ROBERTO CINGOLANI

Così riusciremo a risparmiare energia e a pagare di meno

Aiutare le famiglie a risparmiare sui consumi energetici e ridurre fino al 34% le bollette di luce e gas è tra le ‘Linee guida per il risparmio energetico a casa’ presentate oggi alla Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Società italiana di medicina ambientale (Sima) in collaborazione con Consumerismo.

“Mai come in questo momento il “risparmio energetico è contemporaneamente una concreta opportunità economica e un dovere nei confronti dell’ambiente“, si legge nel documento. “Alcuni studi evidenziano che le abitudini dell’utente nei confronti dell’uso corretto dell’energia hanno un ruolo importante nel ridurre gli sprechi energetici: l’educazione e la modifica dei comportamenti del cittadino è l’area che può generare la riduzione di consumi più significativa, pari al 34% dei consumi totali di energia“.

L’attuazione di un “programma di risparmio energetico” insieme alla diversificazione delle forniture di gas su sette paesi africani ci consentiranno di “raggiungere l’indipendenza dalle importazioni russe dalla seconda metà del 2024”, ha annunciato Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica in un videomessaggio inviato in occasione la conferenza stampa alla Camera.

Risparmiare è un elemento fondamentale per diventare autonomi. In questo senso sono diverse le misure che possono essere applicate: dal “controllo dell’utilizzo dell’energia nel riscaldamento – come l’abbassamento della temperatura residenziale di 1 grado – all’interrompibilità nel settore industriale per brevi periodi”, ha spiegato il ministro. Inoltre, si può lavorare “sull’accelerazione dell’uso di rinnovabili e di carburanti alternativi”.

Discutere di risparmio energetico è importante, perché ci aiuterà in futuro a ridurre le sorgenti fossili, ma anche a vivere in maniera più compatibile la transizione ecologica”, ha concluso Cingolani.

ELEONORA EVI

Evi (Verdi): “Su energia serve una risposta pronta e decisa dall’Ue”

Risposta “pronta e decisa dall’Ue” in termini di politiche energetiche e ambientali di fronte agli sviluppi in Ucraina e al rincaro dei prezzi dell’energia. È quella che evoca in un’intervista a GEA Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi europei (Greens/EFA), secondo cui le politiche dell’Ue dovranno puntare, più di prima, su efficienza energetica e rinnovabili.

La guerra di Russia in Ucraina è slittata in cima all’agenda delle istituzioni comunitarie. Qual è l’impatto sui lavori del Parlamento Europeo sul Green Deal e sui vari dossier del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’?
“La tragedia che si sta compiendo in Ucraina ha necessariamente un impatto sulle negoziazioni dei dossier del pacchetto ‘Fit for 55’. Per quanto, alla luce dell’evidenza scientifica, non necessitassimo di ulteriori ragioni per accelerare la transizione verso un’economia neutrale al clima e basata esclusivamente sull’uso di energia da fonti rinnovabili, la guerra di Putin ci dimostra ancora una volta l’insensatezza della dipendenza europea dalle importazioni di gas così come di ogni tipo di combustibile fossile. Decenni di politiche miopi e l’assenza di azioni concrete su rinnovabili ed efficienza energetica non ci permettono più il lusso di tentennamenti e procrastinazioni. La stessa Commissione europea ha chiesto al Parlamento e al Consiglio di accelerare l’adozione delle misure chiave del pacchetto ‘Fit for 55’, ivi inclusi obiettivi più ambiziosi per il 2030 in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra e all’efficienza energetica”.

Prima dell’inizio della guerra, la Commissione Ue aveva previsto di arrivare a finalizzare la maggior parte dei dossier del ‘Fit for 55’ prima della prossima COP27 (Conferenza sul clima delle Nazioni Unite) di Sharm el-Sheikh che si terrà in autunno. C’è il rischio di un rallentamento sulla tabella di marcia?
“La priorità politica del gruppo dei Verdi/ALE, nonché mia battaglia personale, è quella di assicurare maggiore ambizione normativa nei dossier del ‘Fit for 55’ in linea con quanto ci chiedono l’urgenza della crisi climatica e l’accordo di Parigi. Alla luce degli attuali tragici sviluppi in Ucraina, congiuntamente all’innalzamento vertiginoso dei prezzi dell’energia, si rivela quanto mai necessaria una risposta pronta e decisa da parte dell’Ue in termini di politiche energetiche ed ambientali che puntino convintamente, celermente e immediatamente su efficienza energetica e rinnovabili”.

