Ucraina, addestratori Ue sul campo dopo cessate fuoco. VdL: “Dobbiamo essere pronti”

L’Unione europea è pronta ad addestrare l’esercito ucraino a Kiev, dopo un cessate il fuoco o un accordo di pace che ponga fine ai combattimenti con le forze russe. Dopo il consiglio informale con i ministri degli Esteri e della Difesa di Copenaghen, Kaja Kallas non ci gira intorno: “Finora abbiamo addestrato più di 80.000 soldati e dobbiamo essere pronti a fare di più”, spiega. Il che, potrebbe includere l’invio di istruttori dell’Ue in Ucraina, ma solo dopo il ritiro delle truppe.

L’Alta rappresentante Ue si dice soddisfatta dell’ “ampio sostegno” dei 27 paesi membri a questa estensione dell’attuale mandato della missione militare dell’Ue in Ucraina. Tutti i paesi dell’Unione europea sono favorevoli, a eccezione dell’Ungheria. Gli europei lavorano sulle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina dopo un’eventuale cessazione dei combattimenti e Bruxelles prevede di contribuire, in particolare rafforzando la sua missione di addestramento dei militari ucraini. Gli Stati Uniti, a lungo titubanti, hanno promesso in agosto di contribuire, ma senza inviare truppe americane sul suolo ucraino, sottolineando anche la necessità che gli europei garantiscano l’essenziale di queste garanzie di sicurezza per Kiev.

E mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede all’Ue più velocità per il programma di acquisto delle armi americane, Kallas suggerisce che il Fondo europeo per la pace possa “fornire finanziamenti a sostegno di questo impegno”. “Può rimborsare agli Stati membri le armi acquistate per l’Ucraina, anche a sostegno delle iniziative Purl della Nato”. Pertanto, il continuo blocco dello European Peace Facility, insiste, “non è giustificato”: “Risolvere rapidamente la questione è importante per il lavoro tra l’Europa e gli Stati Uniti a sostegno dell’Ucraina, e le questioni bilaterali non devono ostacolare gli aiuti”, scandisce Kallas. “Gli aiuti all’Ucraina salvano vite umane. Dobbiamo continuare a intensificare i nostri sforzi”, precisa.

Intanto, da Riga, Ursula von der Leyen ricorda che se nel nuovo bilancio europeo appena proposto si parla di una spesa quintuplicata per la difesa, è perché è “giunto il momento di essere pronti”. In conferenza stampa insieme alla prima ministra Evika Silina, la presidente della Commissione europea sostiene che l’Europa è sulla “strada giusta”, ma il lavoro da fare è ancora lungo. Al Consiglio europeo di ottobre si farà ancora il punto sulla tabella di marcia al 2030. Su Putin, von der Leyen non fa sconti: “E’ un predatore”, attacca: “I suoi rappresentanti hanno preso di mira le nostre società per anni con attacchi ibridi e attacchi informatici, l’uso dei migranti come arma è un altro esempio”.

A Tolone, dopo un consiglio dei ministri franco-tedesco, Parigi e Berlino fanno sapere che continueranno a esercitare “pressioni” perché vengano imposte nuove sanzioni alla Russia. “Siamo pronti a farlo, ma anche da parte degli Stati Uniti d’America per costringere la Russia a tornare al tavolo delle trattative”, spiega Emmanuel Macron in conferenza stampa con Friedrich Merz. Il 18 agosto, Putin si era impegnato con Trump a incontrare Zelensky. Se questo incontro bilaterale non si terrà entro lunedì, ”credo che ancora una volta significherà che il presidente Putin si sarà preso gioco di Trump“ e ”questo non può restare senza risposta”, afferma Macron. Merz confessa di non farsi illusioni: “È possibile che questa guerra duri ancora molti mesi“, deplora. I due leader parleranno separatamente con il presidente americano ”questo fine settimana”. La prossima settimana terranno anche una nuova riunione della coalizione dei volontari con i loro omologhi di 30 paesi pronti a fornire garanzie di sicurezza a Kiev per evitare una ripresa del conflitto una volta che questo sarà terminato. Nel frattempo, in una dichiarazione congiunta, annunciano l’intenzione di fornire all’Ucraina ulteriori sistemi di difesa antiaerea, “alla luce dei massicci attacchi russi” sul Paese nelle ultime settimane. Il presidente francese si difende inoltre dall’accusa di essere “grossolano e volgare” mossa da Mosca per aver definito Putin un ‘orco’. Nega qualsiasi insulto ma giustifica gli epiteti assegnati a “un uomo che ha deciso di intraprendere una deriva autoritaria, autocratica e di condurre un imperialismo revisionista dei confini internazionali”.

