Fukushima

Clima, il Giappone punta a ridurre le emissioni del 60% entro il 2035 rispetto al 2013

Il Giappone si è impegnato a ridurre le emissioni di gas serra del 60% entro il 2035 rispetto al 2013, nell’ambito di un piano climatico con obiettivi ambiziosi, accompagnato da una revisione della strategia energetica. La quarta economia mondiale, ancora molto dipendente dai combustibili fossili e accusata di avere il mix energetico più inquinante tra le potenze del G7, si è già posta l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

L’impegno annunciato oggi fa parte del nuovo “contributo determinato a livello nazionale” (NDC) che Tokyo, come tutti i Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, avrebbe dovuto presentare all’Onu entro il 10 febbraio. Secondo i dati delle Nazioni Unite, solo dieci dei quasi 200 paesi interessati lo hanno fatto in tempo.

L’obiettivo deve essere raggiunto nel corso dell’esercizio finanziario giapponese 2035, che si concluderà alla fine di marzo 2036. L’arcipelago mira inoltre a ridurre le proprie emissioni del 73% entro il 2040, sempre rispetto al 2013, ha precisato il Ministero giapponese dell’Ambiente. “Questi ambiziosi obiettivi sono in linea con l’obiettivo globale” previsto dall’Accordo di Parigi, che mira a limitare il riscaldamento globale a meno di 1,5°C rispetto all’era preindustriale, e rientrano nella prospettiva della “neutralità carbonica”, ha sottolineato il ministero.

Nel suo precedente contributo nazionale presentato all’Onu nel marzo 2020, il Giappone si era impegnato a ridurre le proprie emissioni solo del 26% entro il 2030, suscitando aspre critiche da parte di Ong ed esperti del clima. Di conseguenza, un piano più ambizioso, presentato nell’ottobre 2021, ha fissato un obiettivo di riduzione del 46% entro il 2030 rispetto al 2013.

Il nuovo obiettivo “è una grande opportunità mancata per mostrare al mondo la leadership del Giappone nella lotta contro il cambiamento climatico”, ha spiegato all’AFP Masayoshi Iyoda, responsabile per il Giappone dell’Ong ambientalista 350.org. “Gli scienziati hanno avvertito che il Giappone deve ridurre le sue emissioni dell’81% entro il 2035 per allinearsi all’ obiettivo di 1,5 °C. Il primo ministro Shigeru Ishiba ha ceduto alle pressioni dell’industria, che deve molto agli interessi dei combustibili fossili”, si è rammaricato, denunciando “un grave fallimento per una transizione verso un futuro di energia rinnovabile giusto ed equo”.

Le sfide per il Giappone sono enormi. Nel 2023, quasi il 70% del suo fabbisogno di elettricità era soddisfatto da centrali termiche a carbone e idrocarburi. Le importazioni di combustibili fossili, pari al 23% delle importazioni totali del Giappone, costano al Paese l’equivalente di circa 470 milioni di dollari al giorno, secondo i dati doganali giapponesi per il 2024. Per porre rimedio a questa situazione, il governo di Shigeru Ishiba ha annunciato a metà dicembre un progetto preliminare volto a rendere le energie rinnovabili la prima fonte di elettricità del paese entro il 2040, aumentando al contempo il ricorso al nucleare.

Tanto più che Tokyo punta a un aumento del 10-20% della produzione di elettricità del Paese entro il 2040, rispetto al 2023, a fronte di una domanda crescente legata in particolare all’intelligenza artificiale (IA) e alla produzione di semiconduttori. Questo ‘Piano strategico energetico’ è stato perfezionato e dettagliato martedì. Entro il 2040, secondo gli obiettivi adottati, le centrali termiche dovranno rappresentare solo tra il 30 e il 40% del mix elettrico giapponese. Al contrario, la quota di energie rinnovabili nella produzione di elettricità sarà aumentata fino a raggiungere il 40-50%, rispetto al solo 23% nel 2023. L’obiettivo precedentemente fissato era del 38%. Il contributo del solare al mix elettrico dovrebbe salire al 23-29% entro il 2040, quello dell’eolico al 4-8% e quello dell’idroelettrico all’8-10%, secondo le fasce dettagliate.

Inoltre, il nucleare dovrebbe rappresentare il 20% della produzione elettrica entro il 2040, più o meno l’obiettivo già fissato per il 2030, ma al di sotto del 30% che il nucleare civile rappresentava prima del 2011. Quattordici anni dopo la catastrofe di Fukushima, il Giappone vuole che l’energia nucleare svolga un ruolo importante nel soddisfare il crescente fabbisogno energetico. Il governo aveva chiuso tutte le centrali nucleari dell’arcipelago dopo questa tripla catastrofe (terremoto, tsunami, incidente nucleare) ma le ha gradualmente rimesse in funzione, nonostante le proteste, e prevede che tutti i suoi reattori esistenti saranno attivi entro il 2040.