Per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Esecutivo europeo punta ad alzare i target sulle energie rinnovabili proposti neanche un anno fa nel ‘Fit for 55’. La proposta andrà incontro alle richieste del Parlamento che già chiedeva un aumento al 45%, per il gruppo dei Verdi è abbastanza?
“La proposta della Commissione di aumentare l’obiettivo 2030 per le energie rinnovabili ad almeno il 40% è sicuramente un miglioramento rispetto al precedente obiettivo del 32%, ma vi è ancora purtroppo un grande divario tra questo timido livello di ambizione e quello che è invece necessario a garantire una transizione verso un’economia priva di combustibili fossili ed altamente efficiente entro il 2040, l’unico futuro compatibile con l’accordo di Parigi. Per raggiungere questo obiettivo, infatti, abbiamo bisogno di un target più elevato a livello Ue, ossia almeno il 50% come minimo indispensabile, suddiviso tra Stati membri in target nazionali vincolanti”.

L’Europarlamento ha chiesto un embargo totale sulle importazioni energetiche della Russia, ma gli Stati continuano a essere divisi sull’inclusione del petrolio e del gas. La proposta del premier Draghi di fissare un tetto al prezzo del gas russo (in alternativa a un embargo) potrebbe aiutare a trovare un compromesso in sede di vertice Ue?
“Draghi deve uscire dall’ambiguità e deve smetterla di difendere l’indifendibile, ovvero gli extraprofitti miliardari delle società energetiche che sono realizzati con i soldi delle famiglie, di cui 3,8 milioni stanno entrando nella povertà, e di molte imprese italiane che stanno fallendo per il caro energia. Draghi non ha il coraggio di decidere un contributo di solidarietà per prelevare il 100% degli extra profitti. È questa la proposta che Draghi dovrebbe avanzare in sede Ue. Chiediamo a Draghi di fissare un tetto nazionale per il prezzo del gas pari a 35 € MWh e di 45 € MWh per l’elettricità. Si sblocchino contestualmente i 200 GW di impianti da rinnovabili che rappresentano 4 volte il fabbisogno energetico del nostro paese e che ridurrebbero drasticamente il costo delle bollette”.

Lei è stata relatrice ombra per il gruppo dei Verdi della relazione sull’attuazione della direttiva sull’efficienza edifici, la cui proposta di revisione avanzata a dicembre ha fatto particolarmente discutere in Italia…
“Bisogna demistificare quella narrazione, da parte di una certa parte della stampa, che dipinge sempre e solo un’Europa cattiva, che in questo caso metterebbe le mani addirittura sulle case degli italiani. Ciò che invece raramente si sente dire è che la revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici è indispensabile se vogliamo concretizzare gli obiettivi del Green Deal europeo e assicurare il raggiungimento della neutralità climatica. Gli edifici sono infatti una delle maggiori cause di emissioni nell’UE e nel mondo, responsabili del 36% delle emissioni di CO2 e del 40% del consumo totale di energia. Questa revisione è un’occasione preziosa non solo per ridurre drasticamente l’impronta climatica del nostro patrimonio edilizio, ma anche per affrontare il problema della povertà energetica, che colpisce milioni di cittadini europei che non riescono a permettersi di riscaldare o rinfrescare adeguatamente le proprie abitazioni. La strumentalizzazione di questo tema da parte di certa stampa è del tutto fuorviante rispetto al fulcro del problema, che di fatto è rappresentato dalla presenza nel nostro Paese di edifici “colabrodo”, che inquinano e sprecano energia, contribuendo ad aggravare ulteriormente il problema del caro bollette. Senza dimenticare che una ristrutturazione in chiave di efficienza energetica degli edifici non ne aumenta soltanto la qualità, ma anche il valore immobiliare”.

Quali sono le sue idee per modificare la proposta della Commissione?
“Diversi elementi della proposta della Commissione rafforzano l’attuale quadro normativo. Tuttavia, la proposta presenta anche svariate lacune e aspetti da chiarire se si vuole garantire una normativa coerente e completa, soprattutto per quanto concerne le misure per incrementare i tassi di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, promuovendo altresì pratiche e materiali sostenibili e circolari durante tutto il ciclo di vita degli edifici. Solo così potremo sfruttare i molteplici vantaggi associati a case, uffici, scuole e ospedali più performanti, che riducano la povertà energetica, taglino le emissioni, migliorino la qualità dell’aria, la salubrità e il comfort delle abitazioni, assicurando anche bollette più basse per tutti. Ecco perché è importante che la transizione ecologica parta da qui, al netto delle speculazioni narrative di chi ancora una volta vuole cavalcare l’onda dell’Europa matrigna, invece di mettere in luce l’urgenza dei cambiamenti da fare e i vantaggi concreti di queste misure, specialmente per le fasce più deboli della popolazione”.

