +15,8°C, un +1,2°C rispetto al valore climatico 1971-2000 (periodo di riferimento per il calcolo di medie climatiche, denominato Normale Climatologica CLINO). In tutte le città le anomalie di temperatura media sono positive e dovute a rialzi della temperatura, sia minima che massima: le più alte si rilevano a Perugia (+2,1°C), Roma (+2°C), Milano (+1,9°C), Bologna (+1,8°C) e Torino (+1,7°C).

In crescita anche alcuni estremi di caldo e in diminuzione di quelli di freddo. In particolare, fra le 24 città osservate i giorni estivi (con temperatura massima maggiore di 25°C) in media sono 112 mentre salgono a 56 le notti tropicali (con temperatura che non scende sotto i 20°C). Considerando i soli capoluoghi di regione, i due indici segnano un’anomalia media sul CLINO rispettivamente di +15 giorni e +18 notti. In tutte queste città (ad eccezione di Palermo) si hanno anomalie positive di giorni estivi, più alte per Aosta (+41 giorni), Perugia (+35), Roma (+27) e Trieste (+26). Le notti tropicali raggiungono quota +53 a Napoli, seguono Milano (+34 notti), Catanzaro (+33) e Palermo (+27).

Temperatura alta città

Il 2020 è stato anche l’anno meno piovoso degli ultimi dieci, insieme al 2011, con una precipitazione totale annua di 661 mm (media delle stazioni osservate). Nelle principali città, sovrapposta alla tendenza ad aumento generalizzato della temperatura media, la diminuzione della precipitazione è pari a -132 mm sul corrispondente valore medio del periodo 2006-2015. Le anomalie negative di precipitazione interessano 22 città, con punte a Napoli (-423,5 mm), Catanzaro (-416) e Catania (-359,7). Nei capoluoghi di regione l’anomalia si attesta in media a -91 mm rispetto al valore climatico 1971-2000 e riguarda 15 città: in testa Napoli (-439,6 mm) seguono Genova (-276,9 mm), Catanzaro (-262,1 mm), Firenze (-221,6 mm), Bologna (-211,9 mm) e Milano (-196).

Per mitigare questi effetti, in 47 capoluoghi (erano 31 nel 2011) si sono sviluppati progetti di forestazione urbana, per una superficie complessiva di 11,6 milioni di m2. Nei comuni capoluogo, dove vive circa il 30% della popolazione italiana (17,7 milioni di abitanti), l’estensione delle aree verdi urbane è di oltre 550 km2, pari al 2,8% del territorio comunale, corrispondente a una disponibilità di 31 m2 per abitante. Considerando anche le aree naturali protette, l’incidenza raggiunge il 19,3% del territorio (3.775 km2). La superficie complessiva delle aree verdi urbane è in continuo aumento: in media +0,4% all’anno dal 2011 (+0,6% nei capoluoghi metropolitani). La disponibilità di aree verdi è massima nei capoluoghi del Nord-est (62,2 m2 per abitante, contro i 27,2 del Centro e il 25,1 del Nord-ovest), minima in quelli del Mezzogiorno (20,8 m2 per abitante al Sud e 19,5 nelle Isole).