Urso: Stop ecobonus, fondo auto in Manovra a 400 mln. Stellantis: Lotteremo per leadership

Stop a ecobonus e fondo automotive in Manovra aumentato da 200 a 400 milioni. Adolfo Urso porta sul tavolo Stellantis al ministero delle Imprese e del Made in Italy la posizione del governo e i piani futuri per il settore. Ma anche l’impegno in Europa, dove comunica che Roma cercherà di scongiurare la “follia delle euromulte“, che scatteranno dal 1 gennaio prossimo e che si tradurranno in sanzioni sulle case automobilistiche dai 15 ai 17 miliardi di euro.

Nel complesso, fa sapere il ministro, al comparto auto in Italia saranno destinati 1,64 miliardi per il 2025-26. Ma la convocazione di Stellantis a Palazzo Chigi non ci sarà ancora. Almeno finché non si avranno le condizioni per arrivare a un accordo di “alto profilo“. Per il momento, il prossimo tavolo è convocato al Mimit il 16 dicembre. “L’industria automobilistica europea è al collasso“, ammette Urso, che cita il report sulla competitività di Mario Draghi chiedendo di fare squadra per “intervenire subito, subito, subito“. Pensa agli annunci fatti in questi mesi da Volkswagen, che prevede la chiusura di 3 stabilimenti in Germania, di Audi, che dismetterà le attività in Belgio e di importanti aziende della componentistica europea che cesseranno le proprie attività, con il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti. “È il momento delle scelte – insiste -, altrimenti nei prossimi mesi, senza un cambio di rotta in Europa, dopo gli agricoltori anche gli operai bloccheranno le capitali europee e imporranno un cambio di rotta“.

Stellantis, dal canto suo, garantisce che non intende chiudere gli stabilimenti in Italia né fare licenziamenti collettivi. Ribadisce che il Piano per l’Italia c’è. Che a Melfi arriveranno cinque modelli (nel 2025 uscirà nel primo trimestre la prima Ds e, nel terzo, la nuova Jeep Compass elettrica. Nel 2026 arriverà nel primo trimestre la seconda vettura Ds, nel secondo la Jeep Compass Ibrida e nel terzo la nuova Lancia Gamma). Che, per lo stabilimento di Atessa di Pro One, la divisione dei veicoli commerciali del gruppo, ci saranno novità nel 2030, nonostante l’impianto abbia appena rinnovato interamente la gamma dei van. “Lo stabilimento storico in cui si producono i furgoni di grandi dimensioni del gruppo e il più grande impianto europeo di veicoli commerciali leggeri continua a essere centrale per Stellantis”, assicura Giuseppe Manca, responsabile Risorse Umane. “Lotteremo per difendere la nostra leadership“, aggiunge Daniela Poggio, vicepresidente Communication & Public Affairs Italia, ricordando che Fiat, primo marchio all’interno del Gruppo, è “leader in Brasile, Turchia, Algeria, e in Italia”. Ma la transizione verso l’elettrificazione è stata indicata dalle istituzioni europee: “La politica fa le leggi, noi le rispettiamo“, commenta Poggio, precisando che la riconversione comporta un maggiore costo dei veicoli elettrici del 40%, e che la concorrenza cinese ha il 30% di vantaggio sulla competitività dei costi. “Modificare la regolamentazione in corsa non è una buona idea perché il mondo non tornerà indietro sulla elettrificazione e l’Italia è un Paese esportatore“, avverte.

Ai sindacati però tutto questo non basta. Chiedono di spostare immediatamente il confronto a Palazzo Chigi, “oppure ci autoconvocheremo“, minaccia Fiom. “Oggi al Mimit non c’è stato nessun passo in avanti né da parte del Governo, né da parte dell’azienda“, osservano Samuele Lodi, segretario nazionale, e Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale automotive, al termine del confronto fiume, durato oltre cinque ore. Il rischio, mettono in guardia, è quello di un “contro effetto domino“: “Stanno tutti fermi ad aspettare gli impegni degli altri; ma si avranno effetti negativi, in particolare sulle lavoratrici e sui lavoratori di Stellantis e delle aziende della componentistica, se non si interviene nel breve periodo“, affermano, considerando i 200 milioni di euro ripristinati in manovra per il 2025 come “del tutto insufficienti“.

Bisogna “alzare il livello di interlocuzione“, fa eco Ferdinando Uliano, segretario di Fim, perché il piano industriale presentato da Stellantis “lo conoscevamo già“. Serve, afferma, “una spinta in più“, cioè il tavolo alla presidenza del Consiglio, e un “intervento forte di potenziamento delle risorse a disposizione in Europa”. Fim chiede quindi una “partita europea a tutto campo, perché quello che sta succedendo in Germania dimostra che da soli non andiamo da nessuna parte“.

Il tavolo auto aperto da oltre un anno al Mimit si è dimostrato “non solo inefficace, ma addirittura controproducente” per Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto. L’aggiornamento al 16 dicembre al ministero, chiosa, “rischia di rappresentare una ennesima pericolosa dilazione, né si può pensare di coinvolgere Palazzo Chigi solo in caso di esito positivo di una discussione che invece sembra in procinto di naufragare”. La richiesta è di intraprendere con il governo un “confronto effettivo” e di ripristinare nella sua interezza il fondo automotive. A Stellantis la richiesta è di ottenere lanci di vetture non esclusivamente elettriche, la conferma degli investimenti a Termoli, l’assegnazione della vettura small a Pomigliano e garanzie su tutti gli stabilimenti italiani, con specifici contratti di sviluppo e la valorizzazione del proficuo lavoro svolto con alcune delle Regioni interessate. Così come misure straordinarie per supportare la filiera dell’indotto “ridotta allo stremo“. “Dobbiamo unire le forze per contrastare quel processo di deindustrializzazione dell’Italia e della Europa – scandisce Ficco -, che è partito proprio dall’automotive”.

Ex Ilva, ok Ue al prestito ponte da 320mln. Urso: “Siamo su strada giusta”

La Commissione europea dà il via libera al prestito ponte da 320 milioni di euro per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ricevuto questa mattina la ‘comfort letter’ in cui si esprime una valutazione positiva sui termini del prestito, che prevede un tasso di interesse annuo dell‘11,6%.

Una conferma che, sottolinea il Mimit, “attesta la validità del piano industriale elaborato dalla gestione commissariale e la capacità dell’azienda di restituire la somma in tempi congrui e senza configurarsi come aiuto di Stato“.

Si dice fiero Adolfo Urso, che da Napoli ribadisce la conferma che il piano industriale di rilancio elaborato dalla struttura commissariale è “tale da consentire la restituzione nei tempi e con un tasso di interesse piuttosto significativo“. Considerando che parliamo dell’impianto siderurgico “più sfidante in Europa“, rivendica, “siamo sulla strada giusta e non credo fosse facile anche solo immaginarlo“.

Soddisfatti i sindacati, che però domandano un nuovo incontro urgente a Palazzo Chigi, richiesto già unitariamente da Fim, Fiom e Uilm diverse settimane fa, per riprendere la discussione con il governo sulle prospettive dell’ex Ilva, sul piano industriale e di ripartenza, sulle ulteriori risorse da mettere a disposizione dei commissari, sull’occupazione e sull’annunciato bando di gara. “I 320 milioni di euro, come abbiamo più volte ribadito, rappresentano una buona notizia ma non sono sufficienti per il rilancio della produzione, il riavvio degli impianti e il ritorno a lavoro di tutti i lavoratori“, chiosa Rocco Palombella, Segretario generale Uilm. E che l’estate sia iniziata, non conta: “Non possiamo attendere un mese per l’incontro con il Governo – avverte il sindacalista –, la situazione è drammatica con stabilimenti quasi fermi e migliaia di lavoratori senza certezze“. La ripresa del confronto sulla cassa integrazione, sostiene, non può partire prima di un “incontro chiarificatore” a Palazzo Chigi.

Pienamente d’accordo Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. Le risorse non bastano per un pieno rilancio, conferma, “considerazione delle condizioni in cui si trovano gli stabilimenti ex Ilva“. Il tempo scorre e già quello intercorso tra la richiesta del prestito e la comfort letter è stato “troppo“, insiste: ” Ora occorre capire quando le risorse saranno nelle reali disponibilità dei commissari straordinari”. Di certo, gli impianti di tutti gli stabilimenti non possono continuare a restare fermi e sono necessari gli interventi per le manutenzioni ordinarie e straordinarie. “I lavoratori vivono nella incertezza sul loro futuro – lamenta Scarpa -. Il piano per la ripartenza lo dobbiamo ancora discutere e il Governo deve confrontarsi con le organizzazioni sindacali sui contenuti del bando di gara per l’ipotesi di vendita dell’azienda“.

Positivo l’ok al prestito anche per il segretario nazionale di Fim Cisl, Valerio D’Alò: “Lo aspettavamo, perché tutto ciò che è previsto nel piano di ripartenza è strettamente legato alla presenza di risorse con cui fare investimenti, manutenzioni, acquisto di materie prime“, osserva, ricordando che .anche la cassa integrazione è legata alla ripartenza degli impianti, condizione possibile solo con le risorse, “almeno fino all’arrivo del bando di gara, il vero snodo che dovremo affrontare in futuro“.

Stellantis, confermato l’impegno per 5 modelli full electric a Melfi

Si riunisce il tavolo per l’analisi degli stabilimenti di Stellantis in Italia, si parte dall’impianto di Melfi, in Basilicata. Una prima risposta, che è una conferma, c’è: saranno cinque i modelli full electric che l’azienda promette di produrre nel sito, impegno che lo stesso Carlos Tavares ha preso al Mimit qualche settimana fa. “Ora attendiamo che questo impegno si tramuti in progetti concreti”, è l’auspicio del ministro, Adolfo Urso.

L’ad non è al tavolo, per policy aziendale legata al periodo di campagna elettorale, che vede il presidente Vito Bardi ricandidato alle prossime regionali. “Saremo al fianco dei sindacati che giustamente chiedono rassicurazioni per tutti i lavoratori dell’indotto“, assicura Bardi, che riconosce la complessità della trattativa perché “Stellantis agisce in regime di monopolio“. A meno di ripensamenti dell’Europa, al momento il piano industriale è indirizzato all’elettrico e “nell’incertezza sugli scenari futuri ad oggi la Regione è fortemente impegnata nel mettere in atto più iniziative possibili per far sì che i lavoratori che perdono il lavoro ne possano trovarne un altro“, garantisce.

Nessuna risposta arriva per indotto ed esuberi. Uilm Basilicata chiede tutele per la componentistica, i servizi e la logistica, che “a ben vedere sono i più esposti ai rischi occupazionali”, osservano Gianluca Ficco, Vincenzo Tortorelli e Marco Lomio, al termine dell’incontro. Il sindacato insiste molto sull’ibrido. Secondo Stellantis, la capacità iniziale dello stabilimento sarà di a 40 vetture per ora, ossia a 260mila vetture all’anno, ma, “un numero del genere sarebbe difficile raggiungerlo con vetture esclusivamente elettriche, che stanno facendo molta fatica ad imporsi fra i consumatori, tanto da indurre a un approccio più equilibrato e gradualista perfino la politica europea”, affermano i sindacalisti che, per questo, chiedono “di prorogare al massimo la produzione degli attuali modelli con motorizzazioni più tradizionali”.

Il governo ha fatto la sua parte, ora spetta all’azienda, avverte Urso: “Capisco che Tavares tuteli gli azionisti ma il governo deve tutelare gli italiani. L’azienda deve adattare il suo piano a quello che il sistema Italia si aspetta”, scandisce. Domani alle 10 il focus sarà su Mirafiori e giovedì alle 13.30 su Atessa, per i veicoli commerciali. Dopodiché si aprirà una seconda fase per comprendere quali siano le strategie che Stellantis vorrà mettere in campo. “Alla fine di questo ‘secondo tempo’ vorremo giungere a un documento conclusivo vincolante sia per l’azienda sia per il governo e per le regioni, e che sia condiviso dalle parti sociali e dall’Anfia”, fa sapere il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Ferdinando Uliano, segretario di Fim Cisl, chiede di non perdere di vista l’obiettivo numerico: “Abbiamo la necessità di arrivare almeno a un milione di vetture, comprensive anche dei veicoli commerciali. Oggi dobbiamo iniziare con lo stabilimento di Melfi ma proseguiremo con gli altri per verificare le piattaforme dedicate allo stabilimento, i modelli che sono destinati, la scansione temporale. Perché solo così, definendo impegni precisi da parte di Stellantis riusciremo a comprendere se ci sono le condizioni per la crescita dei volumi e una tenuta del sistema industriale”.

Più dura la linea della Fiom, che chiede interventi più incisivi e considera il comportamento dell’azienda “irresponsabile socialmente“: “Oggi eravamo qui per parlare dello stabilimento di Melfi e non abbiamo ricevuto garanzie neanche sull’indotto”, lamenta il segretario, Michele De Palma. “Credo sia chiaro anche agli orbi – tuona -: senza l’ad questa discussione non va da nessuna parte. L’ad deve venire in Italia per rispetto di questo Paese”. Attualmente a Melfi si assemblano le Jeep Renegade, la Jeep Compass e la Fiat 500X. Stellantis ha annunciato con l’arrivo della piattaforma STLA Medium 5 nuovi modelli elettrici, i cui tempi non sono secondo il sindacato “allineati rispetto a quelli degli incentivi“.

Con i nuovi esuberi annunciati in questi giorni, circa 500, e gli oltre 700 in trasferta, denuncia De Palma, “stiamo accompagnando un processo di dismissione industriale perché non si stanno prevedendo investimenti in produzione, in nuovi modelli e nella rigenerazione dell’occupazione“. Le parti sociali chiedono unitariamente alla premier Giorgia Meloni un tavolo nazionale a Palazzo Chigi, non tavoli regionali, per “arrivare a una trattativa vera e quindi a un accordo“. Intanto, si preparano a uno sciopero di tutto il settore automotive, il 12 aprile, con manifestazione a Torino.

Ex Ilva, lunedì sindacati a P.Chigi. Uilm: Da Morselli solo bugie. E l’ad querela

Il negoziato tra ArcelorMittal e Governo prosegue, ma con scarsi risultati: l’amministrazione straordinaria appare sempre più vicina. Lunedì 19 febbraio, in serata, il ministro delle Imprese Adolfo Urso incontrerà ancora a Palazzo Chigi i sindacati del comparto, per comunicare i prossimi passi per il rilancio dell’ex Ilva.

La prossima settimana, in commissione Industria del Senato, inizieranno anche le votazioni sugli emendamenti ai due decreti integrati che riguardano Acciaierie d’Italia e soprattutto l’indotto, con i lavoratori e le aziende che sono state messe sotto copertura di uno strumento di cassa integrazione. Urso però lamenta una scarsa collaborazione di AdI sulle informazioni da estrarre dai propri database, in merito alle imprese dell’indotto che potrebbero utilizzare gli strumenti messi in campo con il decreto legge. In particolare, non sarebbe stata comunicata la composizione del debito. Sono quindi le imprese dell’indotto che in caso di amministrazione straordinaria rischierebbero maggiormente. Negli incontri precedenti, il Governo ha assicurato di voler preservare gli impianti produttivi, l’occupazione e tutelare l’ambiente.

Venerdì, intanto, si consuma lo scontro tra il leader della Uilm, Rocco Palombella, e l’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli. “Questo negoziato non ha più senso. Anche perché tutto si è arenato sulla richiesta di una manleva, una sorta di lasciapassare giudiziario per Morselli, e per il cda, nessuno può garantirlo“, denuncia il sindacalista dalle colonne di Repubblica. “E – aggiunge – non sarebbe corretto concedere questo scudo“.

Gli avvocati del socio pubblico Invitalia e quelli di Mittal, a suo dire, sarebbero fermi sempre sugli stessi punti. In particolare si discuterebbe del “lasciapassare per l’ad Morselli, una sorta di scudo penale, e del fatto che Invitalia pretenda da ArcelorMittal il pagamento di una compensazione per come è ridotta l’azienda rispetto a quando sono entrati. E gli indiani non vogliono riconoscere nulla“, scandisce Palombella. I problemi, però, per le parti sociali, sono altri. “Basta leggere la lettera che i commissari dell’Ilva, da cui le Acciaierie affittano gli impianti di Taranto e degli altri siti, scrivono a Morselli per capire che la situazione non va“, afferma. I programmi produttivi non corrispondono a quelli presentati quando è iniziato l’affitto del sito, i report su manutenzione e stato degli impianti non arrivano o sono parziali.

In audizione in Senato, Morselli ha chiesto un prestito da un miliardo per poter acquistare gli impianti e “diventare una azienda normale“, assicurando che i debiti veri non ammonterebbero a 3,1 miliardi, ma a meno di 700 milioni. “Morselli in Parlamento ha detto solo bugie“, tuona Palombella, incassando una querela dell’amministratore delegato.
È la seconda volta che l’ad tenta e pensa di intimidirmi per delle critiche alla sua gestione e alle sue parole dette in audizione al Senato“, fa sapere il segretario della Uilm, assicurando che non arretrerà “di un millimetro nella difesa di tutti i lavoratori, dell’ambiente e del futuro produttivo di un asset strategico per il nostro Paese“.

Ex Ilva, sindacati sulle barricate: Governo assuma controllo o non staremo fermi

Il tempo delle riflessioni è scaduto. Fiom, Fim e Uilm organizzano una conferenza stampa davanti a Palazzo Chigi sulla vertenza ex Ilva, ma sono convocati dal governo il 20 dicembre. Oltre quella data, assicurano, non saranno disposti a tollerare risposte ambigue: il socio pubblico in Arcelor Mittal, quindi in Acciaierie d’Italia, deve crescere e il governo prendere il controllo, altrimenti “non staremo fermi” e “non andremo via”, tuonano. Tradotto: la protesta prosegue a oltranza.

Al momento, Adi è al 38% di Invitalia e al 62% di Arcelor Mittal. In ballo c’è il futuro di 20mila lavoratori, tutti ancora in Cig, e della produzione dell’acciaio in Italia. L’incontro del 20 tra Palazzo Chigi e le parti sociali sarà propedeutico all’Assemblea degli azionisti, prevista per il 22 ma già rinviata diverse volte. La crisi finanziaria in cui sostiene di versare l’azienda richiede una ricapitalizzazione di emergenza di oltre 300 milioni di euro.

“Voglio essere esplicito: il 20 o c’è una risposta che dà garanzie rispetto alla salita del socio pubblico dentro Arcelor Mittal, quindi dentro Acciaierie, quindi prende in mano il governo la gestione dell’azienda, con un elemento di garanzia per i lavoratori e le produzioni, o noi non andremo via“, spiega Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil. Lamenta un disinteresse dell’azienda non solo per il futuro, ma anche per le attuali situazioni di sicurezza e salute dei lavoratori: “Ogni giorno c’è un incidente dentro gli impianti”, ricorda. De Palma denuncia anche un comportamento dell’azienda “oggettivamente anti-sindacale”: “Non rispetta il dialogo con i delegati, con i lavoratori, con le organizzazioni sindacali. Sappiamo che nel governo c’è un dibattito: il punto è uno, alla luce di quello che sta succedendo, cosa stanno aspettando? Siamo venuti per liberare il governo dalla condizione di ostaggio in cui la multinazionale indiana tiene gli impianti, i lavoratori e la dignità del Paese“, chiosa.

Si assumano la responsabilità o la pagheranno, il giudizio dei lavoratori e delle comunità è negativo, verso una crisi gestita con i piedi“, avverte il segretario della Uilm, Rocco Palombella. “Noi il 20 dicembre verremo qui e il governo e i ministri devono sapere che ci devono dire qual è la proposta che hanno messo in piedi per salvaguardare 20mila posti di lavoro, l’ambiente e la produzione di acciaio. Ce lo devono dire, non possono continuare a prendere tempo, come hanno fatto in questi anni, aspettando di passare il cerino al governo successivo. Ma siccome i lavoratori non sono cerini, ma persone con una grande dignità, chi fa politica deve assumersi i problemi e deve fare le proposte”, aggiunge. Da 4 anni dura l’affidamento a Mittal e “il bilancio è sotto gli occhi di tutti: è stata fallimentare fin dal primo momento, non c’è stato un anno senza l’utilizzo della cig o con un livello produttivo minimo. Non hanno speso un euro e ora chiedono il conto”, denuncia. E conclude: “Noi solleciteremo chiarezza e decisione. Se questo non sarà possibile, si apre un altro scenario, se il 20 ci saranno notizie negative, noi non staremo fermi”.

Dal Piemonte arriva la proposta del governatore Alberto Cirio di un’azione coordinata con Puglia e Liguria per “far sentire la voce delle Regioni in difesa degli stabilimenti produttivi”. Questa mattina, il presidente della Regione ha incontrato amministratori e organizzazioni sindacali sul futuro degli stabilimenti a Novi Ligure, Racconigi e Gattinara. La Regione, ha annunciato, parteciperà all’incontro convocato del 20 dicembre a Roma.