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Fotovoltaico, l’Italia cresce ma con un ritmo insufficiente

Il fotovoltaico prosegue la propria crescita in Italia, anche se a ritmi non sufficienti per centrare gli obiettivi fissati per il 2030 dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e dal Piano per la Transizione Ecologica (PTE). Gli ultimi numeri, elaborati da Italia Solare in base ai dati resi disponibili da Terna, sono riferiti al 31 dicembre 2021 e mostrano come nel corso dello scorso anno sia stata superata la quota di un milione di impianti nel nostro Paese (per la precisione 1.015.239), con circa 80mila nuove installazioni. La potenza installata è stata di 936,38 MW. E’ evidente il balzo in avanti rispetto al 2020 quando ci si era fermati a 55.550 nuovi impianti per una potenza di 749,2 MW. L’aumento è di circa il 30% ma non deve trarre in inganno, in quanto il dato del 2020 risulta fortemente influenzato dagli effetti della pandemia di coronavirus, che aveva causato una leggera flessione sia in termini di nuovi impianti (55.550 nel 2020 contro i 58.190 del 2019) sia per potenza installata (749,2 MW contro 751,4).

Più che un’accelerazione, quella del 2021 è di fatto un riallinearsi ai ritmi di crescita osservati prima del Covid. C’è poi da considerare come il fotovoltaico in Italia abbia vissuto un autentico boom nel periodo 2008-2013, favorito dai meccanismi di incentivazione del Conto Energia. In un quinquennio si è passati da 34.805 a 596.355 impianti, per una potenza complessiva salita da 483 a 18.185 MW. Dopo quella fase, la crescita ha perso slancio soprattutto in termini di potenza installata, cresciuta in otto anni di circa 4.400 MW per arrivare agli attuali 22.565,52 MW. Per dare un’idea, si può stimare che il 75% delle potenza fotovoltaica oggi a disposizione in Italia è stata installata tra il 2010 e il 2013. Andamento simile anche per la produzione di energia: nel 2008 era di appena 193 GWh, per poi esplodere a 21.589 GWh nel 2013 e attestarsi nel 2021 a 25.068 GWh, che rappresentano il 7,8% dell’intero fabbisogno energetico nazionale.

Caratteristica del fotovoltaico in Italia è poi la netta prevalenza di impianti di piccola taglia (sotto i 20 kW), destinati soprattutto all’uso domestico. Rappresentano il 92% del totale degli impianti in funzione, generando però appena il 23% della potenza complessiva. Questa situazione ha in realtà sfaccettature differenti a livello geografico. In termini assoluti, per numerosità degli impianti è netto il dominio delle regioni settentrionali: Lombardia (160.586), Veneto (147.494), Emilia-Romagna (105.861) e Piemonte (70.372) occupano le prime quattro posizioni della graduatoria. In generale, circa il 55% dei sistemi fotovoltaici è presente al Nord, contro il 17% del Centro e il 28% del Sud. La situazione però muta se si considera la potenza installata: qui in cima alla classifica c’è la Puglia, con 2.943 MW, cioè il 13,1% del totale nazionale e circa il 15% della produzione di energia solare (pur possedendo appena il 5,8% degli impianti). Il maggior sviluppo delle grandi installazioni nel Meridione emerge anche dal dato della potenza media degli impianti, che vede primeggiare le regioni del Sud (dati Gse al 31 dicembre 2020): Puglia (53,4 kW), Basilicata (42,5) e Molise (39,9) occupano il podio. Dunque, un fotovoltaico più “domestico” al Nord e più “industriale” al Sud, con un intenso sviluppo dei pannelli collocati a terra che rappresentano il 74% del totale in Puglia e il 69% in Basilicata contro un media italiana del 41%.

