La cinese Byd apre fabbrica in Turchia per non pagare dazi Ue su auto elettriche

Fatta la legge, trovato il modo per aggirarla. La scorsa settimana la Ue ha deciso dazi provvisori sui veicoli elettrici importati dalla Cina, colpendo Byd con un’ulteriore tassa del 17,4% in aggiunta all’attuale aliquota del 10%. E Byd decide di aprire uno stabilimento in Turchia, dal valore di un miliardo di dollari, per dribblare i dazi stessi. Sono infatti arrivate ulteriori conferme, dopo lo scoop di Bloomberg di venerdì, sul fatto che il primo produttore mondiale di veicoli elettrici installerà la sua fabbrica nella provincia di Manisa, vicino alla città costiera occidentale di Izmir. L’annuncio ufficiale è atteso a ore e a farlo sarà direttamente il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.

Per gli osservatori, l’installazione di una fabbrica Byd in Turchia consentirebbe alla casa automobilistica di accedere al mercato europeo eludendo le tasse sui veicoli elettrici cinesi. D’altro canto, l’unione doganale conclusa dalla Turchia con l’UE alla fine del 1995 ha aperto il mercato europeo alle automobili “made in Turkey“, facilitando l’esportazione del 70% della produzione locale verso l’Europa occidentale. Inoltre, la Turchia ha deciso a giugno di esentare gli investimenti cinesi nel suo territorio e di non tassare le importazioni di automobili di origine cinese, al fine di incoraggiare gli investimenti.

Secondo il consulente indipendente Levent Taylan, contattato da France Presse, lo Stato turco avrebbe gentilmente fornito a Byd un terreno inizialmente assegnato al produttore tedesco Volkswagen, che aveva progettato un vasto stabilimento prima di rinunciarvi. Con Byd “sarà un investimento per il mercato turco ma soprattutto per quello europeo, eludendo le tariffe doganali imposte sui veicoli di origine cinese”, ritiene Taylan, secondo il quale Byd arriverebbe in Turchia con “un potenziale di vendita” di circa 20-25.000 veicoli/anno sul mercato locale e di circa 50-75.000 per l’esportazione nell’Ue.

Una fabbrica con una capacità installata compresa tra 100 e 125.000 veicoli all’anno sarebbe un investimento ragionevole“, giudica questo buon conoscitore del mercato automobilistico turco sentito da Afp. Per fare un confronto, la fabbrica recentemente aperta in Thailandia da Byd ha una capacità produttiva di 150mila veicoli all’anno.

La mossa a tenaglia cinese sull’Europa segue la visita del presidente Xi Jinping aveva fatto in Europa, visitando la Francia ma soprattutto Serbia e Ungheria. L’8 maggio a Belgrado, insieme al presidente serbo Aleksandar Vucic, il leader cinese firmò 29 accordi volti a rafforzare la cooperazione legale, normativa ed economica. Inoltre, un significativo accordo di libero scambio, che è iniziato l’1° luglio, consentirà l’esportazione senza dazi del 95% dei prodotti serbi verso la Cina nei prossimi cinque-dieci anni. Il giorno dopo, a Budapest, è stata invece annunciata la firma di almeno 16 accordi con il governo ungherese guidato da Viktor Orban – ora in missione a Pechino -, nei settori delle infrastrutture ferroviarie e stradali, dell’energia nucleare e ovviamente dell’automobile. Infatti proprio Byd aveva annunciato a fine 2023 che costruirà la sua prima fabbrica automobilistica in Europa a Szeged in Ungheria. La nuova struttura del colosso cinese si concentrerà sulla produzione di veicoli elettrici e ibridi plug-in destinati al mercato europeo, promettendo di generare migliaia di posti di lavoro. Il governo ungherese supporterà l’impianto con sussidi, sebbene l’importo preciso sarà annunciato solo dopo l’approvazione della Commissione europea.

Negli ultimi cinque anni l’Ungheria ha attratto circa 20 miliardi di euro di investimenti legati ai veicoli elettrici, compreso un impianto di batterie da 7,3 miliardi di euro costruito da Contemporary Amperex Technology (Catl) a Debrecen. Byd, tra l’altro, già produce autobus elettrici con successo nella città ungherese di Komarom. E per il nuovo impianto a Szeged, Orban ha destinato finanziamenti significativi per migliorare le infrastrutture intorno al parco industriale. L’apertura nella città a sud del Paese consentirà al colosso di Shenzhen di evitare tariffe di importazione. In attesa della realizzazione della fabbrica, ecco allora l’investimento in Turchia, che vanta un know-how riconosciuto nel settore automobilistico con una rete di oltre 500mila subappaltatori avendo attirato dagli anni ’70 numerosi produttori come Fiat, Renault, Ford e Toyota.

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Nuovo terremoto in Turchia e Siria: almeno 11 morti, centinaia di feriti

Due nuove scosse di terremoto – di magnitudo 6.4 e 5.8 – hanno colpito la Turchia meridionale e la Siria nord occidentale ieri pomeriggio. Il bilancio aggiornato a questa mattina parla di almeno sei morti in Turchia e almeno 300 feriti. In Siria si sono registrate cinque vittime, di cui quattro schiacciate nella calca causata dal panico ad Aleppo e Tartus. Continuano le operazioni di ricerca negli edifici crollati. Il nuovo disastro colpisce due Paesi ancora immersi nelle conseguenze del sisma che il 6 febbraio scorso ha provocato oltre 47.000 vittime e più di 100.000 palazzi collassati o fortemente danneggiati solo in Turchia.

A causa delle scosse di oggi, la prima potete ma più breve di quella registrata il 6 gennaio scorso e che durò 75 secondi, ci sono edifici crollati e feriti ad Antiochia, la città della provincia di Hatay rasa al suolo due settimane fa.

