Fumata bianca al secondo voto: Merz nuovo cancelliere tedesco. Nervosismo sui mercati

Fumata bianca. Friedrich Merz è il nuovo cancelliere federale della Germania. Dopo una storica bocciatura questa mattina al parlamento tedesco, alle 16.16 l’esponente della Cdu ha ottenuto al secondo turno di votazioni la maggioranza assoluta necessaria per guidare il governo di coalizione tra Cdu-Csu e Spd. La presidente del Bundestag, Julia Klöckner, ha annunciato che Merz ha ricevuto 325 voti favorevoli sui 618 espressi, superando così la soglia dei 316 voti richiesti. Al mattino, poco dopo le 10, la conta delle schede a favore di Merz si era fermata a 310, ovvero 18 voti in meno di quelli che avrebbe dovuto prendere considerando i parlamentari di Cdu-Csu e Spd. Nemmeno nel pomeriggio dunque ha portato a casa 328 voti. Se l’è cavata con 325, buoni per ricevere l’incarico e iniziare a governare a quasi tre mesi dalle elezioni, ma non per stare sereno.

Tra l’altro, se non fosse stato per l’ok di Verdi e Linke, il partito della sinistra, oggi non si sarebbe rivotato nel pomeriggio. Bisognava infatti modificare un regolamento in modo da abbreviare i tempi per procedere rapidamente alla seconda votazione, evitando l’attesa di tre giorni previsto. Il consenso alla modifica procedurale, che necessitava di due terzi dei parlamentari, è arrivato dunque grazie a una trattativa avviata dalla Cdu con i Verdi e la Linke, che hanno permesso di anticipare l’iter parlamentare. Un’accelerazione che alla fine aveva trovato il via libera anche dalla destra di Afd.

“Il fatto che Friedrich Merz sia riuscito a diventare cancelliere solo dopo un secondo voto, allenta ma non cancella le tensioni degli investitori sulla stabilità del prossimo”, commenta Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia. “Le implicazioni da monitorare” riguardano intanto l’“instabilità della coalizione: se 18 membri della coalizione non hanno votato Merz, c’è un serio problema di coesione interna. Governare con una maggioranza fragile sarebbe molto difficile”. Poi la “volatilità dei mercati: Il calore del Dax riflette le preoccupazioni per la direzione politica ed economica della Germania. Settori come banche, utilities e industria, particolarmente sensibili alle decisioni del governo – prosegue Diodovich – potrebbero subire ulteriori pressioni”. E vanno valutate infine “alcune promesse fatte in campagna elettorale (abbassare le tasse sulle imprese, diminuire i costi energetici, aumentare la spesa militare, sostenere l’Ucraina)” che “potrebbero incontrare molte difficoltà”.

Il nervosismo si è visto anche sul rendimento del Bund tedesco decennale, risalito verso il 2,55% raggiungendo il livello più alto dal 15 aprile, proprio perché Merz si insedia con un sostegno politico limitato mentre si trova ad affrontare un contesto difficile, tra cui la stagnazione economica, la guerra in corso in Ucraina e l’aumento dei dazi Usa. Le Borse si sono comunque riprese dopo il voto: il Dax di Francoforte ha ridotto le perdite chiudendo a -0,46%, simile alla performance del Cac40 di Parigi (-0,4%), mentre Piazza Affari ha terminato la seduta in verde con un +0,22%.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è congratulata con Merz definendo “fondamentale” la collaborazione tra Italia e Germania per affrontare le sfide globali: “Sono certa che sapremo raggiungere insieme risultati importanti non solo a livello bilaterale ma anche a livello Ue, G7 e Nato e sui principali dossier internazionali”. Secondo la Meloni, inoltre, “Germania e Italia, le due più importanti economie manifatturiere d’Europa, possono fare la differenza per il rilancio della competitività, in particolare del settore automobilistico, così come per la costruzione di partenariati paritari con l’Africa e per il contrasto all’immigrazione irregolare”. Anche Ursula von der Leyen ha salutato l’elezione di Merz con favore, definendolo un “conoscitore dell’Europa”. Su X ha scritto: “Insieme lavoreremo per un’Europa forte e più competitiva”. Pure il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso soddisfazione – sempre sul social di Elon Musk – per la “investitura” annunciando un incontro bilaterale previsto per mercoledì a Parigi, con l’obiettivo di rafforzare il “motore franco-tedesco” e accelerare “l’agenda europea di sovranità, sicurezza e competitività”.

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L’esito del voto in Germania (forse) può dare la sveglia all’Europa

La narrazione comune è che l’esito delle elezioni in Germania, per certi versi abbastanza scontato (la crisi dei socialdemocratici e dell’ormai ex cancelliere Scholz, la vittoria di Friedrich Merz, l’ascesa di AfD), possa giovare all’Europa, alla sua coesione, alla sua capacità di reazione di fronte a eventi mondiali che la stanno rapidamente stritolando. Sempre la narrazione post-voto è che la potenziale stabilità della Germania porti a un riconsolidamento del legame con la Francia e determini un cambio di passo anche a livello economico. In fondo, Berlino che inciampa e rallenta, che è vittima della recessione, non fa bene a nessuno. Nemmeno all’Italia. Con il massimo rispetto, non di solo Macron si può vivere e nemmeno solo di Meloni come principale interlocutrice di Donal Trump, e nemmeno di Orban come ‘amico’ russo. Ci vuole Unione, perché l’unione fa la forza. La svolta tedesca aiutera?

Il punto adesso è il passaggio dalla narrazione alla concretezza fattuale, quella che – chi parla bene – chiama la messa a terra di (buone) intenzioni e di (altrettanto buone) progettualità. Il tema della Difesa, quello dello scudo economico e la rivisitazione del Green Deal (in Clean Industrial Deal) sono le sfide che attendono gli inquilini di Strasburgo e Bruxelles in un contesto geopolitico in cui non ci si possono più permettere litigi di condominio ed eccessi regolamentari. Il vecchio adagio per cui gli Stati Uniti innovano, la Cina copia e l’Europa regolamenta è quanto mai aderente alla realtà e determina una condizione inadeguata. In quest’ottica, una Germania di nuovo forte non può che essere un bene per la Ue, ammesso e non concesso che a Berlino riescano a trovare la chimica giusta per formare un esecutivo. E qui, sempre ad ascoltare la narrazione di cui sopra, da subito ci si arrovella per trovare la formula adeguata, magari una ‘Grosse Koalition’ che metta insieme Cdu, Csu e Spd sulla falsariga di quanto è accaduto per due volte con Angela Merkel. Il nodo, però, sta in quel ‘magari’.

In questa Europa “la Germania deve avere un ruolo guida. Dobbiamo assumerci la responsabilità e io sono pronto a farlo”, ha detto Merz gonfiando il petto. Che si tratti di una dichiarazione meditata o propagandista, si tratta di un compito non facile. Gli scogli sono quelli della contrapposizione a Trump e dell’argine all’esuberanza della Cina. La Difesa comune europea e i dazi sono temi caldissimi, quasi roventi, là dove non è possibile definire una scala gerarchica di priorità. Vanno affrontati subito e bene, senza esitazioni e con unione di intenti. A seguire, il nuovo equilibrio delle politiche verdi, che non possono più essere quelle in cui imperversava Frans Timmermans ma che nemmeno possono e devono scomparire all’improvviso. Gli Accordi di Parigi meritano rispetto nella lotta al cambiamento climatico e alla limitazione delle emissioni di Co2, così come nella salvaguardia del Pianeta che scotta sempre di più. Serve solo più buonsenso per evitare che delle best practice diventino una minaccia alla salute dell’economia.