Da domenica il presidente russo sarà in Cina, dove incontrerà anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a margine del vertice dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai. “La Turchia svolge un ruolo importante nel processo di risoluzione” del conflitto, spiega il consigliere diplomatico russo, Yuri Ushakov. La Turchia ha ospitato tre sessioni di colloqui tra Russia e Ucraina quest’anno, che però non hanno portato a progressi reali verso la pace.

Germania, fiducia delle imprese sale a sorpresa ma peggiorano giudizi su situazione attuale

Migliora a sorpresa la fiducia delle imprese tedesche, raggiungendo il livello più alto dal 2022. L’indice delle aspettative Ifo, il più importante in Germania, è aumentato per il quarto mese consecutivo, segnando su agosto 91,6 punti dai 90,8 di luglio, mentre quello di fiducia si è alzato leggermente a 89 punti dagli 88,6 di luglio (ottavo incremento di fila). Un aumento comunque inaspettato per il mercato che si attendeva un calo di circa un decimo di punto data l’incertezza causata dai dazi e da un Pil in contrazione nel secondo trimestre. Peggiora in effetti l’indicatore sulla situazione attuale (da 86,5 a 86,4, ai livelli di aprile), a segnalare che la ripresa dell’economia tedesca rimane debole. Nel settore manifatturiero, l’indice è sceso leggermente così come quello sulle aspettative. Non si registrano ancora segnali di ripresa degli ordini. Anche tra i servizi il clima è peggiorato (a 2,6 punti rispetto ai 2,8 di luglio): da un lato, la valutazione della situazione attuale è notevolmente migliorata, mentre dall’altro è aumentato lo scetticismo.

Secondo Carsten Brzeski, analista Ing, “non è ancora chiaro da dove provenga l’ottimismo” che ha innalzato l’indicatore Ifo, ma al momento tutte le speranze per una ripresa sostenibile della Germania risiedono nel maxi piano di investimenti in infrastrutture, energia e difesa del governo Merz. Tuttavia, spiega Brzeski “l’attuale dibattito politico sulle possibili misure di austerità potrebbe indebolire l’impatto, almeno psicologico, degli stimoli fiscali annunciati per le infrastrutture e la difesa”. Secondo Ifo, le aspettative dei datori di lavoro a 6 mesi sono migliori nei settori dell’edilizia e della vendita al dettaglio, ma sono peggiorate appunto nell’industria e nei servizi. A pesare sulla situazione attuale, invece, sono i dazi statunitensi sulle importazioni nonostante l’accordo di fine luglio tra Usa e Ue per un’aliquota al 15% che comprende anche auto e relativi pezzi di ricambio. “Le imprese stanno sfruttando l’accordo commerciale con Washington per migliorare la loro capacità di pianificazione piuttosto che l’innegabile peso delle tariffe doganali più elevate” ha spiegato Elmar Völkel di LBBW Bank.

Secondo l’istituto nazionale di statistica (Destatis), nel secondo trimestre il Pil tedesco è sceso dello 0,3% (annullando la crescita registrata tra gennaio e marzo), penalizzato proprio dalle difficoltà dell’industria, colpita dal primo giro di dazi doganali americani. Economia e industria tedesche saranno particolarmente influenzate dal commercio, dal tasso di cambio e dagli stimoli fiscali. “Sebbene i mercati finanziari sembrino essere diventati insensibili agli annunci di dazi, non dimentichiamo che i loro effetti negativi sulle economie si manifesteranno gradualmente nel tempo – ricorda Brzeski di Ing -. Le Pmi potrebbero diventare vittima prediletta dei dazi Usa, poiché avranno più difficoltà a delocalizzare la produzione rispetto alle grandi aziende”. Se a ciò si aggiunge il rafforzamento del tasso di cambio dell’euro, non solo rispetto al dollaro Usa ma anche con altre valute, “è difficile immaginare come l’economia tedesca, dipendente dalle esportazioni, riuscirà a uscire da una stagnazione apparentemente infinita nella seconda metà dell’anno”.

