La Camera (Irena): “Golfo pronto a rifornire Europa di idrogeno verde. Italia sia hub”

Investire sulle rinnovabili in maniera massiccia (fino a 10mila gigawatt di potenza installata nel mondo al 2030) per liberarsi dal giogo delle energie fossili e non far saltare l’accordo di Parigi, puntare molto sull’idrogeno verde, ridisegnare completamente le reti elettriche, per terra e per mare, non escludere i Paesi in via di sviluppo nella transizione energetica. Al suo primo giorno del secondo mandato da Dg di Irena, l’agenzia internazionale delle energie rinnovabili, Francesco La Camera lascia Abu Dhabi per un giro di incontri istituzionali a Roma e fa il punto della situazione energetica mondiale con Gea. A partire dalle ricadute della guerra in Ucraina: “Nessuno si sarebbe aspettato, tre anni fa, che le rinnovabili sarebbero diventate la soluzione per la sicurezza energetica”, osserva.

La decentralizzazione dell’offerta, chiarisce, “è diventata il modo attraverso il quale si può assicurare più resilienza al sistema nel suo complesso ed evitare che l’offerta di energia possa essere cartellizzata o usata geopoliticamente”. Questo può avvenire solo attraverso le rinnovabili, ribadisce il DG, che “creano un mercato più libero, meno soggetto ad avere una caratterizzazione forte dal punto di vista geopolitico”. Lo sguardo è già rivolto alla Cop28 di Dubai, il 12 dicembre: “Dirà che i governi non hanno mantenuto le promesse degli accordi di Parigi e dovrà anche dire come rimetterci in rotta, chiudere il gap tra dove dovremmo essere e dove siamo adesso”.

In quanto tempo e come, verosimilmente, ci libereremo dal gas?

“A Irena stiamo cercando, nel disegnare il futuro, di dare la possibilità ai governi di individuare dei target precisi da raggiungere. Il primo che abbiamo messo a punto è 1000 GW di energia rinnovabile installata ogni anno. In questo momento, la domanda è soddisfatta per il 75-80% da Oil&gas e per il 20% dalle rinnovabili. Per aumentare la quota di rinnovabili nel sistema occorre avere almeno 10mila GW di rinnovabili installate al 2030, questo vuol dire avere 1000 GW l’anno di capacità installata. Questo sta già avvenendo, sono 8-9 anni ormai che la capacità installata di rinnovabili supera quella tradizionale, con nuovi record, l’ultimo anno 295 GW ed è l’84% della nuova capacità installata”.

Come dovrebbero essere distribuite le nuove installazioni di rinnovabili nel mondo?

“Bisogna riequilibrare il rapporto con i Paesi in via di sviluppo. Nello scorso anno, di tutta la capacità di rinnovabili installate, solo l’1% è stata in Africa. Se non acceleriamo la transizione energetica, con la crescita economica dell’Africa e del Sud Est asiatico dovremo abbandonare l’accordo di Parigi”.

L’Italia in questo percorso di transizione avrà un ruolo centrale, dettato dalla sua posizione geografica?

“Mi sembra evidente, dal punto di vista della collocazione naturale dell’Italia, un ponte naturale dell’Europa verso l’Africa, è che l’Africa ha il più grosso potenziale di idrogeno verde al mondo. L’Italia potrebbe sfruttare questa sua caratteristica geografica per diventare la piattaforma dell’idrogeno verde in Europa. Il problema delle infrastrutture sarà cruciale per accelerare il passo della transizione energetica”.

Come lo facciamo viaggiare questo idrogeno, se i tubi per il gas non vanno ancora bene?

“La Snam dice che con poche correzioni le pipeline esistenti possono essere adattate per trasportare idrogeno. C’è poi il progetto di un elettrodotto sottomarino che attraverso Cipro raggiunga l’Italia. E’ un altro modo per prendere energia prodotta in Africa e portarla in Europa. Ritengo che i Paesi del Golfo, l’Arabia Saudita, gli Emirati siano prontissimi a dare all’Europa tutto l’idrogeno verde di cui hanno bisogno ma occorre la logistica e l’Italia è in una posizione straordinaria per svolgere questo ruolo”.

In un futuro in cui l’energia solare coprirà una percentuale importante dei mix energetici, assisteremo a una inversione di polarità negli investimenti, nella ricchezza e nelle migrazioni, dal Nord al Sud del mondo? Possiamo immaginare nuovi migranti economici verso l’Africa?

“Il riequilibrio fra Paesi sviluppati e in via di sviluppo è importante. Se si crea ricchezza e capacità di vivere in maniera decente il problema delle migrazioni può essere attenuato o addirittura invertito. Bisogna riscrivere le regole della cooperazione. Abbandonare l’approccio predatorio nei confronti dei Paesi in via di sviluppo e riuscire a costruire una industria verde in quei Paesi. Anche per la catena di offerta per la transizione energetica sarebbe importante ridurre la dipendenza da una sola fonte, ma si riesca a decentralizzare in modo che ci sia più mercato e che si crei sviluppo per l’Africa e il Sud Est asiatico, in modo che si traduca in un bilanciamento tra Paesi ricchi e poveri. Come l’Europa ha ricostruito la propria economia grazie al Piano Mashall, l’Africa avrebbe bisogno di un Piano, un intervento importante, noi diciamo del sistema multilaterale e bancario, per costruire le infrastrutture di cui hanno bisogno. L’Africa è una power house dell’idrogeno verde, ma ha pochissimi porti che possono consentire lo smercio sotto forma di ammonio, anche il mercato regionale non può essere alimentato. Occorre costruire tutte le strutture”.

Nucleare, sì o no?

“Il nucleare non è una tecnologia che serve a combattere il cambiamento climatico. Quello che è molto importante nella tradizione energetica, e non mi sembra chiaro, è che la variabile più importante è il tempo. Se la scienza e i Paesi concordano nel dire che questi sette anni sono decisivi nella lotta al cambiamento climatico, che bisogna raggiungere dei risultati al 2030, le nuove centrali potranno portare energia elettrica non prima del 2035-2038. A quel punto le sorti dell’accordo di Parigi saranno già decise”.