energia

Le rinnovabili nei trasporti in Ue

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, la quota percentuale di energia da fonti rinnovabili utilizzata nel settore traporti dei Paesi Ue. Secondo Eurostat, ha raggiunto il 10,8% nel 2023, con un aumento di 1,2 punti percentuali rispetto al 2022 (9,6%) ma comunque inferiore di 18,2 punti rispetto all’obiettivo del 29% per il 2030. Per raggiungere l’obiettivo sarebbe necessario un aumento medio annuo di 2,6 punti percentuali entro 5 anni. La Svezia è stato il Paese Ue con la quota più alta di energie rinnovabili nei trasporti e l’unico Paese ad aver già raggiunto l’obiettivo del 2030 (33,7%). Al secondo posto si è classificata la Finlandia (20,7%), seguita dai Paesi Bassi (13,4%) e dall’Austria (13,2%). L’Italia ha registrato il 10.2%. Al contrario, le quote più basse sono state registrate in Croazia (0,9%), Lettonia (1,4%) e Grecia (3,9%). I maggiori incrementi nell’uso di energia da fonti rinnovabili nei trasporti tra il 2022 e il 2023 sono stati registrati in Svezia (+4,9%), Austria e Portogallo (entrambi +2,5%), mentre i maggiori cali sono stati registrati in Lettonia (-1,7%), Croazia (-1,5%) e Romania (-0,9%)
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Davanti alle coste di Trapani il più grande parco eolico offshore flottante nel Mediterraneo

Si chiama Med Wind ed è il più grande progetto di parco eolico offshore flottante nel Mediterraneo. Sorgerà a oltre 80 km dalla costa siciliana, a largo di Trapani, ed è già considerato un modello nelle strategie di sviluppo di una giusta transizione energetica per l’Italia. I numeri sono importanti: l’investimento complessivo è di circa 9,3 miliardi di euro ed è prevista la creazione di oltre tremila nuovi posti di lavoro, molti dei quali ad alta specializzazione con l’obiettivo di rafforzare la filiera nazionale delle energie rinnovabili. Med Wind, di fatto, coniuga lo sviluppo delle rinnovabili con la tutela degli ecosistemi terrestri, marini e l’ascolto delle comunità locali. Lo Studio di Impatto Ambientale è stato presentato questa mattina all’Università Luiss Guido Carli di Roma in un evento promosso da Fondazione UniVerde, Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli e Renexia all’Università Luiss Guido Carli di Roma.

L’area idonea ad ospitare l’impianto galleggiante, progettato da Renexia, è stata individuata grazie alle preliminari indagini ambientali condotte con il supporto della Marina Militare e con il coinvolgimento della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, unitamente alle indagini geofisiche, geotecniche e archeologiche. La mappa tridimensionale, elaborata dalle indagini batimetriche, ha poi reso possibile pianificare con la massima cura il posizionamento delle turbine e garantire così la salvaguardia dell’ambiente circostante. Inoltre, grazie all’innovativa tecnologia “floating”, l’installazione delle strutture eoliche non comporta trivellazioni del fondale marino ma impiega un sistema di ormeggi.

Soddisfatto Gilberto Pichetto Fratin. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ribadisce come si debba “accompagnare il percorso di queste grandi tecnologie in evoluzione, che possono anche creare le condizioni per la piena tutela delle aree marine e della biodiversità del nostro Paese. Dobbiamo coniugare innovazione e sostenibilità, unendo la tutela della biodiversità con lo sviluppo delle rinnovabili”. Riccardo Toto, direttore generale di Renexia, sottolinea l’investimento complessivo della società: circa 42 milioni di euro, “uno dei più rilevanti in assoluto in questo ambito. È fondamentale porre delle basi solide per concretizzare un parco da 3 GW come Med Wind che assicurerà il 3% del fabbisogno energetico nazionale, evitando milioni di tonnellate di emissioni climalteranti”.

Secondo Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde, “le transizioni ecologica e digitale sono una priorità assoluta per affrontare la crisi climatica, superare i combustibili fossili e percorrere l’obiettivo dell’indipendenza energetica per l’Italia. Proprio la diffusione, attenta e sostenibile, dell’eolico offshore può conciliare l’esigenza di costruire impianti a mare, lontano dalle coste, cogliendo l’opportunità di creare in quelle zone aree protette che favoriscano il ripopolamento e il recupero degli habitat”. Roberto Danovaro, docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente del Comitato Scientifico della Fondazione UniVerde, ricorda come l’eolico offshore galleggiante rappresenti “un’opportunità unica per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza energetica per il nostro Paese. Questa tecnologia è in grado di coniugare la produzione di energia pulita a basso costo con la protezione dell’ambiente”.

Rinnovabili, Governo impugna legge sarda. Todde: “Non ci faremo dettare condizioni”

Il governo impugna in consiglio dei ministri la legge sulle Aree idonee e non idonee della Sardegna, senza convocare la presidenza come vorrebbe lo Statuto regionale, che le riconosce il diritto di partecipare al Cdm quando si discutono temi di rilievo per il territorio.

La legge, approvata a dicembre, definisce la mappa con le aree per l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti Rinnovabili, concedendo l’idoneità soltanto all’1% del territorio. Un atto che ha chiuso un percorso costellato di ricorsi per le richieste di connessioni a Terna e di mobilitazioni generali.

