Il mare Adriatico, il gas e la Croazia: qualcosa non va…

C’è qualcosa che non torna, qualcosa a cui – prima o poi – qualcuno dovrà mettere mano. Sintetizzando: in questa corsa matta e disperatissima ad acchiappare il più flebile sbuffo di gas (anche in considerazione degli attuali rapporti con la Russia e della necessità di raggiungere l’agognata indipendenza da Mosca), nel mare Adriatico sono stati scoperti giacimenti a migliaia di metri sotto il fondale, un po’ per noi italiani e un po’ per i vicini della Croazia. Ma mentre il governo di Zagabria ha dato subito l’ok per cominciare le pratiche di estrazione, noi abbiamo stabilito che perforare non è lecito. Fermi, bloccati, che trapanino pure gli altri…

Domanda, perché loro si e noi no? La risposta va ricercata in una legge di vent’anni fa che vieta di eseguire qualsiasi tipo di trivellazione a nord del Po per paura di recare danno alla laguna di Venezia e alle zone limitrofe. Ora, quanto sia ancora attuale quella disposizione non è facile da stabilire, geologi e ingegneri ne stanno discutendo e chissà quando avremo una risposta: intanto la Croazia perfora e perfora e perfora. Siccome i giacimenti loro sono sostanzialmente confinanti con i nostri, se noi abbiamo paura di danneggiare Venezia, loro ovviamente non se ne fanno un cruccio. Forse converrebbe fare una riflessione allargata, mentre alcuni deputati (di destra e di sinistra, stavolta siamo bipartizan) stanno tentando di modificare la situazione di stallo attraverso lo strumento degli emendamenti. Il rischio, se non si fa in fretta, è quello di restare al palo e di non sfruttare tra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di metano. La Croazia, sempre per rimanere in tema, pensa di estrarne 36 abbondanti.

Ce la faremo a mettere d’accordo politici, aziende energetiche e ambientalisti? Ce la faremo a non darci la zappa sui piedi? Nell’attesa di scoprirlo, una considerazione va fatta. Il mare Adriatico, in particolare l’Alto Adriatico, ha assunto ormai una funzione strategica. Non a caso è proprio nell’Adriatico che Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, si è messo in testa di aggiungere al rigassificatore di Rovigo (Porto Viro) l’approdo di Ravenna per una nave metaniera. E sempre non a caso la regione Marche si è detta disponibile ad aiutare il processo energetico italiano offrendo le sue coste. Insomma, in questa torrida estate l’Adriatico è quanto mai mare aperto, non solo per noi ma anche per gli altri. A cominciare dalla Croazia…

rinnovabili

Cingolani: “Rinnovabili? Clamorosa accelerazione rispetto al passato”

La guerra ha cambiato tutto. È l’evento più tragico che abbia visto, a parte le questioni personali, ed è impressionante pensare a cosa succede dietro l’angolo, alle porte dell’Europa”. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è intervenuto a ‘Italia 2022: Persone, Lavoro, Impresa’, piattaforma di dialogo promossa da Pwc Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo ‘Tecnologia e nuovo umanesimo’.

Come superare le criticità sollevate da questo conflitto, che non vede solamente protagoniste Mosca e Kiev, ma che pian piano si sta estendendo in tutto il mondo? Sul fronte della dipendenza italiana dal gas russo, per l’Italia saranno fondamentali i nuovi accordi allacciati con i Paesi africani e del Medio oriente, che, ha spiegato Cingolani, “ci permetteranno di disporre di circa 5 miliardi di metri cubi di gas nel corso di quest’anno, 18 miliardi dal 2023 e 25 miliardi andranno a regime tra altri due anni”. Nonostante tutto, “per quest’inverno dipenderemo ancora dagli stoccaggi, a proposito dei quali l’obiettivo è arrivare a completarli entro fine 2022. Dall’anno prossimo si incominceranno a sentire fortemente gli effetti delle nuove forniture”, ha puntualizzato il ministro. Tuttavia, per ora è impensabile un’interruzione della somministrazione del gas russo al Paese, dal momento che “noi ne importiamo 29 miliardi di metri cubi, non avremmo un’alternativa e non solo saremmo al freddo, ma fermeremmo le aziende”, l’avvertimento del titolare del Mite.

RINNOVABILI

Sul tema delle rinnovabili, Cingolani ha preso una posizione netta: “È clamorosa l’accelerazione rispetto agli anni scorsi, quindi qualcosa è successo. Si può fare di più? Sì, ma dobbiamo dare il tempo a tutto il sistema di crescere”. I dati parlano chiaro, infatti, “secondo le stime di Terna ci sono state richieste di allacciamenti per 5,1 gigawatt nei primi mesi del 2022, e ne abbiamo già 3 circa per il prossimo anno: secondo il Pnrr dovremmo metterne 7-8 all’anno. Quindi, direi che abbiamo cominciato bene“, la sottolineatura.

