Ue, Schmidt (Cese): “Agricoltori rischiano di pagare il prezzo dell’accordo con Mercosur”

“Abbiamo paura che saranno gli agricoltori a pagare il prezzo dell’accordo commerciale con il Mercosur”. Peter Schmidt, consigliere del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) esprime in un’intervista a GEA la propria preoccupazione sul patto con l’America Latina, mentre difende il Green Deal (almeno negli obiettivi) e spiega perché l’ingresso dell’Ucraina sarebbe una notizia positiva per il settore agrifood europeo.

Quali ritiene che siano le problematiche maggiori del settore agricolo europeo?

“Per rispondere allargherei lo sguardo al sistema alimentare in generale, non solo al settore agricolo, che ne è una parte e che risente delle scelte degli altri attori del sistema. Le problematiche sono molte: alcune sono nuove, altre meno. Tra queste ultime la principale è che gli agricoltori non generano abbastanza profitto per essere resilienti e sostenibili. Qui si inserisce una problematica più recente, che è quella del cambiamento climatico, probabilmente la maggiore minaccia per il settore nel futuro. Gli agricoltori devono avere una quota maggiore dei profitti del sistema alimentare, di cui al momento sono la parte più debole. La nostra proposta è dunque quella di rafforzare la loro posizione contrattuale. Alcuni dicono che è necessario che i contadini vengano pagati almeno il prezzo di produzione della merce, ma a livello pratico questo è molto difficile da organizzare in un’economia di mercato. Riteniamo più efficace rafforzare la loro posizione nei confronti della vendita al dettaglio. Lo abbiamo visto l’anno scorso con il Dialogo strategico lanciato da von der Leyen: una conversazione onesta tra gli attori del sistema alimentare è possibile. Ritengo infine utile stabilire dei consigli del settore a livello europeo, per facilitare un processo di dialogo delle varie parti in causa”.

Come giudica il Green Deal? Va nella direzione giusta per aiutare gli agricoltori?

“Il Green Deal era la risposta giusta, lo abbiamo sostenuto anche a livello di Cese. Il problema è che è stato un piano imposto, non discusso a sufficienza con gli agricoltori. Questo è ciò che ha permesso ai populisti di mobilitarli, additando il Green Deal a causa dei loro problemi. Questo è sbagliato, come detto prima ci sono problemi di lunga data nell’intero sistema alimentare. La parte nuova è il cambiamento climatico, di cui gli agricoltori vedono le conseguenze ogni giorno nel loro lavoro. La Commissione avrebbe dovuto dire “vogliamo arrivare a un certo obiettivo, e lo faremo in questa maniera”, ma questa seconda parte è un po’ mancata. Dunque le finalità erano giuste, ma le modalità sono state sbagliate, così come lo è stata la comunicazione. Ma in fin dei conti il Green Deal è ancora la strada da seguire”.

Qual è la vostra posizione sull’accordo commerciale tra Ue e Mercosur?

“Abbiamo recentemente tenuto un dibattito sul tema. Abbiamo forti dubbi. Non affronta i punti critici che colpiranno gli agricoltori. Per esempio è un accordo commerciale senza reciprocità: avremo importazioni con standard inferiori, che aumenteranno la pressione sul settore. Dal momento che difficilmente sarà possibile cambiare il testo dell’accordo, ora dobbiamo capire quali meccanismi mettere in piedi per proteggere l’agrifood europeo. Nel nuovo ordine geopolitico anche questo è parte del piano di autonomia strategica. L’America Latina è per noi un’area fondamentale: siamo favorevoli a un accordo in via generale, ma temiamo che per come questo è stato concepito gli agricoltori ne possano pagare il prezzo”.

Quale pensa possa essere l’effetto sulla Politica agricola comune (Pac) del possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea?

R. “Con l’attuale forma della Pac avremmo sicuramente dei disagi. L’Ucraina è un produttore enorme, con aree agricole gigantesche, una qualità del suolo diversa dal resto d’Europa e realtà aziendali molto più grandi. Tuttavia ritengo che l’ingresso di Kiev sia necessario non solo dal punto di vista geopolitico, ma anche da quello dell’agrifood. Le grandi aree dell’Ucraina, ma anche di altri potenziali nuovi Stati membri, possono essere usate almeno in parte per coltivare materiali eco-sostenibili per esempio per il packaging, eliminando la plastica. C’è già la tecnologia per farlo: serve solo molta terra da coltivare, e qui subentrerebbero i nuovi Stati membri, a partire dall’Ucraina. Serve però un cambiamento nella Pac, che abbia criteri diversi per le entrate degli agricoltori, altrimenti il sistema rischia di collassare”.