La presidente Alessandra Todde non incassa lo ‘sgarbo’ istituzionale e ricorda che la sua è stata la prima Regione in Italia ad approvare una legge sulle aree idonee, “con largo anticipo rispetto alla scadenza fissata dal Governo”. Parla di un “modello virtuoso di transizione ecologica ed energetica“, fondato “sullo sviluppo sostenibile e sulla tutela dell’ambiente, del suolo, del paesaggio e dei sardi“. Ma, lamenta Todde, “c’è chi ha definito questa legge ‘debole’, ‘inutile’, ‘un regalo agli speculatori‘”.
La presidente entra nel merito politico della vicenda, non dicendosi sorpresa che a chiedere l’impugnazione siano state forze politiche che “in Sardegna si schierano a parole contro la speculazione energetica e a difesa dell’ambiente, mentre a Roma operano sistematicamente contro gli interessi regionali, promuovendo scelte politiche ed energetiche che penalizzano la Sardegna e i suoi cittadini“. Todde promette battaglia: “La Regione si difenderà davanti al giudice delle leggi come abbiamo fatto in tema di regionalismo differenziato“, assicura, ribadendo l’opposizione dura a “qualsiasi tentativo di minacciare, imporre veti o dettare condizioni ai danni dei sardi”.

A farle scudo, l’intero Movimento 5 Stelle, regionale e nazionale. Per il consigliere del M5S Sardegna Gianluca Mandas quella del governo non sarebbe una questione tecnica, ma una precisa scelta politica: “Una mossa che conferma una strategia chiara: accentramento, delegittimazione delle Regioni, svendita del territorio a grandi interessi economici“.
Il governo “ha dimostrato il suo disprezzo per la Sardegna e i diritti dei suoi cittadini“, denuncia la senatrice pentastellata Sabrina Licheri, che accusa l’esecutivo di “arroganza” e promette: “non ci piegheremo ai tentativi di saccheggio del territorio“.

Per il gruppo in Consiglio regionale la violazione dello Statuto sardo è “un fatto talmente grave che oltre all’incompetenza fa pensare soprattutto alla malafede“.
Rimaniamo convinti delle nostre ragioni e siamo determinati, ora più che mai, a difendere di fronte alla Corte Costituzionale le prerogative autonomistiche della nostra Isola riconosciute dalla Costituzione e dallo Statuto sardo, contribuendo a una transizione giusta ma che tuteli il territorio dalla speculazione”, chiosa l’assessore dell’Industria, Emanuele Cani, rivendicando che il futuro dell’isola e del suo sviluppo energetico “devono restare appannaggio dei sardi” e chiedendo una mobilitazione trasversale di tutte le forze politiche del territorio.

A Fiumicino il più grande impianto fotovoltaico aeroportuale in Europa

Nasce, nell’aeroporto di Roma Fiumicino, il più grande impianto fotovoltaico in autoconsumo in uno scalo europeo e tra i più estesi al mondo. Si chiama Solar Farm, è posizionato lungo il lato Est della Pista 3 ed è un progetto di Aeroporti di Roma realizzato da Enel, in collaborazione con Circet. Si estende per quasi due chilometri e mezzo ed è composta da circa 55.000 pannelli in silicio monocristallino che, grazie a una potenza di 22 MWp, consentiranno allo scalo di produrre annualmente energia elettrica per più di 30 milioni di kWh. Si tratta di un primo, grande passo che porterà lo scalo ad avere a regime, nei prossimi 5 anni, una potenza installata di 60 MWp con l’installazione di altri farm sempre nel perimetro dell’attuale sedime. Una capacità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico annuo di 30mila famiglie italiane, per un anno intero o – tradotto in auto elettriche – a fare il “pieno” a oltre un milione di veicoli.

L’investimento complessivo per la realizzazione del progetto ammonta a circa 50 milioni di euro, nell’ambito di un paniere di interventi per la generazione rinnovabile e la mobilità sostenibile per un impegno finanziario che supera i 200 milioni di euro. La Solar Farm, che contribuirà dunque a ridurre le emissioni di CO2 dello scalo di oltre 11.000 tonnellate ogni anno, rappresenta una delle più ambiziose iniziative nel percorso di transizione energetica e decarbonizzazione avanzate da AdR, con l’obiettivo di arrivare al Net Zero Carbon nel 2030, con vent’anni di anticipo rispetto al target di settore.

L’infrastruttura si colloca all’intero della strategia ESG delineata dalla Capogruppo Mundys i cui obiettivi sono stati certificati da SBTi (Science Based Target Initiative), in linea con lo scopo di mantenere il riscaldamento globale entro una traiettoria di 1,5°C. Oltre a ridurre l’uso delle fonti fossili per il fabbisogno energetico delle attività aeroportuali, la nuova opera permetterà anche di incrementare l’indipendenza energetica e la resilienza rispetto alla volatilità dei mercati.