IDROGENO

Sulla produzione di idrogeno, accumulatore di energia molto prezioso per la futura decarbonizzazione, il target dell’Europa è quello di arrivare a 500 megawatt in tempi relativamente brevi. “La firma dei primi protocolli d’intesa con le Regioni per le ‘Hydrogen valleys‘ è un’ottima notizia e ci mette in linea con i migliori Paesi d’Europa in un settore che è strategico per il futuro“, ha dichiarato Cingolani nel corso della cerimonia di firma delle intese a Palazzo Chigi, precisando che saranno cinque le Regioni a ospitare questi distretti per la produzione di idrogeno verde: Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Umbria.

CARBURANTI SINTETICI

I carburanti sintetici in una fase di transizione potrebbero essere una buona soluzione”, ha spiegato il titolare del Mite rispondendo a una domanda sul voto che attende il Parlamento Ue in merito al pacchetto Fit for 55 che riguarda anche il passaggio da automobili a combustione a modelli elettrici a basso impatto sulle emissioni. “I grandi Paesi che costruiscono automobili, come Francia, Germania e Italia, erano tutti d’accordo per il face out dal motore a combustione per le automobili di uso privato dovesse avvenire entro il 2035, chiedendo un po’ più di tempo per i furgoni che non hanno una soluzione pronta cassa sull’elettrico, mentre i Paesi che non producono auto volevano il face out prima, tanto a loro che cosa costa, il problema della manodopera ce l’abbiamo noi, francesi e tedeschi”. Il ministro evidenza poi che si potrebbero trovare soluzioni per minimizzare l’impatto senza costringere la gente che non può a cambiare l’auto.

NUCLEARE

Per arrivare a net zero nel 2050 ci servirà un accesso universale all’energia. “La fusione nucleare, è il meccanismo di produzione dell’energia dell’universo, quello delle stelle. Siamo veramente impauriti del cambiamento climatico? Basta chiacchiere: 18 mesi per il vaccino Covid, in 18 anni si faccia la fusione sul termonucleare, ogni Paese faccia abbia la sua stella per produrre energia pressoché illimitata a zero costo“, la riflessione di Cingolani. Su questo l’Italia sta facendo un ottimo lavoro, c’è l’Enea che sta facendo investimenti importanti in ricerca: si sono dimostrate moltiplicazioni in energia prodotta molto importanti, il confinamento magnetico è stato dimostrato per la prima volta come molto promettente. “Chissà che non si abbia qualche sorpresa nell’arco di circa 15 anni. Però bisogna crederci“, conclude il ministro della Transizione ecologica.

Energia, scintille tra ambientalisti e Cingolani sulle rinnovabili

L’ambiente è come sempre il terreno di scontro tra associazioni e istituzioni. Anche questa fase storica dell’Italia non fa eccezione. Ad accendere la miccia, stavolta, sono le rinnovabili: l’Italia è impegnata nella strategia di diversificazione del proprio mix energetico, abbandonando per sempre il gas russo per sostituirlo con nuovi accordi sottoscritti con diversi Paesi fornitori dell’Africa, ma nel piano c’è anche l’accelerazione verso le energie alternative. Solo che su tempi e modalità si innesca il corto circuito tra il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e i rappresentanti delle associazioni che si occupano di tutela ambientale. Il campo da gioco lo offre ‘Repubblica‘, con il palco del Festival ‘Green & Blue‘, che ospita in rapida sequenza prima il responsabile del Mite, poi Legambiente, Greenpeace, Wwf, Asvis, Kyoto Club, Italia Nostra, LifeGate, e Fondazione sviluppo sostenibile.

L’atmosfera si scalda praticamente subito, quando Cingolani, stimolato dal direttore di ‘Repubblica‘, Maurizio Molinari, offre una risposta ai cosiddetti ‘rinnovabilisti‘. Per il ministro “non sono un ostacolo”, ma “ci sono alcuni gruppi che prendono delle posizioni tecnicamente indifendibili”. Ad esempio, Cingolani cita l’ipotesi più recente “secondo la quale in 3 anni si potrebbero installare 60 gigawatt di potenza rinnovabile, prevalentemente solare ed eolico, peraltro, perché su altre forme gli stessi ‘rinnovabilisti’ dicono che ci vuole tempo”. L’esperto si ‘limita ad osservare’ che è possibile accelerare, “addirittura si voleva un commissario con pieni poteri che saltasse tutte le regole organizzative”, ma “la realtà è che non basta mettere un impianto”, soprattutto perché esistono delle aree del Paese dove c’è vento e sole e “lì si concentrano tutte le proposte di impianti”. Il problema è che “se ci sono, mettiamo caso, 10 proposte di impianti, se ne può accettare uno, poi lo spazio sarebbe occupato”, dunque non le altre nove no. Ecco perché, ragiona Cingolani, “è inutile fare la somma di tutte le proposte che ci sono in giro, bisogna anche essere realisti nei calcoli che si fanno”.

