Paolo Gentiloni

Manovra, ok dalla Commissione europea: “Bene gli investimenti per la transizione verde”

Il governo Meloni incassa l’ok alla legge di Bilancio. Il giudizio della Commissione europea “è complessivamente positivo”, come ha modo di sintetizzare il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, che sottolinea “la positività degli investimenti a sostegno della transizione verde e tecnologica”. Per quanto riguarda le ambizioni che rispondono al Green Deal e all’agenda innovativa a dodici stelle, il documento recapitato a Bruxelles “prevede di finanziare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica”. Inoltre, sul fronte dei conti pubblici, “l’Italia limita la crescita della spesa primaria corrente finanziata a livello nazionale”. Per cui la Manovra del governo italiano “nel complesso è in linea” con le raccomandazioni del Consiglio.

Il risultato politico della coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia è dunque il via libera a una legge di Bilancio planata sul tavolo del collegio di commissari in ritardo rispetto alle scadenze previste per le elezioni anticipate e i tempi necessari per formazione di Camere ed esecutivo. Nonostante sia stata fatta “molto rapidamente”, il governo incassa il risultato con i riconoscimenti del caso. “Bisogna dare atto – sottolinea Gentiloni – al lavoro svolto per tempi, impegni e strategia. La Commissione europea, che fa della sostenibilità di deficit e debito uno dei fattori di massima attenzione, rileva anche il contributo che deriva dalle scelte sul sostegno ai rincari dell’energia”.
La legge di Bilancio del governo Meloni contribuisce a ridurre il livello di deficit in relazione al Pil, che si prevede in discesa al 3% nel 2025. “Il disavanzo pubblico – si legge nel testo delle valutazioni – dovrebbe scendere al 3,7% del Pil nel 2024, il che si spiega principalmente con la scadenza delle misure energetiche temporanee, e al 3,0% nel 2025″. Dunque si prende atto delle misure emergenziali, temporanee e mirate nella natura, e l’attenzione per quando queste saranno rimosse.

Ma se l’ambizione verde e sostenibile della Manovra passa a pieni voti il vaglio Ue, non altrettanto si può dire per quelle che sono le misure fin qui chiave del nuovo governo. La riforma delle pensioni e i pagamenti elettronici sono oggetto di critiche. Nello specifico, la Commissione contesta la disposizione che aumenta il massimale per le operazioni in contanti dagli attuali 2.000 euro a 5.000 euro nel 2023.
Altra misura che viene considerata “non linea” con quanto chiede l’Europa, quella “equiparata al condono fiscale” che consente la cancellazione di debiti tributari pregressi relativi al periodo 2000-2015 e non superiori a mille euro. Inoltre, finisce nel mirino la possibilità di rifiutare pagamenti elettronici inferiori a 60 euro senza sanzioni. Ancora “non sono coerenti” con le raccomandazioni Ue “in particolare nel settore delle pensioni”. Il governo tira dritto, e guarda a ciò che contava di più, politicamente: l’approvazione della legge di Bilancio. “La commissione ha promosso la nostra manovra giudicandola ‘in linea’ – esulta il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti -. L’Italia è inserita nella metà dei Paesi europei che sono dalla parte giusta”, e questo è motivo di “grande soddisfazione”.

Giorgia Meloni/Afp

Meloni: “Pnrr eredità importante ma non basta. Energia? Paghiamo scelte passate poco lungimiranti”

Le infrastrutture, la sicurezza, la transizione ecologica, l’approvvigionamento energetico, la transizione digitale e la natalità. Tutti temi che, secondo la premier Giorgia Meloni, “incarnano sfide decisive per il futuro della nazione, che possiamo affrontare solo se sapremo mettere in campo giuste sinergie tra Stato, Regioni, Province ed enti locali. Non possiamo rinunciare alla coesione”. Intervenendo al Festival delle Regioni e delle Province autonome in corso oggi a Milano e domani a Monza, Giorgia Meloni sottolinea l’importanza delle sinergie, a vari livelli: “In questo tempo nessuno può pensare di affrontare da solo le sfide che abbiamo di fronte; la collaborazione con tutti i livelli istituzionali è qualcosa a cui questo governo tiene molto”.