Fumata bianca al secondo voto: Merz nuovo cancelliere tedesco. Nervosismo sui mercati

Fumata bianca. Friedrich Merz è il nuovo cancelliere federale della Germania. Dopo una storica bocciatura questa mattina al parlamento tedesco, alle 16.16 l’esponente della Cdu ha ottenuto al secondo turno di votazioni la maggioranza assoluta necessaria per guidare il governo di coalizione tra Cdu-Csu e Spd. La presidente del Bundestag, Julia Klöckner, ha annunciato che Merz ha ricevuto 325 voti favorevoli sui 618 espressi, superando così la soglia dei 316 voti richiesti. Al mattino, poco dopo le 10, la conta delle schede a favore di Merz si era fermata a 310, ovvero 18 voti in meno di quelli che avrebbe dovuto prendere considerando i parlamentari di Cdu-Csu e Spd. Nemmeno nel pomeriggio dunque ha portato a casa 328 voti. Se l’è cavata con 325, buoni per ricevere l’incarico e iniziare a governare a quasi tre mesi dalle elezioni, ma non per stare sereno.

Tra l’altro, se non fosse stato per l’ok di Verdi e Linke, il partito della sinistra, oggi non si sarebbe rivotato nel pomeriggio. Bisognava infatti modificare un regolamento in modo da abbreviare i tempi per procedere rapidamente alla seconda votazione, evitando l’attesa di tre giorni previsto. Il consenso alla modifica procedurale, che necessitava di due terzi dei parlamentari, è arrivato dunque grazie a una trattativa avviata dalla Cdu con i Verdi e la Linke, che hanno permesso di anticipare l’iter parlamentare. Un’accelerazione che alla fine aveva trovato il via libera anche dalla destra di Afd.

“Il fatto che Friedrich Merz sia riuscito a diventare cancelliere solo dopo un secondo voto, allenta ma non cancella le tensioni degli investitori sulla stabilità del prossimo”, commenta Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia. “Le implicazioni da monitorare” riguardano intanto l’“instabilità della coalizione: se 18 membri della coalizione non hanno votato Merz, c’è un serio problema di coesione interna. Governare con una maggioranza fragile sarebbe molto difficile”. Poi la “volatilità dei mercati: Il calore del Dax riflette le preoccupazioni per la direzione politica ed economica della Germania. Settori come banche, utilities e industria, particolarmente sensibili alle decisioni del governo – prosegue Diodovich – potrebbero subire ulteriori pressioni”. E vanno valutate infine “alcune promesse fatte in campagna elettorale (abbassare le tasse sulle imprese, diminuire i costi energetici, aumentare la spesa militare, sostenere l’Ucraina)” che “potrebbero incontrare molte difficoltà”.

Il nervosismo si è visto anche sul rendimento del Bund tedesco decennale, risalito verso il 2,55% raggiungendo il livello più alto dal 15 aprile, proprio perché Merz si insedia con un sostegno politico limitato mentre si trova ad affrontare un contesto difficile, tra cui la stagnazione economica, la guerra in corso in Ucraina e l’aumento dei dazi Usa. Le Borse si sono comunque riprese dopo il voto: il Dax di Francoforte ha ridotto le perdite chiudendo a -0,46%, simile alla performance del Cac40 di Parigi (-0,4%), mentre Piazza Affari ha terminato la seduta in verde con un +0,22%.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è congratulata con Merz definendo “fondamentale” la collaborazione tra Italia e Germania per affrontare le sfide globali: “Sono certa che sapremo raggiungere insieme risultati importanti non solo a livello bilaterale ma anche a livello Ue, G7 e Nato e sui principali dossier internazionali”. Secondo la Meloni, inoltre, “Germania e Italia, le due più importanti economie manifatturiere d’Europa, possono fare la differenza per il rilancio della competitività, in particolare del settore automobilistico, così come per la costruzione di partenariati paritari con l’Africa e per il contrasto all’immigrazione irregolare”. Anche Ursula von der Leyen ha salutato l’elezione di Merz con favore, definendolo un “conoscitore dell’Europa”. Su X ha scritto: “Insieme lavoreremo per un’Europa forte e più competitiva”. Pure il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso soddisfazione – sempre sul social di Elon Musk – per la “investitura” annunciando un incontro bilaterale previsto per mercoledì a Parigi, con l’obiettivo di rafforzare il “motore franco-tedesco” e accelerare “l’agenda europea di sovranità, sicurezza e competitività”.

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L’esito del voto in Germania (forse) può dare la sveglia all’Europa

La narrazione comune è che l’esito delle elezioni in Germania, per certi versi abbastanza scontato (la crisi dei socialdemocratici e dell’ormai ex cancelliere Scholz, la vittoria di Friedrich Merz, l’ascesa di AfD), possa giovare all’Europa, alla sua coesione, alla sua capacità di reazione di fronte a eventi mondiali che la stanno rapidamente stritolando. Sempre la narrazione post-voto è che la potenziale stabilità della Germania porti a un riconsolidamento del legame con la Francia e determini un cambio di passo anche a livello economico. In fondo, Berlino che inciampa e rallenta, che è vittima della recessione, non fa bene a nessuno. Nemmeno all’Italia. Con il massimo rispetto, non di solo Macron si può vivere e nemmeno solo di Meloni come principale interlocutrice di Donal Trump, e nemmeno di Orban come ‘amico’ russo. Ci vuole Unione, perché l’unione fa la forza. La svolta tedesca aiutera?

Il punto adesso è il passaggio dalla narrazione alla concretezza fattuale, quella che – chi parla bene – chiama la messa a terra di (buone) intenzioni e di (altrettanto buone) progettualità. Il tema della Difesa, quello dello scudo economico e la rivisitazione del Green Deal (in Clean Industrial Deal) sono le sfide che attendono gli inquilini di Strasburgo e Bruxelles in un contesto geopolitico in cui non ci si possono più permettere litigi di condominio ed eccessi regolamentari. Il vecchio adagio per cui gli Stati Uniti innovano, la Cina copia e l’Europa regolamenta è quanto mai aderente alla realtà e determina una condizione inadeguata. In quest’ottica, una Germania di nuovo forte non può che essere un bene per la Ue, ammesso e non concesso che a Berlino riescano a trovare la chimica giusta per formare un esecutivo. E qui, sempre ad ascoltare la narrazione di cui sopra, da subito ci si arrovella per trovare la formula adeguata, magari una ‘Grosse Koalition’ che metta insieme Cdu, Csu e Spd sulla falsariga di quanto è accaduto per due volte con Angela Merkel. Il nodo, però, sta in quel ‘magari’.

In questa Europa “la Germania deve avere un ruolo guida. Dobbiamo assumerci la responsabilità e io sono pronto a farlo”, ha detto Merz gonfiando il petto. Che si tratti di una dichiarazione meditata o propagandista, si tratta di un compito non facile. Gli scogli sono quelli della contrapposizione a Trump e dell’argine all’esuberanza della Cina. La Difesa comune europea e i dazi sono temi caldissimi, quasi roventi, là dove non è possibile definire una scala gerarchica di priorità. Vanno affrontati subito e bene, senza esitazioni e con unione di intenti. A seguire, il nuovo equilibrio delle politiche verdi, che non possono più essere quelle in cui imperversava Frans Timmermans ma che nemmeno possono e devono scomparire all’improvviso. Gli Accordi di Parigi meritano rispetto nella lotta al cambiamento climatico e alla limitazione delle emissioni di Co2, così come nella salvaguardia del Pianeta che scotta sempre di più. Serve solo più buonsenso per evitare che delle best practice diventino una minaccia alla salute dell’economia.