La crescita del solare procede in Italia, che tuttavia ha perso il ruolo di leader europeo detenuto nel 2015. Secondo il rapporto del think tank sull’energia di Ember, nel 2021 la Germania è stata il maggiore produttore di energia solare dell’Ue (51 TWh), seguita da Spagna (26 TWh) e Italia (25 TWh). Il nostro paese resta sul podio per valori assoluti, ma non per quanto riguarda l’incidenza del solare sul totale del fabbisogno di energia. L’Italia, col 7,8%, è scavalcata da Cipro (9,7%), Spagna e Paesi Bassi (9,5%), Grecia e Germania (9,1%).

I numeri mostrano una stagnazione della crescita che rende complicati (se non proibitivi) da raggiungere gli obiettivi fissati per i prossimi anni. Soprattutto quelli più ambiziosi definiti nel Piano per la transizione ecologica, che mira a coprire il 72% del fabbisogno di energia tramite fonti rinnovabili entro il 2030 (rispetto al 55% previsto nel PNIEC). Tradotto in numeri assoluti si tratta di 70-75 GW di nuove energie rinnovabili a fronte dei 57,7 GW installati al 31 dicembre 2021. Nel piano, il fotovoltaico dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale, arrivando a toccare (assieme all’eolico) un nuovo parco installato di circa 50 GW, a fronte dei circa 33 attuali. Il Renewable Energy Report 2022, pubblicato poche settimane fa dal Politecnico di Milano evidenzia però come per centrare gli obiettivi servano 5,6 GW/anno di installazioni per il fotovoltaico, cioè un tasso di crescita ben sette volte superiore a quello attuale. E ogni settimana che passa pesa enormemente e rende sempre più utopici i target fissati: un anno fa, lo stesso calcolo parlava di 5,1 GW/anno. Serve quindi un deciso cambio di passo. Tre gli aspetti su cui agire individuati dal Renewable Energy Report 2022: normativo-regolatori (prima tra tutti la difficoltà e i tempi necessari a precorrere con successo l’iter autorizzativo); sostenibilità economica (come l’incertezza sull’andamento futuro dei prezzi); sistema elettrico nel suo complesso (come la necessità di adeguare la rete all’incremento delle rinnovabili). Una mano potrà senz’altro arrivare dai fondi del Pnrr e dall’atteso sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili, ma anche direttamente dalle normative Ue, visto che Bruxelles ha già proposto l’obbligo di installare pannelli solari per soddisfare il fabbisogno di elettricità di tutti i nuovi edifici pubblici e commerciali superiori ai 250 mq costruiti dal 2025 (con quelli già esistenti che dovranno adeguarsi dall’anno successivo).

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Solare a casa? Investimento da 5mila euro, si ripaga in 8 anni

I costi per l’installazione degli impianti fotovoltaici domestici fino a qualche anno fa costituivano un deterrente non da poco per le famiglie che volevano investire in energia rinnovabile. La situazione però è cambiata nel corso dell’ultimo decennio per due diversi fattori: la diminuzione dei prezzi e l’ampio pacchetto di incentivi e sgravi fiscali messi in campo dai vari governi, a partire dai vari programmi del Conto Energia avviati in Italia nel 2005.

Ma in quanto tempo si ripaga l’investimento iniziale per l’installazione di un impianto fotovoltaico a uso domestico, senza sistema di accumulo? Si può prendere in considerazione un sistema da 3kW di potenza, la taglia più diffusa per le utenze domestiche in grado di soddisfare il fabbisogno di un nucleo di 3-4 persone. Il costo dei pannelli oggi varia dai 2.500 ai 3.500 euro per kW, a seconda della tipologia e dell’efficienza energetica del prodotto scelto. A questo esborso va aggiunto quello legato alle operazioni di installazione dell’impianto: si arriva in tutto a una cifra che varia tra i 10.000 e i 14.000 euro. La somma però si dimezza subito grazie alla possibilità di usufruire della detrazione fiscale del 50% prevista del bonus ristrutturazioni, nel quale rientrano anche i nuovi impianti fotovoltaici. Si può dunque pagare immediatamente la metà optando per lo sconto in fattura oppure ripartire il beneficio fiscale in cinque rate annuali di pari importo. Resta valida anche la possibilità di accedere al Superbonus 110% dedicato all’efficientamento energetico delle abitazioni: in questo caso però l’installazione dell’impianto solare deve essere accompagnato da altri interventi (cosiddetti trainanti) capaci di generare un miglioramento di almeno due classi energetiche dell’abitazione rispetto all’APE di inizio lavori, o il raggiungimento della classe energetica massima. In questo caso, l’installazione dell’impianto avverrebbe in modo sostanzialmente gratuito.