Una buona quota di energia, quella dell’idroelettrico, lavora a scartamento ridotto a causa della siccità, che è uno dei tanti effetti del cambiamento climatico.

“Il problema dell’idroelettrico non è solo l’aumento delle temperature, che sicuramente esiste, ma c’è un problema di rinnovo di impianti esistenti. Chi ce l’ha è fortunato perché è la più grande batteria esistente. Chi ce l’ha ha una capacità di bilanciamento del sistema estremamente forte”.

Esiste una necessità di modificare le reti, per poter far viaggiare più facilmente l’energia da una parte all’altra della Terra?

“Sì. Occorre ridisegnare l’intera struttura delle reti, sia le reti a terra che le rotte del mare. Tutta l’infrastruttura fisica deve essere rivista e potenziata. Per dare un’idea di quanto sia importante, non riusciamo in Europa a utilizzare tutta l’energia eolica che viene dall’offshore wind del Mare del Nord, non abbiamo la logistica per portare quell’elettricità nelle nostre reti. Uno sforzo l’Europa lo sta facendo col connettore Portogallo-Spagna- Francia-Centro Europa ma questo dev’essere fatto in maniera strutturale, forte e importante. Perché le reti devono essere interconnesse, assicurare flessibilità e bilanciamento. Questo elemento è particolarmente importante per l’Africa e per il Sud Est asiatico”.

Augusto Raggi e Mario Magaldi - Enel

Rinnovabili, da Enel X-Magaldi batterie a sabbia: ad alte temperature si risparmia gas

Un accumulo per energie rinnovabili che con sabbia e acciaio restituisce calore ad alte temperature, fino a 400 gradi. Così il gruppo Magaldi, con il supporto di Enel X, punta a decarbonizzare i processi industriali nel mondo, risparmiando il consumo di gas.

Il sistema si chiama Mgtes (Magaldi Green Thermal Energy Storage), realizzato nello stabilimento di Magaldi Power nell’Area di Sviluppo Industriale (ASI) di Buccino, in provincia di Salerno.
L’innovazione e la sostenibilità sono leve strategiche della decarbonizzazione”, spiega Francesco Venturini, responsabile di Enel X. Una conferma, osserva, arriva proprio dal sistema Mgtes, che “fa compiere un passo in avanti al settore degli accumuli, potendo garantire grande efficienza anche per i processi industriali che richiedono temperature elevate; il tutto grazie a una tecnologia italiana, a sua volta sostenuta da una filiera italiana, i cui eccezionali risultati aprono la strada a promettenti opportunità di sviluppo anche all’estero”.

Per Mario Magaldi, Cavaliere del lavoro e Presidente Gruppo Magaldi, la partnership con Enel X è “un passo importante, coerente al percorso dell’azienda, da più di 90 anni costantemente orientata all’innovazione e allo sviluppo di soluzioni affidabili e sostenibili per le industrie”. La tecnologia Mgtes, in particolare, offre una risposta immediata all’esigenza di sostituzione del gas. “L’Italia ha risorse e competenze per svolgere un ruolo di rilievo nella filiera delle batterie nello stoccaggio energetico, fattore abilitante nella produzione di energie rinnovabili in continuo, contribuendo così a rendere stabile e sicuro l’intero sistema”, assicura.

Tecnicamente, la tecnologia è basata su un letto di sabbia fluidizzato (“batterie di sabbia”) che permette di immagazzinare energia da fonti rinnovabili e rilasciarla sotto forma di vapore ad alta temperatura (tra 120° e 400°), ma in futuro potrà arrivare anche a mille. È coperta da brevetto mondiale, consentirà a Enel X di fornire energia termica in forma di vapore alle temperature e pressioni desiderate ai propri clienti industriali, riducendo il consumo di gas e stabilizzando il prezzo dell’energia termica. Il primo caso applicativo vedrà la fornitura di energia termica verde per soddisfare i bisogni energetici dell’industria alimentare IGI, fornitore del Gruppo Ferrero, con sede nell’ASI di Buccino. Il progetto prevede la costruzione di un impianto fotovoltaico da 5 Megawatt e di un impianto Mgtes da 125 tonnellate con capacità di accumulo pari a 13 MWh termici giornalieri. L’impianto entrerà in funzione nella seconda parte del 2024, e si prevede che porterà a una riduzione dei consumi pari al 20% dei consumi totali di IGI e risparmi di Co2 fino a 1.000 tonnellate all’anno, sostituiti da energia rinnovabile disponibile tutto il giorno.

“Risolve il problema dell’intermittenza facendo accumulo. Consente di trasformare energia elettrica verde e rilasciare vapore di notte”, scandisce Massimiliano Masi (General Managel di Magaldi Middle East). “L’aspetto del costo – riflette – è fondamentale, ma se guardiamo al costo ambientale di chi produce energia a carbone, è altissimo. Negli ultimi due anni abbiamo capito di poter fare a meno del gas, sostituendolo man mano con le energie rinnovabili, costruendo macchine intelligenti, per prendere energia quando costa poco e rilasciarla quando serve”, spiega. Per Augusto Raggi, responsabile di Enel X Italia, Magaldi “sta facendo la storia”: “Enel non si muove se la soluzione tecnologica non è di assoluta eccellenza e questa lo è perché cambia il paradigma – sostiene -. Noi lavoriamo su processi industriali dove le temperature sono più basse, fino a 85 gradi. Ma sui settori dove la temperatura è oltre 100 gradi, serve il vapore: mancava qualcosa. Oggi grazie a questo sistema si può fare a meno del gas lavorando sulle rinnovabili”.

Quello che fa Enel X è valutare quali sono le necessità del cliente, fa sapere Fabio Tentori (capo dell’Innovazione di Enel X): “In questo momento il cliente vuole energia termica, a minor costo, efficiente e pulita. Poi individuiamo trend, azienda e facciamo il match. Tutto quello che facciamo deve chiaramente essere sostenibile”.