L’Esecutivo europeo si è impegnato di recente a diventare, come istituzione, climaticamente neutrale al 2030, facendo leva su edifici più efficienti ma anche sul fare a meno di alcuni edifici e spazi. Seguirà una riflessione dello stesso tipo anche in Parlamento?
“Le istituzioni pubbliche, a partire da quelle europee, devono necessariamente avere un ruolo esemplare nella transizione verso un’economia neutrale al clima. È pertanto da accogliere con grande favore l’impegno della Commissione a diventare un’istituzione del tutto sostenibile entro la fine del decennio, per quanto sia necessario assicurare una vera riduzione delle emissioni e non puntare in misura sostanziale su misure di rimozione del carbonio. Grazie alla volontà della Commissione di rafforzare la cooperazione interistituzionale, si potranno diffondere e discutere concretamente le migliori pratiche e sviluppare approcci e azioni comuni per garantire che tutte le istituzioni europee, non solo la Commissione o il Parlamento, minimizzino il proprio impatto ambientale”.

eolico

Transizione verde, 9 italiani su 10 sono favorevoli

La guerra in Ucraina rende “ancora più urgente” investire nelle energie rinnovabili. Una necessità avvertita con sempre maggiore necessità per rispondere alla questione della sicurezza energetica dopo il deterioramento dei rapporti col fornitore russo, e soprattutto un modo per liberarsi dalla morsa del caro-prezzi che grava sull’economia delle famiglie. Sono praticamente 9 italiani su 10 a chiedere di procedere verso la transizione verde in campo energetico, come mostra il nuovo sondaggio Eurobarometro.

Condotto su un campione totale di oltre 26 mila cittadini dell’UE nell’ultima settimana di aprile, l’89% dei 1.016 intervistati italiani non ha dubbi che bisogna imprimere un cambio di passo su solare, eolico, fotovoltaico, idrogeno e affini. La stessa percentuale ritiene che sia anche giunto il momento di investire di più in mobilità sostenibile ed efficienza energetica negli edifici. Si chiedono dunque politiche atte a incentivare opere di ristrutturazione che consentano isolamento termico e dispersione di calore.

L’indagine di Eurobarometro tocca anche tutti gli altri punti al centro delle azioni dell’Unione europea in risposta alla crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina. Gli italiani si mostrano consapevoli del fatto che il gas, nell’immediato, continuerà ad essere comunque una fonte imprescindibile per riscaldamento e alimentazione della cucina. Per questo quasi nove su dieci di loro (88%) auspicano che gli Stati membri dell’UE, Italia inclusa, facciano scorte in vista dell’inverno, e confidano in nuovi fornitori alternativi a Gazprom anche nell’auspicio di accordi commerciali che possano portare a prezzi più vantaggiosi con conseguente riduzione delle bollette, considerate un rischio per il potere di acquisto personale e familiare dall’86% degli intervistati.

In tal senso l’indagine mostra anche una forte aspettativa nell’Unione europea. È il 91% degli italiani che guarda con speranza a Bruxelles per strumenti che possano calmierare il prezzo dell’energia a seguito dei rincari. Tutti questi italiani chiedono che “vengano prese misure a livello europeo” per limitare l’impatto dell’impennata dei costi. Intanto gli italiani cercano di arrangiarsi come possono. Pur di ridurre il costo della propria bolletta, più di un cittadino su due (56%) è disposto a rimettere mano al termostato e ridurre la temperatura interna della propria casa.

QUIRINALE, INCONTRO CON ROBERTA METSOLA E UNA RAPPRESENTANZA DI STUDENTI DELLE SCUOLE AMBASCIATRICI DEL PARLAMENTO EUROPEO

Rinnovabili indispensabili per il futuro della Ue, Mattarella: “Dobbiamo fare di più”

Accelerare sulle rinnovabili per evitare di tornare al carbone e dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, chiede al Paese di “fare di più“, concretizzando in modo “veloce e concreto” i contenuti del Pnrr. L’occasione è stato l’incontro al Quirinale con una rappresentanza degli studenti di scuole secondarie di secondo grado a cui ha partecipato anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “Bisogna intensificare molto lo sviluppo delle fonti alternative di energia“, ha detto Mattarella, ricordando che, ad esempio, “il Portogallo ormai ha oltre il 60% di energia rinnovabile. Dobbiamo fare molto di più. E il programma che si è fatto, anche nel Pnrr, è in questa direzione. L’importante è adesso attuarlo in maniera veloce e concreta“.

Di energia ha parlato anche Roberta Metsola nel corso della sua giornata in Italia, prima a Palazzo Giustiniani con la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, poi a Montecitorio con il presidente della Camera, Roberto Fico, infine con Mattarella. “L’Unione dell’energia non può essere più rimandata”, ha sottolineato Metsola. L’energia sarà il tema centrale del dibattito sul futuro dell’Europa presieduto dalla “presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e dal presidente francese, Emmanuel Macron”. L’Unione Europea, in questo senso, ha “un’opportunità d’oro”, quella di prendere le decisioni “che non abbiamo assunto sinora”.

Ora più che mai emerge la necessità di condensare quanto fino ad adesso è stato discusso sull’Unione dell’energia, per evitare che Stati terzi possano “ricattarci e dimostrarsi non affidabili” e avere così la possibilità di “raggiungere l’autonomia”. Una scelta che è stata rimandata in passato ma che adesso è improrogabile. Sulla fattibilità di un’Unione dell’energia, la presidente, non ha dubbi: “Se abbiamo imparato una cosa durante la pandemia è che quando c’è la volontà politica di prendere decisioni difficili, l’Ue c’è”.

Italia-Giappone

Italia e Giappone insieme per la transizione ecologica

Sono passati quasi 156 anni da quando i nostri paesi firmarono un trattato per la pace perpetua e una amicizia costante”. Inizia così il discorso del presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel punto stampa a Palazzo Chigi, al termine dell’incontro con il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida.

La condanna dell’invasione Russa all’Ucraina è stato l’argomento fulcro del colloquio. A questo proposito, Italia e Giappone, hanno confermato l’impegno congiunto nel “favorire tregue anche localizzate per permettere l’evacuazione dei civili e sostenere i negoziati di pace”, ha annunciato Draghi, sostenendo che “i nostri Paesi sono alleati nella gestione delle emergenze legate alla guerra, prima fra tutte quella energetica“.

Ringraziando il paese del sol levante per aver “accettato con straordinaria prontezza che carichi di gas naturale liquefatto già pre-contrattualizzati con Paesi terzi siano reindirizzati verso l’Europa“, il premier ha posto l’accento sulla “ricca cooperazione economica e commerciale” tra gli Stati, sottolineando che il Giappone è “il secondo mercato asiatico per le nostre esportazioni”. Spingendosi oltre, il presidente del Consiglio ha annunciato: “Dobbiamo rafforzare i nostri partenariati industriali, in particolare in settori innovativi, come l’energia rinnovabile, le biotecnologie, la farmaceutica, la robotica, l’aeronautica“.

Il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, in merito al legame economico e commerciale tra Italia e Giappone, ha ritenuto importante che tra le imprese dei nostri Paesi “sia iniziata una cooperazione in settori quali l’energia, l’idrogeno e il ferroviario“. “I nostri governi – ha concluso Kishida – stanno lavorando anche per sostenere un ulteriore sviluppo della collaborazione tra le aziende, in settori come quelli delle energie rinnovabili e della connettività“.

MARIO DRAGHI

Draghi: “Tetto al prezzo del gas per togliere risorse economiche a Putin”

Un intervento lungo e toccante, quello del premier Mario Draghi, davanti al parlamento europeo a Strasburgo. Un intervento iniziato con un omaggio a David Sassoli, scomparso a gennaio di quest’anno, e proseguito con una fotografia dell’Unione dopo la pandemia e in piena guerra tra Russia e Ucraina, con tutti i cascami che questa situazione si porta appresso. Draghi ha parlato della necessità di un federalismo pragmatico “che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso: dall’economia, all’energia, alla sicurezza. Se ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia”; ha aggiunto che “se dagli eventi tragici di questi anni sapremo trarre la forza di fare un passo avanti; se sapremo immaginare un funzionamento più efficiente delle istituzioni europee che permetta di trovare soluzioni tempestive ai problemi dei cittadini, allora potremo consegnare loro un’Europa in cui potranno riconoscersi con orgoglio”.

CRISI ALIMENTARE

Il presidente del Consiglio si è soffermato a lungo sugli effetti del conflitto ucraino, sostenendo che “dal punto di vista economico, il conflitto ha causato instabilità nel funzionamento delle catene di approvvigionamento globali e volatilità nel prezzo delle materie prime e dell’energia. Le forniture alimentari ucraine sono crollate a causa delle devastazioni della guerra e dei blocchi alle esportazioni imposti dalla Russia nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov. L’Ucraina è il quarto maggiore fornitore estero di cibo nell’Unione Europea, ci invia circa metà delle nostre importazioni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali. Russia e Ucraina contano per oltre un quarto delle esportazioni globali di grano. Quasi 50 Paesi del mondo dipendono da loro per più del 30% delle proprie importazioni. C’è un forte rischio che l’aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibilità di fertilizzanti, produca crisi alimentari”.

CRISI ENERGETICA

Draghi è stato chirurgico nell’affrontare il tema dell’energia. È partito dai prezzi e ha sviluppato ragionamenti concreti: “Il greggio, che tra dicembre e gennaio oscillava tra i 70 e i 90 dollari al barile, si aggira oggi intorno ai 105 dollari, dopo un picco di 130 dollari a marzo. Il prezzo del gas sul mercato europeo è intorno ai 100 euro per megawattora – circa cinque volte quello di un anno fa. Questi aumenti – che seguono i rincari che si osservavano già prima dell’inizio del conflitto – hanno spinto il tasso d’inflazione su livelli che non si vedevano da decenni”, la sottolineatura di Draghi.

MEDITERRANEO FONDAMENTALE

La politica energetica è un’area in cui i Paesi del Mediterraneo devono giocare un ruolo fondamentale per il futuro dell’Europa. L’Europa ha davanti un profondo riorientamento geopolitico destinato a spostare sempre di più il suo asse strategico verso Sud”, ha raccontato il premier davanti ai parlamentari dell’Unione. “La guerra in Ucraina ha mostrato la profonda vulnerabilità di molti dei nostri Paesi nei confronti di Mosca. L’Italia è uno degli Stati membri più esposti: circa il 40% del gas naturale che importiamo proviene infatti dalla Russia. Una simile dipendenza energetica è imprudente dal punto di vista economico, e pericolosa dal punto di vista geopolitico. L’Italia intende prendere tutte le decisioni necessarie a difendere la propria sicurezza e quella dell’Europa. Abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Unione Europea ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro”.

AFRICA E MEDIO ORIENTE

L’Italia si sta muovendo. Draghi ha ribadito a Strasburgo ciò che aveva detto ieri in conferenza stampa dopo il Cdm: “Abbiamo preso importanti provvedimenti di semplificazione per accelerare la produzione di energia rinnovabile, essenziale per rendere la nostra crescita più sostenibile. La riduzione delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia rende inevitabile che l’Europa guardi verso il Mediterraneo per soddisfare le sue esigenze. Mi riferisco ai giacimenti di gas, come combustibile di transizione, ma soprattutto alle enormi opportunità offerte dalle rinnovabili in Africa e Medio Oriente. I Paesi del sud Europa, e l’Italia in particolare, sono collocati in modo strategico per raccogliere questa produzione energetica e fare da ponte verso i Paesi del nord. La nostra centralità di domani passa dagli investimenti che sapremo fare oggi”.

TETTO EUROPEO

Draghi ha insistito nulla necessità di mettere “un tetto europeo ai prezzi del gas importato dalla Russia”, precisando che “la nostra proposta consentirebbe di utilizzare il nostro potere negoziale per ridurre i costi esorbitanti che oggi gravano sulle nostre economie. Allo stesso tempo, questa misura consentirebbe di diminuire le somme che ogni giorno inviamo al Presidente Putin, e che inevitabilmente finanziano la sua campagna militare”.

COSTO ELETTRICITÀ

La riflessione di Draghi sull’escalation dei prezzi è stata chirurgica: “Vogliamo rivedere in modo strutturale il meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità, che dipende dal costo di produzione della fonte di energia più costosa, di solito il gas. Anche in tempi normali, la generazione di energia da fonti fossili ha infatti costi di produzione maggiori di quella da fonti rinnovabili. Si tratta di un problema destinato a peggiorare nel tempo. Con l’aumento progressivo della quota di energia rinnovabile nel nostro mix energetico, avremo prezzi sempre meno rappresentativi del costo di generazione dell’intero mercato. In questo periodo di fortissima volatilità sul mercato del gas, la differenza di prezzo è spropositata”.

Draghi

Eolico

Spertino (Politecnico di Torino): L’eolico? Da noi sarà galleggiante

Taranto ha da poco inaugurato il primo parco eolico offshore italiano. Un totale di 10 pale che saranno capaci di fornire il fabbisogno energetico di 60mila persone l’anno. Ci sono voluti 14 anni di stop e ripartenze per arrivare al risultato, e il nodo burocratico ha animato il dibattito sul ritardo di un potenziale eolico italiano che secondo l’associazione Anev può superare i 19 gigawatt entro il 2030, a fronte di un installato di poco superiore ai 10.

Ma tolta la variabile delle autorizzazioni e delle polemiche che accompagnano progetti di questa portata, come possiamo immaginarci la componente eolica nell’Italia del 2050? Quanta energia sarà prodotta da impianti installati nel Mediterraneo, quanti sulla terraferma, e quanti ancora saranno realizzati per intercettare il vento troposferico?

Difficilissimo fare previsioni. Filippo Spertino, professore al dipartimento di Energia al Politecnico di Torino, ci aiuta ad avere un’idea. “Credo che circa il 70% degli impianti eolici saranno onshore“, le tradizionali pale eoliche installate sulla terraferma, “soprattutto per una questione di costi” spiega Spertino. “Mi aspetto poi un 20-25% di eolico offshore, e la percentuale restante di eolico d’alta quota“.

L’eolico offshore – come nell’esempio di Taranto – ha un vantaggio tecnico importante: l’attrito delle correnti d’aria con la superficie del mare è infatti molto minore rispetto al suolo, e può portare anche a una produzione doppia di energia per singola unità. Ma sconta le criticità morfologiche delle coste italiane. “A differenza di quanto accade nei paesi del Nord Europa, dove i fondali marini sono molto più bassi” spiega il professore, “la profondità del Mediterraneo costringe a progettare gran parte dei sistemi eolici come piattaforme galleggianti, con costi di ancoraggio importanti“. Problema a cui si aggiunge il costo dei cavi per il trasferimento dell’energia, che deve coprire distanze importanti sui fondali marini.

E l’eolico d’alta quota? “I rendimenti potenziali possono essere anche superiori al 40%, con un vento in quota molto più intenso e stabile” spiega Spertino. In questo genere di installazione, l’energia meccanica trasmessa dal vento viene trasmessa da un kite (un aquilone, una vela) a un generatore posizionato a terra, oppure trasformata direttamente in quota in energia elettrica. “Ma al momento scontano limiti strutturali, con la gestione della fase di tiro e di richiamo, che non le rendono ancora competitive“.

Ma nell’Italia del 2050, a fare la differenza sarà la pianificazione congiunta fra le diverse tecnologie rinnovabili, come l’energia del vento e il fotovoltaico. “Ma anche cambiare il nostro profilo di consumo” conclude Spertino, “riprogettando alcune attività oggi realizzate a ciclo continuo, intensificandole nelle ore a maggiore disponibilità di sole o vento“.

Energia, la soluzione della crisi passa solo dalla transizione verde

Come ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, tutti i provvedimenti che sono stati adottati in un lunedì non proprio uguale agli altri “sono il senso stesso del Governo”. Vanno nella direzione dei cittadini e delle imprese, sono destinati ad affrettare la transizione ecologica e l’indipendenza dalla Russia, ci proiettano in un futuro molto prossimo.

Il dl energia vale 14 miliardi, soprattutto imprime una svolta netta e inequivocabile sul fronte delle rinnovabili. Di fronte ai ritardi che rischiavano di zavorrare l’Italia e metterla in una posizione di grave disagio rispetto agli altri Paesi dell’Unione, l’esecutivo ha scelto di pigiare sul pedale dell’acceleratore senza esitazioni e andando oltre le controversie interne. Il pacchetto di semplificazioni che Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica, ha snocciolato in conferenza stampa è asciutto e ma molto efficace. In sostanza, via libera ai rigassificatori che saranno galleggianti e non permanenti, la strada più veloce per rimpiazzare i 29 miliardi di metri cubi di gas che attualmente arrivano da Mosca: il tutto verrà consegnato nelle mani di un commissario ma ci vorrà ancora almeno un anno, tempo ‘tecnico’ non eludibile; per 18-24 mesi utilizzo massivo delle 4 centrali a carbone che sono attualmente ancora attive in Italia, sempre nel rispetto dei dettami stabiliti dalla Ue; accelerazione dei processi autorizzativi riguardo alle procedure di valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico, sfruttando le aree militari; semplificazione, infine, anche per i cosiddetti “allacci” che collegano gli impianti alla rete.

Ha ricordato, il ministro Cingolani, che nei primi quattro mesi del 2022 sono stati autorizzati 2,5 gigawatt su 9 impianti e si è provveduto a sveltire il pregresso per evitare, ad esempio, che un parco eolico ci metta sedici anni a prendere vita, come è accaduto a Taranto. Nelle chiacchiere del dopo Cdm si è insistito molto sulla diversificazione energetica per arrivare al ‘crossing’, si è parlato anche di risparmio con il contenimento delle temperature (termosifoni e condizionatori), si è accennato al biogas, si è evidenziato il valore prezioso delle rinnovabili elettriche, è stata pure offerta la garanzia che il percorso di decarbonizzazione non subirà interruzioni. Tutto chiaro, pare. Tutto fissato in diagrammi, in schemi, in brochure. Tutto già pronto per l’attuazione perché non si può più esitare. Non resta che capire se basterà questo ‘pacchetto’ di provvedimenti per fare fronte a una crisi che sta svuotando le tasche della gente e degli imprenditori.

Andries Gryffroy

Europa indietro su rinnovabili, Gryffroy: “Troppe direttive Ue frenano sviluppo”

Sullo sviluppo delle rinnovabili l’Europa è indietro. Sconta ritardi in termini di incentivi, ma paga la giungla di direttive europee che frenano sviluppo delle tecnologie e investimenti. Il Comitato europeo delle regioni prova a cambiare una situazione che, oltretutto, sembra non tenere conto delle diverse realtà territoriali, tutte europee ma tutte diverse. Le richieste sono contenute nel parere al progetto di modifica della direttiva sulle energie rinnovabili per soddisfare i nuovi obiettivi climatici per il 2030. Il relatore Andries Gryffroy (belga fiammingo, conservatore, esponente del gruppo EA), entra nel merito del testo nell’intervista concessa a GEA.

Nel vostro parere, che sarà oggetto di voto in Parlamento europeo, ponete l’accento sulla carenza di incentivi aggiuntivi per le rinnovabili. L’Europa è in ritardo?
“La questione è come intendiamo garantirci le forniture energetiche, e in tal senso le strade sono due: meno consumi, e più fonti sostenibili possibile. Questa seconda strada implica un maggior ricorso alle rinnovabili. Il punto è che non tutte le regioni sono uguali. Se prendiamo la mia regione, le Fiandre, parliamo di un territorio piatto, ad alta densità di popolazione. Se prendiamo l’Austria, abbiamo montagne ed aree meno popolose. Pensare di adottare le stesse politiche per tutti è sbagliato. Per questo chiediamo un processo diverso, una procedura decisionale che invece provenire dall’alto provenga dal basso, coinvolga territori”.

Quindi chiede che le città e le Regioni siano parte del processo legislativo?
“Esattamente. È quello che chiamiamo governance di multi-livello”.

Lei pone l’accento anche su una burocrazia eccessiva. Cosa serve a livello europeo per mettere i territori in condizione di investire dove serve?
“Un miglioramento del quadro normativo. Oggi ci sono troppe direttive sulla stessa materia, con quelle nuove in contraddizione con quelle vecchie”.

Sta dicendo che abbiamo direttive che non sostituiscono quelle esistenti?
“Esatto”.

Per esempio?
“Una è quella relativa alle batteria. La direttiva originaria permette l’installazione di pannelli solari sui tetti della case, la seconda direttiva in materia vieta la vendita dell’energia in eccesso. Questo non aiuta a ridurre il costo della bolletta, e crea incertezza. Poi ci sono le direttive sui progetti transfrontalieri. La prima direttiva riconosce l’esistenza di regolatori nazionali, stabilisce che ogni Stato membro ha il suo organismo, che poi segue le sue regole. La seconda direttiva intende favorire progetti che vadano oltre logiche e confini nazionali, ma non risolve il problema delle diverse Authorities e della diversità di norme”.

Avete un riscontro dalla Commissione europea su questo?
“No. Siamo in contatto con il Parlamento, visto che dovrà esprimersi sul nostro parere. I voti sono previsti maggio a livello di commissioni, poi il voto finale dovrebbe arrivare a giugno. Per la Commissione non è questo il momento di esprimersi. È chiaro che dopo il voto del Parlamento la Commissione dovrà fare qualcosa”.

Il Parlamento come si pone su questa vostra osservazione?
“Comprendono perfettamente. Devo dire che il feedback che abbiamo ricevuto è molto positivo.

Lei è belga. Come giudica la decisione del governo federale di prolungare il ciclo di vita delle centrali nucleari del Paese di altri dieci anni, fino al 2035?
“Positivamente. Parliamo di energia pulita, senza emissioni di CO2. Dal mio punto di vista è una soluzione buona e pulita. Poi, certo, serve maggiore ricerca per il nucleare di nuova generazione. Ma se chiederà ai belgi cosa ne pensano, credo che i tre quarti della popolazione sia favorevole al nucleare.

Teme che la guerra in corso, con tutto quello che ne consegue, possa mettere a rischio il Green Deal europeo?
Dipende da come lo si spiega. In tempi di crisi economica, come quella che stiamo vivendo, i cittadini pensano al portafogli, pensano a sé stessi, non pensano al clima o all’ambiente. Ma se diciamo loro che se si fanno carico dei costi della transizione adesso, pagheranno meno in futuro e diventeranno meno dipendenti dall’estero.

Mario Draghi

Energia, il governo al lavoro sul decreto contro il caro prezzi

Nuove risorse per contrastare il caro prezzi dell’energia, semplificazioni per accelerare sugli approvvigionamenti da fonti rinnovabili. Sono questi i due pilastri del nuovo decreto che sarebbe dovuto arrivare oggi in Consiglio dei ministri, ma più probabilmente slitterà a lunedì. Ci sarà anche il premier, Mario Draghi, guarito dal Covid-19 e già al lavoro con la sua squadra per limare le misure del nuovo provvedimento. Una piccola anticipazione del quale l’ha fornita ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, alla presentazione della firma del Protocollo tra Libera e il commissario unico per la bonifica delle discariche abusive, prima di tornare a Palazzo Chigi per la riunione – in presenza – con il capo del governo. “Dobbiamo prepararci in vista di un impegnativo Consiglio dei ministri” che tratterà “soprattutto ulteriori interventi per attenuare il costo dell’energia, del gas e delle materie prime sulle filiere produttive, ma anche sulle famiglie”.

Il pressing dei partiti di maggioranza è forte. La Lega continua a chiedere che l’esecutivo stanzi altri 5 miliardi per alleviare il peso dei rincari dalle spalle di imprese e cittadini. Una richiesta che non vede distante anche il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, orientato a spingere per usare i 6 miliardi “che i miglioramenti dei conti pubblici hanno dato”, senza contare “gli extraprofitti che le imprese petrolifere e dell’energia hanno ottenuto”. Ma al Nazareno non escludono anche un altro tipo di intervento: “Se c’è bisogno, si farà uno scostamento di bilancio”. Punto di contatto con gli alleati del Movimento 5 Stelle, che pressano forte da settimane sul tema, chiedendo che l’Italia si faccia portavoce in Europa della proposta di istituire un Energy recovery fund sulla scia di quello varato per la pandemia.

Nel decreto che passerà al vaglio del Cdm ci sarà anche la misura che prevede la creazione di una sorta di ‘supercommissario’ che dovrà semplificare le norme per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ad oggi, infatti, la legislazione rende troppo lenta la fase di transizione, con tempi non compatibili con l’esigenza del Paese di attuare la nuova strategia di approvvigionamento energetico e di affrancamento da gas e petrolio provenienti dalla Russia. Ma c’è anche un altro punto su cui a Palazzo Chigi si ragiona e che riguarda il ciclo dei rifiuti: “Senza anticipare decisioni che il governo potrebbe prendere nelle prossime ore, è utile rilanciare la riflessione sull’utilizzo sostenibile ed efficace nel nostro Paese”. Il passo è ancora allo studio, mentre nel breve termine sarà confermata la decisione di non spegnere le centrali a carbone, per far fronte all’emergenza.

La prossima settimana, poi, sono previsti nuovi momenti di confronto tra governo e Parlamento. Martedì 3 maggio, alle ore 12.30, infatti, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, terrà una informativa nell’aula della Camera sulle ulteriori iniziative per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. Mentre il 24 maggio, alle 14, sempre a Montecitorio, il responsabile del Mite svolgerà un’altra informativa, ma in vista del G7 Energia. Il premier Draghi, invece, sarà il 10 maggio a Washington per incontrare alla Casa Bianca il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. I due leader discuteranno del coordinamento con gli Alleati sulle misure a sostegno del popolo ucraino e di contrasto all’aggressione ingiustificata della Russia, ma affronteranno anche i temi legati alla cooperazione nella gestione delle sfide globali, alla sicurezza energetica e al contrasto ai cambiamenti climatici, dal rilancio dell’economia allo sviluppo della sicurezza transatlantica. Anche in preparazione dei vertici G7 e Nato di giugno.

Sul fronte europeo, Luigi Di Maio torna a chiedere il price cap sull’energia: “Il lavoro che continueremo a fare è rafforzare il nostro piano di sicurezza energetico e fare in modo che a livello europeo si costruisca un tetto massimo al prezzo del gas, perché con gli accordi che stiamo facendo negoziamo quantità – ha detto il ministro degli Esteri da Strasburgo -. Il punto è che dove si indicizza il prezzo del gas l’Ue deve scegliere tra speculazione e tutele della famiglia e delle imprese. Noi scegliamo di tutelare imprese e famiglie a fronte di una speculazione di prezzi che non ha senso”. Il responsabile della Farnesina conferma che “tutte le forniture di gas dalla Russia all’Italia continuano ad andare avanti regolarmente“, ma allo stesso ammonisce: “Quello che stiamo contrastando è la richiesta di Mosca di pagare in rubli, che è una violazione del contratto. Insieme alla Commissione e al Consiglio Ue prenderemo una decisione a livello europeo su questo tema, ma i nostri contratti prevedevano il pagamento in euro”, dunque “ci sono tutte le condizioni perché i cittadini non abbiano problemi di fornitura”.

Prosegue, infine, il lavoro del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato il ministro delle Innovazioni e della crescita della Bulgaria, Daniel Lorer, per parlare di cooperazione economica e delle conseguenze legate al conflitto in Ucraina nei rispettivi due Paesi, soffermandosi in particolare sui temi della sicurezza energetica e l’aumento dell’inflazione, condividendo la necessità che vengano adottate soluzioni comuni a livello Ue. Gli esponenti dei due governi hanno anche sottolineato l’opportunità di rafforzare la collaborazione tra imprese italiane e bulgare, al fine di cogliere le opportunità degli investimenti legati ai fondi europei del Recovery fund, in particolare quelli finalizzati a realizzare progetti sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, dalle batterie all’idrogeno, attraverso gli Ipcei.