Questa non è l’unica ragione portata nella discussione dal responsabile del Mite. Che ricorda: “Solare ed eolico producono energia dalle 1.500 alle 2mila ore l’anno, e l’anno ne ha 8.600 in totale”. Quindi se viene prodotta energia per 2mila ore “non è detto che qualcuno la chieda, allora andrebbe accumulata, dunque avremmo bisogno di batterie”. Ergo, daresufficiente accumulo per gestire 60 gigawatt, che sono 80 di terawattora, richiede miliardi di euro per l’infrastruttura“. Ecco perché – questa è la stoccata del ministro – “non si può raccontare che si fa in tre anni, non è vero”.

La risposta degli ambientalisti non si fa attendere. “Cingolani non ha detto nulla di nuovo – rintuzza Stefano Ciafani (Legambiente) -. Dobbiamo fare la transizione ecologica bene e velocemente, ma il governo procede con velocità in tema di gas e rigassificatori, un po’ più lentamente sul fronte delle semplificazioni per le rinnovabili”. A rincarare la dose ci pensa Giuseppe Onufrio di Greenpeace: “La proposta di accelerare in 3 anni anziché 10 sulle rinnovabili viene dagli industriali. Inaccettabile che ci tacci di essere una di lobby rinnovabilisti. Cingolani è il ministro della ‘finzione ecologica’. Trovo assurdo quello che ha detto, su questo tema servirebbe un dibattito politico”. Si accoda al coro anche Pierluigi Stefanini (Asvis), che si dice “urtato da certe affermazioni del ministro. Lui è in grado di gestire la complessità: certo che ci sono difficoltà tecnologiche, ma ci sono anche le soluzioni. Ad esempio per un impianto a biometano servono sei anni per le autorizzazioni, si potrebbe partire dallo sveltire le pratiche”.

Non abbassa i toni nemmeno l’ex ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi, responsabile della Fondazione sviluppo sostenibile: “Sulla sostenibilità e la Transizione ecologica scontiamo ritardi evidenti”. Ma soprattutto “in questo campo conta molto la visione”. Ronchi porta come esempio il ministro tedesco dello Sviluppo economico, Robert Habeck, secondo cui “nelle regioni avanzate del mondo la politica della transizione ecologica sarà quella che regolerà la competitività del futuro e noi vogliamo essere i più competitivi”. Quindi “le politiche climatiche avanzate guidano il futuro”, mentre “al ministro Cingolani e al governo italiano manca una visione del Green deal”.

Lo scontro non è di certo un ‘inedito’, ma nella situazione che vive in questi mesi l’Italia si avverte la necessità di trovare un punto di contatto con tutti gli attori della filiera ambientale. Per accorciare le distanze ci sarà tempo, forse. Nel frattempo la crepa c’è, ma le emergenze impongono di evitare il ‘ring’. Per il confronto ci sarà modo e luogo, una volta che l’Italia sarà avviata verso la sicurezza energetica.

Roberto Cingolani

Cingolani: “Indipendenza dal gas russo? Dal prossimo anno”

Ormai è imperativo togliersi dai piedi il carbone, con cui si fanno funzionare le vecchie turbine, e quantomeno sostituirlo col gas da subito. Cosa che l’Italia ha già fatto da molto tempo, però altri Paesi purtroppo non lo hanno fatto“. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non usa mezzi termini e nemmeno giri di parole per esprimere ciò che gli sta a cuore. “Per avere un’idea: 1 kilowattora prodotto bruciando carbone oggi produce all’incirca 1.000 grammi di Co2, lo stesso kilowattora prodotto da gas, in termini di Co2 ne produce circa 300-350 grammi. Se si va con le rinnovabili, a seconda se sia solare o eolico, si va dai 30 ai 10 grammi di Co2. Poi c’è il nucleare, che ne produce dai 5 agli 8 grammi. Questo è il livello di sporcizia, di Co2, prodotta dai vari sistemi per kilowattora. L’equazione è facile si dovrebbe andare verso le rinnovabili immediatamente e quando ci saranno delle fonti sicure, forse, si potrà ragionare. Questa è la strada per avere elettricità pulita“, la riflessione tutta d’un fiato.