Enel

Enel chiude 2022 con utile sopra previsioni: più dividendo e investimenti in rinnovabili

Gli eccellenti risultati che Enel ha registrato nel 2022 evidenziano la capacità del gruppo di creare valore per i propri stakeholder anche a fronte del contesto altamente sfidante che ha caratterizzato gli ultimi tre anni”. Commenta così Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, il bilancio 2022 del gruppo energetico che si è chiuso con ricavi per 140,517 miliardi (+63,9% sul 2021) e un risultato netto ordinario a 5,391 miliardi, superiore alla guidance (la previsione) comunicata ai mercati finanziari pari a 5-5,3 miliardi di euro. Così il dividendo complessivo sale a 0,40 euro per azione (di cui 20 cent già corrisposti quale acconto a gennaio), in crescita del 5,3% rispetto alla cedola totale di 0,38 pagata per l’esercizio 2021. “Nei prossimi mesi dell’anno, continueremo a crescere nelle rinnovabili e a digitalizzare le reti di distribuzione, contribuendo a decarbonizzare il mix di generazione e ad aumentare l’indipendenza energetica nelle geografie in cui operiamo – ha aggiunto Starace –, migliorando la qualità del servizio, abilitando l’elettrificazione dei consumi finali e tutelando i nostri clienti dalla volatilità dei mercati energetici. Concentreremo gli investimenti soprattutto in Italia e negli altri Paesi core, in modo tale da accelerare il percorso di crescita sostenibile del gruppo, riducendone ulteriormente il profilo di rischio”.

Come sottolinea Enel, in riferimento all’utile netto, “il miglioramento della performance dei business, parzialmente compensato dall’incremento degli ammortamenti dell’esercizio, la più efficiente gestione finanziaria connessa alle attività di liability management dello scorso anno, e il minor carico fiscale sui risultati ordinari del gruppo, hanno parzialmente compensato gli effetti della maggiore incidenza delle interessenze dei terzi dovuta alla compressione dei risultati in Italia per il particolare scenario energetico dell’anno”. L’Italia, però, rimane il faro dei piani del gruppo. Basta vedere gli investimenti dello scorso anno, pari a 14,347 miliardi, che coinvolgono sempre il nostro Paese. Enel Green Power ha puntato principalmente su Italia, Canada, Perù, Spagna, Cile, Australia e Brasile, investendo meno in India, Sudafrica, Messico, Panama e Guatemala. Anche Enel Grids si è focalizzata soprattutto su Italia, Brasile e Perù, principalmente in manutenzione correttiva e affidabilità della rete. Investimenti poi sui mercati finali in Italia e Spagna, per attività di digitalizzazione dei processi operativi di gestione della clientela. Infine Enel X si è concentrata in Italia nei business di e-City ed e-Home, in Nord America e Australia nel Battery Energy Storage, in Brasile nei business di Smart Lighting, e-Home e Distributed Energy, in Perù nel business dell’illuminazione pubblica, in Colombia nel business Distributed Energy e in Spagna nel business e-Home.

Enel è sinonimo di rinnovabili. Infatti la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, includendo anche i volumi da capacità gestita, è stata ampiamente superiore rispetto alla produzione da fonte termoelettrica, raggiungendo i 123,7 TWh (118,4 TWh nel 2021, +4,5%), a fronte di una produzione da fonte termoelettrica pari a 88,8 TWh (88,3 TWh nel 2021, +0,6%). La produzione a zero emissioni ha raggiunto inoltre il 61% della generazione totale del gruppo considerando unicamente la produzione da capacità consolidata, mentre è pari al 62,8% includendo anche la generazione da capacità gestita.

L’obiettivo a lungo termine del gruppo Enel – si legge in una nota stampa – resta il raggiungimento del ‘Net Zero’ entro il 2040, sia per le emissioni dirette sia per quelle indirette. Ma prima del 2040 c’è da rispettare il nuovo Piano Strategico per il periodo 2023-2025 presentato alla comunità finanziaria a novembre, che prevede “di focalizzarsi su una filiera industriale integrata verso un’elettrificazione sostenibile, di conseguire un riposizionamento strategico dei business e delle aree geografiche, e di assicurare la crescita e la solidità finanziaria coniugando l’incremento dell’utile netto ordinario con un rafforzamento delle metriche creditizie già a partire dal 2023”. Di conseguenza Enel prevede di investire complessivamente circa 37 miliardi di euro, di cui il 60% a sostegno della strategia commerciale integrata del gruppo (generazione, clienti e servizi), e il 40% a favore delle reti, per sostenere il loro ruolo di abilitatori della transizione energetica. Si prevede che nel 2025 l’Ebitda (margine lordo) ordinario di gruppo raggiunga i 22,2-22,8 miliardi di euro, rispetto ai 19,7 miliardi nel 2022. L’Utile netto ordinario è atteso in crescita a 7,0-7,2 miliardi nel 2025, rispetto ai 5,4 miliardi nel 2022. Nel 2023 Enel intanto prevede “il proseguimento della politica di investimenti nelle energie rinnovabili a supporto della crescita industriale e nell’ambito degli obiettivi di decarbonizzazione” e punta sulla “prosecuzione della politica di investimenti dedicati all’elettrificazione dei consumi”.

Pronta la proposta di decreto sulle Comunità energetiche: al via iter Ue

Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La proposta di decreto dovrà ora attendere il via libera della Commissione Ue necessario per l’entrata in vigore. “Con questo provvedimento – spiega il ministro Pichetto – diamo all’Italia una nuova energia tutta rinnovabile. Il testo, rafforzato e arricchito dalla consultazione pubblica, è uno strumento coerente con il doppio obiettivo di questo governo: la decarbonizzazione entro il 2030 e l’autonomia energetica. La ricchezza dell’Italia sono le sue comunità. Il decreto le pone al centro di una strategia volta a produrre e consumare energia da fonti pulite risparmiando sui costi delle bollette. Se sapremo svilupparle come sistema Paese -conclude il Ministro – le Comunità Energetiche si riveleranno un’enorme fonte di sviluppo economico sostenibile e di coesione sociale”.

La proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa e un contributo a fondo perduto.  I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Chi vorrà associarsi in una configurazione di autoconsumo potrà ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili. La potenza finanziabile è pari a complessivi cinque giga watt, con un limite temporale fissato a fine 2027. Riguarderà invece solo le comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti, la misura che permette l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento. L’intervento può riguardare sia la realizzazione di nuovi impianti che il potenziamento di impianti già esistenti: in questo caso la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro del PNRR e punta a realizzare una potenza complessiva di almeno due giga watt e una produzione indicativa di almeno 2.500 giga watt l’ora ogni anno. Chi otterrà il contributo a fondo perduto potrà chiedere di cumularlo con l’incentivo in tariffa.

Gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi: chi sceglierà di associarsi ad una Comunità, dovrà innanzitutto individuare sia un’area dove realizzare l’impianto con tecnologie rinnovabili che altri utenti connessi alla stessa cabina primaria. Inoltre sarà necessario un atto costitutivo del sodalizio che abbia come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali. Il soggetto gestore della misura è il GSE che potrà verificare preliminarmente l’ammissibilità dei soggetti interessati al fine di garantire la possibilità concreta di accedere ai benefici della misura.

Bonaccini: “Investire nelle rinnovabili come se non ci fosse un domani”

“Noi dobbiamo lavorare per una transizione ecologica che sia la più rapida possibile, cercando di contrapporre ambiente e lavoro, perché dobbiamo salvaguardare la produzione industriale, manifatturiera. Io vengo dalla Regione prima per export pro capite nel mondo e gran parte della nostra occupazione è dettata da quei settori manufatturieri così straordinari. Ma, certamente, dobbiamo investire nelle energie rinnovabili come se non ci fosse un domani, altrimenti un domani non ci sarà davvero”. Lo ha detto il presidente della Regione Emilia Romagna e candidato alla segreteria del Pd, Stefano Bonaccini, nel corso della visita al Parlamento europeo a Bruxelles.

Amazon da record: è prima azienda al mondo per quantità di rinnovabili acquistate

Amazon ha annunciato oggi di aver incrementato la sua capacità di energia rinnovabile di 8,3 gigawatt (GW) nel 2022 grazie a 133 nuovi progetti in 11 Paesi. Di conseguenza, grazie a un totale di 401 progetti legati alle energie rinnovabili in 22 Paesi, il portfolio globale di Amazon ha superato i 20 GW, che potrebbero generare la quantità di energia necessaria ad alimentare 15,3 milioni di abitazioni in Europa. Su un totale di 128 progetti di energia rinnovabile a livello europeo, sale a 22 il numero dei progetti di energia rinnovabile di Amazon in Italia. Tra questi, anche 2 nuovi progetti fotovoltaici on-site a Roma e a Bitonto (BA); che si aggiungono ai 17 progetti di energia rinnovabile on-site già esistenti e ai 3 progetti di energia rinnovabile off-site già annunciati, per una capacità complessiva in Italia di oltre 115 MW, sufficiente ad alimentare oltre 90.000 abitazioni italiane.

Gli acquisti dell’azienda negli ambiti solare ed eolico continuano ad aggiungere energia rinnovabile alle reti elettriche che alimentano le sue attività, inclusi i data center di Amazon Web Services (AWS), i centri di distribuzione di Amazon e i suoi negozi fisici in diverse parti del mondo. Grazie a questi continui investimenti, Amazon ha stabilito un nuovo record relativo alla quantità di energia rinnovabile acquistata da una singola azienda in un anno. Amazon, infatti, continua a essere al primo posto fra gli acquirenti aziendali di energia rinnovabile, posizione che occupa dal 2020 secondo Bloomberg New Energy Finance. I suoi continui investimenti nelle energie rinnovabili contribuiscono ad accelerare la crescita in nuove regioni del mondo tramite innovative strutture di accordi commerciali, tecnologie e soluzioni cloud.

Questi acquisti, inoltre, avvicinano Amazon all’obiettivo di alimentare le sue attività con il 100% di energia rinnovabile entro il 2025, cinque anni prima dell’obiettivo iniziale del 2030. L’azienda ha ora attivi 401 progetti nel mondo, compresi 164 fra parchi eolici e fotovoltaici e 237 progetti fotovoltaici sui tetti di siti Amazon. Una volta operativo, il portfolio globale di energia rinnovabile di Amazon sarà in grado di generare ogni anno 56.881 gigawattora (GWh) di energia pulita.

“Siamo contenti di essere sulla buona strada per alimentare le nostre attività con il 100% di energia rinnovabile con 5 anni di anticipo rispetto all’obiettivo iniziale. Grazie ai 133 progetti legati alle rinnovabili annunciati in 11 Paesi nel 2022, Amazon ha messo a segno un altro anno da record”, ha dichiarato Adam Selipski, CEO di AWS. “Questi progetti mettono in evidenza la varietà delle nostre fonti di approvvigionamento di energia rinnovabile, e dimostrano la nostra capacità di introdurre nuove tecnologie in nuovi mercati e ridurre ulteriormente gli impatti del cambiamento climatico”.

Greenpeace

Swg-Greenpeace: Italiani bocciano spese militari e vogliono un futuro più green

Gli italiani e le italiane hanno le idee chiare sulla direzione da percorrere per il futuro: investire nella transizione energetica, fermare la corsa al riarmo, tassare gli extra profitti delle aziende fossili e dell’industria militare. E’ la fotografia scattata dall’11 al 16 gennaio da un sondaggio Swg per Greenpeace Italia, i cui risultati vengono diffusi poche ore dopo la presentazione delle linee programmatiche del ministro della Difesa Crosetto.