Prima della mia visita per preparare la Conferenza internazionale dei donatori, un altro devastante terremoto ha colpito la Turchia. Le nostre condoglianze alle vittime e alle loro famiglie”, ha scritto su Twitter il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, che il 16 marzo co-presiederà la conferenza di alto livello a Bruxelles per raccogliere fondi e coordinare il supporto per la ricostruzione in Turchia e Siria. “L’Ue è fermamente al fianco della Turchia. La nostra solidarietà e il nostro sostegno rimangono incrollabili in questi tempi difficili“.

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Terremoto in Turchia e Siria: oltre 35mila vittime. Mamma e figlio estratti vivi

E’ sempre più grave il bilancio delle vittime per il terremoto che ha colpito alcune zone della Turchia e delle Siria. Secondo gli ultimi aggiornamenti si parla di oltre 35mila morti, anche se le Nazioni Unite sono certe che il bilancio peggiorerà ulteriormente: secondo Afad, l’agenzia turca per la gestione dei disastri pubblici, i morti in Turchia sarebbero 31.643 mentre le autorità locali hanno contato 3.581 morti in Siria. 

Intanto, a una settimana dal violento sisma di magnitudo 7.8 i soccorritori hanno estratto alcuni sopravvissuti dalle macerie, tra cui un bambino di 3 anni a Kahramanmaras e una donna di 60 anni a Besni, nella notte tra sabato e domenica. Anche una donna di 40 anni è stata soccorsa dopo 170 ore a Gaziantep. Questi salvataggi sembrano inaspettati, ben oltre il periodo cruciale di 72 ore dopo il disastro.
E nella città meridionale di Kahramanmaras, vicino all’epicentro del terremoto, gli escavatori hanno scavato e scavato tra le rovine delle migliaia di palazzi crollati, mentre i familiari, rannicchiate attorno a un fuoco, attendevano notizie dei loro cari. Un totale di 34.717 persone sono attualmente impegnati nel lavoro di ricerca di sopravvissuti, come ha detto ai media locali il vicepresidente turco Fuat Oktay. Circa 1,2 milioni di persone sono state ospitate in residenze studentesche e 400.000 sono state evacuate dalla zona, ha aggiunto.
Il potente terremoto ha ridotto in polvere anche importanti luoghi di culto. Ad Antakya, è crollata la famosa moschea di Habib-I Nejjar. Stessa sorte per la chiesa ortodossa della città.

La situazione è particolarmente complessa in Siria, dove Bab-al Hawa, nel nord-ovest, rimane l’unico valico operativo dalla Turchia alle aree ribelli, anch’esse devastate dal terremoto. I camion, con a bordo quanto bastava per realizzare rifugi di emergenza utilizzando teli di plastica, ma anche coperte, materassi, corde o anche viti e chiodi, stanno attraversando con difficoltà il confine. Aiuti insufficienti, ha ammesso l’Onu. “Fino ad ora abbiamo deluso il popolo della Siria nordoccidentale“, ha riconosciuto il capo dell’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite Martin Griffiths. “Si sentono giustamente abbandonati” ed è necessario “correggere al più presto questa mancanza”.
Il capo dell‘Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus ha incontrato domenica a Damasco il presidente siriano Bashar al-Assad, assicurando che quest’ultimo si è mostrato pronto a considerare l’apertura di nuovi valichi per il trasporto degli aiuti nelle zone ribelli.
Secondo Ghebreyesus “Assad è aperto a prendere in considerazione punti di accesso transfrontalieri per questa emergenza“. “Le crisi cumulative del conflitto, Covid, colera, declino economico e ora il terremoto hanno provocato un caos insopportabile“, ha osservato durante una conferenza stampa. Bashar al-Assad ha anche ringraziato domenica gli Emirati Arabi Uniti per i loro “enormi aiuti umanitari”, quando ha ricevuto a Damasco il capo della diplomazia emiratina Abdallah bin Zayed Al-Nahyan.
Secondo un funzionario del ministero dei Trasporti siriano, Suleiman Khalil, finora sono atterrati nel Paese 62 aerei carichi di aiuti e se ne attendono altri nelle ore e nei giorni a venire, in particolare dall’Arabia Saudita. Il potente movimento libanese Hezbollah, alleato del governo siriano, dal canto suo ha inviato un convoglio nella Siria occidentale, con “cibo” e “forniture mediche”.

 

Photocredit: Afp

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Sisma, quasi 22mila vittime in Turchia e Siria. Italia dichiara stato emergenza estero

Sono quasi 22mila i morti. E’ il tragico bilancio, destinato probabilmente a salire ancora, del terremoto che ha colpito il sud-est della Turchia e il nord della Siria all’inizio di questa settimana. Secondo gli ultimi rapporti ufficiali, le vittime sono 21.719, di cui 18.342 in Turchia e 3.377 in Siria. L’Oms stima che 23 milioni di persone siano “potenzialmente esposte, compresi circa cinque milioni di persone vulnerabili” e teme una grave crisi sanitaria che causerebbe danni ancora maggiori del terremoto. Le organizzazioni umanitarie sono particolarmente preoccupate per la diffusione dell’epidemia di colera, ricomparsa in Siria.

Intanto, un primo convoglio di aiuti è entrato nelle aree controllate dai ribelli nel nord-ovest della Siria giovedì, a quattro giorni dal disastro. Un corrispondente dell’AFP ha visto sei camion, contenenti materiale per tende e forniture per la pulizia, entrare in territorio siriano dalla Turchia attraverso il valico di frontiera di Bab al-Hawa. Mazen Allouch, un funzionario del valico di frontiera, ha detto che gli aiuti erano attesi già prima che il terremoto di magnitudo 7,8, seguito da oltre 100 scosse, devastasse la Siria e la Turchia lunedì. “Seguiranno, a Dio piacendo, come ci è stato promesso, convogli più grandi per aiutare il nostro popolo colpito“, ha aggiunto. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha spiegato in un comunicato che il convoglio, composto da sei camion che trasportano coperte, materassi, tende, forniture di soccorso e lampade solari, dovrebbe coprire i bisogni di almeno 5.000 persone.