Come si può rendere nuovamente attrattivo lavorare in agricoltura? E come prevenire il conseguente spopolamento delle aree rurali?

“Le problematiche attuali ce le siamo auto-inflitte negli ultimi decenni, riducendo i servizi nelle aree rurali. Io sono cresciuto in campagna in Baviera negli anni ‘60: allora ce n’erano molti e le persone potevano rimanere. In loro assenza, e in assenza di lavori ben pagati, è inevitabile che i giovani cerchino altrove un futuro migliore. Per fare questo però ci vogliono molti soldi. Servono sicuramente finanziamenti europei, e su questo l’Ue non sta facendo abbastanza. Poi ci sono casi di successo. Vicino a dove abito, nell’area dell’Allgäu, c’è una cittadina di 2.500 abitanti che si chiama Wildpoldsried. Qui c’è un grande parco eolico che dà lavoro a molte persone e porta soldi all’amministrazione locale, che a quel punto può riportare facilmente i servizi nella zona. Dobbiamo agire però: la vittoria dell’Europa passa dalle sue aree rurali”.

Ue-Mercosur, l’ira degli agricoltori a Strasburgo: trattori davanti al Parlamento

Gli agricoltori francesi e tedeschi manifestano la loro opposizione all’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e i Paesi sudamericani del Mercosur fuori dal Parlamento europeo di Strasburgo, dove gli eurodeputati sono riuniti in sessione plenaria. “L’obiettivo è ricordare agli eurodeputati che siedono qui oggi che il Mercosur non è una buona cosa per l’agricoltura francese o europea”, spiega all’AFP Paul Fritsch, presidente della Coordination rurale du Bas-Rhin. Denuncia “la concorrenza di Paesi che non hanno i nostri stessi standard. Standard sociali, soprattutto salari e oneri sociali, ma anche standard sanitari, prodotti fitosanitari e standard ambientali”.

I manifestanti parcheggiano una ventina di trattori davanti al Parlamento europeo tra un coro di clacson. Sui veicoli, striscioni che recitano “Non avvelenate i nostri figli con i vostri prodotti importati” e “Trattato UE-Mercosur, morte dell’agricoltura”. “Mehr Freiheit, Weniger Brüssel” (Più libertà, meno Bruxelles), “Stoppt Mercosur” (Fermate il Mercosur): gli agricoltori tedeschi si uniscono alla manifestazione, con le stesse richieste. “Chiediamo la sovranità alimentare, che il cibo che mangiamo sia prodotto localmente”, scandisce Fritsch, che negli ultimi mesi ha organizzato altre manifestazioni di agricoltori, tra cui la distribuzione di mele per sensibilizzare i consumatori.

Il 6 dicembre, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato la conclusione dei negoziati per un accordo Ue-Mercosur, ma l’accordo deve ancora essere ratificato. L’accordo faciliterebbe l’esportazione di automobili, macchinari e prodotti farmaceutici da parte dell’Ue, già il principale partner commerciale del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Bolivia). D’altra parte, permetterebbe ai Paesi sudamericani interessati dall’accordo (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay) di vendere all’Europa carne, zucchero, riso, miele, soia, ecc. La Francia considera questo accordo “inaccettabile” e ritiene che gli agricoltori del Mercosur debbano rispettare le norme ambientali e sanitarie in vigore nell’Ue, per evitare una “concorrenza sleale”.

Ue, Meloni: Avanti su non paper auto, stop ideologia. Musk? Non prendo ordini da nessuno

Giorgia Meloni va in Europa per ribadire il suo no al Green deal “dettato dall’ideologia”. La presidente del Consiglio, nella replica in aula, al Senato, al termine della discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue di domani, tocca diversi argomenti, in un clima tutt’altro che natalizio, vista la tensione con le forze di opposizione.

La premier non cambia una virgola della sua linea: “Nessuno nega che ci sia un tema legato all’emergenza climatica, né si mettono in dubbio gli obiettivi che si è prefissata l’Unione europea“, semmai “quello che continuiamo a contestare è la strategia con la quale l’Ue ha ritenuto di dover conseguire questi obiettivi”. Il concetto è chiaro: “Va bene la sostenibilità, ma non a prezzo della deindustrializzazione” per un settore produttivo, come quello europeo, che la premier definisce “tra i più verdi al mondo”. Dunque, “se lo massacriamo non solo creiamo un ulteriore problema alla competitività, ma anche all’ambiente, perché altri attori sulla scena globale non seguono i nostri stessi standard”, avverte.

Ogni riferimento all’automotive è puramente voluto. Il tema è ancora caldissimo nel day after il tavolo Stellantis al Mimit. Meloni ricorda a Palazzo Madama che è tutto il comparto europeo a soffrire, non solo l’Italia, ragion per cui “bisogna creare un equilibrio tra la sostenibilità ambientale, economica e sociale” attraverso la neutralità tecnologica, cioè non escludere a priori soluzioni. Come la scelta Ue di puntare sull’elettrico, “una corsa non molto sensata – afferma in aula – visto che non ne deteniamo né la tecnologia, né le materie prime”. Il governo punta molte delle sue fiches politiche sul non paper presentato assieme alla Repubblica Cecaper chiedere di rivedere alcune decisioni, come la fine della produzione dei motori endotermici o le multe alle industrie da miliardi di euro, che stanno causando le chiusure di diverse aziende“. La presidente del Consiglio è “ottimista, perché tanti Paesi ci stanno seguendo su questa strategia”.

Su un foglietto Meloni appunta quello che, in fase di discussione, le ha fatto storcere il naso. Poi risponde. Ad esempio, non digerisce i passaggi degli interventi di Mario Monti e Matteo Renzi sul rapporto con Elon Musk. Al senatore a vita, che parla di “protettorato morale” offerto al patron di Tesla e X, replica con durezza: “Non so che film abbiate visto, ma bisogna capirci su una differenza fondamentale tra me e quello che abbiamo visto in questi anni con tanti leader: posso essere amica di Musk e allo stesso tempo essere premier di un governo che per primo in Europa regola l’attività dei privati nello Spazio”, perché “io non prendo ordini da nessuno”. Non è tenera nemmeno col fondatore di Iv: “Renzi è amico di Obama e si metteva il suo stesso cappotto, io sono amica di Milei ma non mi faccio mica crescere le basette”.

Altro argomento delicato è l’accordo tra Ue e Mercosur. Il governo si è messo in stand by, attirando le accuse dell’opposizione. Anche in questo caso i toni si accendono: “E’ giusto rafforzare i rapporti con l’America Latina, ma questi accordi di libero scambio, in quadro europeo già complesso, possono aiutare alcuni ambiti industriali e allo stesso tempo danneggiare alcune filiere agricole”. Perché l’Europa “ha imposto ai nostri agricoltori regole stringenti, ma se poi gli diciamo di importare da Paesi che non hanno le stesse regole, creiamo uno squilibrio che pagheremo”. Dunque, “chiediamo di sapere cosa la Commissione ha intenzione di fare per compensare gli squilibri che si potrebbero creare e la nostra risposta è sottomessa a questa scelta”, sottolinea la premier.

C’è spazio anche per la legge di Bilancio, che domani sarà in aula alla Camera e entro venerdì sarà votata con la fiducia. A chi le contestava di stroncare il dibattito parlamentare, la presidente lancia un’offerta di ‘pace’: “Ho chiesto che ci fosse il massimo tempo possibile, ma abbiamo dei vincoli comunque che sono europei. Se ci fosse un accordo sui tempi senza voto di fiducia sarei più che disponibile”. A proposito di contrapposizioni, Meloni replica anche sulle posizioni europee della Lega. “Ha votato per Raffaele Fitto e non per la Commissione Ue, mentre il Partito socialista europeo, di cui il Partito democratico fa parte, ha chiesto fino all’ultimo minuto, in una lettera a Ursula von der Leyen, di non dare la vicepresidenza al commissario indicato dall’Italia”. Sul punto si sofferma diversi minuti, puntando il dito verso i banchi dem: “Il Pd ha accettato che il commissario italiano fosse preso ostaggio per difendere il commissario spagnolo. E’ gravissimo”. Gli animi si scaldano, il tempo si dilata e così oltre non si va: Meloni fa gli auguri ai senatori, il presidente La Russa ricambia.