La maggioranza degli italiani si schiera contro l’aumento della spesa militare: il 55% degli intervistati boccia la proposta del Governo di portare il budget della Difesa al 2% del Pil entro il 2028. Solo il 23% è favorevole ad aumentare la spesa militare. Tra i più contrari ci sono i residenti nel Nord-Ovest e nel Centro e i laureati. Per contro, invece, il 53% delle persone intervistate ritiene che “alla luce dell’attuale situazione internazionale politica ed energetica” l’Italia debba investire “esclusivamente” (27%) o “in gran parte” (26%) nella transizione energetica. Solo il 22% ritiene che il Paese debba puntare “in egual misura tra fonti fossili e transizione energetica”. Marginali le percentuali di chi vuole che l’Italia investa “in gran parte” (6%) o “esclusivamente” (3%) nelle fonti fossili.

Maggioranza schiacciante anche sulla proposta di tassare al 100% gli extra profitti delle aziende del gas e del petrolio e utilizzare il ricavato per contrastare il caro bollette (80%) e investire in energie rinnovabili (76%). Più di due italiani su tre (69%), inoltre, vorrebbero tassare anche gli extra profitti delle aziende della difesa. Solo il 12% è contrario.

Questo sondaggio conferma che per la maggioranza degli italiani la priorità è fermare il caro bollette e potenziare le energie rinnovabili. I risultati ci danno indicazioni inequivocabili anche su come finanziare questo cambio di rotta, ovvero tassando gli extra profitti di chi sta guadagnando da questo periodo di crisi: non solo le aziende fossili, ma anche quelle della difesa”, dice Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il nostro Paese deve smettere di investire nelle infrastrutture fossili e nelle armi. Cittadine e cittadini lo hanno capito, quando lo capirà anche il Ministro Crosetto ed il governo?”, conclude.

Sostenibilità, come e dove spendono gli altri Paesi per la transizione green

Sviluppo delle rinnovabili, edilizia sostenibile e mobilità pulita. Ventisette Stati membri dell’Ue, tre voci di investimento uguali per tutti, dove ciascuno interviene con modalità diverse. La definizione dei piani nazionali per la ripresa non è stata la stessa per tutti, non nello sforzo finanziario. C’è sicuramente una questione di differenti cifre, vale a dire quanto, in termini di risorse Ue, il meccanismo per la ripresa anti-pandemico ha destinato ai singoli Paesi. E poi c’è l’agenda politica, rispondente alle aspirazioni dei governi. Quelli di Cipro, Polonia e Repubblica ceca si distinguono per le politiche a sostegno dell’energia pulita. Sono questi i tre Paesi che intendono destinare oltre il 50% delle dotazioni per interventi in questi tipo. Per Cipro si tratta di 0,36 miliardi di euro, ossia l’80% dell’intero tesoretto a dodici stelle. Per la Polonia invece si tratta di impegni in Zloti per il corrispettivo di 13,4 miliardi (64,9%), per la Repubblica ceca invece interventi in Corone per l’equivalente di 2,25 miliardi di euro (68,3% del totale).

Ungheria, Germania, Lussemburgo ed Estonia i tre Paesi che invece si distinguono per investire almeno la metà di tutte le risorse per la transizione verde per la mobilità a basse emissioni di carbonio o addirittura emissioni zero. In Ungheria colonnine di ricarica, potenziamento e incentivo di auto elettrica e ammodernamento  della flotta per i servizi di trasporto pubblico vedono lo stanziamento del corrispettivo di 1,81 miliardi di euro, pari al 56,3% di tutta la torta ‘green’. In Germania questa porzione è del 50,3%, per spese da 5,93 miliardi di euro, mentre in Estonia il 50%, per azioni da 0,2 miliardi di euro. Anche il Lussemburgo riserva la metà delle risorse per la transizione verde alla mobilità sostenibile, per un totale di 0,3 miliardi di euro (50% del totale).

La Francia si distingue per fare dell’edilizia sostenibile la priorità numero uno della propria agenda. Ristrutturazioni di case, palazzi, scuole e uffici in senso di minori dispersione di calore e meno consumi, valgono oltre un terzo dell’agenda per una transizione sostenibile. Il 36,4% delle risorse del piano nazionale per la ripresa finisce in quest’area, dove sono previsti interventi per 7,32 miliardi. Solo Grecia e Lettonia, in termini percentuali, investono di più: la prima il 43% del proprio Pnrr (valore complessivo: 2,82 miliardi), la seconda il 37,1% (totale: 0,2 miliardi).

Considerando che a livello Ue la spesa destinata a interventi in edilizia è quella più ridotta rispetto ai tre macro-obiettivi, Francia, Grecia e Lettonia si mettono in mostra per essere in controtendenza e destinare quote considerevolmente più elevate al miglioramento del proprio parco immobiliare.
C’è anche un’altra voce che riguarda la transizione verde, quella di “altre spese verdi”. Queste includono interventi di diversa natura, quali la tutela della biodiversità, opere di rimboschimento, migliore gestione dei rifiuti, o anche migliore gestione delle risorse idriche. Chi investe di più qui è la Svezia. Quasi due terzi (65%) del piano di ripresa nazionale svedese è destinata è contraddistinta da “investimenti per clima”. Anche la Croazia ha deciso di investire su quest’altra voce: il governo di Zagabria mette 1,54 miliardi di euro (47,6% del totale) per gestione dei rifiuti e dell’acqua, e per il turismo sostenibile. Per la Slovenia, che dedica il 41% del totale del proprio piano per la ripresa ad “altre spese verdi”, una quota significativa va alla gestione dell’acqua e alla prevenzione delle inondazioni.

Pannelli solari

L’energia? Si produce in casa, con le rinnovabili fai-da-te

Ridurre le emissioni di CO2, indirizzandosi verso un utilizzo più efficiente dell’energia e soluzioni sostenibili. Un percorso che ciascuno di noi può e deve intraprendere, anche individualmente. Come? Integrando le fonti rinnovabili all’interno delle proprie mura domestiche. Passare dalle parole ai fatti è molto più semplice di quanto possa sembrare. Radiazione solare, vento, biomasse, geotermia e moto dell’acqua sono tutte risorse utili da sfruttare per uso domestico tramite l’installazione di impianti fotovoltaici, termici, micro-eolici e geotermici. “La tecnologia viene incontro alle scelte che favoriscono l’ambiente, con soluzioni di semplice utilizzo, facili da installare”, spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente.