Collaborazioni che, tuttavia, devono avere una visione prospettica. “Le criticità strutturali con le quali ci stiamo confrontando sono soprattutto figlie delle politiche poco lungimiranti del passato, evidenzia Giorgia Meloni. Pensiamo all’energia. L’Unione europea, diversi Stati membri, e anche l’Italia, in passato hanno preferito aumentare il livello di dipendenza da altre nazioni invece di lavorare per implementare misure che rafforzassero la produzione, l’indipendenza e la sicurezza energetica nazionale. Oggi noi paghiamo quelle scelte”.

Nell’intervento della premier al Festival delle Regioni e delle Province autonome c’è spazio anche per affrontare tematiche quali le questioni Pnrr e legge di bilancio. Rispetto al primo, Giorgia Meloni lo definisce “un’eredità importante e, dunque, “quelle opportunità non vanno perse. Per questo il governo ha deciso di riattivare la cabina di regia per monitorare lo stato di attuazione degli obiettivi e individuare le soluzioni per superare le criticità nel modo più rapido possibile”. Ma se il Next Generation Eu “ha rappresentato una prima risposta a livello europeo, sintetizza, “oggi è evidente a tutti che non è più sufficiente perché era un piano immaginato per contrastare le conseguenze della pandemia e non poteva, ovviamente, considerare le conseguenze dell’impatto della guerra in Ucraina, che è successiva. Bisogna fare di più, oggi, a livello europeo, partendo proprio dal tema del caro energia e bisogna rafforzare, allo stesso tempo, la coesione e la solidarietà nazionale”. Anche per questo, secondo Meloni, ci sarà molto da lavorare nelle prossime settimane, sia perché alcuni grandi obiettivi del Pnrr non possono essere realizzati se non c’è un coinvolgimento significativo delle Regioni – dall’energia alla sanità, tanto per fare esempi semplici – sia perché è fondamentale che risorse e obiettivi non corrano su un binario indipendente, ma siano collegati e complementari con risorse e investimenti previsti da altre misure nazionali. Molte regioni, inoltre, per molti motivi, hanno difficoltà a portare a termine gli investimenti e le opere già iniziate. Anche negli interventi previsti dal Pnrr dovremmo valutare le priorità, perché il costo delle materie prime mette a serio rischio la realizzazione di questi interventi”.

La legge di bilancio, invece, nelle parole della premier, “garantisce la tenuta delle finanze pubbliche e offre risposte alle emergenze immediate, con la tutela di famiglie e imprese: penso agli 8 miliardi per far fronte al caro materie prime delle opere indifferibili”. Giorgia Meloni spiega che “avremmo voluto fare di più e meglio, ma quando ti trovi davanti a una situazione così, con 30 miliardi liberati per mettere in sicurezza il tessuto produttivo e le famiglie di fronte al caro energia, oltre ad avere il caro materie prime, bisogna lavorare per priorità”.

E concludendo il suo intervento al Festival delle Regioni e delle Province, la presidente del Consiglio lancia un monito: “Alla miopia del passato è bene che non aggiungiamo anche l’egoismo del presente”.

Rinnovabili

Il mondo delle rinnovabili contro la Manovra: “Così andiamo in crisi”

La legge di bilancio non piace al mondo dell’energia, specie quello delle rinnovabili, che chiede subito una revisione del tetto al prezzo dell’energia fissato a 180 euro/Mwh e soprattutto una modifica del contributo di solidarietà sui cosiddetti extra-profitti. Secondo Anev, l’Associazione nazionale energie del vento, il governo colpisce doppiamente le rinnovabili sia con il ‘cap’ a livello di prezzi di vendita a 180 euro (che sembrerebbe peraltro sommarsi al già vigente cap a 65 euro/MWh) sia con l’extra-tassazione degli utili al 50%, sovrapponendo così due misure che sono concettualmente distinte e in contrasto tra loro. Infatti, con il cap ai ricavi vengono meno i presupposti per extra-profitti, perciò tale misura era stata pensata solo per il settore oil e gas che infatti non è soggetto al revenue cap. La misura relativa al prelievo fiscale straordinario come contributo solidaristico, calcolato sugli utili di impresa, all’art.14 del Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n.2022/1854, è riservata alle imprese operanti nei soli settori petrolifero, del gas naturale, del carbone e della raffinazione e non al settore rinnovabili – sottolinea Anev – come invece ha voluto l’esecutivo italiano, unico tra gli Stati membri ad applicare tale prelievo alle rinnovabili.