Il sisma ha ucciso almeno 19.863 persone, secondo le ultime cifre ufficiali, di cui 16.546 in Turchia e 3.317 in Siria. E per l’Organizzazione Mondiale della Sanità ventitré milioni di persone sono “potenzialmente a rischio, compresi circa cinque milioni di persone vulnerabili“. Si teme una grave crisi sanitaria che causerebbe danni ancora maggiori del terremoto. Le organizzazioni umanitarie sono particolarmente preoccupate per la diffusione dell’epidemia di colera, che è riemersa in Siria.

IN ITALIA DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA ESTERO. Il governo italiano ha approvato la proposta del ministro per la Protezione civile Nello Musumeci di dichiarare lo stato di emergenza per interventi all’estero “in ragione dell’eccezionale Sisma che ha colpito la Turchia e la Siria, che si manifesta come il più tragico evento di questo tipo a livello mondiale negli ultimi decenni, per le migliaia di vittime che ha causato, per l’alto numero feriti, dispersi e sfollati, oltre che per il numero di edifici pubblici e privati distrutti. La solidarietà attiva con il popolo turco e con quello siriano é per noi un imperativo categorico”, dichiara il ministro. Nell’ambito del comune Meccanismo di Protezione civile dell’Unione Europea, aggiunge Musumeci “il governo può così fare il massimo per inviare squadre di soccorso, personale e materiale sanitario, in Turchia e, dopo la richiesta di quel governo, anche in Siria. Lo stato di emergenza avrà validità per sei mesi ed abbiamo messo a disposizione la somma di 11 milioni di euro che comprende, al netto di quanto potrà essere eventualmente rimborsato dall’Unione europea, i costi che verranno sostenuti per il trasporto, l’impiego di materiali e attrezzature e gli oneri relativi al personale impegnato nelle suddette operazioni”.

GLI AIUTI INTERNAZIONALI. Riuniti in un vertice a Bruxelles, i leader dell’Unione Europea – che sta organizzando una conferenza dei donatori per la Turchia e la Siria all’inizio di marzo – hanno osservato un momento di silenzio per le vittime del terremoto. Gli stessi hanno inviato una lettera a Erdogan esprimendo la loro “solidarietà” con il popolo turco e offrendo di aumentare gli aiuti alla Turchia. L’Ue ha inviato i primi soccorsi alla Turchia poche ore dopo il terremoto di lunedì. Ma inizialmente ha offerto solo un’assistenza minima alla Siria attraverso i programmi umanitari esistenti, a causa delle sanzioni internazionali in vigore dall’inizio della guerra civile nel 2011. Mercoledì, però, Damasco ha richiesto formalmente l’assistenza dell’Ue e la Commissione ha pregato gli Stati membri di rispondere favorevolmente alla richiesta. Il commissario europeo Janez Lenarčič, coordinatore dell’assistenza dell’Ue, si è recato giovedì a Gaziantep, nel sud-est della Turchia, dove avrebbe dovuto incontrare funzionari turchi ma anche organizzazioni umanitarie attive nel nord-ovest della Siria.

I DANNI ECONOMICI. Le perdite economiche legate al terremoto dovrebbero “superare i 2 miliardi di dollari” e “potrebbero raggiungere i 4 miliardi di dollari o più“, ha rilevato l’agenzia di rating Fitch spiegando che oltre a quella che è “soprattutto una tragedia umana“, i due Paesi dovranno affrontare anche “perdite economiche difficili da stimare, perché la situazione sta cambiando“. Si prevede dunque “che supereranno i 2 miliardi di dollari e potrebbero raggiungere i 4 miliardi di dollari o più“. Tuttavia, gli importi “assicurati sono molto inferiori“, “a causa della scarsa copertura assicurativa nelle regioni colpite“, spiega Fitch. Secondo l’agenzia di rating, potrebbero raggiungere “forse il miliardo di dollari“, una cifra “non molto elevata nel contesto del mercato globale della riassicurazione“.

LA SITUAZIONE SIRIANA. Il terremoto sta complicando il flusso di aiuti alle aree ribelli, rendendo difficile raggiungere Bab al-Hawa, l’unico punto di passaggio attualmente garantito dalle Nazioni Unite. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Geir Pedersen, ha chiesto a Ginevra di “non politicizzare” gli aiuti al Paese, aggiungendo di aver sollevato la questione con i rappresentanti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. La Francia ha annunciato che fornirà 12 milioni di euro in aiuti di emergenza alla popolazione siriana. Da parte sua, la Turchia ha annunciato che sta lavorando per aprire altri due valichi di frontiera con la Siria per consentire la consegna degli aiuti. “Per motivi umanitari, puntiamo anche ad aprire i valichi di frontiera con le aree sotto il controllo del governo di Damasco“, ha dichiarato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.

ULTIME ORE PER CERCARE I SOPRAVVISSUTI. Migliaia di case sono distrutte su entrambi i lati del confine e i soccorritori continuano a cercare i sopravvissuti tra le macerie, anche se la prima finestra cruciale di 72 ore per trovare i sopravvissuti si è chiusa, con la situazione aggravata dal freddo pungente. Ad Adiyaman, il terremoto ha intrappolato nell’hotel crollato degli adolescenti e i loro compagni, che erano arrivati dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord per giocare un torneo di pallavolo. Secondo Nazim Cavusoglu, ministro dell’Istruzione turco-cipriota che si è recato sul posto, un insegnante e tre genitori sono stati estratti vivi mercoledì sera. “Trentatré persone sono ancora intrappolate“, ha detto all’AFP. Il freddo sta rendendo la vita un inferno per i sopravvissuti. Nella città turca di Gaziantep (sud), le temperature sono scese a -5°C nelle prime ore di giovedì.