La scienza fotovoltaica trasforma le radiazioni del sole in elettricità. Gli impianti possono funzionare con un sistema di batterie ed essere isolati (stand-alone) oppure essere collegati alla rete elettrica (grid-connected). L’impennata dei costi ha stimolato la ricerca di soluzioni alternative. “Sul fronte dell’autoproduzione domestica, di recente sono balzati alla ribalta i fotovoltaici plug and play, piccoli sistemi solari portatili da posizionare sul balcone, sotto una finestra o in giardino, per poi attaccarli alla spina della corrente e trasferire l’energia nei circuiti elettrici di casa”, sottolinea Katiuscia Eroe. “Dal momento che hanno una potenza ridotta, inferiore a 800W, queste installazioni non hanno bisogno di permessi o autorizzazioni particolari”. I soli adempimenti sono la comunicazione unica al distributore per segnalare al proprio gestore la presenza di un impianto che genera energia elettrica e il rispetto delle norme urbanistiche del luogo e del decoro architettonico. Chi abita in condominio, inoltre, deve avvisare preventivamente l’amministratore, presentando il suo progetto di installazione di un pannello plug and play. L’autorità sull’energia elettrica ha poi stabilito regole specifiche per questi fotovoltaici. Il consumatore che sceglie di farne uso rinuncia a qualsiasi pretesa sulla remunerazione dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete.

“Con l’aumento dei prezzi dell’energia, investire in un sistema domestico è diventato ancora più interessante e l’impiego quotidiano del proprio impianto fotovoltaico può essere gestito senza problemi dal momento che i sistemi sono già collaudati”, afferma Thomas Grond, responsabile della comunicazione dell’azienda elvetica Repower. “I micro-moduli fotovoltaici richiedono un investimento iniziale, ma poi si beneficia dell’energia auto-prodotta che può essere utilizzata direttamente in casa. In questo modo è possibile ridurre i propri costi energetici e allo stesso tempo sostenere il cambiamento verso un futuro di energia rinnovabile. I risparmi sono da valutare caso per caso”, sostiene Grond. “Qui giocano un ruolo fondamentale le dimensioni dell’impianto e l’investimento iniziale, il proprio consumo energetico e gli incentivi pubblici. Inoltre, anche l’uso dei circuiti di trasporto dell’energia vengono ridotti in modo considerevole. Questo porta a un sollievo dell’infrastruttura pubblica e quindi, ancora una volta, a una possibile riduzione dei costi”.

Qual è, dunque, il risparmio in bolletta? “Il fotovoltaico plug and play in media permette di ridurre i costi dell’energia elettrica del 20%. I prezzi di questi dispositivi non sono elevati e si aggirano fra i 400 e i 500 euro, a cui occorre aggiungere l’installazione da parte di un tecnico esperto”, puntualizza la responsabile di Legambiente. Gli incentivi statali prevedono un rimborso del 50% della spesa, ottenibile in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi. Considerando che un pannello plug and play dura circa 15 anni, rappresenta una buona soluzione per aiutare la sostenibilità ambientale e ottenere una maggiore efficienza energetica, dato che il suo costo viene ammortizzato in 4-5 anni.

Anche l’energia del vento può essere sfruttata nella propria abitazione, installando micro-impianti eolici. Le pale, spinte dall’aria, producono energia cinetica che viene convertita in corrente elettrica da utilizzare per l’autoconsumo. Non è indispensabile impiegare eliche di grandi dimensioni per generare un buon quantitativo di energia elettrica. Fondamentale, però, è che la casa si trovi in una zona piuttosto ventosa, la tensione dell’energia elettrica prodotta può infatti cambiare in base all’intensità e alla continuità del flusso di aria che muove le pale. Per i micro-eolici domestici non occorrono autorizzazioni comunali. In genere si tratta di impianti costituiti da tre pale eoliche di piccole dimensioni e da un generatore eolico da 3 kW. In fase di installazione si ha la possibilità di orientare il dispositivo in base alla direzione del vento. I prezzi degli impianti micro-eolici dipendono dalla tipologia e dalla resa, ma di solito si aggirano su una fascia che va dai 1.000 ai 3.500 euro.

Tramite la creazione di sistemi ibridi è possibile sfruttare contemporaneamente l’energia solare e quella eolica. Sono soluzioni, naturalmente, adatte alle zone dove il sole e il vento non mancano, che riescono a garantire un buon apporto di elettricità. Interessanti, anche se per il momento poco diffusi in Italia, sono pure gli impianti che sfruttano la potenza dell’acqua vicino a casa, cosiddetti micro-idroelettrici. Per l’utilizzo di fonti rinnovabili nell’ambito domestico, sono da considerare anche gli impianti geotermici che utilizzano i vapori e il calore del suolo per generare energia. “Quese tecnologie possono essere associate alle pompe di calore geotermiche per riscaldare e raffrescare le abitazioni tramite pompe di calore”, suggerisce Katiuscia Eroe di Legambiente. Si tratta di un’alternativa efficiente, che sfrutta una fonte esterna per trasferirla dentro gli ambienti. “Il suo impiego permette di limitare al minimo il consumo di energia da fonte fossile e assolve bene le funzioni di climatizzazione, riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, utilizzando il calore accumulato nell’aria, nelle falde acquifere e nel terreno”, spiega Romano Stefani, direttore commerciale di Dolomiti Energia. “In più, è facilmente integrabile con altre tecnologie rinnovabili, come il fotovoltaico, per realizzare impianti con bassi consumi”. Come per gli altri sistemi di sfruttamento domestico delle energie rinnovabili, anche le pompe di calore possono essere installate beneficiando degli incentivi statali e hanno prezzi che, per un appartamento grande circa 100 mq, si aggirano attorno ai 5-6.000 euro.

