IMPIANTO SNAM RETE GAS

Allarme Legambiente: 150 perdite su 16 impianti metano. “Serve una normativa stringente”

Centocinquanta punti di perdita su 16 impianti di metano monitorati in Italia. Sono i risultati che Legambiente presenta al termine della campagna ‘C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso’.

Il problema, sollecita il Cigno Verde, deve essere affrontato urgentemente se si vuole combattere la crisi climatica, dotandosi anche di una normativa stringente per rendere monitoraggi e controlli obbligatori negli impianti. L’associazione ambientalista, grazie al supporto di Clean Air Task Force, ha monitorato e documentato le dispersioni di metano di alcuni impianti energetici e su 16 di questi, monitorati nel 2022 e nel 2023, tra Sicilia, Campania e Basilicata e legati prevalentemente al trasporto di gas come gasdotti, centrali di compressione, impianti di regolazione e misura di gas, pozzi e centrali di trattamento e raccolta di idrocarburi, sono stati rilevati grazie all’utilizzo di una termocamera a infrarossi ‘FLIR GF320’ circa 150 punti di dispersioni diretti. Di questi 128 hanno a che fare con perdite, ovvero emissioni di gas fossile da bulloni, giunture, manometri, valvole, tubature e altre componenti, a testimonianza della necessità di aumentare i monitoraggi, le verifiche e gli interventi. Sono 26, in totale, invece i casi di venting (ossia di rilascio volontario di metano direttamente in atmosfera). In questo viaggio lungo la Penisola, tra gli “osservati speciali” monitorati da Legambiente il gasdotto Greenstream, in Sicilia, che collega la Libia all’Italia e la centrale di compressione di Melizzano, in Campania in provincia di Benevento, che rappresenta un’infrastruttura strategica per il Paese visto che attraverso di essa passa buona parte del gas importato dal sud Italia e spinto verso nord.

Un quadro preoccupante, che ha portato alla luce molte criticità, a partire da uno stato generale delle infrastrutture in cui si fa poca manutenzione, da un massiccio utilizzo di pratiche di venting e la mancanza di dati pubblici.

Se immesso direttamente in atmosfera, il metano può avere un effetto fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni. Si stima che a livello globale nel 2021 siano stati emessi in atmosfera ben 126 miliardi di metri cubi di gas solamente dal settore oil and gas, un enorme spreco di risorse oltre a una minaccia per il clima. Un dato che va affiancato dalle attività di flaring, ovvero combustione in torcia, attraverso le quali nel 2021 sono stati sprecati 144 miliardi di metri cubi di gas (IEA, 2023). Per questo Legambiente rilancia un appello al Governo Meloni perché si definisca e si adotti una normativa stringente che preveda monitoraggi e comunicazione (MRV), ma anche interventi di rilevamento e riparazione delle perdite di metano (LDAR). In questa direzione, ad esempio, introdurre l’obbligo mensile di condurre attività di rilevamento e riparazione, secondo lo US EPA, garantirebbe una riduzione delle emissioni del 90%. Dell’80% con una frequenza trimestrale, del 67% semestrale. Allo stesso tempo Legambiente chiede all’Esecutivo un’inversione di rotta per un graduale abbandono delle fonti fossili.

La crisi energetica del 2022, segnata anche dall’aggressione militare russa in Ucraina, ha mostrato in maniera chiara a imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche tutti i limiti della dipendenza italiana ed europea dalle fonti fossili“, ricorda Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Una situazione che in Italia, a suo avviso, “rischia di peggiorare alla luce non solo delle sostanziose politiche di diversificazione degli approvvigionamenti di gas fossile, ma anche a causa dello sviluppo delle nuove infrastrutture fossili su cui ha intensamente lavorato il Governo Draghi per affrontare il tema della dipendenza dal gas russo e che il nuovo Esecutivo Meloni sta proseguendo proponendo al Paese e al mondo l’Italia come il principale hub del gas dell’Europa. Una scelta totalmente sbagliata perché il nostro Paese deve diventare l’hub delle rinnovabili e non quello del gas, attraverso semplificazioni normative, autorizzazioni più veloci e investimenti ingenti su grandi impianti industriali, comunità energetiche, accumuli e reti”.

Tra gli impianti che destano preoccupazione spicca il Greenstream, il gasdotto che collega la Libia all’Italia gestito dalla Greenstream BV, una compagnia che vede Eni e Noc (Compagnia petrolifera nazionale libica) azioniste alla pari. In particolare, a Gela, presso il terminal di ricevimento del gasdotto, nel corso dei monitoraggi sono stati osservati due importanti casi di rilascio volontario continuo in atmosfera (venting) e 9 altre perdite di vario genere. A queste si aggiungono quelle rilevate in un impianto di regolazione e misura (REMI) dove sono state individuate 12 emissioni di metano, di cui 2 casi di venting, e 10 perdite da valvole, tubature e contatori.

emissioni industriali

L’Onu lancia un sistema di allerta satellitare sulle emissioni di metano

Un sistema di rilevamento e di allerta dallo spazio per arginare le emissioni di metano è stato presentato dall’agenzia ambientale dell’Onu a Sharm-el Sheikh, in Egitto, dove è in corso la 27esima conferenza sul clima. Il programma satellitare, che si chiama ‘Methane alert and response system (Mars)’, sarà “il primo sistema globale e pubblico in grado di collegare in modo trasparente il rilevamento del metano a un processo di notifica”, spiega l’agenzia delle Nazioni Unite. Il metano è un potente gas serra, che contribuisce per almeno un quarto al riscaldamento climatico. Anche se è più potente della Co2, la sua durata nell’atmosfera è molto più breve – 12 anni contro secoli – quindi la riduzione delle sue emissioni potrebbe portare a risultati rapidi. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change, è necessario ridurre le emissioni di almeno il 30% entro il 2030 per evitare di superare il limite di temperatura di 1,5°C. Circa la metà delle emissioni di metano sono legate all’attività umana, in particolare all’industria petrolifera e del gas e all’agricoltura.

Ma come funzionerà il sistema dell’Onu? I satelliti saranno in grado di identificare grandi perdite di questo gas e i governi e le aziende saranno avvisati immediatamente in modo da poter agire subito. Potranno inoltre beneficiare di consigli su come risolvere il problema. “La trasparenza è una parte vitale della soluzione per risolvere il problema del metano e questo nuovo sistema aiuterà i produttori a rilevare le perdite e a fermarle senza indugio se e quando si verificano”, ha spiegato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia.

Le Ong si aspettano una dichiarazione congiunta dell’Unione Europea e degli Stati Uniti durante la Cop27 per lanciare un’iniziativa finalizzata a ridurre le emissioni di metano da parte dei principali Paesi importatori ed esportatori di petrolio e gas. “Tagliare il metano è l’opportunità più rapida per ridurre il riscaldamento e mantenere a portata di mano 1,5°C, e questo nuovo sistema di allerta e risposta sarà uno strumento fondamentale per aiutare tutti noi a rispettare il Global Methane Pledge”, ha affermato John Kerry, inviato Usa per il clima.

C’è speranza per le bollette: prezzo del gas torna ai livelli di fine giugno

L’intensificarsi del conflitto in Ucraina rovina la discesa del prezzo del gas al mercato di Amsterdam. Lunedì mattina il Ttf, il principale indicatore della quotazione del metano in Europa, aveva iniziato le contrattazioni confermando il calo delle ultime settimane scendendo sotto i 150 euro/MWh, un valore che non si vedeva da fine giugno. A influire sul calo del valore del gas, come sottolinea Ole Hansen su Twitter (commoditiy strategist di Saxo Bank), ci sono i “forti arrivi di Gnl, il clima autunnale mite e la distruzione della domanda. La capacità di shock della Russia si è notevolmente ridotta con flussi in calo del 78% su base annua”. In effetti le importazioni di carichi di Gnl in Europa nord-occidentale hanno raggiunto il livello più alto in questo periodo dell’anno dal 2016, secondo Bloomberg. Inoltre le temperature non dovrebbero essere fresche, nella maggior parte dell’Europa, nelle prossime due settimane, suggeriscono i modelli citati da Oilprice.com, il che allevierebbe la pressione rialzista sulla domanda di gas per riscaldamento ed elettricità. A proposito di elettricità, la leggera ripresa della produzione nucleare in Francia sta aiutando la fornitura ai Paesi vicini, frenando così una parte della domanda di gas per la corrente.

I livelli di ieri mattina sono stati quelli, appunto, di tre mesi fa, quando l’Arera – l’authority per l’energia – stabilì lultimo rialzo delle bollette del gas. La stessa Arera, a fine settembre, ipotizzava un +70% per il metano a novembre. Però se il prezzo rimanesse a questi livelli o inferiori potrebbero esserci speranze di aumenti inferiori. La struttura della bolletta del gas è cambiata: sarà mensile e le tariffe verranno stabilite ex post, nel senso che il prezzo del consumo di ottobre sarà deciso a novembre calcolato sulla base della media aritmetica delle quotazioni di ogni singolo giorno sul mercato di riferimento, che sia il Ttf o il Psv. Già, ultima questione benché non secondaria. Le nostre bollette non si baseranno più sul Ttf, ma sull’italiano Psv, che generalmente quota un 20 euro in meno rispetto al titolo olandese.

La speranza di una frenata del caro-bollette sbatte però con la guerra in Ucraina. I lavoratori russi si bloccano e Kiev comunica che dovrà rallentare se non bloccare l’export di energia elettrica. Questo annuncio ha fatto così sobbalzare il prezzo del Ttf, che poi però è tornato a scendere chiudendo a 159 euro/MWh, in rialzo di “soli” due punti percentuali nei confronti di venerdì. Dall’Ucraina passa anche il gasdotto che porta metano fino all’Italia, a quantità ridotte ma fondamentali per garantire l’equilibrio raggiunto – a colpi di acquisti a prezzi elevatissimi sul mercato spot olandese – riempendo gli stoccaggi in vista dell’inverno.

L’apertura della Germania a un fondo europeo, sul modello pandemico del Sure, apre tuttavia la strada a bollette meno pesanti in futuro. Da capire il valore dell’eurobond che sarebbe emesso per finanziare prestiti agli Stati. La trattativa fra governi pare appena cominciata.

Nube metano Nord Stream

Da Nord Stream nube metano su Europa. L’esperto: Contributo a cambiamento climatico

Non solo problemi di approvvigionamento energetico, ma anche ambientali. Le esplosioni e la fuga di gas nei gasdotti Nord Stream hanno infatti creato una “grande nuvola di metano” su Norvegia e Svezia che si teme possa arrivare anche sull’Italia. A dare la notizia sono stati i media dei due Paesi. Secondo i calcoli di Stephen Matthew Platt, scienziato del clima presso l’istituto norvegese di ricerca sull’aria Nilu, si tratta di circa 40.000 tonnellate di metano rilasciate dal sospetto sabotaggio: il doppio delle emissioni annue di metano nazionali norvegesi dell’industria petrolifera e del gas. “Sono livelli record, non abbiamo mai visto niente di simile prima in Norvegia e Svezia”, ha riferito Platt, sottolineando tuttavia che l’elevata concentrazione di metano non rappresenta un grave pericolo per le persone. L’allarme è immediatamente scattato in Italia, anche se, secondo l’esperto del Cnr e amministratore del consorzio Lamma Bernardo Gozzini, contattato da GEA, “non è sicuro che la nube di metano arriverà in Italia”, visto che, secondo una ricostruzione fatta al computer, “avrebbe avuto una traiettoria divisa in due parti, una è andata verso le isole Svalbard, l’altra verso la Gran Bretagna e la Francia”. In ogni caso, se anche arrivasse, sarebbe molto diluita” sull’Italia. Il rischio non sarebbe immediato, ma l’incremento di metano nell’atmosfera contribuisce all’effetto serra. Questo, appunto, il problema anche secondo Alessandro Di Menno, ricercatore Ispra, che spiega a GEA come “il metano è un gas serra, non un inquinante atmosferico tradizionale. Non ha un effetto diretto sulla salute umana, come ad esempio il monossido di carbonio. Ma è nella nube c’è una quantità di gas serra potente, molto più climalterante della Co2“. “E’ una cosa nuova, gli effetti non li vedremo nell’immediato, diciamo che è un altro bel contributo sul cambiamento climatico, è come aver emesso una grande, grandissima, quantità di Co2 tutta in una volta – precisa -. La nube ad ogni modo si disperderà, arriverà in forma molto diluita“.

Intanto, al netto dell’aspetto ambientale e climatico, continua il rimpallo di accuse sul presunto sabotaggio a Nord Stream che ha causato la perdita. Secondo un rapporto ufficiale presentato da Svezia e Danimarca alle Nazioni Unite, a causare le quattro perdite nel Mar Baltico sarebbero state esplosioni sottomarine equivalenti a “centinaia di chilogrammi” di TNT. “La magnitudo delle esplosioni è stata misurata rispettivamente a 2.3 e 2.1 della scala Richter, il che probabilmente equivale a una carica esplosiva di centinaia di chili“, hanno dichiarato i due Paesi scandinavi in una comunicazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che si riunirà venerdì a New York su richiesta della Russia. “Tutte le informazioni disponibili indicano che queste esplosioni sono il risultato di un atto deliberato“, hanno scritto Svezia e Danimarca nella loro lettera al segretario generale delll’Onu, senza nominare alcun Paese responsabile. Mosca, da parte sua, prima ha rivolto tramite il capo del Servizio di intelligence estero della Federazione Russa, Sergei Naryshkin, le sue attenzioni su una “impronta occidentale nell’organizzazione e nell’attuazione di questo atto terroristico”, poi lo stesso presidente Vladimir Putin ha accusato gli “anglosassoni” che “organizzando esplosioni sui gasdotti internazionali hanno di fatto iniziato a distruggere le infrastrutture energetiche europee“. Immediata la risposta del segretario di Stato americano Antony Blinken che giudica le accuse una “oltraggiosa disinformazione”, mentre il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg conferma che l’Alleanza continua a sostenere “gli sforzi di investigazione per capire chi è dietro a questi attacchi”.

Photo credits: ICOS Integrated Carbon Observation System

paolo gallo

Italgas guarda al 2028: verso rete full digital per gas rinnovabili

Digitalizzazione, consolidamento nel settore dell’efficienza energetica e crescita esterna. Sono le direttrici sulle quali si muove il Piano strategico 2022-2028 di Italgas, presentato a analisti e azionisti. Il nuovo Piano prevede investimenti complessivi netti per 8,6 miliardi di euro, in aumento di 0,7 miliardi di euro rispetto al precedente, presentato lo scorso anno. L’incremento degli investimenti (+8,9%) è guidato dalle attività di trasformazione digitale degli asset, di estensione del network e dalle iniziative volte al consolidamento nel settore dell’efficienza energetica che consentiranno al Gruppo di continuare a giocare un ruolo di primo piano nel raggiungimento dei target climatici Ue. Secondo l’amministratore delegato, Paolo Gallo, il Gruppo si conferma così “tra le principali realtà industriali in grado di mettere le proprie capacità di progettazione, spesa e creazione di valore al servizio degli obiettivi di sviluppo sostenibile del Paese e dell’Unione Europea”. Con le reti, aggiunge, che “permetteranno di operare la transizione da gas fossile a gas rinnovabile”.

italgas

RIDUZIONE CONSUMI E EMISSIONI

In linea con le indicazioni della Commissione Europea di neutralità carbonica al 2050, il Gruppo ha esteso al 2028 il target di riduzione dei consumi energetici netti rispetto al 2020, portandolo a -27% e ponendosi un nuovo target di -33% al 2030. Il raggiungimento di tali obiettivi contempla le iniziative di efficientamento energetico e di digitalizzazione e ottimizzazione del sistema di controllo e gestione di tutti gli asset operativi, nonché di rinnovamento della flotta aziendale dei veicoli di servizio. Italgas prevede di ridurre del 34% le emissioni climalteranti (Scope 1 e Scope 23 ) al 2028 e del 42% al 2030 (baseline 2020). Definito un target anche sulle emissioni di gas a effetto serra dello Scope 3 (supply chain), con una riduzione prevista del 30% al 2028 e del 33% al 2030 rispetto al 2024. “In uno scenario europeo che ha nel REPowerEU la nuova stella polare per rafforzare la resilienza del sistema energetico e accelerare la transizione ecologica, Italgas può cogliere i frutti di una visione che aveva individuato nelle reti digitali, flessibili e intelligenti il principale abilitatore della decarbonizzazione dei consumi”, spiega Gallo.

TRASFORMAZIONE DIGITALE AL SERVIZIO DEI GAS RINNOVABILI

Degli 8,6 miliardi di euro di investimenti, ben 4,5 sono destinati allo sviluppo e all’upgrade del network italiano della distribuzione del gas. Nel dettaglio, 1,5 miliardi di euro (+100 milioni circa rispetto al precedente Piano) sono destinati alla prosecuzione dei programmi di trasformazione digitale della rete. Disporre di una rete ‘full digital’, secondo Italgas, è la precondizione tecnica per gestire con efficacia la distribuzione dei gas rinnovabili – principalmente biometano, metano sintetico e idrogeno – per i quali il Piano destina oltre 100 milioni di euro per favorire l’allacciamento degli impianti di produzione alla rete di distribuzione, introdurre la tecnologia del reverse flow verso la rete di trasporto in maniera da consentire l’accoglimento, di fatto senza limiti, dei quantitativi non consumati a livello locale, sviluppare impianti e componenti ‘hydrogen ready’. Si stima che dalla digitalizzazione derivino benefici per circa 300 milioni di euro (+50 milioni di euro rispetto al precedente piano), in termini di riduzione dei costi operativi, efficienza sugli investimenti e maggiori ricavi. Nessuna preoccupazione per la rete di distribuzione, perché i tubi in polietilene “sono assolutamente compatibili al 100% con l’idrogeno. Avremmo un problema di corrosione se fossero in ghisa, ma stiamo sostituendo dappertutto e sono rimasti pochi chilometri. Stiamo anche testando e testeremo altri materiali affinché siano compatibili con l’idrogeno”, precisa Gallo.

EFFICIENZA ENERGETICA

Italgas, nel suo piano, raddoppia l’impegno verso il business dell’efficienza energetica, che rappresenta una leva fondamentale per il raggiungimento dei target indicati dal REPowerEU ed è sempre più centrale nelle strategie di sviluppo del Gruppo. Il nuovo Piano, infatti, assegna 340 milioni di euro allo sviluppo delle Esco (Energy Service Company, società che effettuano interventi finalizzati a migliorare l’efficienza energetica) del Gruppo, sia per realizzare operazioni mirate di fusioni e acquisizioni, sia per rafforzare le aree di attività e il portafoglio clienti nei settori di riferimento: residenziale, pubblico, industriale e terziario.

RICAVI

Per il 2022 Italgas prevede investimenti tecnici tra 700 e 750 milioni di euro e ricavi adjusted superiori a 1,4 miliardi di euro, con un Ebitda adjusted di 1,00-1,03 miliardi di euro e un Ebit adjusted tra 570 e 590 milioni di euro. Tali risultati – spiega Italgas nella presentazione del suo Piano Strategico 2022-2028 – non tengono conto del contributo di Depa Infrastructure. Includendo il costo per l’acquisizione di Depa Infrastructure e gli impatti dell’Ifrs 16, l’indebitamento netto a fine 2022 è atteso a circa 5,9 miliardi di euro. Con il completamento delle gare, grazie al contributo di Depa Infrastructure e allo sviluppo delle attività dell’efficienza energetica, si prevede al 2028 un fatturato superiore a 2,6 miliardi di euro con un margine Ebitda stimato di circa il 70%, mentre la leva finanziaria dovrebbe gradualmente ridursi attestandosi a fine Piano al 61% circa. Per quanto riguarda la greca Depa, Italgas si aspetta di poter perfezionare l’operazione di acquisizione “prima dell’estate”, secondo l’ad Gallo. Il Piano destina 1,8 miliardi di euro all’acquisizione, al consolidamento e all’esecuzione dei programmi di sviluppo ad oggi messi a punto dalle società operative Eda Thess, Eda Attikis e Deda.

bovini

Alghe alle mucche per ridurre emissioni metano

Integratori di alghe per limitare le emissioni di metano da parte delle mucche. Una sfida che stanno affrontando i supermercati Morrisons e la Queen’s University Belfast nell’ambito di un progetto di ricerca della durata di tre anni, dedicato proprio allo studio delle alghe come inibitori del metano proveniente dal bestiame, uno dei fattori che contribuisce al riscaldamento globale. “Stiamo concludendo le prove di laboratorio e passeremo alle prove commerciali a settembre“, ha detto all’Afp un portavoce dei supermercati britannici. Le alghe saranno acquistate da pescatori britannici che già riforniscono la catena di distribuzione.

Dai primi risultati della ricerca è emerso che le mucche emettevano l’82% in meno di metano quando una piccola quantità di alghe rosse veniva aggiunta al mangime. Un risultato simile a quello ottenuto lo scorso anno dall’Università della California. Alcuni scienziati scozzesi stanno conducendo uno studio analogo con le pecore di un’isola dell’arcipelago delle Orcadi.

La flatulenza e l’eruttazione dei bovini, infatti, emettono metano, un gas serra circa 30 volte più potente della CO2, e l’intero settore agricolo è uno dei maggiori emettitori di gas serra. Secondo la Fao, il settore della carne rappresenta il 14,5% delle emissioni di origine umana, senza contare la deforestazione o gli sprechi legati alla lavorazione del prodotto.

In Nuova Zelanda, intanto, è stata presentata una proposta di legge per “tassare” le flatulenze di mucche e pecore. Un’imposta da addebitare agli agricoltori che allevano questi animali. In questo territorio vivono circa 10 milione di mucche e 26 milioni di pecore e l’agricoltura è responsabile della metà delle emissioni totali di gas serra. Il piano potrebbe partire già nel 2025 e comprende anche incentivi economici per gli allevatori in grado di ridurre le emissioni.

 

(Photo credits: LIONEL BONAVENTURE / AFP)

decarbonizzazione

Clima, verso il G7 dell’Ambiente. Cingolani: “Alleanza per emissioni zero”

Stabilire un’alleanza globale per la protezione del clima, promuovere una transizione energetica pulita, sostenibile e inclusiva, preservare la biodiversità rafforzando le attività correlate all’efficienza delle risorse e all’economia circolare, migliorare la sostenibilità della gestione delle sostanze chimiche, proteggere i mari e tutelare la biodiversità marina. Questi i temi oggetto di discussione alla riunione dei ministri del Clima, dell’Energia e dell’Ambiente dei Paesi del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio a Berlino.

In merito all’incontro, nel corso dell’informativa alla Camera, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha lanciato un messaggio inequivocabile: “Innalzare le ambizioni non è sufficiente. Occorre un richiamo forte a tutti i grandi emettitori, specie quelli che sono membri del G20, a presentare nuovi obiettivi di riduzione in linea con il mantenimento della temperatura globale a 1.5 gradi centigradi e gli impegni adottati a Glasgow“, ha sottolineato il ministro.

CLUB SUL CLIMA

E, in questa direzione, un’importante proposta arriva dalla Germania. Lo ha ricordato lo stesso Cingolani, riferendosi alla costituzione di un ‘Club sul clima’ al fine di allineare le politiche e misure climatiche soprattutto nei settori industriali, accelerando il taglio delle emissioni e, al contempo, “prevenire distorsioni al mercato e il fenomeno del carbon leakage”. Tre i pilastri, ha spiegato il ministro, sui quali poggia il Climate Club: “Misurazione delle emissioni ricorrendo a strumenti quali il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam); progressiva trasformazione dei settori industriali attraverso approcci comuni di decarbonizzazione delle industrie; sviluppo di partnership internazionali per la sostenibilità nel settore energetico, nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo con la progressiva diffusione delle rinnovabili“.

EMISSIONI ZERO ENTRO 2050

Cingolani, nel corso dell’informativa, ha poi ricordato che per il settore energetico “è emersa inoltre, la determinazione ad accelerare la transizione verso un futuro a zero emissioni nette entro il 2050, mantenendo al contempo la sicurezza e l’accessibilità dei sistemi energetici”, anche attraverso la “rapida espansione delle rinnovabili”.

METANO

Tutti temi sul tavolo del prossimo G7, la cui agenda sarà fitta di proposte e nodi da sciogliere. Come quello relativo alla riduzione delle emissioni di metano. “La presidenza tedesca – ha detto Cingolani – ha proposto l’impegno di sviluppare dei piani di azione nazionali volti a diminuirle”. L’obiettivo è quello di “riaffermare l’impegno definito in ambito del Global Methane Pledge adottato a Glasgow per la riduzione delle emissioni globali di metano antropogenico di almeno il 30% al di sotto dei livelli del 2020 entro il 2030”. “L’Italia ha proposto, e la membership G7 ha accolto – ha aggiunto Cingolani – di considerare anche il ruolo delle tecnologie waste-to-fuel (come il biometano) quale preziosa opportunità per mitigare le emissioni di metano“.

IDROGENO

In tema di rinnovabili, al vertice di Berlino si parlerà anche di idrogeno, “elemento chiave verso una piena decarbonizzazione delle economie”. L’idea, ha ricordato il titolare del Mite, è quella di lanciare il “G7 Hydrogen Action Pact, iniziativa volta ad accelerare e rafforzare l’azione congiunta nel campo dell’idrogeno, nonché a favorire le sinergie e la razionalizzazione delle attività svolte nelle diverse piattaforme multilaterali già esistenti”. “Promuovere lo sviluppo e la definizione di standard settoriali comuni al fine di favorire la produzione, l’uso, il commercio e il trasporto di idrogeno è obiettivo anche dell’Italia”, ha fatto sapere Cingolani.

Trattore a metano

Il primo trattore eco-sostenibile alimentato al 100% a metano

Si chiama New Holland T6 Methane Power ed è il primo trattore di serie al mondo alimentato al 100% a metano. La perfetta unione tra la riduzione di emissioni di Co2 e prestazioni. Con questo trattore, che si può rifornire direttamente dalla rete gas o da specifiche stazioni a biomassa, New Holland fornisce una soluzione eco-sostenibile a tutte le esigenze agricole. Alla fine del 2021 ha vinto la prima edizione del premio ‘Sustainable Tractor of the Year’.

New Holland Agriculture ha avviato la produzione di serie del T6 Methane Power nel proprio stabilimento di Basildon, nel Regno Unito, e un numero crescente di trattori è già operativo sul campo. L’obiettivo è chiaro: contribuire alla decarbonizzazione dell’agricoltura. Utilizzare il metano come combustibile crea un sistema circolare in cui gli agricoltori producono energia dagli scarti di produzione. Il T6 Methane Power offre sostanziali vantaggi economici e pratici agli operatori di impianti a biogas e agli agricoltori che hanno accesso alla rete di distribuzione del gas naturale.

Il motore offre la stessa potenza del suo equivalente diesel, con una riduzione del 30% dei costi di esercizio. Il biometano produce il 99% di particolato in meno, riduce le emissioni di CO2 del 10% e le emissioni complessive dell’80%, consentendo di raggiungere emissioni di CO2 prossime allo zero.