Ospite a ‘Green and Blue’, l’appuntamento sull’ambiente organizzato da Repubblica, il ministro della transizione ecologica affronta molti temi, compreso quello dell’indipendenza dalle forniture energetiche dalla Russia: “Indipendenza? L’anno prossimo è un po’ presto“, la constatazione di Cingolani. “Abbiamo accordi con sei Stati africani dove ci sono giacimenti in cui la nostra Oil&Gas nazionale ha investito – spiega -. Sono circa 25 miliardi di metri cubi che vanno a rimpiazzare, sostanzialmente, i 29-30 miliardi russi. La curva di queste nuove forniture parte quest’anno con qualche miliardo di metri cubi, 18 miliardi l’anno prossimo e circa 25 miliardi quando andrà a regime dal 2024“. L’orizzonte temporale è abbastanza definito: “Dovremmo essere in grado per il secondo semestre del 2024, ovvero l’inverno 2024-2025, di poter dire che non prendiamo più il gas dalla Russia“.

Queste nuove forniture sono diversificate, quindi ci danno un po’ più di respiro“, aggiunge Cingolani. Il ministro spiega poi che “consistono per circa la metà in gas immesso direttamente nei nostri gasdotti (che vanno da sud verso nord) e un’altra metà di gas liquefatto, che viene portato via nave. Per usare questo Gnl porteremo al 100% gli attuali 3 rigassificatori italiani, che lavorano al 60%. Poi ne installeremo due nuovi, galleggianti, dunque reversibili“. Inoltre, “è importante, vorrei far notare, che rimpiazziamo 30 miliardi metri cubi con 25 miliardi – afferma ancora Cingolani – La differenza è risparmiata sin d’ora grazie all’aumento delle rinnovabili, che in questo momento stanno salendo molto rapidamente, e a una politica di risparmio assolutamente non draconiana. Questo ci consente di dire che se riusciremo a finire gli stoccaggi di quest’anno secondo programma, saremo indipendenti dalla fornitura russa nell’arco di 30 mesi, mantenendo una rotta di decarbonizzazione al 55%: cosa non scontata e che credo, in questo momento, solo l’Italia in Europa può dire di essere in grado di fare“.

*in aggiornamento

Energia, Cingolani: Alleanza globale come Covid. Nucleare utile

Il tetto europeo al prezzo del gas è un’ottima notizia, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Ne è consapevole il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che mette in fila tutte le varianti per uscire dalla dipendenza russa (“letale per l’economia“) e avviare una nuova strategia energetica che metta al riparo da speculazioni e oscillazioni del mercato, soprattutto quelle speculative. Perché ormai “siamo già in recessione“. Alla base di tutto, però, c’è la necessità di creare una alleanza globale” anche per l’energia, sulla falsariga di quanto avvenuto in questi anni per contrastare la pandemia: “Avevamo detto che per sviluppare un vaccino per il Covid ci volevano 8-10 anni, ma abbiamo collaborato e l’abbiamo sviluppato in 8 mesi“, è l’esempio che porta il ministro. Anche perché la guerra in Ucrainaavrà un forte impatto sulla transizione ecologica“, avverte. Ricordando che “la grande sfida” in questa fase storica è “mantenere la barra dritta, investire nelle nuove tecnologie e rivedere le regole di mercato, altrimenti arriveremo al 2030 inadatti ad accogliere le sfide della decarbonizzazione“.

Le responsabilità, però, hanno un passato lungo. “Avremmo dovuto avere una visione più chiara – sottolinea Cingolani – avremmo dovuto essere più intelligenti per gestire al meglio il mix energetico“, ecco perché “è ora di cambiare“, servono “fonti verdi programmabili ed è necessario lo sviluppo di nuove tecnologie” nell’ambito “della cattura del carbonio, della fusione nucleare, di piccoli reattori moderni“. Già, quel nucleare che fa sobbalzare dalla sedia associazioni e partiti politici, ma che nella sua accezione moderna è “una strada che va esplorata e considerata in questa fase“, secondo il ministro. “E’ un esempio di tecnologia utile, basata su materiali con radiazioni molto più basse” rispetto al passato e “gli stabilimenti possono essere costruiti off shore, funzionano, vanno bene, se vengono spenti non creano fenomeni pericolosi e dopo 30 anni vengono smantellati“, elenca. Ribadendo il concetto: “Si tratta di un sistema molto utile in una fase di transizione. Può essere una fonte importante, anche se non esclusiva” e soprattutto “offre molte opportunità“, quindi “è un bene investire in questo tipo di tecnologia“.

Perché la realtà dei fatti va guardata a 360 gradi e senza pregiudizi. Grandi alternative, al momento, non sono esplorabili, come l’energia delle onde, perché “quella derivata dal mare è troppo cara“. Anche se “buona e illimitata, non possiamo permetterci delle energie che siano così costose e difficili da produrre“, ammonisce Cingolani, che invece punta su “fonti accettabili anche in termini economici“. Per inciso, il responsabile del Mite conferma, ancora una volta, che in funzione della carenza di energia “molti Paesi stanno riprendendo le centrali a carbone“, ma all’Italia “questo non succederà“. Semmai occorre puntare su strumenti come il riciclaggio e la seconda vita dei prodotti, su cui “stiamo investendo molto“, perché “l’economia circolare è una risorsa fondamentale per la transizione energetica“.

Altro capitolo che resta cruciale è quello delle rinnovabili, su cui l’Italia mette diverse fiches nella strategia nazionale, anche se “il processo di transizione verso il sistema energetico decarbonizzato basato sulle fonti rinnovabili necessità di un rafforzamento e potenziamento Rete elettrica di trasmissione nazionale“, ammette Cingolani. Ricordando che il gestore del servizio elettrico nazionale, Terna, ha “una programmazione con investimenti per oltre 18 miliardi di euro nel decennio“. Il cerchio, infine, si chiude tornando al price cap, che una parte di maggioranza vorrebbe non solo europeo, ma anche nazionale sulla scorta di quanto fatto da Spagna e Portogallo. Modello che per il ministro “non è replicabile come formula nel nostro Paese“.

Oltre al problema dell’approvvigionamento energetico, l’Italia sconta anche altri effetti negativi dall’azione speculativa dei mercati e dal conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. Come quello dell’aumento dei prezzi dei carburanti. Finora il governo è intervenuto per mitigare l’effetto dei rincari ed è pronto a farlo ancora. Anzi, “è molto probabileche Palazzo Chigi vari nuovi provvedimenti a breve sulle accise, come anticipa ai microfoni di ‘RaiNews24‘ la sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra: “L’aumento – spiega – fa crescere anche il gettito dell’Iva“, che “non vogliamo mettere nelle casse dello Stato“, ma utilizzarlo per “tenere calmierato” il costo dei carburanti. La partita strategica, dunque, resta apertissima.

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Cingolani: “La guerra avrà forte impatto su transizione ecologica”

Quando la guerra in Ucraina è esplosa, l’Italia si è accorta che la dipendenza energetica dalla Russia era letale per l’economia. Nelle ultime 12 settimane abbiamo, purtroppo, appreso molte cose nuove”. Parola del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani che, intervenendo al Festival dell’Economia di Torino, ha ribadito quanto la necessità di ricevere forniture di energia dall’estero abbia causato un’incredibile debolezza del mercato energetico globale.

Nonostante sia stata accolta in modo più che positivo, la notizia relativa all’accordo politico sullo sblocco del sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, desta non poche preoccupazioni. “Questa decisione rischia di farci male. È necessario sostituire il gas che arriva dalla Russia con forniture naturali”, ha detto il Premio Nobel per l’Economia, Michael Spence nel corso dell’evento. “La turbolenza nel mercato dell’energia probabilmente contribuirà a fare entrare l’Europa in recessione, anche se forse non ovunque”, la sottolineatura dell’economista.

In realtà, secondo il ministro Cingolani, non si tratta più di una ‘previsione’. Per lui, infatti, “siamo già in recessione”. Sul fronte della transizione energetica, per esempio, “è chiaro che stiamo rallentando. Dobbiamo considerare gli enormi investimenti che serviranno per ricostruire l’Ucraina. Gli eventi degli ultimi mesi porteranno conseguenze a lungo termine“. Oltretutto, specifica il titolare del Mite, sono stati fatti diversi errori, come quello di “non aver prestato la dovuta attenzione ai problemi ambientali negli ultimi 20 anni, anche sul mix energetico e sul fronte ideologico”.