Chi desidera risparmiare e sfruttare in modo efficiente fonti di energia rinnovabile, può allora indirizzarsi verso diverse soluzioni. Le prospettive future sono ancora più incoraggianti, con tendenze che – se confermate – consentiranno di renderci del tutto autonomi dalle forniture di gas e combustibili. I ricercatori dell’Università del Massachusetts Amherst, per esempio, hanno messo a punto un dispositivo che usa una proteina naturale per creare elettricità dall’umidità dell’aria chiamato “Air-gen”. Come hanno dichiarato l’ingegnere Jun Yao e il microbiologo Derek Lovley alla rivista Nature, “stiamo letteralmente producendo elettricità dal nulla”. Per il momento Air-gen si è dimostrato capace di alimentare solo piccoli dispositivi casalinghi elettrici, ma all’orizzonte si prospettano appassionanti sviluppi. Di sicuro, il quadro dell’approvvigionamento energetico domestico sta assumendo nuovi contorni. “Il futuro deve essere rinnovabile in tutti i settori, cioè non solo nell’uso domestico, ma anche nell’industria, nei trasporti, eccetera. Come comunità globale, ci siamo dati l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale. Questo può funzionare solo se, tra le tante misure, cambieremo radicalmente anche il modo di produrre di energia”, conclude Thomas Grond di Repower.

Zaia: Le rinnovabili sono il futuro, ma vanno tutelati paesaggio e turismo

Dal futuro dell’energia al turismo, passando per agroalimentare, Pnrr e inflazione. E’ a tutto campo l’intervista concessa dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, a GEA nella quale analizza la situazione attuale del suo territorio e dello sviluppo del Paese.

Presidente, “I pessimisti non fanno fortuna” è il suo nuovo libro però con guerra e bollette alle stelle è difficile non essere pessimisti. Si parla di possibile recessione, qual è la temperatura delle aziende venete?

Lo scrivo anche nel libro che parlare di ottimismo in questo momento storico non è facile. Stiamo vivendo le conseguenze di due cigni neri, come il matematico libanese Nassim Nicholas Taleb definisce gli eventi eccezionali ed imprevedibili dalle grandi ripercussioni sulla vita umana. Con una grave pandemia non ancora conclusa, da alcuni mesi ci dobbiamo misurare con una terribile guerra alle porte d’Europa, le cui conseguenze non sono solo umanitarie ma anche economiche e finanziarie toccando direttamente le tasche e la vita della gente. Ma nel bagaglio di memoria del nostro popolo ci sono altre e numerose esperienze che sembravano insormontabili e sono state sempre superate anche quando sembrava impossibile: due cigni neri non sono il black out dell’umanità. Gli stessi dati ci disegnano per il Veneto un tessuto produttivo che sta affrontando grandi difficoltà ma ancora sano. Nonostante le dinamiche negative, che frenano la vitalità produttiva a causa dell’aumento della bolletta energetica, infatti, i bollettini di dicembre delineavano una crescita del Pil veneto del 3,4%, prevedendo un sostanziale equilibrio nell’anno appena iniziato.

Per ridurre le bollette si punta sempre di più sulle rinnovabili. In estate la sua Regione ha approvato una legge per il fotovoltaico a terra. Prevede un aumento di impianti solari o eolici in Veneto?

La legge approvata è una norma di buon senso, come la ho definita appena varata. Ha lo scopo di condurre la nostra Regione verso la transizione energetica, raggiungendo l’obiettivo di decarbonizzazione fissato entro il 2050. Per farlo, va a determinare quali sono le aree idonee e non per l’installazione di impianti fotovoltaici, specificando in modo approfondito quali sono gli indicatori necessari per distinguere un’area destinabile all’installazione da un’altra; questo con l’obbiettivo di produrre energia rinnovabile ma senza stravolgere il paesaggio che contraddistingue il Veneto e i nostri preziosi terreni agricoli. Ritengo che le energie rinnovabili sono il futuro e soprattutto una necessità imprescindibile ma la sfida si gioca non solo sui numeri delle installazioni ma anche sulla capacità di darsi regole equilibrate in modo da conciliare lo sviluppo con l’evidente necessità di tutela della bellezza del territorio; non solo dal punto di vista ambientale ma anche come patrimonio che contribuisce a fare del Veneto la regione più turistica d’Italia con 70 milioni di presenze all’anno.

Altro tema legato alle rinnovabili è quello legato alla siccità. Si parla da tempo del piano invasi. A che punto siamo?

Una rete appropriata di invasi è fondamentale per disporre di un serbatoio che sia una vera riserva idrica. Per farla puntiamo sullo sfruttamento di un sistema di microinvasi, approfittando di cave non più in attività oltre che di quelli già esistenti. Questa estate ci siamo trovati di fronte a difficoltà oggettive con il cuneo salino che ha risalito i fiumi, arrivando come nel caso di Caorle, a minacciare le riserve di acqua potabile. La stessa situazione ne Po’ e nell’Adige può configurarsi una gravissima minaccia per l’irrigazione della produzione agricola. La soluzione della rete di invasi è quindi fondamentale, affiancata ad altre azioni anche affidate al singolo. La dispersione idrica è enorme, arrivando in alcuni casi al 70%. Le riserve sono indispensabili e strategiche ma anche le accortezze che ognuno può prendere sono più che utili.

Il Pnrr. Secondo lei va sempre cambiato come sostiene anche il governo?

Torno a citare il Cigno nero di Nassim Nicholas Taleb. La guerra in Ucraina ha cambiato la storia e, purtroppo, anche la vita di tutti i giorni. Pensavamo che il covid fosse stato un punto estremo nella nostra vita ma, invece, ci siamo visti costretti a misurarci con le ripercussioni di un conflitto che ci coinvolge estremamente da vicino. La ripresa dalla pandemia è stata ragionata con una visione che oggi dovrà essere ricalibrata sulle esigenze che si sono sommate di conseguenza ai nuovi scenari internazionali”.