Il lancio “consolida il nostro impegno nella transizione green e nella decarbonizzazione con una infrastruttura unica nel suo genere in tutto il panorama aeroportuale internazionale”, rivendica Marco Troncone, amministratore delegato di Aeroporti di Roma. L’indipendenza energetica garantita da questa nuova progettualità all’aeroporto consentirà, spiega, di “ridurre drasticamente l’impatto ambientale delle attività secondo il modello di sviluppo sostenibile che stiamo costruendo ormai da anni e che rappresenta la prima, vera precondizione per la crescita dello scalo, del territorio e del Paese”. Il settore del trasporto aereo offre “numerose possibilità di ricerca e sviluppo di soluzioni innovative per la decarbonizzazione”, riflette il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. La Solar Farm è, precisa, “la prova di come la transizione energetica sia in grado di generare opportunità di crescita non soltanto per il sistema delle nostre imprese ma anche per i cittadini, che da oggi potranno beneficiare di un hub ancora più green e innovativo”. Il ministro parla di una tappa importante anche in vista “dell’urgente ulteriore sviluppo di capacità di una struttura votata all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale e l’inaugurazione dell’impianto di oggi è un’occasione per celebrare anche la leadership italiana in questo cruciale settore”. Un ulteriore passo significativo verso “la riconciliazione del trasporto aereo con l’ambiente”, fa eco Pierluigi Di Palma, Presidente Enac e del Comitato Istituzionale della ‘Fondazione PACTA, Patto per la decarbonizzazione del trasporto aereo’. L’impianto Solar Farm dell’aeroporto di Roma Fiumicino, conferma, ricorda, “gli obiettivi di sostenibilità che abbiamo inserito nel nuovo PNA, così da traguardare l’obiettivo Net Zero Carbon Emissions già nel 2030, con venti anni di anticipo”. L’obiettivo raggiunto era ambizioso, osserva Francesca Gostinelli, Head of Enel X Global Retail: il più grande impianto fotovoltaico per la generazione di energia rinnovabile in autoconsumo, all’interno di un aeroporto europeo. Un traguardo che, scandisce, “testimonia il crescente impegno di ADR nell’efficientamento energetico e nella riduzione delle emissioni”.

Nel 2024 aumentano i consumi elettrici ma anche le rinnovabili: 41,2% della domanda

Aumentano i consumi elettrici, ma anche la loro copertura grazie alle rinnovabili. Sono le rilevazioni di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale guidata da Giuseppina Di Foggia, sull’anno appena trascorso. Nel 2024 i consumi elettrici italiani sono cresciuti del 2,2% rispetto al 2023, attestandosi a 312,3 miliardi di kWh (con punta oraria massima di 57,5 GW registrata il 18 luglio dalle 15 alle 16). Le fonti rinnovabili hanno registrato il dato più alto di sempre di copertura della domanda, pari al 41,2% (rispetto al 37,1% del 2023). Il valore è in aumento grazie al contributo positivo, in particolare, della produzione idroelettrica e fotovoltaica. L‘incremento tendenziale della domanda elettrica è il risultato di variazioni positive in quasi tutto il corso dell’anno, in particolare nei mesi di luglio e agosto, caratterizzati da temperature superiori alla media decennale. A livello territoriale la variazione della domanda elettrica è risultata ovunque in aumento: +2,2% al Nord, +2,3% al Centro e +2,1% al Sud e nelle Isole.

Nel 2024 l’indice IMCEI elaborato da Terna, che prende in esame i consumi industriali di circa 1.000 imprese energivore, è risultato pressoché stazionario (-0,3%). In particolare, positivi i settori del cemento, calce e gesso, cartaria, alimentari e siderurgia; in flessione metalli non ferrosi, chimica, mezzi di trasporto e ceramiche e vetrarie. Relativamente all’offerta, nel 2024 si è registrata una crescita rilevante della produzione rinnovabile (+13,4%) e una lieve flessione del saldo netto con l’estero (-0,5%), come conseguenza di un forte aumento dell’export (+47,9% rispetto al 2023) e di uno più modesto dell’import (+2,4%). Nel mese di dicembre, per la prima volta, in alcune ore l’export elettrico italiano ha superato quota 4.000 MW, confermando il ruolo chiave delle interconnessioni non solo per importare energia a prezzi convenienti ma anche, e sempre più in futuro, per fornire un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo a fronte di una variabilità sempre più marcata della generazione rinnovabile.

Più nel dettaglio, la domanda di energia elettrica italiana nel 2024 è stata soddisfatta per l’83,7% con produzione nazionale e per la quota restante (16,3%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta (264 miliardi di kWh) è in aumento del 2,7% rispetto al 2023 con la seguente articolazione per fonti: crescita a due cifre della produzione idroelettrica (+30,4%) e fotovoltaica (+19,3%), che nel 2024 ha raggiunto il record storico arrivando a superare i 36 TWh. In flessione la fonte eolica (-5,6%) e geotermica (-0,8%). In calo rispetto al 2023 anche la fonte termica (-6,2%): in tale contesto si distingue la forte riduzione della produzione a carbone (-71%), ormai sostanzialmente azzerata a eccezione della Sardegna, cui corrisponde una riduzione delle emissioni di CO2 stimabile in oltre 8 Mt.

Secondo le rilevazioni di Terna, considerando tutte le fonti rinnovabili, nel 2024 l’incremento di capacità in Italia è stato pari a 7.480 MW, valore superiore di 1.685 MW (+29%) rispetto al 2023. Al 31 dicembre in Italia si registrano 76,6 GW di potenza installata da fonti rinnovabili, di cui, nel dettaglio, 37,1 GW di solare e 13 GW di eolico. Rispetto a quanto previsto dal DM Aree Idonee (21 giugno 2024), il target fissato per il quadriennio 2021-2024 di nuove installazioni è stato superato di 1.609 MW. Da gennaio a dicembre 2024, la potenza nominale degli accumuli in esercizio è aumentata di 2.113 MW. Nel 2024 si registrano in Italia circa 730.000 installazioni che corrispondono a 12.942 MWh di capacità e 5.565 MW di potenza nominale, di cui 1065 MW utility scale. La crescita della capacità di accumulo è stata guidata per quanto riguarda i piccoli impianti dalle politiche incentivanti di carattere fiscale, per gli impianti utility scale, invece, l’aumento è il risultato dei meccanismi di contrattualizzazione a termine previsti dal capacity market.

Musei Vaticani sempre più green: inaugurata la copertura vetrata fotovoltaica

È stata inaugurata oggi, ai Musei Vaticani, la nuova copertura vetrata fotovoltaica del Cortile delle Corazze. All’evento hanno partecipato il Cardinale Fernando Vérgez Alzaga e la presidente di Acea Barbara Marinali. Gli impianti sosterranno in modo significativo con una produzione di energia rinnovabile i consumi elettrici dei Musei e concorreranno ad abbattere la Carbon Foot Print dello Stato. L’intervento, realizzato in soli sei mesi da Areti, società del Gruppo Acea che si occupa della distribuzione dell’energia elettrica a Roma, ha un ulteriore valore estetico e funzionale per un sito di per sé già iconico nell’immaginario collettivo: infatti la sostituzione dei vetri esistenti con i nuovi vetri fotovoltaici ha permesso di realizzare una copertura che garantisce un isolamento termico e un effetto di ombreggiamento che aumentano in modo significativo la vivibilità degli spazi. Così come la realizzazione di un nuovo impianto di illuminazione, ha consentito di migliorare l’efficienza illuminotecnica e una conseguente valorizzazione estetica del sito.

A rendere ancora più complessa la sfida per i tecnici, durante i sei mesi di lavoro, la necessità di non intralciare mai il flusso dei visitatori giornalieri attraverso l’ingresso dei Musei. Per questo motivo i tecnici hanno operato su ponteggi interni ed esterni progettati in modo tale da poter eseguire gli interventi in sicurezza e senza alcun intralcio ai visitatori. Oltre al cortile delle Corazze, nel progetto è prevista anche la copertura con vetri fotovoltaici del magazzino della Vignaccia nei Giardini Vaticani, che verrà completata entro i primi mesi del prossimo anno. Complessivamente, i due impianti, prevedono la realizzazione di 350 KW di picco fotovoltaico per una produzione complessiva di circa 500 MWh di energia elettrica all’anno. Sempre oggi sono stati inaugurati anche 20 punti di ricarica “veloci” su 10 colonnine e 2 punti di ricarica “ultra fast”, su una ulteriore colonnina al lato dell’ingresso dell’Aula Paolo VI per incentivare la diffusione della mobilità elettrica.

 “La bellezza dell’arte e l’innovazione tecnologica – spiega la presidente di Acea, Barbara Marinali – un binomio che si concretizza perfettamente nel progetto che inauguriamo oggi ai Musei Vaticani. È un’occasione per Acea per fornire il proprio contributo, grazie alle altissime professionalità del Gruppo, ad uno dei musei più importanti al mondo, supportando così il settore artistico-culturale. Oggi possiamo dire che il Vaticano diventa sempre più green. Continua così il nostro impegno nel migliorare le infrastrutture e offrire soluzioni che vanno nella direzione delle smart city in un futuro in cui la grande sfida passa attraverso i temi della new technology, della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale”.

Arrigoni (Gse): “Bollette scese ma non a livelli pre-Covid. Sì nucleare, ma serve deposito unico”

Dalle bollette al nucleare, alle rinnovabili e agli Ets. Il presidente del Gse, Paolo Arrigoni, ospite del #GeaTalk, tocca diversi argomenti. “Preoccuparsi per l’aumento dei costi in bolletta? No, anche se il costo dell’energia elettrica e del gas incidono sui bilanci delle famiglie e delle imprese”, spiega. “Non siamo più ai prezzi del 2022, quando ci fu l’esplosione del caro energia anche conseguente al conflitto russo-ucraino – aggiunge -. Da allora i prezzi diminuiti ma non hanno raggiunto quelli pre-Covid. In Italia il prezzo medio giornaliero dell’energia nel 2024 segna 108 euro/MWh, quindi siamo oltre doppio rispetto agli anni pre-pandemia, ma quello che va segnalato è che il gap di prezzo rispetto ad altri Paesi Ue, che prima era intorno al 15%, è aumentato. In confronto alla Francia siamo a circa il doppio, rispetto alla Germania è circa il 50%, mentre il prezzo del gas bene o male è allineato”. L’autunno di quest’anno “è il meno mite degli ultimi due, probabilmente preannuncia un inverno importante, sta caratterizzando un aumento dei consumi gas che pone un incremento di questa commodity, che si trascina poi il prezzo dell’elettricità”.