Clima, Mattarella: Non distogliere attenzione, per alcuni rischio esistenziale

I conflitti in atto nel mondo si moltiplicano. Il 2024 ne ha registrati 56, “il più alto numero dal tempo della Seconda Guerra mondiale”, per di più in un contesto di “generalizzato deterioramento delle condizioni di sicurezza“. L’esasperazione delle tensioni tra Stati, però, “non può farci distogliere lo sguardo dalla nostra casa comune, la Terra, dal suo stato di salute“: l’allarme lo lancia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale il corpo diplomatico, per lo scambio degli auguri.

Il Capo dello Stato ricorda che il periodo 2015-2024 è stato il decennio più caldo mai registrato, con effetti come lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento delle acque e fenomeni meteorologici estremi che “sempre più frequentemente colpiscono in maniera drammatica comunità ed economie, come accaduto recentemente nella drammatica alluvione a Valencia”.
A pagare il prezzo delle conseguenze del riscaldamento globale sono i più vulnerabili, denuncia Mattarella, citando il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, alla COP 29 di Baku. “Per alcuni Paesi addirittura, penso a quelli insulari, un innalzamento, anche minimo, del livello degli oceani comporta un rischio esistenziale“, ricorda.

Il presidente chiede sforzi “comuni e rapidi” che permettano di superare al più presto il divario tra ambizioni in termini di decarbonizzazione e capacità di attuazione e di “imprimere l’indispensabile accelerazione alla transizione energetica globale“.

In termini di cooperazione internazionale e commercio, Mattarella punta i riflettori sulla “pretesa dell’ autosufficienza” che “contrasta con la evidenza della realtà dei fatti“. Non si può, esorta, invocare la sicurezza nazionale per giustificare nuovi protezionismi. Lo insegna anche la storia: “Il protezionismo non ha mai portato vantaggi di lungo periodo, a volte è stato persino causa di conflitti armati, mentre il libero commercio – è l’esperienza sviluppata dall’Unione europea – è un fattore di crescita formidabile“.
Bene quindi accordi con quello tra l’Unione europea e il Mercosur, che fonde il futuro di interi continenti, osserva, “proponendosi di tutelare ‘beni comuni’ come la biodiversità, la sicurezza alimentare, lo stato di salute complessivo del nostro Pianeta“.

Tra le sfide future, grande attenzione deve essere posta allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: “Occorre sapere che non basta a sé stessa e non è neutrale“, avverte il Presidente, auspicando uno sviluppo “inclusivo“, di cui possano beneficiare tutti e scongiurando monopoli privati: “La governance non può essere affidata soltanto al mercato o al potere di pochi. E’ necessario che le istituzioni sappiano farne un ‘bene comune’ – scandisce -, incanalandone le potenzialità in modo coerente con i progetti di vita collettiva e di relazione“.

Firmato accordo Ue-Mercosur. von der Leyen: “Giornata storica, vittoria per Europa”

Photo credit: sito Commissione Ue

 

Dopo un quarto di secolo l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur è arrivato. “Oggi si celebra una pietra miliare davvero storica“, ha esordito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa a Montevideo, dopo il vertice con i leader di Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay. A dare l’annuncio, insieme a lei, c’erano il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, l’argentino Javier Milei, il paraguaiano Santiago Peña e l’uruguayano, Lacalle Pou. “In un mondo sempre più conflittuale, dimostriamo che le democrazie possono contare l’una sull’altra. Questo accordo non è solo un’opportunità economica, è una necessità politica”, ha affermato la presidente.

L’accordo apre le porte ad un mercato da oltre 700 milioni di consumatori, “una delle più grandi partnership commerciali e di investimento che il mondo abbia mai visto“, ha aggiunto la presidente. L’Ue entra così in un mercato ancora molto protetto, con lo smantellamento progressivo dei dazi sulle esportazioni nel Mercosur di formaggi e prodotti caseari, vino, liquori, cioccolato, ma anche automobili e macchinari, abbigliamento e calzature. E mette le mani sull’enorme bacino di minerali strategici fondamentali per la transizione verde presenti sul continente andino. In particolare, “oggi 60mila aziende esportano nel Mercosur, di cui 30 mila sono piccole e medie imprese. Beneficiano di tariffe ridotte, procedure doganali più semplici e accesso preferenziale ad alcune materie prime essenziali“, ha puntualizzato.

Ma nel Vecchio Continente non tutti sono contenti. Ad esempio, il settore agricolo, che nei mesi scorsi ha protestato anche contro questo accordo. “Ai nostri agricoltori: vi abbiamo ascoltato, abbiamo ascoltato le vostre preoccupazioni e stiamo agendo di conseguenza“, ha detto von der Leyen. “L’accordo protegge 350 indicazioni geografiche dell’Ue. Inoltre, i nostri standard sanitari e alimentari europei rimangono intoccabili. Questa è la realtà, la realtà di un accordo che farà risparmiare alle aziende dell’Ue 4 miliardi di euro di dazi all’esportazione all’anno, espandendo al contempo i nostri mercati e aprendo nuove opportunità di crescita e posti di lavoro da entrambe le parti“, ha illustrato.

Prima di ripartire, von der Leyen ha scritto in un post su X di essere “desiderosa discuterne con i Paesi dell’Ue”. Ed è questo il lavoro che la attende a Bruxelles: vedersela con il Parlamento europeo e con i Paesi membri. In particolare con il presidente francese Emmanuel Macron, che ha definito l’accordo “inaccettabile”. E a Parigi si aggiungono Polonia, Belgio, Irlanda, Lussemburgo. Per quanto riguarda l’Italia, Palazzo Chigi ha precisato che “il governo italiano ritiene che non vi siano le condizioni per sottoscrivere l’attuale testo dell’Accordo di associazione Ue-Mercosur e che la firma possa avvenire solo a condizione di adeguate tutele e compensazioni in caso di squilibri per il settore agricolo“.

Intanto oggi un alto funzionario Ue ha precisato che il testo è “il miglior risultato possibile. Ora è nostro compito spiegare esattamente cosa significa” e “non può essere cambiato“. Ma “si tratta di un accordo nuovo di zecca” mentre “l’unico testo che conoscono” i Paesi contrari è quello del 2019. I nodi si potranno iniziare a sciogliere solo dalla settimana prossima, con la pubblicazione degli elementi dell’intesa. Per ora partirà la revisione legale del testo e poi la traduzione in tutte le lingue ufficiali dell’Ue. A seguire la Commissione lo presenterà al Parlamento e ai governi degli Stati membri dell’Ue per l’approvazione.

Von der leyen

Accordo Mercosur in vista: Von der Leyen a Montevideo. No della Francia, i dubbi dell’Italia

L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i membri fondatori del Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – potrebbe concludersi venerdì. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con il commissario al Commercio e alla sicurezza economica, Maros Sefcovic, è oggi atterrata a Montevideo, in Uruguay, annunciando che “il traguardo è in vista”. Nella capitale sudamericana, von der Leyen incontrerà il presidente, Luis Lacalle Pou, e venerdì parteciperà al meeting dei leader del Mercosur. “Abbiamo la possibilità di creare un mercato di 700 milioni di persone. Entrambe le regioni ne trarranno beneficio”, ha sottolineato. “Stiamo entrando nel rettilineo finale”, ha aggiunto Sefcovic.

I negoziati Ue-Mercosur sono iniziati nel 2000 e hanno avuto diverse fasi. Il 28 giugno 2019 le due parti hanno raggiunto un’intesa politica per un accordo commerciale, ma il processo è stato poi riaperto per affrontare gli impegni di sostenibilità; a gennaio 2023, le parti hanno concordato una tabella di marcia per la prima metà dell’anno per negoziare uno strumento aggiuntivo rispetto agli impegni assunti nell’ambito del capitolo commercio e sviluppo sostenibile del pilastro commerciale.

Ma “nonostante i progressi compiuti, non sono riuscite a firmare un accordo finale al vertice del Mercosur di dicembre 2023 a causa della forte resistenza espressa dall’ex presidente argentino Alberto Fernández e dal presidente francese Emmanuel Macron”, come ha scritto il relatore permanente per il Mercosur, l’eurodeputato popolare spagnolo, Gabriel Mato. E i colloqui dunque sono proseguiti con una nuova scadenza fissata per la fine del 2024.