Sempre restando in ambito Pnrr, secondo lei si riuscirà a spendere tutti gli oltre 200 miliardi o c’è il rischio di aumentare il debito pubblico e di non utilizzare le risorse?

Duecentotrenta miliardi di euro sono un’occasione irripetibile. Sarebbe poco piacevole, nelle condizioni di questo paese, ritrovarsi che non si riescono a pendere. Come Veneto abbiamo presentato 16 progetti per un valore di oltre 7 miliardi di euro. Siamo certi del fatto nostro e stiamo parlando un quadro che potrebbe creare 110.000 posti di lavoro.

Fra 3 anni ci sono le Olimpiadi di Milano-Cortina. Come procedono le opere?

Di pochi giorni fa è la notizia che la variante di Longarone è stata inserita in un elenco di opere Anas per le quali a gennaio partiranno gli appalti. È un ulteriore passo avanti verso le Olimpiadi invernali 2026 di Milano-Cortina perché l’arteria è un nodo centrale dell’infrastrutturazione olimpica in Veneto. Si tratta di un investimento di quasi 400 milioni di euro, una struttura viaria che accoglierà, poco dopo l’uscita dall’A27, nel miglior modo possibile squadre, atleti, sportivi e turisti diretti a Cortina e provenienti dalla pianura via gomma. Un’opera che resterà in eredità dopo i Giochi, facilitando e rendendo più sicuro l’accesso alle nostre montagne. È prevista anche la variante di Cortina che qualora non dovesse essere pronta per l’evento olimpico resterà comunque come opera successiva, senza contare numerose altre opere che giorno dopo giorno prenderanno forma. Realizzeremo poi la nuova pista bob, dimettendo quella vecchia risalente al 1928, recupereremo il trampolino e faremo il villaggio olimpico, che rimarrà in eredità al territorio.

Ogni tanto spuntano polemiche ambientalistiche sui Giochi invernali. Lei però ribatte dicendo che saranno Olimpiadi sostenibili. In che senso?

I giochi olimpici, a Cortina, si svolgeranno in un ambiente Patrimonio dell’Umanità Unesco. Questo ci impone un’attenzione particolare al territorio che per definizione è unico e di valore. Questo significa che quindi qualsiasi intervento dovrà essere improntato con il mantenimento dell’ambiente, anche perché oltre a quello green c’è pure un interesse turistico nella tutela del paesaggio. Per comprendere sostenibilità finanziaria e ambientale, è stato condotto uno studio specifico. È stato dato particolare risalto alle opere per più consono inserimento dell’opera nell’ambiente boschivo della zona. Verranno piantate molte essenze, mirate al recupero di un ciclo delle piante che dovranno essere abbattute o a quelle che già erano giunte al limite della vita utile. Per gli spostamenti saranno prediletti mezzi a basso impatto ambientale.

Oltre ai rincari energetici ci sono quelli alimentari. Lei è un sostenitore, anche quando era ministro dell’Agricoltura, dell’indipendenza alimentare. Cosa intende? Il governo ha creato un fondo per la sovranità alimentare, sta andando nella giusta direzione?

Ero ministro a via XX Settembre, quando parlai io per la prima volta di ‘Sovranità alimentare’. Trovo inconcepibile che, fino ad oggi, un paese come il nostro non abbia mai compiutamente e approfonditamente guardato in faccia la materia. In un momento storico dove la guerra in Ucraina sta mettendo in difficoltà le grandi produzioni e la catena attraverso la quale arrivano agli utenti è necessario dare una risposta. Non ricercare la via per l’indipendenza alimentare significa dover essere sempre dipendenti dagli altri totalmente”.

Rimanendo in ambito agro-alimentare, non si può non sottolineare comunque il record storico di fatturato del vino, in particolare del Prosecco. È una tendenza che continuerà? Quali conseguenze potrà avere anche nel turismo?

Il Prosecco è per noi l’emblema di una viticoltura eroica. Il fatturato raggiunto possiamo definirlo un traguardo storico per la nostra terra che si accompagna ad altre grandi realtà enologiche come, ad esempio, l’Amarone. Sono immagini di un successo produttivo che si configura non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Quando nel mondo si parla di bollicine si associano subito al Prosecco in tutti i continenti. Certamente, il settore enologico è anche un grande richiamo turistico per la nostra regione, confermato anche dal riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco delle Colline del Prosecco. Un territorio simbolo della nostra storia e della nostra cultura rurale, vero anello di congiunzione tra un altro patrimonio Unesco come le Dolomiti e la pianura con le città d’arte e il litorale, di grandissimo richiamo, con Venezia e la sua Laguna. Dove si mangia e si beve ci si torna; se poi anche l’arte e il paesaggio sono vere eccellenze…

Ultima domanda: la Regione Veneto ha creato la fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità. Lei l’ha definita “un nuovo rinascimento”. Dopo pandemia, guerra e crisi energetica, può nascere veramente un nuovo mondo sostenibile?

Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità è un progetto innovativo che coinvolge le istituzioni amministrative e culturali attorno a un piano condiviso di rilancio della città e del suo territorio per fare di Venezia un modello che guarda al futuro. È un momento importante per la storia del Veneto che si consacra un modello internazionale di sinergia tra enti pubblici, istituzioni accademiche e forze imprenditoriali a beneficio del territorio e della sua gente. Il lavoro svolto fino ad ora conferma che in tutta questa emergenza pandemica non abbiamo mai smesso di pensare al domani della nostra regione, anzi. Noi crediamo in questo processo perché la Regione assegna la massima importanza al futuro di Venezia come Capitale Mondiale della Sostenibilità e l’obbiettivo. La sostenibilità è l’unico futuro plausibile per la città più bella del mondo ma anche più fragile. Per preservarla e valorizzarla servirà fare un grande lavoro di squadra, e la squadra c’è ed è ai massimi livelli.