Gli ostacoli da superare non sono pochi. “Al 2030 dobbiamo ridurre i combustibili fossili, aumentare le rinnovabili e separare i costi delle fonti pulite dal prezzo del gas. Non c’è motivo per cui queste ultime vengano pagate in base alle quotazioni del gas”, ha insistito Cingolani, specificando che queste sono politiche nel breve termine. Ma a lungo termine va pensato l’accesso universale all’energia e all’energia illimitata. “Quella rinnovabile, però, non è pianificabile. Si produce energia green per 1500-2000 ore all’anno, mentre il gas produce energia per 8mila ore all’anno. È difficile vedere un futuro in cui un mondo come il nostro può crescere in modo continuativo solo con l’energia green”, la riflessione del ministro. Per quanto riguarda il nucleare moderno, si tratterebbe di un’opzione a zero impatto che potrebbe essere molto utile nella fase di transizione. “È un bene investire in questo tipo di tecnologia. È una strada che va esplorata e considerata in questo periodo“, ha puntualizzato il titolare del Mite.

Anche sul tema del caro-prezzi, Cingolani ha voluto dire la sua. La proposta – portata a Bruxelles dall’Italia – relativa al price-cap ha avuto successo, tuttavia non può risolvere tutti i danni causati dal conflitto. Infatti, ha ragionato Cingolani: “Si tratta solo di una misura temporanea che dovrebbe agire come qualcosa che riduce il picco“.

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Cingolani: “L’alternativa al gas russo? Metà Gnl e metà da gasdotto”

Una crescita di 25 miliardi di metri cubi entro il 2025 per l’approvvigionamento di gas alternativo – metà Gnl e metà da gasdotto – rispetto a quello russo. “Si tratterebbe di un’accelerazione notevole, possibile grazie ai recenti accordi presi con Africa e Medio Oriente volti alla diversificazione delle forniture energetiche”, ha sostenuto il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani,  nel corso dell’audizione nelle Commissioni riunite Bilancio e Finanze alla Camera. In quella occasione, il titolare del Mite ha scattato un’istantanea della situazione energetica italiana. I numeri fanno ben sperare: secondo i dati di Terna, nel 2022 sono già stati richiesti allacciamenti per 5,1 gigawatt, 2 volte e mezzo di quelli realizzati nel 2020 e nel 2021.

Tra le novità discusse da Cingolani nel corso del dibattito sul Dl Energia, ci sono anche le misure previste dall’articolo 7 che introduce forme di semplificazione procedimentale per l’autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. “L’intervento risulta coerente con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea a seguito dell’adozione del Pnrr e con il programma di governo”, ha commentato il ministro. L’obiettivo è superare l’eventuale contrasto tra amministrazioni, in merito alla definizione degli iter inerenti a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale e cioè quelli riguardanti impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 megawatt.

La transizione energetica impone provvedimenti anche sul fronte dei rifiuti: “Stiamo lavorando corposamente sul pacchetto ‘End of waste’. A giugno uscirà un decreto importante“, ha annunciato il titolare del Mite. Il ministero ha prodotto il ‘Piano nazionale dei rifiuti’, secondo il quale le Regioni devono a loro volta produrre la strategia regionale e, successivamente, verrà verificata la compatibilità tra piano nazionale e quelli regionali. Il motivo? “Siccome un inceneritore o termovalorizzatore è, eventualmente, una prerogativa della Regione e non del ministero, se l’ente locale vuole inserirla come ipotesi dovrà farlo seguendo regole molto precise“, ha chiarito Cingolani, mettendo in chiaro che per la realizzazione di questi impianti è necessario attenersi a rigide direttive.

decarbonizzazione

Clima, verso il G7 dell’Ambiente. Cingolani: “Alleanza per emissioni zero”

Stabilire un’alleanza globale per la protezione del clima, promuovere una transizione energetica pulita, sostenibile e inclusiva, preservare la biodiversità rafforzando le attività correlate all’efficienza delle risorse e all’economia circolare, migliorare la sostenibilità della gestione delle sostanze chimiche, proteggere i mari e tutelare la biodiversità marina. Questi i temi oggetto di discussione alla riunione dei ministri del Clima, dell’Energia e dell’Ambiente dei Paesi del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio a Berlino.

In merito all’incontro, nel corso dell’informativa alla Camera, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha lanciato un messaggio inequivocabile: “Innalzare le ambizioni non è sufficiente. Occorre un richiamo forte a tutti i grandi emettitori, specie quelli che sono membri del G20, a presentare nuovi obiettivi di riduzione in linea con il mantenimento della temperatura globale a 1.5 gradi centigradi e gli impegni adottati a Glasgow“, ha sottolineato il ministro.

CLUB SUL CLIMA

E, in questa direzione, un’importante proposta arriva dalla Germania. Lo ha ricordato lo stesso Cingolani, riferendosi alla costituzione di un ‘Club sul clima’ al fine di allineare le politiche e misure climatiche soprattutto nei settori industriali, accelerando il taglio delle emissioni e, al contempo, “prevenire distorsioni al mercato e il fenomeno del carbon leakage”. Tre i pilastri, ha spiegato il ministro, sui quali poggia il Climate Club: “Misurazione delle emissioni ricorrendo a strumenti quali il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam); progressiva trasformazione dei settori industriali attraverso approcci comuni di decarbonizzazione delle industrie; sviluppo di partnership internazionali per la sostenibilità nel settore energetico, nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo con la progressiva diffusione delle rinnovabili“.

EMISSIONI ZERO ENTRO 2050

Cingolani, nel corso dell’informativa, ha poi ricordato che per il settore energetico “è emersa inoltre, la determinazione ad accelerare la transizione verso un futuro a zero emissioni nette entro il 2050, mantenendo al contempo la sicurezza e l’accessibilità dei sistemi energetici”, anche attraverso la “rapida espansione delle rinnovabili”.

METANO

Tutti temi sul tavolo del prossimo G7, la cui agenda sarà fitta di proposte e nodi da sciogliere. Come quello relativo alla riduzione delle emissioni di metano. “La presidenza tedesca – ha detto Cingolani – ha proposto l’impegno di sviluppare dei piani di azione nazionali volti a diminuirle”. L’obiettivo è quello di “riaffermare l’impegno definito in ambito del Global Methane Pledge adottato a Glasgow per la riduzione delle emissioni globali di metano antropogenico di almeno il 30% al di sotto dei livelli del 2020 entro il 2030”. “L’Italia ha proposto, e la membership G7 ha accolto – ha aggiunto Cingolani – di considerare anche il ruolo delle tecnologie waste-to-fuel (come il biometano) quale preziosa opportunità per mitigare le emissioni di metano“.

IDROGENO

In tema di rinnovabili, al vertice di Berlino si parlerà anche di idrogeno, “elemento chiave verso una piena decarbonizzazione delle economie”. L’idea, ha ricordato il titolare del Mite, è quella di lanciare il “G7 Hydrogen Action Pact, iniziativa volta ad accelerare e rafforzare l’azione congiunta nel campo dell’idrogeno, nonché a favorire le sinergie e la razionalizzazione delle attività svolte nelle diverse piattaforme multilaterali già esistenti”. “Promuovere lo sviluppo e la definizione di standard settoriali comuni al fine di favorire la produzione, l’uso, il commercio e il trasporto di idrogeno è obiettivo anche dell’Italia”, ha fatto sapere Cingolani.

Roberto Cingolani

Più risparmio per indipendenza. Cingolani: “Liberi da gas russo entro 2024”

L’Italia raggiungerà “l’indipendenza dalle importazioni russe dalla seconda metà del 2024“. Parola di Roberto Cingolani. Il ministro della Transizione ecologica ribadisce l’obiettivo che il nostro Paese si è dato, certo con tempi molto più ristretti del previsto dopo la guerra scatenata da Mosca in Ucraina, ma comunque non impossibile da raggiungere. A patto che tutti i tasselli di questo mosaico vadano al loro posto. O almeno ci restino, perché c’è sempre una variabile incontrollabile da tenere d’occhio, dalle parti del Cremlino: se la Russia dovesse decidere di chiudere i rubinetti di gas e petrolio prima della fine del 2022 il banco rischierebbe, infatti, di saltare. Quantomeno, per dirla con le parole del responsabile del Mite, “sarebbe un problema molto più difficile da risolvere“. Ecco perché non c’è un minuto da perdere.

Lo shift dagli approvvigionamenti russi “sarà fatto grazie alla diversificazione delle sorgenti, ma anche grazie a un programma di risparmio“, spiega Cingolani. Specificando che si tratta di “un elemento fondamentale per raggiungere al più presto possibile l’indipendenza e avere una sicurezza nazionale energetica resistente e resiliente“. Ragion per cui “per sostituire i 29 miliardi di gas” che arrivano nelle nostre pipeline da Gazprom “sarà necessario avere un piano di risparmio molto articolato”. D’altronde, serve sempre la parsimonia: “Ci aiuterà in futuro a ridurre le sorgenti fossili, ma anche a vivere in maniera più compatibile la transizione ecologica, senza dover fare cose troppo complicate, perché si tratta di misure sostenibili, soprattutto se diluite nel tempo e portate avanti con intelligenza“.

Il risparmio calcolato dal governo è “di qualche miliardo di metri cubi” e “viene prevalentemente dall’abbassamento della temperatura residenziale di 1 grado, che corrisponde a circa 2 miliardi di metri cubi – dice Cingolani -, ma anche dal progressivo utilizzo di biocarburanti, che sostituiscono quelli ad alto contenuto di Co2, che partono lentamente con una frazione di miliardo di metri cubi equivalente di gas risparmiato quest’anno, ma che arriveranno oltre i 2,5 miliardi di metri cubi risparmiati nel 2025“.

Nel frattempo proseguono le trattative per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Se con Angola, Congo e Algeria gli accordi sono stati già firmati, il governo lavora per perfezionare le intese con Mozambico, Qatar, Azerbaijan ed Egitto. Ma non solo, perché il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, durante la sua missione in India, nei colloqui con l’omologo Subrahmanyam Jaishankar, ha discusso di un rafforzamento del partenariato bilaterale in tutti i campi: dalla transizione energetica alla sicurezza, alla difesa, scienza e tecnologia, oltre che nelle relazioni con l’Ue, l’Indo-Pacifico e delle posizioni sulla guerra in in Ucraina e sull’Afghanistan. Ad oggi, le intese sottoscritte e quelle work in progress dovrebbero portare ad avere “tra il 2024 e il 2025 – conta Cingolani – 13 miliardi di metri cubi nuovi di gas naturale liquefatto e circa 12 miliardi di gas in conduttura con nuove forniture“.

Sulla strategia è d’accordo anche il presidente della Camera, Roberto Fico. Che comunque avverte: “Il problema del conflitto” Russia-Ucraina “è che in qualche modo ci troviamo in un’economia di guerra, quindi vanno prese delle misure che riguardano l’economia di guerra“, ma “ho molta paura per la questione ambientale se in alcune zone, anche d’Europa, si riaprono le centrali a carbone” o “se andiamo avanti con alcuni piani che non aderiscono più al protocollo e agli accordi di Parigi“, perché “sul piano ambientale noi non possiamo in alcun modo arretrare“.

Anche da Forza Italia si fa più forte la spinta sulle nuove tecnologie. “Semplicemente utilizzando l’attuale disponibilità di biomassa residuale che oggi è destinata allo smaltimento, l’Italia sarebbe in grado di sostituire immediatamente, quindi già per il prossimo inverno, tra i 7 e i 10 miliardi di metri cubi di gas, ossia un terzo di quello che importiamo dalla Russia. Un quantitativo che potrebbe addirittura triplicare con il corretto utilizzo dei sottoprodotti legnosi“, sostiene il deputato e responsabile del Dipartimento energia degli azzurri, Luca Squeri. Che aggiunge: “È un risultato a portata di mano, perché la tecnologia necessaria esiste già: si tratta di caldaie e altri impianti che hanno una combustione vicina allo zero in termini di emissioni inquinanti. Ciò che serve, è la volontà di sostenere questa soluzione“. Tutti segnali che sul tema energetico si concentrano le forze di tutte le istituzioni, ma anche le attenzioni della politica. Il momento è delicato, ogni errore può costare caro. E non solo in senso figurativo.

ROBERTO CINGOLANI

Così riusciremo a risparmiare energia e a pagare di meno

Aiutare le famiglie a risparmiare sui consumi energetici e ridurre fino al 34% le bollette di luce e gas è tra le ‘Linee guida per il risparmio energetico a casa’ presentate oggi alla Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Società italiana di medicina ambientale (Sima) in collaborazione con Consumerismo.

“Mai come in questo momento il “risparmio energetico è contemporaneamente una concreta opportunità economica e un dovere nei confronti dell’ambiente“, si legge nel documento. “Alcuni studi evidenziano che le abitudini dell’utente nei confronti dell’uso corretto dell’energia hanno un ruolo importante nel ridurre gli sprechi energetici: l’educazione e la modifica dei comportamenti del cittadino è l’area che può generare la riduzione di consumi più significativa, pari al 34% dei consumi totali di energia“.

L’attuazione di un “programma di risparmio energetico” insieme alla diversificazione delle forniture di gas su sette paesi africani ci consentiranno di “raggiungere l’indipendenza dalle importazioni russe dalla seconda metà del 2024”, ha annunciato Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica in un videomessaggio inviato in occasione la conferenza stampa alla Camera.

Risparmiare è un elemento fondamentale per diventare autonomi. In questo senso sono diverse le misure che possono essere applicate: dal “controllo dell’utilizzo dell’energia nel riscaldamento – come l’abbassamento della temperatura residenziale di 1 grado – all’interrompibilità nel settore industriale per brevi periodi”, ha spiegato il ministro. Inoltre, si può lavorare “sull’accelerazione dell’uso di rinnovabili e di carburanti alternativi”.

Discutere di risparmio energetico è importante, perché ci aiuterà in futuro a ridurre le sorgenti fossili, ma anche a vivere in maniera più compatibile la transizione ecologica”, ha concluso Cingolani.