Il caso più comune però resta quello di uno “sconto” del 50%, con una spesa iniziale che dunque si aggira tra i 5.000 e i 7.000 euro per un impianto fotovoltaico da 3 Kw “chiavi in mano”. Di recente, Altroconsumo ha provato a calcolare quali possano essere i tempi di recupero di questo investimento. Anche in questo caso, il risultato varia a seconda di parecchi parametri come ad esempio l’efficienza e la corretta manutenzione dell’impianto o la quantità di irraggiamento solare, che può risultare differente tra il Nord e il Sud dell’Italia. Importante è anche massimizzare l’autoconsumo istantaneo dell’energia prodotta dai pannelli nelle ore di sole: immettere l’energia prodotta in eccesso nella rete ha infatti una resa economica minore rispetto ai vantaggi ottenuti in bolletta con l’autoconsumo. La premessa, secondo l’associazione, è che installare un impianto fotovoltaico ha una reale convenienza economica solo con consumi annuali sopra ai 2500/3000 kWh. Detto ciò, Altroconsumo posiziona il punto di break even (cioè di ritorno dell’investimento) in un lasso di tempo fra 8 e 10 anni per una famiglia che consuma 3500 kWh annui e tra 10 e 12 per un consumo di 2.700 kWh. Tempi che però potrebbero accorciarsi se dovesse continuare il galoppo dei prezzi dei beni energetici iniziato nell’ultimo periodo.

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L’esempio virtuoso di Magliano Alpi: prima CER d’Italia

Un impianto fotovoltaico da 20 kWp che può condividere con la Comunità energetica rinnovabile l’energia prodotta e non autoconsumata dal Municipio. È partito da qui il progetto della CER, la prima in Italia, di Magliano Alpi, poco più di 2.200 abitanti nel Cuneese. L’impianto è stato installato sul tetto del Palazzo comunale e alimenta anche una colonnina di ricarica EV, utilizzabile gratuitamente con la tessera sanitaria. Una seconda colonnina è collegata all’impianto sportivo comunale. Oltre al Palazzo comunale, membri del CER sono le utenze della biblioteca, della palestra e delle scuole, insieme ai nuclei familiari che per primi hanno dato la loro adesione. L’obiettivo della CER consiste nella riduzione dei consumi energetici degli edifici pubblici e la produzione di elettricità da pannelli solari installati sui tetti di questi edifici.

Magliano Alpi ha aderito al Manifesto delle comunità energetiche promosso dall’Energy Center del Politecnico di Torino e da lì in poi il suo percorso è stato in crescita, fino ad arrivare alla nascita della CER a dicembre 2020. L’ingegner Sergio Olivero, presidente del Comitato scientifico, spiega a GEA che nel comune piemontese si sono verificate le quattro condizioni necessarie al successo: “Un’amministrazione pubblica con idee chiare e volontà di andare avanti, una macchina amministrativa che ha accompagnato amministrazione nella decisione, risorse economiche e il supporto tecnico dell’Energy Center”.

Un successo tale da portare Magliano Alpi ad accompagnare altri Comuni nell’intraprendere lo stesso percorso. Intanto, il Comune sta anche raggruppando un ‘GOC’ (Gruppo Operativo di Comunità) finalizzato a creare una filiera corta di tecnici, progettisti, installatori e manutentori con l’obiettivo di aggregare competenze sul territorio per creare sviluppo e posti di lavoro a partire dalla Comunità Energetica. “La cosa più interessante – sorride Olivero – è che all’inizio il sindaco di Magliano Alpi ha dovuto fare una sorta di ‘porta a porta’ per spiegare il progetto ai cittadini e raccogliere le adesioni. Ora, invece, sono gli stessi residenti che chiedono di poter aderire. E siccome ancora non è possibile l’adesione per tutti, c’è chi si indispettisce. Questa è la cosa che fa più piacere”.

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Tutto è cominciato col silicio ma il futuro del solare è la perovskite

Sebbene si siano diffusi in maniera massiccia solo nel nuovo millennio, i pannelli solari hanno una storia molto più lunga. Il primo prototipo di impianto fotovoltaico risale al 1884, installato a New York da Charles Fitts: era basato sul selenio, e non sul silicio come gran parte dei pannelli attuali. I primi moduli fotovoltaici commerciali però furono lanciati sul mercato solo nel 1963 dalla giapponese Sharp, mentre risale al 1979 la prima installazione in Italia: un impianto da appena 1kW al Passo della Mandriola, sull’Appennino tosco-romagnolo.

Il crescente successo commerciale ha portato con sé anche una notevole evoluzione tecnologica dei pannelli fotovoltaici in termini di prestazioni, durata (oggi si può arrivare fino a 30 anni di vita) e adattabilità ai contesti architettonici. Non è cambiato solo il principio base di funzionamento: la luce del sole colpisce le celle dove è presente il silicio, semiconduttore i cui elettroni vengono “eccitati” e iniziano a fluire nel circuito, producendo corrente elettrica continua, che viene trasformata in alternata (utilizzabile dalle utenze domestiche o industriali) per mezzo di un inverter.

Elemento chiave è dunque il silicio, materiale estremamente abbondante in natura tanto da essere l’elemento chimico più diffuso sulla Terra, dopo l’ossigeno. Attualmente i pannelli più diffusi in Italia sono quelli in silicio policristallino, realizzati attraverso una gettata di silicio fuso: a un costo più basso rispetto a altre tipologie si accompagna però una minore efficienza (rapporto tra la potenza elettrica in uscita e la potenza della radiazione solare), attorno al 14-16%. Oggi, secondo i dati Gse al 31 dicembre 2020, coprono il 71,5% della potenza fotovoltaica installata in Italia. Il 22,8% invece è legato ai pannelli in silicio monocristallino, nei quali ogni cella viene ricavata da un unico cristallo: più performanti (si arriva a un rendimento oltre il 20%) soprattutto con temperature non troppo elevate, ma anche più costosi. Molto limitata è invece l’incidenza dei cosiddetti pannelli solari di seconda generazione, come quelli a film sottile (realizzati in silicio amorfo, tellururo di cadmio o seleniuro di indio e gallio di rame): in questi dispositivi l’efficienza arriva al massimo al 10%, ma i vantaggi sono legati al minor costo e alla versatilità di impiego garantita da flessibilità e leggerezza.

L’evoluzione però non si arresta mai, sulla ricerca di materiali e soluzioni più efficienti ed economiche anche in vista della grande richiesta di pannelli attesa nei prossimi anni in tutto il mondo. Uno scenario che porta a pensare che presto il quasi totale monopolio del silicio potrebbe terminare. Tra i materiali più promettenti c’è la perovskite, cioè biossido di titanio di calcio che solo negli ultimi anni è stato testato in maniera sistematica per la creazione di celle solari. Si tratta di un ottimo conduttore, ampiamente disponibile e più semplice da lavorare del silicio e che reagisce a diverse lunghezze d’onda della luce, oltre a essere flessibile e semitrasparente. Negli ultimi anni gli studi si sono focalizzati soprattutto sui risultati ottenibili rivestendo il silicio cristallino con un sottile film di perovskite.

“Uno dei principali vantaggi di questi materiali è la possibilità di essere depositati partendo da speciali vernici liquide, che possono essere stampati con tecniche ampiamente diffuse su superfici di vario tipo, ad esempio flessibili e trasparenti”, spiega la ricercatrice Silvia Colella di Cnr-Nanotec, membro di un team di ricercatori autori dello studio “Chemical insights into perovskite inks stability”, pubblicato sulla rivista Chem. Recentemente, i ricercatori del Politecnico federale di Losanna hanno toccato un nuovo record in questo campo realizzando celle da un centimetro quadrato con una resa del 29,2%. “Sono ancora necessari diversi anni di ricerca e sviluppo per portare sul mercato tale tecnologia e processi di produzione”, dice Christophe Ballif, capo del laboratorio. “Ma la maggiore efficienza che abbiamo dimostrato senza modificare la struttura frontale sarà molto interessante per l’industria del fotovoltaico”. Il problema da risolvere per la perovskite è legato all’instabilità del materiale che rischia di portare a un rapido degrado del pannello in condizioni di uso reali, ben più veloce dei 25-30 anni di durata assicurati dal silicio. “Le perovskiti di alogenuro metallico sono tra i materiali più promettenti e in pochi anni hanno rivoluzionato questo settore”, assicura però Colella.

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Un ‘pannello solare sospeso’ per aiutare le famiglie in difficoltà

Un solo pannello solare da appartamento evita l’immissione in atmosfera di 145 chili di Co2 all’anno, la stessa quantità assorbita da circa 10 alberi. E non è più una tecnologia fuori portata. Un pannello è in grado di coprire i consumi di alcuni elettrodomestici, come la televisione, il frigorifero o il condizionatore, con un risparmio in bolletta fino al 25%.

Per informare i cittadini sulle potenzialità di questa tecnologia e aiutare le famiglie più bisognose, Legambiente insieme a Enel X lancia la campagna di raccolta fondi ‘#UnPannelloInPiù’, per contribuire all’acquisto di pannelli fotovoltaici da appartamento per famiglie in difficoltà economica e sociale. Una sorta di ‘caffè sospeso’, con un impatto molto più significativo.

Considerando solo le abitazioni che in Italia sono classificate come A2 (di tipo civile) e A3 (economico), parliamo di circa 23 milioni di balconi o superfici verticali che possono ospitare impianti di questo tipo. Se solo il 20% di questi appartamenti si dotasse di un pannello fotovoltaico sul proprio balcone o finestra, si eviterebbe l’immissione in atmosfera di oltre 600mila tonnellate di Co2 all’anno, pari a quella assorbita da una foresta di circa 35 milioni di alberi. Questo gesto equivarrebbe a installare 1.6 GW di nuova potenza fotovoltaica, più della metà dell’obiettivo del Green Deal fissato per il 2022 in Italia. Inoltre, contribuirebbe a risparmiare circa 225 milioni di metri cubi di gas importato dall’estero.

Vogliamo offrire una risposta concreta al caro bollette e alle disuguaglianze sociali“, spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Negli ultimi mesi il tema dell’aumento delle bollette e il conflitto in corso tra Russia e Ucraina hanno generato molta preoccupazione soprattutto per le famiglie che non godono di un reddito elevato. Dare alle famiglie un contributo economico per pagare la bolletta sarebbe una soluzione risolutiva nel breve termine”.

La sostenibilità può essere davvero accessibile a tutti solo se ognuno di noi ha a disposizione gli strumenti per essere protagonista della transizione energetica“, osserva Andrea Scognamiglio, Responsabile Globale e-Home di Enel X. La Global business line di Enel ha donato i primi 50 pannelli ‘Plug&Play’.

L’iniziativa di crowdfunding sarà accompagnata da una campagna itinerante che da oggi al 27 giugno farà tappa in nove città italiane. Si partirà da Scampia, a Napoli, per poi toccare Brindisi (10 giugno), Palermo (13 giugno), Roma (15 giugno), Cagliari (18 giugno), Firenze (21 giugno), Torino (23 giugno), Milano (25 giugno), Bologna (27 giugno) con una serie di appuntamenti finalizzati a sensibilizzare cittadini e cittadine su tutti gli strumenti oggi esistenti per ridurre i costi in bolletta, tra cui il ruolo del solare fotovoltaico nella lotta contro la povertà energetica, ma anche risparmio ed efficienza, comunità energetiche, bonus sociali e sharing economy.

La Thailandia sceglie il solare: migliaia di pannelli galleggianti

A perdita d’occhio, file di pannelli solari galleggiano sulle acque scintillanti di un lago thailandese, a simboleggiare l’obiettivo dichiarato del Paese del sud-est asiatico di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Situato nel nord-est, il progetto è stato annunciato come il più grande del suo genere al mondo: 720.000 metri quadrati, l’equivalente di 70 campi da calcio. Accoppiato con la diga di Sirindhorn nella provincia nord-orientale di Ubon Ratchathani, il sistema può funzionare 24 ore al giorno ed è il primo di 15 progetti simili che la Thailandia intende costruire entro il 2037. “Possiamo dire che con i 45 megawatt combinati con l’energia idroelettrica e il sistema di gestione dell’energia per l’energia solare e idroelettrica, questo è il primo e più grande progetto al mondo”, ha detto ad AFP il vice governatore dell’autorità statale dell’elettricità (EGAT) Prasertsak Cherngchawano.

NEUTRALITÀ Alla Cop26, la Thailandia si è impegnata a raggiungere la neutralità entro il 2050, seguita da zero emissioni nette di gas serra entro il 2065. Ma, per raggiungere questi obiettivi, il Paese ha bisogno di rivedere la sua produzione di elettricità, che si basa ancora sul gas naturale per il 55% della sua potenza, rispetto a solo l’11% da fonti di energia pulita, secondo il ministero dell’Energia. La costruzione del progetto Sirindhorn, da 30 milioni di dollari, ha richiesto quasi due anni, considerando i ritardi legati alla pandemia da Covid-19. La maggior parte dell’elettricità generata dalla fattoria solare-idro galleggiante va all’autorità provinciale dell’elettricità, che distribuisce l’energia alle case e alle imprese nelle province della regione nord-orientale inferiore della Thailandia. Oltre a generare elettricità, i funzionari sperano che la gigantesca fattoria solare attiri anche i turisti. Una ‘passeggiata nella natura’ lunga 415 metri a forma di raggio di sole è stata installata per fornire una vista panoramica del bacino e dei pannelli solari galleggianti. “Quando ho sentito che questa diga ha la più grande fattoria idro-solare del mondo, ho capito che valeva la pena vederla di persona”, ha detto Duangrat Meesit, un turista di 46 anni.

AGRICOLTURA E PESCA Alcuni residenti locali hanno delle riserve sul progetto, con i pescatori che si lamentano di essere stati cacciati dal posto migliore per gettare le loro reti. “Catturiamo molto meno pesce di una volta, quindi il nostro reddito è sceso bruscamente”, ha detto Thongphon Mobmai, il capo di un villaggio vicino. “Ma i locali devono anche accettare il desiderio dello Stato di sviluppare la zona”, ha aggiunto. Per l’autorità elettrica, il progetto non influirà sull’agricoltura o sulla pesca, o su altre attività locali: “Abbiamo utilizzato solo lo 0,2-0,3 per cento dell’area della diga. La gente può usare la terra per l’agricoltura, l’alloggio o altri scopi”, ha detto Prasertsak.