Sullo sviluppo delle rinnovabili, Arrigoni invita a “fare attenzione a non dismettere gli investimenti nel gas, che è un fossile, anche se il meno inquinante rispetto a carbone e petrolio, perché è il vettore che servirà nella transizione energetica”. Dunque, “bene fa il governo, a maggior ragione dopo l’esperienza del conflitto in Ucraina e l’affrancamento dal gas russo, a investire in infrastrutture strategiche come i rigassificatori di Livorno e Ravenna. Perché il gas deve accompagnare lo sviluppo delle rinnovabili”. Tra l’altro, “l’obiettivo al 2030 scritto nel Pniec prevede l’installazione di 130 GW di rinnovabili, di cui 80 solare, 28 eolico, il resto idroelettrico e qualcosa sulla geotermia e biomasse. A ottobre del 2024 eravamo a 73 Gw installati, ne mancano 58 e abbiamo a disposizione ancora 6 anni”.

Bene anche le concessioni elettriche a 20 anni, come stabilito da un emendamento alla legge di Bilancio 2025. “Invitare attuali gestori di rete a presentare un piano investimenti per consentire una proroga delle concessioni delle reti di distribuzione è ragionamento che ci sta totalmente. Condivido la scelta governo”, dice il presidente del Gestore servizi energetici. Che tocca anche il tema del nucleare, con idee ben chiare: “Parlo a titolo personale, ritengo che il principale sponsor del nucleare sia la decarbonizzazione, la necessità di contrastare i cambiamenti climatici, di rallentare gli aumenti di temperatura del pianeta. Per fare questo occorre investire sulle rinnovabili per affrancarci dai fossili, ma le fonti trainanti sono fotovoltaico e eolico, che sono intermittenti e non programmabili. In abbinato serve il cosiddetto carico di base”.

Prima, però, il Paese deve liberarsi da paure e chiusure tipo la Sindrome da Nimby, di ‘Not in my backyard’ (‘Non nel mio giardino’), “in primis per realizzare il deposito unico dei rifiuti radioattivi”. Perché, aggiunge Arrigoni, “un Paese serio deve pensare a gestire responsabilmente da sé i rifiuti nucleari, che oggi sono sparsi in una trentina di depositi provvisori e che potrebbero anche presentare problemi di sicurezza. Quindi, meglio farli convergere in un unico deposito”.

Inoltre, è convinto che “il nucleare da fissione di ultima generazione, quello relativo agli Small modular reactor, può dare risposte a meno di dieci anni da oggi”, perché “la premier Meloni ha parlato a Baku di nucleare da fusione, sul quale il governo sta investendo, però la competitività delle imprese e la decarbonizzazione non possono attendere decenni”.

Infine, Arrigoni parla anche degli Ets, “un sistema che sta gravando sulle imprese, tra un po’ graverà anche sul trasporto marittimo”, poi il meccanismo “distinto ma parallelo degli Ets2 che graverà dal prossimo anno e per il 2026 e 2027, attraverso pagamenti sui trasporti su gomma, sull’edilizia residenziale, sul terziario, desta preoccupazione, perché di fatto sono altre tasse”. Ecco perché, Arrigoni avverte: “L’Europa sta correndo, si sta ponendo sempre più obiettivi sfidanti – aggiunge -, occorre fare attenzione, non incrementarli perché sono già sfidanti e traguardarli significa sforzi, impegni, costi dell’energia”.

Da inizio anno 51,2% produzione elettricità da rinnovabili, ma record import energia

Dall’inizio dell’anno il 51,2% della produzione elettrica italiana è da fonti rinnovabili, ma l’import di energia elettrica è a livelli record. Secondo i dati forniti da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, il fabbisogno di elettricità in Italia a ottobre è stato di 25,5 miliardi di kWh, con un aumento marginale dello 0,6% destagionalizzato nei confronti dello stesso mese di un anno fa e differenze territoriali significative: mentre al nord la domanda è aumentata dell’1%, al sud e nelle isole si è registrato un calo del 1,4%. La domanda nel centro Italia è rimasta pressoché invariata (-0,2%).

Guardando ai primi dieci mesi del 2024, il fabbisogno di energia elettrica ha visto una crescita del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2023, con una correzione destinata ad eliminare l’effetto delle fluttuazioni stagionali e del calendario che porta il dato rettificato al +1,4%.

Per quanto riguarda i consumi industriali, lo scorso mese il cosiddetto indice IMCEI (indice mensile dei consumi elettrici industriali), che monitora i consumi delle imprese ‘energivore’, ha registrato una contrazione del 2,3% rispetto a ottobre 2023. Nonostante il dato negativo, alcuni settori hanno segnato performance positive, tra cui la cartaria, i metalli non ferrosi, la siderurgia e l’alimentare. In flessione invece i settori della chimica, dei mezzi di trasporto, del cemento e delle ceramiche.
Sul fronte dei servizi, l’indice Imser, che analizza i consumi di energia nei vari comparti del settore terziario, ha invece mostrato una crescita del 7,6% a partire dai dati di agosto 2024 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questo incremento si è manifestato in quasi tutti i comparti, a eccezione di quelli dell’informazione, della comunicazione e dei trasporti, che hanno registrato flessioni.

Nel solo ottobre l’energia elettrica consumata in Italia è stata coperta per l’83,7% dalla produzione nazionale, con la restante parte (16,3%) soddisfatta tramite importazioni dall’estero. Il saldo estero è stato inferiore rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, segnando una riduzione del 12,8%. Tuttavia, se si considerano i dati progressivi da gennaio a ottobre, l’import netto è aumentato dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Record storico con 42,851 miliardi di Kwh.

Per quanto riguarda la produzione, quella nazionale netta ha raggiunto i 21,5 miliardi di kWh. Le fonti rinnovabili hanno contribuito con il 41,2% della domanda elettrica, in netto aumento rispetto al 35,3% di ottobre 2023. Nei primi dieci mesi dell’anno, le rinnovabili hanno coperto il 42,8% del fabbisogno nazionale, contro il 37% dello stesso periodo del 2023. La fonte termica ha visto una diminuzione del 6%, con una marcata riduzione della produzione da carbone (-30,1%). In crescita, invece, le fonti idrica (+55,9%) e fotovoltaica (+1,4%). Il fotovoltaico ha beneficiato di un incremento della capacità in esercizio, che ha più che compensato il calo dell’irraggiamento solare. Nonostante una diminuzione nella produzione eolica (-26,5%), principalmente a causa di scarse condizioni di vento, e della geotermica (-4,8%), le fonti rinnovabili hanno continuato a giocare un ruolo sempre più rilevante nel mix energetico nazionale.

La capacità installata da fonti rinnovabili ha registrato un aumento significativo di 6.042 MW nei primi dieci mesi del 2024, di cui ben 5.482 MW derivanti dal fotovoltaico. Questo incremento supera del 33% quello registrato nello stesso periodo dell’anno precedente e ha già superato il dato complessivo dell’intero 2023, che era stato pari a circa 5.800 MW. Alla fine dello scorso mese l’Italia contava una potenza installata da fonti rinnovabili di 75,2 GW, con il fotovoltaico che ha raggiunto i 35,8 GW e l’eolico i 12,9 GW.

nucleare

Perché anche in Italia c’è bisogno dell’energia nucleare

La domanda di energia, e di energia elettrica in particolare, sta aumentando in tutto il mondo. Ciò accade non soltanto per lo sviluppo di nuove economie (si pensi a cosa è avvenuto in Asia negli ultimi trenta anni, e a cosa avverrà in Africa nei prossimi trenta): anche le economie già sviluppate, come Stati Uniti d’AmericaCanadaEuropaGiapponeAustralia ecc. vedono una crescita costante dei consumi elettrici. Questo tanto per l’elettrificazione progressiva dovuta alla necessità di decarbonizzazione e di lotta al cambiamento climatico dei processi industriali e dei sistemi di trasporto, quanto perché l’era dell’Intelligenza Artificiale, dei grandi centri di elaborazione dati e della digitalizzazione si presenta come estremamente energivora.

È ormai chiaro a tutti che le energie rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, non bastano perché sole e vento sono intermittenti e non programmabili e quindi non possono soddisfare a pieno le esigenze di base load (energia di base continua) che è indispensabile nei settori industriali, compresi quelli delle nuove tecnologie digitali, ed ancor più nei servizi di base strategici come ospedali, difesa, sicurezza, trasporti e tutela ambientale, che devono funzionare 24 ore su 24. Anche la tecnologia degli accumuli e delle batterie che immagazzinano l’energia prodotta dalle rinnovabili nelle ore di funzionamento sono inefficienti e del tutto insufficienti per i grandi consumi industriali.

In questo contesto, sommariamente delineato, l’utilizzo di energia nucleare torna ad essere un elemento determinante. In molte parti d’Europa e del mondo questo è già realtà. In Italia la transizione energetica nel presente e nel prossimo futuro, oltre che delle rinnovabili, non potrà fare a meno del gas, che comunque ha un’impronta di CO2 decisamente più bassa del carbone, e all’utilizzo del quale possono essere applicate le tecnologie delle CCUS (carbon capture utilisation and storage) di cui parleremo un’altra volta; né potrà fare a meno, soprattutto per le esigenze di base load, del nucleare, che a poco a poco renderà il gas residuale.

La riflessione e il dibattito si sono ufficialmente riaperti nel nostro Paese. Prima con un voto del Parlamento a maggioranza con cui si è stabilito che “al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia il Governo deve valutare l’opportunità di reinserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”, poi con un’iniziativa del Ministro dell’Energia Pichetto Fratin, che ha incaricato un insigne giurista di predisporre uno schema legislativo da sottoporre al Parlamento che sia in grado di superare i limiti e vincoli discendenti dai referendum di moltissimi anni fa.

Nel frattempo si susseguono convegni, approfondimenti, prese di posizione in cui si torna a discutere della questione. La cosa interessante è che i cittadini mostrano una nuova attenzione al tema, e soprattutto che i giovani, liberi da pregiudizi ideologici tipici dell’ambientalismo militante, si dichiarano in maggioranza favorevoli al nucleare. Emerge con sempre maggiore chiarezza che il futuro energetico, completamente decarbonizzato, sta in un mix di rinnovabili e nucleare perché queste tecnologie mostrano una totale complementarietà.

Il nucleare tra l’altro consentirebbe di produrre idrogeno a costi contenuti, cosa che oggi non è se lo si produce con energia verde, e quindi darebbe un fondamentale contributo a risolvere il problema dei processi e settori industriali non elettrificabili (ceramica, cemento, vetro ecc.).

Se si vuole affrontare il tema senza contrapposizioni ideologiche e estremismi vari bisogna andare al merito, ed analizzare oggettivamente i problemi partendo innanzitutto dalla sicurezza e dai costi di questa fonte energetica.

Si parla qui di nucleare di quarta generazione, e cioè di un’evoluzione sostanziale della tecnologia attuale. Molte sono le novità che dovrebbero consentire di avere impianti di questo tipo funzionanti tra una decina d’anni. Parliamo innanzitutto di piccole unità da 250/350 MW (SMR che sta per Small Reactors) dai costi di impianto decisamente più contenuti rispetto a quelli degli impianti tradizionali e quindi abbordabili per investitori privati anche utilizzatori.

Il tema dei costi è uno dei più dibattuti. Gli avversari del nucleare sostengono che questa tecnologia è molto costosa se non la più costosa (vedi buon ultimo il Sindaco di Milano Sala sulle pagine del ‘Corriere della Sera’qualche giorno fa). In realtà molto spesso chi fa questi discorsi incorre in inesattezze. Quando si fa il confronto dei costi di installazione a MW delle varie tecnologie energetiche si deve considerare la loro producibilità: il fotovoltaico funziona da noi non più di 1400 ore l’anno, l’eolico non più di 2500, il nucleare ovviamente per tutte le 8700 ore dell’anno. Ciò significa che il costo della tecnologia va necessariamente correlato alla quantità di energia prodotta nell’anno. E se si fa questo confronto il nucleare di nuova generazione è imbattibile.

Inoltre, come è stato giustamente rilevato, i costi vanno considerati tutti, non solo quelli di generazione dell’energia. Una parte significativa dei costi odierni, anche delle rinnovabili, sono i costi accessori. Lo sanno bene le famiglie e le imprese perché leggono sulle bollette che la componente energia vale circa un terzo del prezzo totale. E ciò si deve appunto in gran parte ai costi accessori destinati a crescere esponenzialmente in uno scenario di sole rinnovabili. Si tratta di costi di sbilanciamento e cioè di supporto alla rete quando non c’è sole e non c’è vento, e di costi di trasporto e distribuzione, perché spesso le rinnovabili sono lontane dalla domanda, come succede oggi in Italia. Pannelli fotovoltaici e torri eoliche, infatti, sono installati prevalentemente al Sud quando il grosso dei consumi è al nord.

Il nucleare di quarta generazione, poi, affronta in maniera radicale il problema della sicurezza. Parliamo di impianti progettati per essere estremamente sicuri dal punto di vista strutturale e capaci di utilizzare uranio impoverito riducendo così anche il problema e il costo dello smaltimento delle scorie.

Questi tipi di impianti, per le loro dimensioni contenute, potrebbe essere tranquillamente installati in singoli distretti industriali, supportando così il fabbisogno energetico delle industrie italiane energivore, che pagano oggi l’energia elettrica molto di più di quanto la pagano le loro concorrenti francesi, spagnole e tedesche.

Le imprese siderurgiche italiane hanno recentemente avviato una collaborazione con EDF, Edison, Ansaldo Nucleare proprio sul supporto a progetti di installazione di SMR volti anche a soddisfare la domanda elettrica delle imprese dell’acciaio italiano.

La copertura di una parte dei fabbisogni di energia elettrica di queste imprese con energia nucleare magari comprata in Francia, in attesa che si realizzino gli impianti in Italia, consentirebbe al nostro Paese di essere il primo al mondo a produrre acciaio completamente ‘verde’ e cioè decarbonizzato. Già oggi, infatti, gli elettrosiderurgici italiani consumano energia elettrica prevalentemente prodotta con fonti rinnovabili.

Una bella prospettiva, un obiettivo realistico e ravvicinato che consentirebbe di dire che, come in molti altri campi ambientali e di economia circolare, il nostro Paese è all’avanguardia.