Oltre 17.500 le vittime in Turchia e Siria: freddo e tensioni politiche frenano i soccorsi

Un bilancio di morti che, come da previsione, non accenna a placarsi. Supera le 17.500 morti il bilancio delle vittime del devastante terremoto che ha colpito il sud-est della Turchia e la Siria settentrionale. Secondo il vicepresidente turco Fuat Otkay sono 14.351 i morti e oltre 60.000 feriti per la sola Turchia, mentre 3.162 persone sono state uccise in Siria secondo i rapporti ufficiali. Il bilancio totale sale quindi a 17.513 vittime.

LE CARENZE DEL GOVERNO TURCO. I volontari e i soccorritori stanno continuando a cercare possibili sopravvissuti tra le macerie delle migliaia di palazzi crollati ma, man mano che passano i giorni, diminuiscono sempre di più le possibilità di trovare qualcuno vivo. E in un crescendo di polemiche, in zone già piegate dal freddo e dal maltempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato costretto a riconoscere le carenze della risposta del governo. Ma proprio a causa delle forti critiche sui social sulla gestione della tragedia da parte delle autorità Twitter è diventato inaccessibile ai principali provider di telefonia mobile turchi. Nell’epicentro del terremoto, a Kahramanmaras, città di oltre un milione di abitanti devastata e sepolta sotto la neve, fino a martedì non è arrivato nessun soccorso. Lo stesso ad Adiyaman, nel sud della Turchia. I volontari stanno facendo del loro meglio ma la rabbia sta crescendo tra la popolazione. “Certo, ci sono delle carenze, è impossibile essere preparati a un simile disastro”, ha detto il presidente Erdogan che ha visitato la provincia di Hatay (sud), quella delle più colpite, al confine siriano. In difficoltà politica, a soli 4 mesi dalle elezioni presidenziali in cui spera di essere rieletto per il quinto mandato, il capo dello Stato ha affermato che nella sola provincia di Hatay sono stati dispiegati 21.000 soccorritori. “Alcune persone disoneste e disonorevoli hanno pubblicato dichiarazioni false come il fatto che non vi siano stati soldati o polizia”, ha denunciato. Ma “i nostri soldati e la polizia sono persone d’onore. Non lasceremo che persone poco rispettabili parlino di loro in questo modo”, ha detto.

INACCESSIBILI LE AREE RIBELLI IN SIRIA. La situazione è peggiore in Siria, dove il governo di Damasco sta impedendo l’arrivo degli aiuti nelle zone del nord-ovest controllate dai ribelli. Un appello è arrivato direttamente dalle Nazioni Unite, affinché il governo “metta da parte la politica” e consenta agli operatori di prestare soccorso. Nel Paese, finora sono stati estratti dalle macerie 2.662 corpi, metà dei quali nelle aree settentrionali e nord-occidentali sotto il controllo dei ribelli.  Queste regioni vicine alla Turchia sono private degli aiuti del governo siriano e dipendono solitamente dal supporto di Ankara, attualmente coinvolta nel disastro sul proprio territorio. “Chiediamo alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità nei confronti delle vittime civili. Le squadre di soccorso internazionale devono entrare nelle nostre regioni”, ha detto il portavoce dei Caschi Bianchi Mohammad Al-Chebli. “È una vera corsa contro il tempo, le persone muoiono ogni secondo sotto le macerie”, ha aggiunto. “Centinaia di famiglie sono ancora disperse o intrappolate tra le macerie”. Ad Aleppo, nella zona governativa, i soldati russi hanno salvato un uomo dalle macerie nella notte tra martedì e mercoledì, come annunciato dal ministero della Difesa russo. Un totale di 42 persone sono state soccorse dai militari russi.

GLI AIUTI INTERNAZIONALI. Continuano intanto gli arrivi di aiuti internazionali: oltre alle 36 squadre di soccorso e mediche, sono arrivati 11 esperti di protezione civile di Finlandia, Francia, Lettonia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia. Un team di supporto tecnico di 12 persone di Danimarca, Finlandia e Svezia li accompagnerà, ha reso noto la Commissione europea. La presidente Ursula von der Leyen, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, hanno annunciato l’intenzione di ospitare una conferenza dei donatori, in coordinamento con le autorità turche, per mobilitare fondi della comunità internazionale a sostegno delle due popolazioni colpite dal sisma.

IL SOSTEGNO DELL’ITALIA. Per quanto riguarda l’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto sapere che “allo stato attuale, in base alle informazioni fornite, le squadre USAR (Urban Search And Rescue) dei Vigili del fuoco italiani in Turchia sono riusciti a salvare due ragazzi in due distinte operazioni di soccorso ad Antiochia e stanno lavorando per trarre in salvo altre persone”. La premier ha poi mandato “un incoraggiamento e un ringraziamento sentito ai nostri generosi connazionali che stanno concretamente portando aiuto alle popolazioni colpite da questo apocalittico terremoto, con la loro specifica professionalità nella ricerca e nel soccorso in contesti cittadini”.

OPERAZIONI DIFFICILI PER IL MALTEMPO. In Turchia, il maltempo sta complicando il compito dei soccorsi “anche perché le prime 72 ore sono cruciali per trovare i sopravvissuti”, ha dichiarato il capo della Mezzaluna Rossa turca, Kerem Kinik. Nella provincia turca di Hatay (sud), duramente colpita dal terremoto, bambini e adolescenti sono stati estratti dalle macerie di un edificio. “Improvvisamente abbiamo sentito delle voci e grazie all’escavatore (…) abbiamo potuto sentire immediatamente tre persone contemporaneamente”, ha raccontato uno dei soccorritori, Alperen Cetinkayanous. In questa provincia, la città di Antakya (l’antica Antiochia) è in rovina, travolta da una densa nuvola di polvere a causa delle macchine per lo sgombero che scavano tra le macerie: grazie al team Usar (Urban search and rescue) dei vigili del fuoco italiani sono stati liberati due ragazzi dalle macerie. Nulla da fare per una bambina: i vigili del fuoco hanno estratto il corpo privo di vita e lo hanno consegnato alle autorità turche.

(Photocredit: AFP)

 

terremoto siria turchia

Terremoto in Turchia e Siria: quasi 12.000 vittime, il maltempo ostacola la macchina dei soccorsi

Un bilancio di morti che, come da previsione, non accenna a placarsi. Sono quasi 12mila le vittime del devastante terremoto che ha colpito il sud-est della Turchia e la Siria settentrionale. Al momento, secondo l’ultimo rapporto fornito da funzionari e da personale sanitario nei due Paesi, almeno 9.057 persone sono morte in Turchia e 2.662 in Siria. Oltre 55mila i feriti.

I volontari e i soccorritori stanno continuando a cercare possibili sopravvissuti tra le macerie delle migliaia di palazzi crollati ma, man mano che passano i giorni, diminuiscono sempre di più le possibilità di trovare qualcuno vivo. E in un crescendo di polemiche, in zone già piegate dal freddo e dal maltempo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato costretto a riconoscere le carenze della risposta del governo. Ma proprio a causa delle forti critiche sui social sulla gestione della tragedia da parte delle autorità Twitter è diventato inaccessibile ai principali provider di telefonia mobile turchi. La situazione è peggiore in Siria, dove il governo di Damasco sta impedendo l’arrivo degli aiuti nelle zone del nord-ovest controllate dai ribelli. Un appello è arrivato direttamente dalle Nazioni Unite, affinché il governo “metta da parte la politica” e consenta agli operatori di prestare soccorso.

Continuano intanto gli arrivi di aiuti internazionali: oltre alle 36 squadre di soccorso e mediche, sono arrivati 11 esperti di protezione civile di Finlandia, Francia, Lettonia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia. Un team di supporto tecnico di 12 persone di Danimarca, Finlandia e Svezia li accompagnerà, ha reso noto la Commissione europea. La presidente Ursula von der Leyen, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, hanno annunciato l’intenzione di ospitare una conferenza dei donatori, in coordinamento con le autorità turche, per mobilitare fondi della comunità internazionale a sostegno delle due popolazioni colpite dal sisma. Per quanto riguarda l’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto sapere che “allo stato attuale, in base alle informazioni fornite, le squadre USAR (Urban Search And Rescue) dei Vigili del fuoco italiani in Turchia sono riusciti a salvare due ragazzi in due distinte operazioni di soccorso ad Antiochia e stanno lavorando per trarre in salvo altre persone“. La premier ha poi mandato “un incoraggiamento e un ringraziamento sentito ai nostri generosi connazionali che stanno concretamente portando aiuto alle popolazioni colpite da questo apocalittico terremoto, con la loro specifica professionalità nella ricerca e nel soccorso in contesti cittadini“.

In Turchia, il maltempo sta complicando il compito dei soccorsi “anche perché le prime 72 ore sono cruciali per trovare i sopravvissuti”, ha dichiarato il capo della Mezzaluna Rossa turca, Kerem Kinik. Nella provincia turca di Hatay (sud), duramente colpita dal terremoto, bambini e adolescenti sono stati estratti dalle macerie di un edificio. “Improvvisamente abbiamo sentito delle voci e grazie all’escavatore (…) abbiamo potuto sentire immediatamente tre persone contemporaneamente“, ha raccontato uno dei soccorritori, Alperen Cetinkayanous. In questa provincia, la città di Antakya (l’antica Antiochia) è in rovina, travolta da una densa nuvola di polvere a causa delle macchine per lo sgombero che scavano tra le macerie: grazie al team Usar (Urban search and rescue) dei vigili del fuoco italiani sono stati liberati due ragazzi dalle macerie. Nulla da fare per una bambina: i vigili del fuoco hanno estratto il corpo privo di vita e lo hanno consegnato alle autorità turche.

Nell’epicentro del terremoto, a Kahramanmaras, città di oltre un milione di abitanti devastata e sepolta sotto la neve, a martedì non era ancora arrivato nessun soccorso. Lo stesso ad Adiyaman, nel sud della Turchia. I volontari stanno facendo del loro meglio ma la rabbia sta crescendo tra la popolazione. “Certo, ci sono delle carenze, è impossibile essere preparati a un simile disastro“, ha detto il presidente Erdogan che ha visitato la provincia di Hatay (sud), quella delle più colpite, al confine siriano. In difficoltà politica, a soli 4 mesi dalle elezioni presidenziali in cui spera di essere rieletto per il quinto mandato, il capo dello Stato ha affermato che nella sola provincia di Hatay sono stati dispiegati 21.000 soccorritori. “Alcune persone disoneste e disonorevoli hanno pubblicato dichiarazioni false come il fatto che non vi siano stati soldati o polizia“, ha denunciato. Ma “i nostri soldati e la polizia sono persone d’onore. Non lasceremo che persone poco rispettabili parlino di loro in questo modo“, ha detto.

In Siria, finora sono stati estratti dalle macerie 2.662 corpi, metà dei quali nelle aree settentrionali e nord-occidentali sotto il controllo dei ribelli. I Caschi Bianchi, soccorritori delle aree anti-governative, hanno implorato la comunità internazionale di inviare squadre in loro aiuto, in una corsa contro il tempo per salvare le persone intrappolate sotto le macerie. Queste regioni vicine alla Turchia sono private degli aiuti del governo siriano e dipendono solitamente dal supporto di Ankara, attualmente coinvolta nel disastro sul proprio territorio. “Chiediamo alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità nei confronti delle vittime civili. Le squadre di soccorso internazionale devono entrare nelle nostre regioni“, ha detto il portavoce dei Caschi Bianchi Mohammad Al-Chebli. “È una vera corsa contro il tempo, le persone muoiono ogni secondo sotto le macerie”, ha aggiunto. “Centinaia di famiglie sono ancora disperse o intrappolate tra le macerie“.

Ad Aleppo, nella zona governativa, i soldati russi hanno salvato un uomo dalle macerie nella notte tra martedì e mercoledì, come annunciato dal ministero della Difesa russo. Un totale di 42 persone sono state soccorse dai militari russi.

Terremoto in Siria e Turchia: almeno 5.000 vittime, ma il numero è destinato a salire

Un bilancio devastante, destinato a crescere di ora in ora. Due Paesi – la Turchia e la Siria – che scavano senza sosta sotto le macerie e la comunità internazionale che ha offerto tutto l’aiuto possibile. Russia compresa. La notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023 sarà ricordata come il ‘big one’ dell’Anatolia: una scossa di magnitudo 7.9 – con epicentro a 30 km da Gaziantep – ha fatto tremare la Turchia sud-orientale, al confine con la Siria, e altre decine di scosse di assestamento – alcune con magnitudo superiore a 7 – hanno dato il colpo di grazia. Le vittime accertate sono oltre 5.000, i feriti sono ormai oltre 10mila, ma centinaia di famiglie sono rimaste sepolte sotto le case e i palazzi crollati. Gli italiani che si trovavano nelle zone del sisma sono stati tutti rintracciati tranne uno, che si trovava in Turchia per lavoro. “La Farnesina – ha scritto il ministro degli Esteri Antonio Tajani su Twitter -, fino ad ora, non è riuscita ad entrare in contatto con lui”. Le scosse hanno ucciso almeno 3.419 persone in Turchia e ne hanno ferite almeno 11.159. 3.471 edifici sono crollati. Le forti piogge e la neve, oltre al previsto abbassamento delle temperature, stanno rendendo ancora più difficile il lavoro dei soccorritori. A Iskenderun e Adiyaman, nelle province turche di Hatay e Adıyaman, gli ospedali pubblici sono crollati mentre è probabile che il bilancio delle vittime continui ancora a crescere nelle città interessate, Adana, Gaziantep, Sanliurfa, Diyarbakir in particolare. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha decretato sette giorni di lutto nazionale. Sono almeno 1.602 invece i morti in Siria. Ad aggravare la situazione in Siria, anche la difficoltà di censire le necessità nelle aree in mano ai ribelli, dove il bilancio di vittime e feriti è difficile da accertare, soprattutto nelle province di Aleppo e Idleb.

La prima scossa è stata registrata alle 4.17 ora locale (le 2.17 in Italia) – a circa 60 km in linea d’aria dal confine con la Siria – seguita da dozzine di scosse di assestamento, poi alle 13.24 locali una nuova scossa di magnitudo 7.5. Si tratta del sisma più forte da quello del 17 agosto 1999, che causò 17mila vittime, di cui un migliaio a Istanbul. Nel 1939, invece, un sisma di magnitudo 8.2 nella zona intorno alla città di Erzincan, nel nord della Turchia, causò circa 33mila morti.

Di fronte alla desolazione di macerie e fumo, i sopravvissuti hanno cercato di mobilitarsi sgombrando le rovine a mani nude, utilizzando secchi per evacuare i detriti. Ad Hama (Siria centro-occidentale), soccorritori e civili hanno estratto a mano, aiutati da macchinari pesanti, i corpi delle vittime sotto le macerie, compreso quello di un bambino. A Jandairis (nord-ovest della Siria), un uomo ha pianto la morte del figlio, un ragazzino avvolto in una giacca a vento. Più di quaranta case sono crollate come un castello di carte in questa città di confine con la Turchia.

E mentre Damasco e Ankara affrontavano la loro tragedia, in Italia scattava l’allerta maremoto, diramata nella notte dal Centro Allerta Tsunami dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che aveva inviato la popolazione ad allontanarsi dalle zone costiere. Allarme poi rientrato nelle prime ore del mattino. Per precauzione, era stata sospesa la scopo cautelativo la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia, proprio per il rischio di possibili onde anomale.

La comunità internazionale si è immediatamente stretta intorno ai paesi colpiti dal sisma. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto appello all’unità nazionale, affermando che la Turchia ha ricevuto offerte di aiuto da 45 Paesi. Tra questi c’è anche l’Italia, la cui premier Giorgia Meloni ha espresso vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite. La Protezione Civile italiana ha già fornito la propria disponibilità per contribuire al primo soccorso. Stesso appello è arrivato dal governo siriano: “La Siria invita gli Stati membri delle Nazioni Unite, il Comitato internazionale della Croce Rossa e altri gruppi umanitari (…) a sostenere gli sforzi del governo siriano per affrontare il devastante terremoto”, ha chiesto il ministero degli Affari esteri in una nota.

Messaggi di sostegno sono arrivati ​​da tutto il mondo, dal presidente Usa Joe Biden fino al russo Vladimir Putin e al cinese Xi Jinping. “I nostri team sono sul campo per valutare i bisogni e fornire assistenza“, ha fatto sapere il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, facendo appello alla comunità internazionale. Un minuto di silenzio durante l’Assemblea generale dell’Onu. “Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per le notizie sul devastante terremoto di oggi in Turchia e in Siria. Siamo pronti a fornire tutta l’assistenza necessaria“, ha dichiarato nell’alba americana il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. “Il presidente Biden ha ordinato a USAID e ad altri partner del governo federale di valutare le opzioni di risposta degli Stati Uniti per aiutare le persone più colpite“. Gli Usa, continueranno a “monitorare da vicino la situazione in coordinamento con il governo turco“.

Il Cremlino, alleato della Siria, ha annunciato che le squadre di soccorso partiranno per Damasco “nelle prossime ore“, mentre secondo l’esercito sono già sul posto più di 300 soldati russi per aiutare con i soccorsi. Mosca ha precisato che il presidente turco ha accettato, dopo un colloquio telefonico con Vladimir Putin, “l’aiuto dei soccorritori russi” nel suo Paese. La Grecia, nonostante i suoi burrascosi rapporti con il vicino turco, ha promesso “di mettere a disposizione (…) tutte le sue forze per venire in aiuto della Turchia” e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha chiamato Erdogan per offrire un “aiuto immediato” da parte di Atene. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver soddisfatto una richiesta di aiuto della Siria, con la quale lo Stato ebraico non ha relazioni diplomatiche. Damasco ha subito negato di aver inviato una tale richiesta.

L’Unione Europea ha attivato il suo “meccanismo di protezione civile” e “sono già in arrivo squadre provenienti da Paesi Bassi e Romania” oltre che in particolare 139 soccorritori francesi che devono partire in serata e 76 vigili del fuoco polacchi. L’Azerbaigian, alleato e vicino della Turchia, ha annunciato l’invio immediato di 370 soccorritori, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti così come l’India quello di squadre di soccorso mediche e attrezzature di soccorso. Tocca all’Ucraina dilaniata dalla guerra, che ha offerto “un folto gruppo di soccorritori“.

Terremoto Turchia - Siria

Terremoto di magnitudo 7.9 devasta Siria e Turchia: migliaia di morti

Una scossa di magnitudo 7.9 ha fatto tremare la Turchia questa notte alle 2.17 italiane nella parte sud-orientale, al confine con la Siria, nella regione dell’Anatolia sud-orientale. Tra le città più vicine all’epicentro, circa 30 km, c’è Gaziantep, una delle più grandi della Turchia. Il terremoto ha avuto un ipocentro a circa 20 km di profondità ed è stato fortemente sentito in tutta l’area meridionale della Turchia ed anche in Siria. Dopo il terremoto delle 2.17 sono state registrate altre scosse altre 7 scosse di magnitudo superiore a 4.5 nell’area e una di magnitudo 7.5. I danni sono ingenti. Secondo gli ultimi bilanci diffusi le vittime sarebbero oltre 2.600 fra Turchia e Siria. In Turchia, invece, le scosse hanno ucciso 1.651 persone  e ne hanno ferite almeno 11.159. Sono 3.471 gli edifici crollati , sollevando il timore di un bilancio di vittime ancora più alto. Sono almeno mille invece i morti in Siria: 570 persone sono state uccise e 1.403 ferite nelle aree sotto il controllo del governo nelle province di Aleppo, Latakia, Hama e Tartous. Nelle aree sotto il controllo dei gruppi ribelli nel nord-ovest, almeno 430 persone sono state uccise e più di 1.050 ferite. 

Allarme anche in Italia, con la protezione civile che ha inizialmente diramato un’allerta maremoto per le coste del Sud Italiane, salvo poi revocarla. Per precauzione, inizialmente, era stata sospesa la scopo cautelativo la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia, proprio per il rischio di possibili onde di maremoto. Ma intorno alle 7 circa la circolazione è ripresa con regolarità. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue costantemente, aggiornata dal Dipartimento della Protezione Civile, gli sviluppi del terremoto e “esprime vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite. La Protezione Civile italiana ha già fornito la propria disponibilità per contribuire al primo soccorso“, scrive Palazzo Chigi in una nota. Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha subito scritto su Twitter: “Ho appena parlato con il ministro degli Esteri della Turchia Mevlut Cavusoglu per esprimergli la vicinanza dell’Italia e per mettere a disposizione la nostra Protezione civile”. Al momento la Farnesina conferma che non ci sono italiani coinvolti.

Intanto la comunità internazionale si sta muovendo per aiutare le popolazioni colpite. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto appello all’unità nazionale, affermando che la Turchia ha ricevuto offerte di aiuto da 45 Paesi.

Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha annunciato di avere già attivato il meccanismo di protezione civile dell’Ue e che “il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue sta coordinando l’invio di squadre di soccorso dall’Europa. Squadre dai Paesi Bassi e dalla Romania sono già in viaggio“. Notizia confermata dalla presidente Ursula von der Leyen: “Il sostegno dell’Europa è già in arrivo e siamo pronti a continuare ad aiutare in ogni modo possibile“.  Stessa reazione dagli Stati Uniti, il cui consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan annuncia in una nota che gli Usa sono “pronti a fornire tutta l’assistenza necessaria“. “Il presidente Biden – precisa – ha ordinato a USAID e ad altri partner del governo federale di valutare le opzioni di risposta degli Stati Uniti per aiutare le persone più colpite“. Gli Usa, continueranno a “monitorare da vicino la situazione in coordinamento con il governo turco“.

I nostri team sono sul campo per valutare i bisogni e fornire assistenza“, ha fatto sapere il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, facendo appello alla comunità internazionale. Un minuto di silenzio durante l’Assemblea generale dell’Onu. Il Cremlino, alleato della Siria, ha annunciato che le squadre di soccorso partiranno per Damasco “nelle prossime ore“, mentre secondo l’esercito sono già sul posto più di 300 soldati russi per aiutare con i soccorsi. Mosca ha precisato che il presidente turco ha accettato, dopo un colloquio telefonico con Vladimir Putin, “l’aiuto dei soccorritori russi” nel suo Paese.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver soddisfatto una richiesta di aiuto della Siria, con la quale lo Stato ebraico non ha relazioni diplomatiche. Damasco ha subito negato di aver inviato una tale richiesta.

Firmato accordo Kiev-Mosca per sblocco grano, Onu e Turchia garanti

Mosca e Kiev firmano a Istanbul l’accordo per lo sblocco di circa 25 milioni di tonnellate di grano e cereali, bloccati da mesi nei porti del Mar Nero a causa della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. L’intesa, duramente negoziata da aprile, arriva a cinque mesi dall’inizio del conflitto e porta la firma del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dei ministri della Difesa turco e russo, Hulusi Akar e Sergei Shoigu, e del ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov.

Si tratta di due testi perfettamente identici ma separati, su richiesta proprio degli ucraini, che si sono rifiutati di siglare qualsiasi documento con i russi. Con l’intesa raggiunta grazie alla mediazione di Ankara, e il sostegno di tutta la comunità internazionale, si risolve una situazione che rischia pericolosamente di creare una crisi alimentare a livello mondiale.

L’accordo prevede un centro di coordinamento a Istanbul gestito da delegati delle parti coinvolte: un rappresentante ucraino, uno russo, uno turco e uno delle Nazioni Unite, assistiti dai rispettivi team. Questa ‘cabina di regia’, secondo Guterres, sarà costituita entro pochi giorni e sarà responsabile della programmazione della rotazione delle navi nel Mar Nero. “Non posso darvi una data precisa. Ma al massimo tra quindici giorni“, ha fatto sapere il segretario generale. Inoltre, ci saranno ispezioni (in mare) delle navi che trasportano il grano alla partenza e all’arrivo in Turchia, come richiesto da Mosca, per garantire che non vengano contemporaneamente consegnate armi all’Ucraina. Altro punto è la garanzia di un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da attività militari.

Le navi partiranno da tre porti ucraini: Odessa, Pivdenny (Yuzhne) e Chornomorsk, e i ‘piloti ucraini’ apriranno la strada alle navi da carico nelle acque territoriali.

L’accordo è valido per 120 giorni. Le circa 25 milioni di tonnellate di grano attualmente ferme nei silos dei porti ucraini, saranno portate a destinazione con cadenza di otto milioni di tonnellate al mese, dunque quattro mesi dovrebbero essere sufficiente a smaltire le scorte, anche se praticamente a ridosso del nuovo raccolto. È stato poi raggiunto un’intesa per facilitare l’esportazione di prodotti agricoli e fertilizzanti russi, su richiesta di Mosca, che voleva proteggerli dalle sanzioni occidentali. Conditio sine qua non del Cremlino per dare il via libera al documento. Nel dossier c’è anche il capitolo dedicato allo sminamento delle acque che proteggono i porti, operazione per la quale la Turchia si è offerta di dare il proprio contributo come soggetto terzo, “se necessario“.

La notizia, ovviamente, ha fatto il giro del mondo. “Milioni di tonnellate di grano disperatamente necessarie bloccate dalla guerra russa lasceranno finalmente il Mar Nero per aiutare a sfamare le persone in tutto il mondo“, twitta la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ringrazia Guterres per gli “instancabili sforzi” profusi nella trattativa. Breve ma incisivo il commento di Paolo Gentiloni: “Finalmente una buona notizia“. Anche per l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, “l’accordo di Istanbul è un passo nella giusta direzione, chiediamo la sua rapida attuazione“.

In Italia è il premier, Mario Draghi, a far sentire la sua voce: “Un’ottima notizia per tutta la comunità internazionale“, dichiara in una nota. Sottolineando che “lo sblocco è essenziale per permettere a questi carichi di raggiungere i cittadini di molti Paesi a medio e basso reddito e evitare una crisi alimentare mondiale“. Avvertendo, allo stesso tempo, che “il successo di questo piano dipenderà dalla rapida e piena attuazione” delle intese. Auspicando che siano “un primo passo verso concrete prospettive di pace” ma “in termini accettabili per l’Ucraina“.

Kiev, però, continua a credere poco nelle buone intenzioni della Russia. “Contiamo sull’Onu per l’attuazione dell’accordo per le esportazioni, perché di Mosca “non ci si può fidare della Russia“. Il ministro della Difesa di Putin, però, assicura: “Non approfitteremo del fatto che questi porti ucraini siano stati liberati dalle mine e aperti, abbiamo preso l’impegno“. La situazione, dunque, resta sempre complicata, ma il passo avanti di oggi fa tirare almeno un piccolo sospiro di sollievo. Senza illusioni, la convinzione generale è che la strada sia ancora molto lunga prima che le armi finalmente tacciano.

Putin teheran

Putin a Teheran per vertice con Iran e Turchia: focus grano ed energia

Il presidente russo Vladimir Putin è oggi a Teheran per un incontro trilateriale con i suoi omologhi di Iran, Ebrahim Raisi e Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Sul tavolo del vertice c’è il conflitto in Siria, ma anche la guerra in Ucraina e il suo impatto sulle economie globali, lo sblocco del grano bloccato nei porti ucraini e l’accesso all’energia. “In primo luogo, siamo pronti a continuare a lavorare in questa direzione e, in secondo luogo, la questione sarà discussa dai presidenti Putin ed Erdogan“, ha dichiarato ieri il consigliere diplomatico del Cremlino, Yuri Ushakov, citato dai media russi.

L’incontro arriva pochi giorni dopo il tour in Medio Oriente del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha visitato Israele e Arabia Saudita, due Paesi ostili all’Iran. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è arrivato a Teheran ieri sera ed è stato ricevuto questa mattina dal suo omologo iraniano nel Palazzo Saadabad, nel nord della capitale iraniana.

Il ministero della Difesa russo ha dichiarato venerdì che sarà presto pronto un “documento finale” per consentire l’esportazione di grano dall’Ucraina. L’accordo, mediato dalle Nazioni Unite, mira a trasferire attraverso il Mar Nero circa 20 milioni di tonnellate di grano bloccate nei silos ucraini a causa dell’offensiva della Russia in Ucraina. Dovrebbe inoltre facilitare le esportazioni russe di cereali e fertilizzanti, che sono state colpite dalle sanzioni occidentali sulle catene logistiche e finanziarie russe. I prodotti agricoli russi e ucraini sono essenziali per evitare che le crisi alimentari si diffondano nel mondo. I colloqui irano-russi affronteranno anche la questione dell’accesso all’energia.

(Photo credits: Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP)