Ue, Draghi: “Aumentare produttività e ridurre i costi, serve mercato europeo energia”

Photo credit: sito Fundacion Yuste

 

Tutto si può dire, tranne che Mario Draghi non abbia le idee ben chiare su dove mettere le mani per modellare una nuova Ue. L’ex presidente della Bce ripropone alcune idee già enunciate in questi mesi, ma accentua i toni su alcuni punti nuovi. La base di partenza di tutto è “aumentare la produttività“, perché dalla vicenda del gas russo alla difficoltà di reperire le materie prime critiche, la lotta ai cambiamenti climatici e quelli tecnologici, così come il rapido invecchiamento della popolazione europea, diventano sfide cruciali da vincere assolutamente. Per riuscire nell’intento, però, occorre “crescere più velocemente e meglio“. Draghi ne parla a lungo nel discorso che tiene al Monastero di San Jerónimo de Yuste, in Spagna, dove riceve dalle mani del Re Felipe VI il premio europeo Carlos V.

Nei prossimi giorni l’ex premier consegnerà i risultati del lavoro commissionatogli da Ursula von der Leyen sul futuro della competitività, ma negli ultimi due mesi, con l’avvicinarsi delle elezioni europee, il suo nome era circolato tra i possibili candidati alla guida dell’esecutivo Ue o del Consiglio, sponsorizzato soprattutto dal presidente francese, Emmanuel Macron. La partita dei Top Jobs, intanto, sembra avviata sul binario della riconferma della attuale presidente, ma i suggerimenti di Draghi potrebbero risultare molto utili a chiunque si accomoderà sulla sedia più arroventata di Bruxelles.

Lo stato dell’arte è nei dati che porta in Spagna. “La crescita della produttività europea sta rallentando da tempo” e la differenza di crescita rispetto agli Usa inizia a pesare, perché “dovuta principalmente al settore tecnologico e alla digitalizzazione in generale“, spiega l’ex Bce. Che avvisa: “Il divario potrebbe aumentare ulteriormente con il rapido sviluppo e la diffusione dell’Intelligenza artificiale“. Del resto, “circa il 70% dei modelli fondamentali di Ia viene sviluppato negli Stati Uniti e solo tre aziende statunitensi rappresentano il 65% del mercato globale del cloud computing”. Allo stesso modo il sistema dei dazi può servire, ma con un approccio generale pragmatico, cauto e coerente“. Perché “non vogliamo diventare protezionisti in Europa, ma non possiamo restare passivi se le azioni degli altri minacciano la nostra prosperità“.

Altro punto cruciale del discorso di Draghi riguarda i costi da ridurre, soprattutto quelli dell’energia, che “stanno portando a una riduzione degli investimenti in Europa“. Il mix tra “investimenti infrastrutturali lenti e non ottimali, sia per le rinnovabili che per le reti” e “regole di mercato che non disaccoppiano completamente il prezzo dell’energia rinnovabile e nucleare dai quelli più alti e volatili dei combustibili fossili, impedendo alle industrie e alle famiglie di cogliere appieno i benefici dell’energia pulita nelle loro bollette“, impone una riflessione sulla “costruzione di un vero mercato europeo dell’energia“, da cui dipende, peraltro, l’aumento della produttività.

Per far lievitare gli investimenti, poi, l’Europa deve “non solo incrementare il livello della domanda attraverso una spesa più elevata, ma anche garantire che questa si concentri all’interno dei nostri confini” e “il modo più efficiente per farlo sarebbe aumentare la spesa comune“. Esortando l’Ue a porre tra le sue “priorità collettiveRicerca e innovazione e rilanciare rapidamente la diffusione dell’innovazione nella propria economia.

Nella riflessione di Draghi, infine, trova ampio spazio il tema della transizione green. A suo modo di vedere “anche rendere più efficace la spesa pubblica non sarà sufficiente“, dunque “il fabbisogno di finanziamenti per la transizione verde e digitale è enorme” e “dovremo anche mobilitare il risparmio privato su una scala senza precedenti, ben al di là di quanto possa fare il settore bancario“, raccogliendo questi fondi principalmente nei “mercati del capitale di rischio, delle azioni e delle obbligazioni“.

rinnovabili

In Francia settore energetico preoccupato per il futuro della transizione

Progetti urgenti nel limbo e minacce alla decarbonizzazione: il settore energetico francese teme ulteriori ritardi nella sua trasformazione, mentre anch’esso affronta l’inizio di una crisi politica sullo sfondo di un’ondata di estrema destra. Eolico, solare, biogas… il settore delle energie rinnovabili attende da mesi obiettivi di sviluppo quantificati per il 2035. Che ne sarà di questa tabella di marcia, per la quale il governo ha promesso un decreto se non dovesse passare in legge?

Quello che sta accadendo è grave”, afferma Jules Nyssen, presidente del Syndicat des Energies Renouvelables (SER). “Il governo ha tergiversato per mesi su questo programma, che avrebbe dovuto essere annunciato questa settimana e sottoposto a consultazione alla fine di giugno. Con ogni probabilità, non sarà adottato prima delle elezioni legislative del 30 giugno“, ha annunciato sulla scia del risultato record del Rassemblement National alle elezioni europee. Il ministero dell’Industria non ha risposto all’Afp su questo argomento.

“Siamo in uno stato di totale instabilità, in un momento in cui abbiamo bisogno di certezza del diritto e di visibilità. E pagheremo un prezzo elevato per questo. Oggi stiamo rimescolando le carte in tavola e il futuro governo sarà in grado di fare nuove scelte“, ha continuato Nyssen, per il quale ‘possiamo davvero biasimare’ il governo uscente per aver trascinato la questione. Senza un calendario ufficiale, che ne sarà della prevista “mega-gara” per l’energia eolica offshore, una volta rivelate le aree adatte ai futuri parchi eolici a settembre? O del sostegno al gas rinnovabile, che ha già raggiunto gli obiettivi di capacità fissati nel programma precedente? Allo stesso modo, a giugno, sotto la guida del ministro dell’Industria, era attesa una tappa fondamentale nell’attuazione dei contratti commerciali firmati da EDF, contratti destinati a garantire il futuro dell’indebitata società elettrica.

All’Uniden, che rappresenta le principali aziende industriali ad alta intensità energetica e potenziali clienti di questi contratti, “sperano che questo periodo di instabilità non rappresenti un problema”, anche se finora sono stati firmati solo quattro accordi. “Abbiamo una tabella di marcia chiara: dobbiamo decarbonizzare. La cosa più importante è avere accesso all’elettricità a basse emissioni di carbonio a un prezzo competitivo, che sia nucleare o rinnovabile“, spiega Nicolas de Warren, presidente dell’associazione. La stessa vaghezza si applica all’idrogeno verde, progettato per decarbonizzare l’industria pesante: “Da un anno il settore attende la revisione della strategia del governo”, osserva Mika Blugeon-Mered, docente di “mercati e geopolitica dell’idrogeno” a Sciences Po. Secondo il ministero, era attesa “per l’estate”, ma ora ci sono poche possibilità che venga pubblicata in tempo. Ma l’industria ha bisogno di sostegno per gli utenti, perché la strategia iniziale si concentrava solo” sui produttori.

Durante la sua campagna presidenziale nel 2022, Marine Le Pen ha promesso di costruire una ventina di nuovi reattori nucleari, di cui dieci da consegnare entro il 2031 – una scommessa irrealistica, secondo la stessa industria. Ha anche promesso una moratoria sull’energia eolica, con il graduale “smantellamento” dei parchi eolici. Nel 2023, il deputato del RN Pierre Meurin ha detto che è stato “sconcertante” durante i dibattiti sulla legge per accelerare le energie rinnovabili. Tuttavia, il rifiuto delle rinnovabili si scontra con tutti gli scenari di transizione energetica che, nucleare o meno, sottolineano la necessità di energia eolica e solare se la Francia vuole allontanarsi dai combustibili fossili e rispettare gli impegni climatici.

Il capo di un fornitore di energia elettrica rinnovabile prevede che “le leggi dell’economia e dell’energia (…) raggiungeranno” i leader della RN: “Avremo bisogno di più energia a basso costo. Ci vogliono 10-15 anni per costruire l’energia nucleare. Cosa facciamo nel frattempo? E come facciamo ad attirare le fabbriche di batterie se non vogliono più le auto elettriche?“, ha chiesto, parlando a condizione di anonimato, mentre la signora Le Pen vuole ‘ripristinare la libertà dei francesi’ di acquistare veicoli a combustione. Jules Nyssen, da parte sua, non vuole fare previsioni per queste elezioni legislative. “Tra le preoccupazioni dei nostri concittadini ci sono il cambiamento climatico, la sovranità della Francia e la necessità di reindustrializzare, e le energie rinnovabili hanno risposte da offrire su tutti e tre questi temi. La sfida per noi è quella di renderlo chiaro, per evitare una campagna basata unicamente sulla paura“.

Besseghini: “Fer 2 costerà 8-10 euro/MWH in bolletta. Mercato gas ancora nervoso”

Dagli stoccaggi di gas alle rinnovabili che incideranno nelle bollette per effetto del decreto Fer 2, ai costi della Tari e la nuova Europa. Stefano Besseghini a tutto campo ai microfoni del #GeaTalk. Il presidente dell’Arera fa il punto sui prezzi per gli approvvigionamenti di gas: “Tutto apposto? Magari è un po’ eccessivo, sicuramente non abbiamo più quei livelli di prezzi e questo molto ci tranquillizza. In ogni caso siamo più vicini ai 40 euro al Megawattora che ai 30 euro, il ché è indice di una situazione dei mercati ancora nervosa”, spiega. Chiarendo che “siamo grossomodo al doppio del valore storico di valorizzazione della commodity gas“, ma rispetto al passato “abbiamo alcuni cambi di assetto fondamentali, uno su tutti il ruolo dell’Lng, che non essendo collegato tubi fisici ci espone di fatto al mercato globale“.

Altro tema caldo è il decreto Fer 2, appena approvato dalla Commissione Ue, che consente di realizzare degli impianti per la produzione di energia rinnovabile. L’unica controindicazione è che può costare fino a 35 miliardi in venti anni, da coprire con aumenti in bolletta nella componente Asos, con un onere da calcolare nel delta tra la richiesta dei produttori nelle procedure competitive e i prezzi dell’energia elettrica sui mercati spot. “E’ molto difficile fare una stima – dice subito Besseghini -. Diciamo che, probabilmente, parliamo di circa 8-10 euro al MWH per la bolletta del consumatore, ma vedremo il suo dispiegamento nei prossimi vent’anni e a partire da quando questi impianti diventeranno operativi“.

Nel frattempo si andrà avanti con i metodi ‘tradizionali’, perché “il gas lo abbiamo raccontato, in tempi non sospetti, come combustibile di transizione e in fondo questo ruolo non viene meno. Ci accompagnerà, soprattutto nella generazione elettrica, ancora per qualche tempo“. Dunque, meglio capire che cosa aspettarci nel prossimo inverno. “Dal punto di vista delle forniture, che sono un po’ la sonda principale, pur rimanendo sempre cauti sulle previsioni di prospettiva, non si vedono indicatori di criticità particolari“. Ergo “guarderei a questo autunno con ragionevole fiducia, nel convincimento che poi entrando nel 2025/2026 le cose andranno tendenzialmente migliorando“.

Il dibattito politico, e non solo, è acceso anche sulla fine della finestra per il rientro nel mercato tutelato, in scadenza il prossimo 1 luglio. La Lega vorrebbe allargare le maglie almeno fino alla fine del 2024. “Questa è una valutazione che deve fare il governo“, mette il primo paletto Besseghini. Che vede anche delle potenziali criticità: “Questi termini hanno anche vincoli rispetto agli impegni presi e i processi già definiti, visto che l’assegnazione delle gare è avvenuta a inizio anno e rinviare alla fine di dicembre vorrebbe dire assegnare il consumatore, a distanza di un anno“. Poi, però, tutto va valutato nel contesto delle dinamiche” ma “una dilatazione di tempi porta anche a disperdere questo tipo di convenienza” dovuta alle gare ben costruite, avvisa.

Passando da un argomento all’altro, il presidente dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ritiene “estremamente virtuoso” che l’Antitrusteserciti una moral suasion sul suo approccio, cioè la visione ex post delle dinamiche di mercato che si instaurano, soprattutto in un momento di transizione in cui la chiarezza e la precisione delle informazioni aiuta a orientarsi“, commenta l’uscita dell’Agcm verso le aziende del settore energivoro. “E’ una ‘never ending story’ quella del miglioramento della chiarezza delle bollette, tant’è vero che abbiamo in corso uno specifico procedimento, che non voglio chiamare ‘bolletta 3.0’ ma è esattamente finalizzata, con un ascolto attento delle associazioni dei consumatori, a trovare un meccanismo omogeneo delle informazioni che i clienti trovano nella bolletta – prosegue -. Perché molto spesso il problema è non trovarla sempre nello stesso posto e questo è molto disorientante. Per parte nostra cerchiamo di costruire strutture di regolazione che portino a elementi formativi chiari“.

Infine, i rifiuti. “E’ abbastanza difficile dire, genericamente, che si spende troppo per la Tari – sottolinea Besseghini -. Ciò che conta è che si spenda coerentemente con i servizi che si ottengono“. Allo stesso tempo “è drammaticamente vero che abbiamo ancora zone del Paese, lo abbiamo letto in tutte le relazioni annuali, in cui il rapporto tra il costo che si sostiene e il servizio che si ottiene, o il servizio ambientale, quindi la capacità di aderire alle indicazioni su smaltimento rifiuti e riciclo, sono molto sbilanciato. Questo, però, tipicamente dipende da assetti industriali un po’ deboli, da gestioni in economia o, appunto, dalla mancanza di impianti“. Situazione che si verifica più al Sud che al Nord, ma anche sulla separazione territoriale, il presidente di Arera invita a non essere “così netto nel tracciare la divisione“.

Besseghini (Arera): “Il Fer2 inciderà per 8-10 euro/Mwh sulle bollette”

E’ molto difficile fare una stima, perché gli stessi 35 miliardi sono una stima a loro volta che assume una certa dimensione dei costi dell’energia“. Lo dice il presidente di Arera, Stefano Besseghini, ai microfoni del #GeaTalk, rispondendo a una domanda sul decreto Fer 2, per la realizzazione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, approvato ieri dalla Commissione Ue, ma che avrà costi quantificati per un massimo di poco più di 35 miliardi, da diluire sui prossimi quattro lustri su alcune componenti della bolletta energetica. “Il meccanismo di incentivazione è comunque solo una parte, visto che il Fer 2 riguarda una certa categoria di impianti, quelli a più elevate caratteristiche di innovazione, mentre il Fer X è il meccanismo incentivante che andrà a guardare la produzione più significativa e rilevante – aggiunge -. Diciamo che, probabilmente, parliamo di circa 8-10 euro al MWH per la bolletta del consumatore, ma vedremo il suo dispiegamento nei prossimi vent’anni e a partire da quando questi impianti diventeranno operativi“.

Fotovoltaico

Monito dell’Aie all’Italia: “Burocrazia frena le rinnovabili, servono politiche più rapide e decise”

“I processi di autorizzazione lunghi e complicati e le lunghe code per l’allacciamento alla rete rimangono le sfide principali per una più rapida espansione delle energie rinnovabili in Italia”.  Lo rileva l‘Agenzia internazionale dell’Energia (Aie) nel rapporto ‘COP28 Tripling Renewable Capacity Pledge: Tracking countries’ ambitions and identifying policies to bridge the gap’, pubblicato oggi, che analizza le ambizioni e i piani di attuazione dei Paesi con l’obiettivo chiave fissato alla COP28 di uscire dai combustibili fossili.

Sebbene dal 2019 le aste abbiano avuto l’obiettivo di aggiudicare 5,5 GW di energia fotovoltaica ed eolica su terraferma in sette tornate entro la fine del 2021, “il 20% di questa capacità mirata – dice l’Agenzia – è rimasta ancora non aggiudicata dopo la dodicesima tornata tenutasi nel giugno 2023, principalmente perché gli sviluppatori hanno incontrato difficoltà nell’ottenere i permessi”. L’Aie riconosce che il governo italiano “sta adottando misure per snellire le autorizzazioni, semplificando i processi di autorizzazione e istituendo un comitato speciale per accelerare i progetti”. Tuttavia, è il monito dell’Agenzia, “un’azione politica più rapida e decisa sarebbe necessaria per realizzare il 35% in più di espansione della capacità nel nostro caso accelerato”.

Nel rapporto dell’Aie si fa riferimento anche al Superbonus. “Nel febbraio 2023” il governo, si legge nel documento “ha annunciato l’intenzione di ridurre gradualmente il credito, provocando un’impennata delle installazioni nel 2023, quando i proprietari di casa si sono affrettati a sfruttare l’incentivo più interessante”. La diffusione del fotovoltaico residenziale dovrebbe rallentare nel 2024, pur rimanendo superiore a quella del 2021. “La crescente fiducia dei consumatori nel fatto che i vantaggi economici e di sicurezza energetica del fotovoltaico su tetto possano proteggerli dalle recenti fluttuazioni dei prezzi dell’elettricità – scrive l’Aie – dovrebbe portare a una crescita del mercato molto più rapida di quanto previsto in precedenza”.

Complessivamente, scrive l’Agenzia, l’Italia aggiungerà 36 GW di capacità rinnovabile nel periodo 2023-2028. Il solare fotovoltaico distribuito rappresenta la metà di questa espansione, “creando una prospettiva più ottimistica rispetto alla nostra analisi del 2022”.

Dl Aree idonee, Sardegna pronta allo scontro col governo. Mase sorpreso da Todde

Photo credit: staff Presidenza Regione Sardegna

 

Sulle aree idonee si apre una crepa tra governo e Regione Sardegna, capofila per la definizione dei criteri territoriali. Dopo l’incontro del 21 maggio scorso al ministero dell’Ambiente, tra Gilberto Pichetto e la governatrice, Alessandra Todde, la strada sembrava tutta in discesa. Invece la bozza che è finita sulla scrivania al piano nobile di viale Trento, a Cagliari, ha rotto l’equilibrio che si era creato. A certificarlo sono proprio le parole di Todde, che non usa giri di parole: “Mi sono sentita presa in giro, non personalmente ma come rappresentante della Sardegna“, perché “i presupposti su cui si poteva trovare un accordo non sono assolutamente rispondenti alla bozza che abbiamo visto“, dunque “è chiaro che adesso andremo al confronto diretto“. O per meglio dire, allo scontro.

Le tre istanze portate da Todde al Mase riguardavano, in primo luogo, il cosiddetto burden sharing, ovvero la quota di rinnovabili che la regione deve prendere in carico. “Abbiamo chiesto di decidere noi dove, perché abbiamo beni identitari da proteggere, territori agricoli vocati che dobbiamo difendere e anche un contesto paesaggistico che deve essere messo a fattor comune“. La seconda cosa richiesta è relativa ai parchi eolici offshore, “che potrebbero rientrare all’interno delle autorizzazioni: anche se sono acque internazionali, quindi oltre le 12 miglia, devono essere considerati 100% impattanti la Sardegna, perché incidono sulla nostra economia, sulla nostra pesca, sul turismo, su attività che sono nostre“. Nella bozza, invece, per il raggiungimento degli obiettivi di potenza l’intenzione è quella di tenere conto del “40% della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1 gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della Regione o provincia autonoma“. Una proposta, quella dell’esecutivo, “inaccettabile” per la Sardegna.

Il terzo punto, infine, riguarda la crescita. “In questo momento abbiamo autorizzazioni che eccedono il limite di 6.2 posto fino al 2030 dal governo e dalla normativa europea e su quello abbiamo detto” all’esecutivo di “starne fuori – spiega –: noi dobbiamo decidere come vogliamo crescere dal punto di vista energetico, come organizzare il nostro territorio e organizzare la produzione di energia sulla base della nostra economia. Lo faremo con un piano energetico e con una crescita organica“.

Todde chiama in causa anche i parlamentari sardi, di ogni colore, chiedendo che antepongano le ragioni del territorio che rappresentano ai dettami di maggioranza e opposizione. L’appello, però, sembra non aver fatto breccia nel centrodestra. “A sentirmi presa in giro sono io. Come sarda, come parlamentare, come rappresentante delle istituzioni“, replica a stretto giro la vicecapogruppo di FdI al Senato, Antonella Zedda. La presidente, però, tira dritto e suoi suoi canali social scrive: “La Sardegna non si farà prendere in giro. In questo momento il nostro territorio è sotto attacco speculativo e noi riteniamo necessario difenderlo con ogni strumento possibile“.

Da fonti del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, però, trapela stupore per questo improvviso innalzamento dei toni: “Sul decreto Aree idonee le interlocuzioni sono proseguite informalmente anche nel fine settimana con spirito costruttivo. Sorprende quindi la posizione della presidente Todde“. Al Mase, comunque, “c’è fiducia che oggi, nel corso della Conferenza delle Regioni, il dialogo possa procedere in maniera serena e positiva al fine di giungere a una posizione condivisa“.

Sul piano tecnico, nella bozza presa in visione da GEA risulta tracciata “per ciascuna Regione e Provincia autonoma la traiettoria di conseguimento dell’obiettivo di potenza complessiva da traguardare al 2030“, che è di 80 GW. Così ripartito: per l’Abruzzo 2.092 MW al 2030; Basilicata 2.105; Calabria 3.173; Sardegna 6.264; Campania 3.976; Emilia-Romagna 6.330; Fvg 1.960; Lazio 4.757; Liguria 1.059; Lombardia 8.766; Marche 2.346; Molise 1.003; Piemonte 4.991; Puglia 7.387; Sicilia 10.485; Toscana 4.250; Umbria 1.756; Valle d’ Aosta 328; Veneto 5.828; la Provincia autonoma di Bolzano 515; e la Provincia autonoma di Trento 631.

Eolico

Energia, studio Ren21: Solo 13 Paesi spingono su rinnovabili. E c’è anche l’Italia

Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Regno Unito, Italia, Stati Uniti, Egitto, Cina, Vietnam, Francia, Germania e India. Sono questi gli unici 13 Paesi del mondo che stanno spingendo – attraverso politiche pubbliche – verso l’elettricità green nei quattro settori considerati più importanti: trasporti, edilizia, industria e agricoltura. Altri venti hanno intrapreso azioni in tre dei quattro settori. Ma 84 Paesi non hanno adottato alcuna misura per contenere le emissioni in questi settori.

A rivelarlo è uno studio della rete di ricerca Ren21, l’organismo internazionale istituito dalla Nazioni Unite per incentivare le rinnovabili. Contrariamente alle speranze generate dai piani di sostegno adottati dopo le crisi di Covid e dell’energia, il 2023 ha visto “un rallentamento della tendenza in termini di politiche adottate e una diluizione delle ambizioni in alcuni Paesi”, osserva REN21.

Tra le misure necessarie, l’organizzazione cita la fine del sostegno ai combustibili fossili, gli standard edilizi, gli obiettivi di emissioni zero (per gli autobus, ad esempio, come a Londra e a Pechino), i sussidi per l’acquisto di pompe di calore (il cui volume di installazioni in Europa è aumentato del 38% in un anno nel 2023), l’agrivoltaico o il biogas, lo sviluppo di stazioni di ricarica o di reti di raffreddamento e riscaldamento, ecc.

L’obiettivo dell’attuale transizione è ridurre la quota preponderante di petrolio, carbone e gas nel consumo totale di energia, sia per i trasporti si per il riscaldamento o il funzionamento delle fabbriche, elettrificando ciascuno di questi settori. Secondo l’analisi di REN21, la Cina è di fatto “l’unico Paese la cui quota di elettricità nel consumo energetico è in costante crescita”, passando dal 20% al 30% in tutti i settori tra il 2011 e il 2021. Nello stesso periodo, invece, gli Stati Uniti e l’Ue hanno visto l’elettricità stagnare intorno al 23%.

L’elettrificazione non avviene abbastanza velocemente nei trasporti, nell’edilizia e nell’industria. Un’eccezione è rappresentata dall’agricoltura, dove è passata dal 20% al 27% tra il 2011 e il 2021.

“È chiaro che i governi sono bloccati nell’approccio business-as-usual”, sottolinea il direttore di REN21 Rana Adib. “La transizione energetica – dice – non consiste solo nell’aumentare l’offerta di energia rinnovabile: senza politiche strutturali per aumentare la domanda e accelerare l’elettrificazione degli usi, questa transizione non avverrà”.

Ue, Consiglio Energia: nasce gruppo di lavoro per nuovo taglio a import dalla Russia

L’Unione europea deve tagliare ulteriormente le importazioni di energia dalla Russia e per scandagliare le varie possibilità di come farlo nasce un gruppo di lavoro di alto livello. A darne la notizia, nel pomeriggio, è stato lo stesso ministro ceco dell’Industria e del commercio, Jozef Sikela. “Abbiamo deciso di usare l’approccio della solidarietà e della collaborazione europea per ridurre le importazioni di energia russa in Europa, perché ci sono ancora decine di miliardi che stiamo inviando per pagare petrolio e gas e non vogliamo più alimentare la macchina bellica di Putin”, ha affermato il ministro.

Quindi abbiamo deciso di iniziare un gruppo di lavoro ministeriale di alto livello in cooperazione con la Germania e altri Paesi membri con un forte allineamento e coordinamento con la Commissione. Il compito del gruppo è semplicemente quello di preparare misure su come ridurre successivamente le importazioni di energia dalla Federazione russa in Europa, ma non solo petrolio e gas, bensì anche nucleare. Ma dovremo farlo efficacemente ed efficientemente perché queste misure non devono danneggiare noi, ma il regime del dittatore Putin”, ha spiegato Sikela.

Il format del gruppo è ancora in discussione e per le tempistiche abbiamo concordato di incontrarci non più tardi del Consiglio organizzato per la seconda settimana di luglio. Ma ovviamente inizieremo i colloqui preliminari via teleconferenza e telefono e definiremo la costituzione finale”, ha precisato Sikela. “Di base c’è stato davvero un ampio sostegno per questa iniziativa che è stata ben accolta. Nessun Paese ha detto di no. Alcuni Paesi hanno solo sottolineato l’importanza di avere misure intelligenti per assicurare che le misure abbiano un impatto sul regime russo e non sui Paesi membri, le famiglie e le imprese. Le misure devono prevedere come garantire energia a sufficienza e robuste infrastrutture per evitare colli di bottiglia o altre perdite che possano creare volatilità sui mercati”, ha illustrato ancora Sikela.

Nessuno ha esplicitamente detto no alla proposta. Allo stesso tempo, ce ne sono Stati 12 che hanno detto esplicitamente sì e molti hanno chiesto una guida esplicita dalla Commissione. Quindi ciò ci fa concludere, come presidenza, che c’è un ampio consenso al tavolo per approfondire e armonizzare il lavoro“, ha precisato la ministra belga dell’Energia, Tinne Van der Straeten, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Energia dell’Ue. “Il seguito da dare a questo tema sarà dunque un dibattito politico a livello tecnico nel Coreper, sotto questa presidenza belga. La Commissione convocherà una riunione a livello di lavoro e i ministri rimarranno coinvolti. Si tratta di un passo in avanti concreto per smettere di finanziare la macchina bellica“, ha spiegato Van der Straeten.

All’inizio della giornata, la proposta della creazione del gruppo di lavoro, avanzata via lettera alla presidenza belga del Consiglio dell’Ue da Germania e Repubblica Ceca, aveva fatto ipotizzare un avvicinamento tra Praga e Berlino, divise sulla questione della tassa tedesca sul gas stoccato nei punti di interconnessione. La lettera “è un bellissimo esempio di come i Paesi, in questo caso Germania e Repubblica Ceca, superano” delle divisioni “e lavorano nell’interesse dell’Unione europea nel suo insieme“, ha detto al suo arrivo la ministra belga dell’Energia, Tinne Van der Straeten, rafforzando l’annuncio fatto dalla commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, proprio sull’imposta tedesca: “Mi aspetto che la Germania abbia annunci positivi da fare”.

E l’annuncio, di fatti, è arrivato. Per bocca del sottosegretario al ministero federale tedesco dell’Economia e dell’azione per il clima, Sven Giegold, che al suo arrivo alla riunione ha detto di poter “annunciare che il governo federale tedesco ha concordato di voler abolire la tassa sul gas stoccato nei punti di interconnessione il prima possibile. Ciò significa, per via del fatto che necessita di un cambiamento legale, a partire dal primo gennaio 2025”. L’aumento della tassa a partire da luglio rimarrà, perché fa parte della legge e scatta in automatico, “ma ciò non impedisce l’abrogazione della legge dal 2025”, ha puntualizzato Giegold. “Non è mai stata nostra intenzione ostacolare con questo prelievo la diversificazione dal gas russo. Tuttavia, abbiamo discusso con inostri vicini e abbiamo capito che ciò causa problemi per la diversificazione dal gas russo. Ecco perché abbiamo preso questa decisione”, ha precisato il sottosegretario tedesco.

Terna, ecco portale ‘Terra’: informazioni e stime in tempo reale per efficienza rete

Una base sostanziale per la programmazione territoriale efficiente e sostenibile”. Sono le parole che usa l’ad e direttrice generale di Terna, Giuseppina Di Foggia, presentando ufficialmente ‘Terra‘, il portale digitale (introdotto dall’ultimo decreto Energia), che sarà online dal prossimo 7 giugno con lo scopo di fornisce “informazioni trasparenti e accessibili sullo stato attuale e futuro degli impianti di rete e di accumulo, sulle richieste di connessione e sui vincoli ambientali, paesaggistici e culturali che ricadono sul territorio nazionale”, spiega la manager.

Acronimo di ‘Territorio, Reti, Rinnovabili e Accumuli’, il portale ha il suo cuore pulsante e operativo nel rinnovato Centro nazionale di controllo di Terna di via Palmiano, dove sono monitorati in tempo reale i flussi di energia che transitano nella rete di trasmissione nazionale e nelle interconnessioni con l’estero. Questo lavoro rientra nel percorso di transizione energetica, guidata dagli obiettivi di decarbonizzazione tracciati dal Piano nazionale integrato energia e clima, che prevedono oltre 70 GW di nuove rinnovabili. “Aggiungiamo un tassello tecnologico per la programmazione efficiente delle infrastrutture della rete elettrica, coordinate con lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo di energia”, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, presente alla presentazione del portale. “Sarà una marcia in più per sostenere la corsa a un Paese sempre più decarbonizzato e interconnesso, sia al suo interno che con l’estero”.

Al momento della sua attivazione online, nella piattaforma saranno disponibili le informazioni sullo stato delle richieste di connessione, che ammontano a circa 6.600 tra impianti rinnovabili, sistemi di accumulo e utenti di consumo con soluzione di connessione accettata dai proponenti, e sulla localizzazione geografica di circa 40mila impianti in esercizio. La tecnologia prevede anche mappe multilayer navigabili per osservare gli interventi di sviluppo necessari, quelli pianificati e le linee elettriche esistenti, l’anagrafica degli impianti già in esercizio e lo stato di avanzamento per le nuove iniziative di connessione.

I colleghi lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 per garantire un equilibrio continuo e costante tra la domanda di chi usa non l’energia, quindi i consumatori, le persone, ma anche alle imprese”, continua Di Foggia. Che, per far comprendere la complessità delle operazioni gestite dal Centro nazionale di controllo, spiega: “In questo sito si gestiscono flussi che corrono lungo una rete di linee elettriche ad alta e altissima tensione di 75mila km, 900 centrali, 2.500 cabine primarie, 30 interconnessioni con l’estero. Parliamo – prosegue l’ad – di oltre 50 milioni di offerte di acquisto e vendita di energia”. Il punto di partenza è l’anno 2000, quando Terna gestiva all’incirca 800 centrali di rinnovabili, mentre oggi “sono circa 1,6 milioni” e dunque “ci sono oltre 275mila controlli automatici al minuto che occorrono”, dice ancora Di Foggia.

A Terra, ma soprattutto alle sue informazioni, avranno accesso il Mase, Arera, il ministero della Cultura, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, ma anche gli sviluppatori di impianti di produzione, accumulo e consumo. “Lo scopo del portale è favorire una ottimizzazione della programmazione, della localizzazione di tutte le infrastrutture del sistema energetico, mettendo a disposizione degli stakeholders, delle autorità e degli enti coinvolti, tutte le informazioni che noi in Terna abbiamo, sia quelle presenti che quelle in proiezione”, continua Di Foggia. Sottolineando che le informazioni sono elaborate “pensando a un futuro short term e long term” e riguardano “gli impianti di reti, ma anche quelli di accumulo e naturalmente le richieste di connessioni” oltre ai dati “che riguardano il nostro territorio, quindi vincoli idrogeologici e ambientali”. Con un unico, grande target: “Favorire e velocizzare tutte le attività di programmazione, soprattutto per la localizzazione delle infrastrutture”.

Enel, nel primo trimestre 2024 utile a 2,1 miliardi (+44,2%). De Angelis: “Risultati solidi”

Enel al giro di boa del primo trimestre del 2024 con risultati oltre le aspettative di mercato. Gli indicatori, infatti, fanno registrare un trend molto positivo. Al 31 marzo l’utile del Gruppo è di quasi 2,2 miliardi di euro, con un incremento di 668 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In termini percentuali, l’aumento è a doppia cifra, 44,2%. Anche l’Ebitda ordinario supera i 6 miliardi, con un plus di 631 milioni sul 2023 (+11,6%). In questo dato sono racchiuse le buone performace della gestione operativa dei business integrati (Enel Green Power, Generazione Termoelettrica e Mercati Finali), che ammontano a 776 milioni di euro, oltre al miglioramento di Enel Grids.

Il margine operativo lordo ordinario (Ebitda ordinario) dei business integrati va oltre i 4 mld, per effetto soprattutto della maggiore produzione di energia da generazione rinnovabile (+2,8 TWh), soprattutto per l’incremento della produzione da fonte idroelettrica in Italia, Spagna e Cile, nonché per l’ottimizzazione dei costi di approvvigionamento. “I solidi risultati del primo trimestre 2024 confermano l’efficacia delle azioni manageriali intraprese con il Piano Strategico 2024-2026, nonché la resilienza del nostro modello di business in tutti i Paesi di presenza”, commentato il Cfo di Enel, Stefano De Angelis. Che per i prossimi mesi assicura: l’azienda “continuerà a perseguire con grande disciplina un’allocazione selettiva del capitale, massimizzando efficienza ed efficacia della gestione, nonché la sostenibilità finanziaria e ambientale”.

Alla luce di questi risultati, dunque, “siamo fiduciosi di raggiungere tutti i nostri obiettivi per il 2024, inclusa la riduzione del debito netto di Gruppo, che già oggi è sceso a 54 miliardi di euro considerando anche le dismissioni ormai in fase di finalizzazione”, spiega De Angelis. Tornando ai numeri, i ricavi del primo trimestre 2024 si assestano su 19,4 miliardi (-26,4%), mentre gli investimenti sono poco più di 2,5 miliardi (-10%). La situazione patrimoniale evidenzia un capitale investito netto al 31 marzo di 108,8 miliardi, coperto da un patrimonio netto di 48,1 miliardi (in aumento rispetto ai 45,1 miliardi 31 dicembre 2023) e un indebitamento finanziario netto di 60,6 miliardi.

Anche sul piano ambientale la performance è molto positiva, con la produzione a zero emissioni che raggiunto quota 80,7% rispetto alla generazione totale del Gruppo. Molto bene la produzione di energia da rinnovabili, “includendo anche i volumi da capacità gestita, è stata ampiamente superiore rispetto alla produzione da fonte termoelettrica”, raggiungendo 36,7 TWh (+10,9%), a fronte di una produzione da fonte termoelettrica di 9,4 TWh (-44,7%). La potenza efficiente installata netta totale di Enel nel primo trimestre è 81,3 GW (-0,1 GW), dovuta principalmente agli impianti termoelettrici (-0,3 GW in Italia) e geotermici (-0,1 GW negli Usa), diminuzione parzialmente compensata dalla maggiore capacità netta solare (+0,3 GW in Spagna, Brasile e Colombia).

Per quanto riguarda, infine, le vendite di energia elettrica, nei primi tre mesi dell’anno sono 72,9 TWh, in diminuzione di 5,3 TWh (-6,8%, -3,8% a parità di perimetro) rispetto allo stesso periodo del 2023. L’azienda rileva maggiori quantità vendute in Brasile (+0,8 TWh), Cile (+0,2 TWh), Perù (+0,2 TWh) e Colombia (+0,2 TWh) e minori quantità vendute in Italia (-3,6 TWh), Argentina (-0,3 TWh), Spagna (-0,5 TWh) e Romania (-2,3 Twh). In calo anche le vendite di gas naturale, che si attestano sui 2,9 miliardi di metri cubi (-19,4%).