Questo affastellamento di norme non fa che creare confusione e incertezze regolatorie che scoraggiano gli investimenti nel settore. Poi non comprendiamo per quale motivo solo il settore dell’energia e in particolare quello delle rinnovabili debba pagare tale balzello visto che era già stato pesantemente bastonato dal precedente governo”, attacca Simone Togni, presidente di Anev. “Ci aspetteremmo un trattamento più equo anche nel mondo elettrico tra tutti gli operatori e non solo quelli da Fer (Fonti energia rinnovabile. ndr), se gli utili li fanno altri e le tasse vanno sempre a colpire solo noi c’è qualcosa che non funziona. I piani del Governo in tema di Fer annunciati ad Ecomondo a Rimini nei giorni scorsi, di voler facilitare la realizzazione di ben 70GW da rinnovabili, ebbene questi non sono realizzabili in questo contesto poiché gli investitori scapperanno da un Paese che penalizza oltremisura gli investimenti nel settore delle rinnovabili. È necessario che il Parlamento modifichi la legge di bilancio – conclude il rappresentante del mondo eolico – introducendo i dovuti correttivi a valle di una interlocuzione approfondita con le associazioni del settore”.

Anche Assopetroli-Assoenergia e Assocostieri, attraverso un comunicato, bocciano il contributo di solidarietà straordinario, mettendo in luce le criticità per gli operatori della logistica e della distribuzione dei prodotti petroliferi, tra i quali vi sono anche numerose Pmi. “La norma – ricordano le associazioni – trae origine dall’art.15 del Regolamento Ue 2022/1854 che, però, individuava un diverso perimetro di applicazione del contributo, includendo esclusivamente le imprese che operano nel settore dell’estrazione, della raffinazione del petrolio e della fabbricazione di prodotti di cokeria. Non è una casualità che il Regolamento europeo, a differenza della norma presente in Legge di Bilancio, abbia escluso il settore della distribuzione dei carburanti. Gli operatori della logistica e della distribuzione, infatti, sono collocati nella parte intermedia della catena e sono pertanto dei meri ‘price taker’, che subiscono le decisioni di prezzo scelte a monte della filiera industriale. Queste imprese, per tale ragione, sono strutturalmente e tecnicamente impossibilitate a generare extraprofitti“.

Più duro l’intervento di Assoebios, Associazione operatori elettrici da bioliquidi sostenibili, che accusa: “Il governo vuole dare il colpo di grazia alle fonti rinnovabili. Mentre i consumi di energia e gas aumentano vorticosamente a causa dell’abbassarsi delle temperature, il governo pensa di mettere un tetto al prezzo dell’energia, non solo per il fotovoltaico e l’eolico, ma anche per le biomasse e i bioliquidi sostenibili fortemente penalizzati dal vertiginoso aumento dei costi delle materie prime”. Per Luca Miris, presidente dell’associazione “l’energia prodotta con il carbone, oggi, viene pagata dai cittadini 500 euro al megawattora, mentre all’ipotetica energia pulita prodotta con i bioliquidi sostenibili viene imposto un prezzo massimo inferiore alle quotazioni dei mercati elettrici, rendendo di fatto, insostenibile la produzione, costringendo quindi gli impianti a fermarsi“.

Infine Assoidroelettrica, davanti al presidente di Arera, ha fatto presente che “il combinato tra siccità ed ingiusti prelievi sta mettendo in grande difficoltà i bilanci delle società che producono energia da fonte idrica – si legge in un comunicato –, è indispensabile rivedere la misura del prelievo così da garantire l’esatto contrario di quanto sta accadendo oggi, ovvero, lo sviluppo del comparto e non certo la consegna, per molti, dei libri in tribunale“.

montecitorio

Bozza Manovra: caro energia neutralizzato fino a marzo, poi servono altri soldi

Oltre 5,5 miliardi per il credito d’imposta – che va dal 35 al 45 per cento – per l’acquisto di energia da parte delle aziende, circa 4,5 miliardi di credito d’imposta per accaparrarsi il gas, un miliardo per abbattere gli oneri di sistema in bolletta, sempre per la bolletta quasi 900 milioni per ridurre l’Iva al 5%. E ancora 2,5 miliardi di bonus sociale per far fronte alle tariffe energetiche delle famiglie con Isee basso, 400 milioni in più a Comuni e Province per non lasciare al freddo scuole o altri edifici pubblici. L’elenco contenuto nella nuova bozza della manovra, che oggi inizia il suo iter parlamentare alla Camera in vista dell’approvazione entro fine anno, è una lista di provvedimenti tampone, quasi obbligati, contro il caro-energia.

Anche altre voci, come ad esempio l’incremento dei fondi per i cantieri (una decina di miliardi entro il 2027) e per le opere legate al Pnrr alla fine è una risposta al boom dei prezzi delle materie prime. I bonus si sprecano: legati ai carburanti per agricoltori, pescatori e trasportatori. Ce né poi uno da mezzo miliardo per aiutare i meno abbienti a fare la spesa. E pure la rivalutazione delle pensioni, al 100 per cento per chi ha un trattamento fino a 4 volte il minimo, è una risposta quasi automatica – per legge – all’incremento dell’inflazione.

La manovra dunque sfrutta al massimo il deficit, grazie anche al buon andamento del Pil degli ultimi mesi e allo scostamento di bilancio votato poche settimane fa, per cercare di garantire la tenuta del sistema economico-sociale di fronte a rincari energetici mai visti. Anche la famosa tassa sugli extra-profitti delle società energetiche, che nei piani del governo Draghi inizialmente avrebbe dovuto portare 10 miliardi nelle casse dello Stato, si ridimensiona. L’incasso previsto, forse più realistico visto il flop del precedente provvedimento, è di appena 2,5 miliardi. Diventa infatti per il 2023 un “contributo di solidarietà” che toccherà 7000 aziende, in linea con le regole Ue. Il prelievo sarà del 50% sul reddito 2022 che eccede per almeno il 10% la media dei redditi 2018-21, con il limite del 25% del patrimonio netto al primo gennaio 2022.

Gran parte dei provvedimenti tuttavia, specie quelli che riducono l’impatto sulla bolletta per famiglie e imprese, sono coperti fino al primo trimestre 2023. Dal 31 marzo bisognerà trovare altre risorse e il Pil non sarà più quello del 2022 che garantirà margini di manovra in bilancio. Il vero banco di prova del governo sarà in primavera.

Al governo Meloni 8 vice e 31 sottosegretari, Gava all’Ambiente

La squadra c’è. Con la nomina avvenuta oggi in Cdm di 8 vice ministri e 31 sottosegretari, Giorgia Meloni completa il suo governo e ora può dedicarsi ai dossier più urgenti. In primis la Nota di aggiornamento al Def, che sarà nel prossimo Consiglio dei ministri, venerdì prossimo. Dove la premier spera di “discutere anche di energia“, oltre al fatto che in quell’occasione saranno assegnate le deleghe ai vari ministeri.

Tutti passaggi propedeutici all’appuntamento più importante per ogni esecutivo: la legge di Bilancio. Cosa non facile per la presidente di FdI, che avrà a disposizione una finestra davvero risicata per far combaciare tutte le tessere del puzzle. Infatti, non a caso, nella prima conferenza stampa dall’ingresso a Palazzo Chigi usa proprio un’espressione plastica: “Stiamo facendo una corsa contro il tempo“.

Entrando nel dettaglio, sono 18 le nuove figure di governo provenienti dalle file di Fratelli d’Italia, mentre la Lega ottiene 11 nomine, Forza Italia 8 e Noi moderati 1. Entra anche Vittorio Sgarbi, che sarà al ministero della Cultura. All’Ambiente e la sicurezza energetica fa il suo ritorno Vannia Gava, che riceve i galloni di vice del ministro Gilberto Pichetto Fratin: l’esponente della Lega era già stata sottosegretaria sia con Sergio Costa ai tempi del governo giallo-verde con premier Giuseppe Conte, sia con Roberto Cingolani con Mario Draghi alla guida di Palazzo Chigi. Nella squadra dell’ex Mite entra anche Claudio Barbaro, come sottosegretario, in quota FdI: romano, 67 anni, una lunga carriera come dirigente sportivo ma anche una buona esperienza politica. Entrato nel Consiglio comunale di Roma nel 1993 con il Msi, fu rieletto con An nel 1997; mentre dal 2008 al 2013 è deputato con il Pdl e dal 2018 al 2022 senatore prima con la Lega e poi con Fratelli d’Italia, dopo una breve parentesi al gruppo Misto. Al ministero dell’Agricoltura e sovranità alimentare saranno due sottosegretari ad affiancare Francesco Lollobrigida. Si tratta di Patrizio La Pietra, 61 anni, coordinatore di FdI per la provincia di Pistoia dal 2014, deputato nella legislatura 2018-2022, rieletto ma al Senato lo scorso 25 settembre; e Luigi D’Eramo, della Lega, classe 1976, deputato dal 2018 fino alle scorse elezioni politiche. Alle Infrastrutture e mobilità sostenibili Matteo Salvini avrà al suo fianco, come vice, Edoardo Rixi, altro leghista, fortemente voluto dal segretario federale a Porta Pia, e Galeazzo Bignami (FdI). In squadra, come sottosegretario, ci sarà anche Tullio Ferrante (FI), classe 1989, avvocato originario della provincia di Napoli, eletto deputato lo scorso mese di settembre per la sua prima esperienza parlamentare. Al ministero dell’Economia, poi, nessuna sorpresa: in quota Fratelli d’Italia Maurizio Leo è il nuovo vice ministro, che affiancherà Giancarlo Giorgetti assieme ai sottosegretari Lucia Albano (sempre FdI), Federico Freni della Lega, che resta dunque al Mef dopo l’esperienza con il governo Draghi, e Sandra Savino, new entry da Forza Italia. Al ministero delle Imprese e made in Italy, l’ex Mise, un vice ministro, Valentino Valentini (FdI), e due sottosegretari: Fausta Bergamotto (FdI) e il leghista Massimo Bitonci.

Il resto della squadra è composto da Edmondo Cirielli (FdI) vice ministro, Giorgio Silli (Noi moderati) e Maria Tripodi (FI) sottosegretari alla Farnesina; Emanuele Prisco (FdI), Wanda Ferro (FdI) e Nicola Molteni (Lega) al Viminale; Francesco Paolo Sisto (FI) vice ministro, Andrea Delmastro delle Vedove (FdI) e Andrea Ostellari (Lega) alla Giustizia; Isabella Rauti (FdI) e Matteo Perego (FI) alla Difesa; Maria Teresa Bellucci (FdI) vice ministro e Claudio Durigon (Lega) sottosegretario al Lavoro e politiche sociali; Paola Frassinetti (FdI) all’Istruzione e merito; Augusta Montaruli (FdI) a Università e ricerca; Gianmarco Mazzi (FdI), Lucia Borgonzoni (Lega) e Vittorio Sgarbi alla Cultura; Marcello Gemmato (FdI) alla Salute; Giuseppina Castiello (Lega) e Matilde Siracusano (FI) ai rapporti con il Parlamento. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri arrivano, poi, 4 sottosegretari: all’Innovazione Alessio Butti (FdI), all’Attuazione del programma di governo Giovanbattista Fazzolari (FdI), all’Editoria Alberto Barachini (FI) e al Cipe Alessandro Morelli (Lega). Ora la palla passa al Parlamento, dove nei prossimi giorni, al massimo una settimana – suggeriscono i rumors – dovranno essere composte le commissioni di Camera e Senato, con relativi presidenti e uffici di Presidenza. Dopodiché il quadro sarà completo e toccherà ai dossier, soprattutto energia e bollette, prendere la luce dei riflettori.

milano

I principali programmi per concessione contributi a enti territoriali

Anche se senza un quadro legislativo organico di riferimento, in questi anni non sono mancati gli interventi legislativi statali in materia di rigenerazione urbana. Tra questi, di fondamentale importanza sono stati i programmi di finanziamento di progetti degli enti territoriali. Lo studio su ‘Le politiche di rigenerazione urbana-prospettive e possibili impatti’, condotto dal Servizio studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’istituto di ricerca Cresme, su richiesta della commissione Ambiente di Montecitorio, ha tracciato un quadro dei principali interventi, in ordine cronologico.

PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA

Sono stati tra i primi interventi a prevedere la partecipazione del privato in operazioni di riqualificazione di ambiti urbani, finalizzati alla riqualificazione del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale. In particolare l’articolo 2, comma 2, della legge 179 del 1992 (Norme per l’edilizia residenziale pubblica) aveva destinato la somma di 288 miliardi di vecchie lire per la realizzazione di programmi di riqualificazione urbana (Priu), individuati con accordi di programma finalizzati alla riqualificazione del tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale.

PIANO NAZIONALE PER LE CITTÀ

Per avviare interventi per la riqualificazione di aree urbane, con particolare riguardo a quelle degradate, è stato introdotto nel 2012 uno strumento operativo denominato ‘Piano nazionale per le città‘, affidato alla gestione di una apposita cabina di regia. Per il completamento degli interventi del Piano, in caso di inerzia realizzativa, sentito il comune interessato, è stata prevista la nomina di commissari straordinari.

PROGRAMMA STRAORDINARIO PERIFERIE

Il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle Città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia fu introdotto dalla legge di Stabilità 2016, ed è stato indirizzato a favore di aree urbane caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza dei servizi, mediante la presentazione di progetti da parte degli enti locali.

PICCOLI COMUNI E CENTRI STORICI

La legge 158 del 2017 ha previsto misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni; per l’utilizzo delle risorse, è prevista la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni e un elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale.

MESSA IN SICUREZZA EDIFICI

La legge di bilancio 2019 ha disposto lo stanziamento di risorse per la messa in sicurezza di edifici e del territorio, per il periodo 2021-2033 (esteso successivamente anche all’anno 2034), pari a circa 8,1 miliardi di euro complessivi, assegnati dalle singole Regioni e dal ministero dell’Interno ai comuni (a partire dai comuni con una popolazione inferiore o uguale a 5mila abitanti). L’articolo 49 del decreto legge 124 del 2019, poi, ha esteso l’utilizzo delle risorse attribuite ai comuni dalle singole regioni (3,2 miliardi di euro) anche al settore dei trasporti e della viabilità, con la finalità di ridurre l’inquinamento ambientale e di favorire investimenti finalizzati alla rigenerazione urbana, alla riconversione energetica verso fonti rinnovabili, ad infrastrutture sociali e alle bonifiche ambientali. L’assegnazione delle risorse è stata incrementata e rimodulata con successivi interventi legislativi, che hanno anche ampliato le finalità degli interventi ammissibili a finanziamento.

LOTTA A DEGRADO ED EMARGINAZIONE

La legge di Bilancio 2020 ha assegnato 8,5 miliardi di euro, per il periodo 2021-2034, ai comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, non capoluogo di provincia, ed ai comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana, per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l’anno 2021, di 250 milioni di euro per l’anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Tale intervento è stato poi recepito tra le linee di investimento finanziate con il Pnrr.

PINQUA

Il Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, istituito con la legge di Bilancio 2020 e poi recepito tra le linee di investimento finanziate con il Pnrr, è finalizzato alla riduzione del disagio abitativo, con particolare riferimento alle periferie, in un’ottica di sostenibilità e densificazione, e senza consumo di nuovo suolo, con la previsione che i relativi interventi devono seguire il modello urbano della città intelligente, inclusiva e sostenibile (smart city).

LEGGE DI BILANCIO 2022

Assegna ai comuni con popolazione inferiore a 15mila abitanti che, in forma associata, presentano una popolazione superiore a 15mila abitanti, contributi per investimenti nel limite complessivo di 300 milioni di euro per l’anno 2022, al fine di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale.