Ennesimo record: il cacao arriva a 10 euro al kg. Pronta una raffica di rincari

Il prezzo del cacao ha toccato i 10mila dollari a tonnellata nella piazza finanziaria di New York. Più o meno 10 euro al kg. Infranto l’ennesimo record storico. In un anno le quotazioni sono salite del 250%. A livello nominale i futures un anno fa erano scambiati a 2.500 dollari e dieci anni fa il prezzo era attorno ai 650 dollari. In termini reali, adeguando dunque l’impatto cumulativo dell’inflazione, il cacao è comunque ancora scambiato ben al di sotto del picco raggiunto negli anni ’70. Il livello record stabilito 46 anni fa equivarrebbe infatti oggi a 27.000 dollari la tonnellata in termini nominali. Tuttavia l’impennata degli ultimi mesi resta storica.

Per comprendere la crisi, bisogna guardare alla sua genesi: anni di investimenti insufficienti nella coltivazione del cacao nell’Africa occidentale, che ospita circa il 75% della fornitura mondiale. A ciò vanno aggiunti maltempo e malattie. Nell’Africa occidentale, il cacao viene ancora coltivato prevalentemente da piccoli proprietari terrieri poveri. Guadagnano solo quanto basta per sopravvivere, così la maggior parte di loro non ha i mezzi per reinvestire nei propri appezzamenti, piantando nuovi alberi o investendo in fertilizzanti e pesticidi. I vecchi alberi di cacao comportano due problemi: rese inferiori e piante particolarmente vulnerabili alle intemperie e alle malattie.

Se l’offerta soffre, la domanda invece è più che in forma. Il risultato è dunque un brutale divario tra domanda e offerta. Anche tenendo conto dell’impatto frenante dei prezzi elevati sui consumi, il mercato si dirige verso un deficit compreso tra 300.000 e 500.000 tonnellate. Se confermato, si tratterebbe del deficit più grande degli ultimi 65 anni. L’attuale deficit sarebbe però un problema minore se la domanda globale di cacao non fosse raddoppiata negli ultimi 30 anni, poiché l’ascesa della classe media mondiale crea più consumatori. E ne stanno arrivando altre, poiché la domanda pro capite è ancora bassa in luoghi come la Cina. Il consumo annuo in Svizzera è di circa 12 kg, negli Usa sono 9 i chilogrammi mangiati, 6 kg in Germania, 1,5 Kg in Brasile, 1 in India e appunto appena 200 grammi in Cina.

Ovviamente a infiammare il rally ci ha pensato la finanza, quando ha odorato le potenziali criticità nell’offerta, facendo salire ancora di più i futures. Secondo Javier Blas, columnist di Bloomberg su energia e commodities, “una volta che i prezzi si svincolano dai fondamentali, è quasi impossibile fermare un mercato rialzista, finché qualcosa non si rompe. Preparatevi all’attuale impennata del cacao per avere ramificazioni più ampie rispetto all’inflazione del costo del vostro uovo di Pasqua. I mercati in disordine possono portare le imprese commerciali in difficoltà e persino al collasso. Questo è quello che è successo nei mercati europei dell’elettricità e del gas naturale nel 2022 – continua Blas – ed è successo anche nel mercato del cotone nel 2008 e di nuovo nel 2011″. Un segno di difficoltà – conclude l’opinionista di Bloomberg – è il calo della liquidità nel mercato finanziario del cacao da gennaio: il numero aggregato di contratti in essere, noti come open interest, nel mercato dei futures sul cacao di New York e Londra è diminuito del 35% circa negli ultimi tre mesi”.

A livello di economia reale, intanto, si sta assistendo a un aumento dei prezzi al dettaglio del cioccolato e alla contrazione dell’inflazione. Per Michele Buck, numero uno di Hershey, i rincari potrebbero essere solo all’inizio: “Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresi i prezzi”. La crescita delle quotazioni del cacao registrata nell’ultimo anno ha determinato rincari generalizzati per le uova di Pasqua, con i marchi più noti che hanno aumentano i listini al pubblico tra il +16% e il +24% rispetto allo scorso anno, con punte in alcune catene commerciali del +40%, sottolinea il Codacons. Tuttavia il boom del nuovo ‘oro nero’ rischia di avere conseguenze negative sui prezzi al pubblico di una moltitudine di prodotti di largo consumo: dalle tavolette di cioccolata ai cioccolatini, dalle bevande al cacao alle merendine o ai biscotti farciti di cioccolato, passando per le creme spalmabili. Ma anche gelati, torte, pasticcini e altri prodotti freschi che utilizzano la materia prima cacao risentiranno della crisi in atto e subiranno un incremento di prezzo. Per chi capire gli effetti sulle tasche dei consumatori basti pensare che tre italiani su quattro consumano abitualmente prodotti a base di cioccolato – conclude il Codacons – con un consumo procapite di circa 2 kg e un giro d’affari che nel nostro Paese supera i 2 miliardi di euro annui.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Carburanti, Mimit: Nuovo calo prezzi di benzina e diesel

Nella mappa INTERATTIVA di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia con la benzina che comunque cala a 1,896 euro/litro, mentre i prezzi più bassi per la benzina sono nelle Marche, in discesa a 1,835 euro/litro.

agricoltura

I prezzi agricoli crollano ai livelli di 3 anni fa, ma gli alimentari costano il 23% in più

La speculazione esiste? Molti la evocano, pochi la misurano. Tuttavia, confrontando i dati diffusi dalla Fao oggi sui prezzi agricoli mondiali con i prezzi alimentari al consumo globali, non si può non notare che qualcosa non torna.

L’Indice Fao dei prezzi alimentari è sceso per il settimo mese consecutivo a 117,3 punti a febbraio, il livello più basso in tre anni, rispetto ai 118,2 rivisti al rialzo di gennaio. La diminuzione degli indici dei prezzi dei cereali e degli oli vegetali ha più che compensato gli aumenti di quelli dello zucchero, della carne e dei latticini. Negli ultimi tre anni l’indice PriceStats Daily World Food Inflation Index – realizzato da State Street – fa vedere invece che gli alimentari sono rincarati del 23%, passando da un punteggio di 133 del febbraio 2021 a quota 164 al termine dello scorso mese. Quello di State Street è un indice composito per Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Grecia, Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, Russia, Sud Africa, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Uruguay, Turchia e Argentina. L’indice utilizza la componente alimentare e delle bevande analcoliche non destagionalizzata dell’inflazione di ciascun Paese, con ponderazioni basate sulla spesa per consumi finali delle famiglie del 2010, in dollari correnti, dalla Banca Mondiale.

Vedendo il grafico, il PriceStats Daily World Food Inflation Index, non sembra dare segni di inversione. Sale. Il contrario della traiettoria intrapresa dai prezzi agricoli globali. L’Indice Fao delle quotazioni cerealicole è diminuito del 5% a febbraio, raggiungendo un livello inferiore del 22,4% rispetto a quello di febbraio 2023. I prezzi all’esportazione del mais sono diminuiti maggiormente tra le aspettative di grandi raccolti in Sud America e i valori competitivi offerti dall’Ucraina, mentre quelli internazionali del grano sono diminuiti soprattutto grazie al forte ritmo delle esportazioni dalla Russia. Anche i prezzi internazionali del riso sono diminuiti dell’1,6% a febbraio. L’Indice Fao dei prezzi degli oli vegetali è calato invece dell’1,3% da gennaio, attestandosi all’11% al di sotto del valore di febbraio 2023. Quelli internazionali dell’olio di soia sono diminuiti notevolmente, sostenuti dalle prospettive di abbondanti produzioni di soia in Sud America, mentre le ampie disponibilità di esportazioni globali di oli di girasole e di colza hanno spinto i loro prezzi verso il basso. I prezzi mondiali dell’olio di palma sono aumentati marginalmente a febbraio a causa del calo stagionale della produzione.

L’indice Fao dei prezzi dello zucchero, al contrario, è aumentato del 3,2% a febbraio. L’aumento riflette le persistenti preoccupazioni sull’imminente produzione del Brasile dopo un periodo prolungato di precipitazioni inferiori alla media, nonché i previsti cali di produzione in Tailandia e India, due principali paesi esportatori. Anche l’indice dei prezzi della carne è aumentato dell’1,8% da gennaio, con le quotazioni della carne di pollame che sono aumentate maggiormente, seguite da quelle della carne bovina, colpite dalle forti piogge che hanno interrotto il trasporto del bestiame in Australia. Anche i prezzi della carne suina sono aumentati leggermente a causa della maggiore domanda da parte della Cina e della situazione di offerta limitata in Europa occidentale. I prezzi internazionali della carne ovina sono diminuiti in parte a causa della produzione record conseguente alla ricostituzione del gregge in Australia. In crescita anche l’Indice dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari, aumentato dell’1,1%, guidato dalla maggiore domanda di importazioni di burro da parte degli acquirenti asiatici. Anche i prezzi del latte in polvere e del formaggio sono aumentati marginalmente.

Guardando avanti, la Fao ha pubblicato un nuovo Brief sull’offerta e la domanda di cereali, alzando leggermente le sue previsioni per la produzione totale mondiale di cereali nel 2023 a 2.840 milioni di tonnellate. Caleranno i prezzi al consumo?

INFOGRAFICA INTERATTIVA Carburanti, Mimit: Prezzo benzina stabile, cala il diesel

Nella mappa INTERATTIVA di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia con la benzina a 1,900 euro/litro, mentre i prezzi più bassi per la benzina sono nelle Marche (1,839 euro/litro).

benzina diesel

INFOGRAFICA INTERATTIVA Carburanti, Mimit: Stabili o in calo i prezzi di benzina e diesel

Nella mappa INTERATTIVA di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia con la benzina a 1,900 euro/litro, mentre i prezzi più bassi per la benzina sono nelle Marche (1,839 euro/litro).

INFOGRAFICA INTERATTIVA Mimit: Stabili i prezzi di benzina e diesel nelle regioni

Nella mappa INTERATTIVA di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia con la benzina a 1,901 euro/litro, mentre i prezzi più bassi per la benzina sono nelle Marche (1,838 euro/litro).

Scarso effetto Mar Rosso: inflazione tedesca rallenta. In Usa prezzi sotto controllo

L’effetto Mar Rosso per ora è scarso. Almeno a giudicare i dati dell’inflazione flash di febbraio in tre grandi Paesi europei: Francia, Germania e Spagna.

Nella cosiddetta locomotiva del Vecchio Continente, secondo la stima flash di Destatis, l’ufficio di statistica tedesco, il carovita mensile è cresciuto dello 0,4% contro attese di +0,5%, dopo il +0,2% di gennaio. E a livello annuale è aumentato del 2,5%, sotto le attese di +2,6% e in calo rispetto al +2,9% di gennaio. L’Inflazione di questo mese rappresenta il valore più basso da giugno 2021 (+2,4%). “Nonostante il freno ai prezzi dei prodotti energetici scaduto a gennaio e l’aumento del prezzo della Co2 che influenzerà anche i prezzi dei combustibili fossili come carburanti, gasolio da riscaldamento e gas naturale, a febbraio i prezzi dell’energia erano inferiori del 2,4% annuale“, evidenzia Destatis. Inoltre “l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari è diminuito nuovamente in modo significativo rispetto allo stesso mese dell’anno scorso al +0,9% e per la prima volta da novembre 2021 è stato inferiore al tasso di aumento generale dei prezzi“.

Anche in Francia l’inflazione annuale ha rallentato al 2,9% a febbraio, percentuale più bassa da gennaio 2022, rispetto al 3,1% di gennaio, anche se i mercati si aspettavano un +2,7%, secondo le stime preliminari. L’indice dei prezzi al consumi invece ha accelerato rispetto al mese precedente, aumentando dello 0,8%, dopo il -0,2% di gennaio, guidato dall’aumento dei costi dei servizi, in particolare affitti e trasporti, e dell’energia, principalmente elettricità, prodotti manifatturieri e tabacco.

Brusco rallentamento dei prezzi in Spagna che anno su anno scendono al 2,8%, soprattutto per merito del calo dei prezzi dell’elettricità. Questo tasso è inferiore di 0,6 punti rispetto a gennaio (3,4%), un mese che era stato caratterizzato da un leggero rimbalzo dopo quattro mesi consecutivi di aumenti dei prezzi più lenti, spiega l’istituto di statistica iberico in una nota. Questo conferma il graduale ritorno dell’inflazione a un livello ritenuto accettabile dagli economisti, grazie anche alla stabilizzazione dei prezzi dei generi alimentari, che un anno fa avevano subito un forte aumento.

Le scuse per non tagliare i tassi sono sempre meno nel bouquet della Bce. Complice anche un calo inaspettato dei consumi, sia in Francia che in Germania, la pressione sui prezzi al consumo non sembra per ora segnalare un ritorno di fiamma magari per il blocco del transito attraverso il Canale di Suez. La stabilizzazione dei prezzi si nota anche oltre oceano. L’indice dei prezzi della spesa per consumi personali (Pce) negli Stati Uniti è aumentato dello 0,3% su base mensile a gennaio, in linea con le aspettative del mercato, dopo un +0,1% rivisto al ribasso a dicembre, mentre il tasso annuo ha rallentato al 2,4%, il più basso da febbraio 2021.

E’ vero, in America è salita l’inflazione ‘core’ mensile Pce, che esclude alimentari ed energia ed è la misura preferita della Fed, allo 0,4%, registrando l’aumento maggiore da febbraio dello scorso anno, tuttavia il tasso annuale di inflazione ‘core’ ha frenato per il 12° mese consecutivo al 2,8% dal 2,9%, un nuovo minimo da marzo 2021 e “il raffreddamento dei redditi e della spesa suggerisce che l’inflazione si modererà nuovamente nei prossimi mesi, lasciando la porta aperta a giugno per un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve“, commenta in una nota la banca olandese Ing.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, Marche regione più economica per la benzina

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,807 euro/litro), mentre le Marche superano il Veneto come regione più economica per la benzina (rispettivamente 1,750 e 1,751 euro/litro).

INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, in Alto Adige la benzina più costosa

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,808 euro/litro), mentre Marche e Veneto restano le regioni più economiche (1,752 euro/litro).

INFOGRAFICA INTERATTIVA Inflazione, in area Ocse cala a 5,4%. Maggior calo in Italia tra Paesi G7

Nell’infografica interattiva di GEA, l’andamento dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) dal 2000 a dicembre 2023 in area Ocse e in Italia. Secondo l’Ocse, l’inflazione su base annua, misurata dall’indice dei prezzi al consumo, è diminuita per il terzo mese consecutivo, dal 5,6% di ottobre al 5,4% di novembre 2023. Diminuzioni dell’inflazione tra ottobre e novembre 2023 sono state registrate in 28 paesi Ocse, lo stesso numero registrato tra settembre e ottobre. Tra i Paesi del G7, il calo maggiore si è registrato proprio in Italia.