Proprio Macron, nonostante la crisi interna politica, oggi ha voluto ribadire a von der Leyen che l’accordo “è inaccettabile così com’è”. A favore sono invece Germania e Spagna. Per l’Italia, il vicepremier Antonio Tajani ha affermato: “Noi siamo favorevoli all’accordo con il Mercosur, però bisogna correggere alcuni punti che riguardano i temi agricoli”. E, oggi, il vicepremier Matteo Salvini, da Bruxelles, ha evidenziato di essere “particolarmente attento alle richieste degli agricoltori” che “dicono no a questo accordo che rischia di mettere in ginocchio interi comparti del settore agricolo”. Dunque, “dato che è fermo da anni, non per caso, sarebbe giusto che lo rimanesse ancora”. Invece, secondo l’eurodeputato socialista tedesco Bernd Lange, presidente della commissione per il commercio internazionale, “le conseguenze complessive di un mancato accordo probabilmente supererebbero di gran lunga le carenze di un accordo imperfetto” e per il relatore Mato “l’eliminazione del 91% delle tariffe aprirebbe opportunità senza precedenti per le aziende europee, con vantaggi per settori chiave come l’automotive, la farmaceutica e l’agricoltura”.

L’accordo eliminerebbe gradualmente i dazi sul 91% delle esportazioni di beni dell’Ue verso il Mercosur, compresi prodotti industriali e alimentari, e sul 92% delle esportazioni del Mercosur verso l’Ue. “Le importazioni agricole sensibili sarebbero controllate”, “l’accordo sottolineerebbe elevati standard sanitari e fitosanitari” e “proteggerebbe circa 350 delle indicazioni geografiche (IG) dell’Ue sul mercato del Mercosur”, ha ricordato l’Eurocamera. Se concluso, l’accordo sarà prima sottoposto a revisione legale e poi tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’Ue. A seguire, la Commissione lo presenterà al Parlamento e ai governi degli Stati membri dell’Ue per incassare la loro approvazione

Il rumore dei trattori e l’Europa che non può restare sorda

Nel corso di GeaTalk, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ha manifestato con garbo la paura che le proteste di questi giorni con baricentro Roma possano degenerare, come se – usando una metafora – gli agricoltori sbandassero e perdessero il controllo dei loro trattori. Che fanno molto rumore e che si portano appresso una serie di rivendicazioni di buonsenso tipicamente contadino. Sempre Giansanti, con un filo in meno di garbo, ha sottolineato che se si è arrivati a questo punto la colpa è (anche) dell’Europa, incapace di ascoltare, chiusa nella sua bolla dell’irrealtà. Dunque: il fracasso dei trattori e l’orecchio duro di Bruxelles. Perché il punto è sempre lo stesso, e non vale solo per l’agricoltura ma per tanti altri settori: decarbonizzare, cioè essere virtuosamente green, senza per forza mettere in ginocchio comparti cruciali per la sopravvivenza dell’Europa stessa. L’incastro è complicato ma qualcuno comunque è ‘tuned’ in questa Ue sorda: prova ne sia che proprio oggi la Commissione ha fatto retromarcia sui pesticidi, allentando in parte la tensione. Eppure non basta.

Qualcosa d’altro deve ancora succedere affinché si smorzino i malumori, qualcosa di grande e di grosso. Perché si stanno per giocare partite importanti: quella dell’Ucraina, che nel momento in cui entrerà nella Ue sarà di difficile gestione (“uno spaccaghiaccio”, per citare sempre Giansanti); quella del Mercosur, che rappresenta una minaccia non tanto per la quantità e la qualità dei prodotti quanto per i parametri diversi che appartengono a mercati produttivi diversi. In un contesto di libera concorrenza è indispensabile che le regole siano uguali per tutti. In buona sostanza, se la Ue vuole aprire ai sudamericani bisogna che i sudamericani siano allineati con l’Europa. Più facile da dirsi che da farsi.

Il 26 febbraio si discuterà a Bruxelles della semplificazione della Pac, ma in queste tre settimane scarse sarà indispensabile un riallineamento anche in Italia, là dove i maggior fondi scaturiti dal Pnrr (da 5 a 8 miliardi) evidentemente non sono sufficienti, anche perché nella legge di Bilancio i fondi sono meno rispetto a quelli percepiti in precedenza. Si aspettano, gli agricoltori, di essere convocati dal governo, dal ministro Francesco Lollobrigida e dalla premier Giorgia Meloni. Si aspettano che vengano messe a terra provvedimenti concreti e non chiacchiere. Con una paura, esternata sempre da Giansanti: che la questione agricola diventi solo una faccenda elettorale.