Meloni e von der Leyen in Emilia Romagna: nuovi fondi ai territori alluvionati

Dalla revisione del Pnrr e dall’accordo delle Politiche di sviluppo arrivano nuovi fondi per i territori alluvionati dell’Emilia Romagna. L’accordo viene siglato tra il governo e la Regione. Tra Bologna e Forlì il presidente, Stefano Bonaccini, accompagna la premier, Giorgia Meloni, il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, e la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, incassando anche qualche protesta dei cittadini, che accusano le istituzioni di “passerelle” troppo facili. Con l’intesa, però, 588 milioni di euro vengono sbloccati dalle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027 e assegnati alla regione. Se alle risorse FSC si aggiunge la quota di cofinanziamento (circa 99 milioni di euro), si arriva a 687 milioni di euro che serviranno a finanziare 92 progetti ritenuti strategici. “E’ stato fatto un lavoro silenzioso e difficile“, rivendica la premier smarcandosi dalle polemiche. L’obiettivo è dichiarato: “Trasformare l’Italia, spesso considerata fanalino di coda nell’utilizzo dei fondi europei, in un modello“.

Ursula von der Leyen era stata nei territori colpiti dal maltempo pochi giorni dopo le inondazioni, assicurando l’impegno dell’Europa. Ora “quelle risposte sono arrivate“, conferma Meloni. Intanto con la revisione del Pnrr, che “si diceva fosse impossibile e invece non solo era possibile, ma anche doverosa“, rimarca. Il nuovo piano, infatti, assegna un miliardo e 200 milioni alla difesa idraulica, al ripristino della viabilità e delle infrastrutture stradali, al patrimonio edilizio residenziale e pubblico, alle strutture socio-sanitarie pubbliche, alle scuole e infrastrutture sportive. In altre parole, con questi soldi, “si fa ricostruzione, ma anche e soprattutto prevenzione rispetto a eventuali ulteriori eventi di questa natura“, spiega la presidente del Consiglio. Si dice commossa dal ritorno in Romagna von der Leyen: “Mi ricordo chiaramente la visita a maggio dell’anno scorso e non dimenticherò mai la devastazione che hanno causato le inondazioni“, confessa, rimembrando “le enormi quantità di fango ovunque e le rovine delle case andate distrutte“, ma anche “la fenomenale solidarietà di uomini, donne e anche bambini per aiutarsi e confortarsi“. Il Fondo di solidarietà è stato mobilitato, con l’anticipo di 95 milioni per le emergenze, le operazioni di pulizia e ripristino. “Molto altro arriverà nei prossimi mesi“, garantisce la presidente della Commissione.

Gli Accordi delle Politiche di sviluppo e coesione “consentono al Governo di essere al fianco dei territori e seguire da vicino lo stato di attuazione dei progetti che scelgono di sostenere col ciclo 2021/2027 delle risorse”, precisa Fitto. “Da tempo ho stressato il ministro per firmare prima possibile questo accordo in linea con quel Patto per il lavoro e il clima condiviso con province, comuni, parti sociali. Oggi con questa firma il sistema regionale avrà ulteriori investimenti per ambiti cruciali”. Tira un sospiro di sollievo Bonaccini alla firma dell’accordo. Un programma, continua Bonaccini, “che andiamo ad attuare e che da tempo abbiamo condiviso con l’assemblea legislativa e con il Patto, naturalmente avrà attenzione particolare ai territori alluvionati“.

 

Meloni firma il patto con Emilia-Romagna: 687 milioni pro-alluvione. Oggi a Forlì con Von der Leyen

Prima Davos, poi Strasburgo, poi ancora l’Italia. Agenda impegnata quella della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che oggi tornerà in Emilia Romagna, in uno dei luoghi simbolo delle devastanti alluvioni che lo scorso maggio hanno colpito il centro Italia.

Von der Leyen in giornata sarà a Forlì, città toccata dalle inondazioni che hanno colpito la regione lo scorso anno, insieme alla premier Giorgia Meloni. Nel pomeriggio è prevista una conferenza stampa. Un incontro per discutere di fondi europei per le zone colpite dalle alluvioni, a cui parteciperanno anche il governatore della Regione, Stefano Bonaccini, e il ministro per gli Affari europei, il Sud e il Pnrr, Raffaele Fitto.

Il governo ha presentato a Bruxelles il 24 luglio la domanda di sostegno attraverso il Fondo europeo di solidarietà, per contribuire a ripristinare le infrastrutture principali, finanziare i servizi di soccorso e le operazioni di pulizia generale, e attuare misure di protezione del patrimonio culturale della regione. A novembre la Commissione europea ha deciso di concedere all’Italia un anticipo di 94,7 milioni di euro dal Fondo europeo di solidarietà per alleviare l’onere finanziario causato dal disastro naturale.

Il Fondo di solidarietà è un dispositivo fuori bilancio che permette di mobilitare fino a 500 milioni di euro all’anno – oltre ai fondi non spesi dell’anno precedente – per coprire parte dei costi per la ricostruzione. Gli Stati membri colpiti da disastri naturali possono richiederne l’attivazione alla Commissione entro 12 settimane dalla data dei primi danni rilevati, allegando alla domanda una stima dei danni. Questo dispositivo ammette interventi d’emergenza come il “ripristino immediato del funzionamento delle infrastrutture nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell’istruzione”. Dalla sua attivazione nel 2002 quasi un terzo degli 8,2 miliardi di euro complessivi – circa 3 miliardi – sono stati destinati all’Italia, quasi in doppio della Germania seconda beneficiaria con 1,6 miliardi.

Intanto in mattinata la premier ha firmato il nuovo accordo sui Fondi di sviluppo e coesione con il governatore Stefano Bonaccini e il ministro Raffaele Fitto.  “Arriviamo a una cifra di 687 milioni di euro che viene mobilitata oggi con questa firma. Complessivamente 92 progetti, poche grandi priorità: non risorse che vengono spese in centinaia di microprogetti, ma scegliere sulle priorità che rappresentano un volano” ha affermato la premier. “Non avremmo potuto non occuparci dell’alluvione, torna Von Der Leyen che si era presa responsabilità e impegni, quelle risposte sono arrivate – ha aggunto Meloni – grazie alla revisione del Pnrr, difesa idraulica, ripristino del patrimonio pubblico, delle scuole e delle infrastrutture sportive: 1,2 miliardi. Con il Fsc invece la Regione ha proposto, e il governo ha condiviso, 137 milioni per la manutenzione stradale, con rilevazione annuale del fabbisogno delle province. Sono risorse che si aggiungono a quelle che la Regione aveva già destinato a viabilità e trasporti, ci sono anche 27 milioni destinati a manutenzione straordinaria di opere idrauliche che insistono sui bacini idrografici della Regione, ma c’è anche molto altro”.

Ursula von der Leyen

Clima, il 6 febbraio la proposta Ue sul target intermedio al 2040

Sei febbraio. La comunicazione della Commissione europea sul nuovo obiettivo climatico intermedio al 2040 sarà discussa e adottata dal collegio a guida von der Leyen proprio in questa data a Strasburgo, secondo l’ultimo ordine del giorno della riunione del collegio dei commissari (sempre suscettibile a cambiamenti dell’ultima ora).

La Legge Ue per il clima (adottata a Bruxelles nel 2021) impegna tra le altre cose l’Unione europea a stabilire un nuovo obiettivo intermedio per il 2040 e un bilancio indicativo previsto per i gas a effetto serra dell’Unione per il periodo 2030-2050, ovvero quante emissioni nette di gas serra possono essere emesse in quell’arco temporale senza mettere a rischio gli impegni dell’Unione.
La legge sul clima ha fissato il target di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il 2040 è il secondo target intermedio prima di arrivare alla neutralità carbonica nel 2050. Dopo il 2050 si considerano emissioni negative: cioè non potranno più essercene di nuove, ma rimarranno quelle esistenti. La tempistica delle discussioni per il 2040 è strettamente legata al ciclo di ambizione quinquennale dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, che fissa l’impegno a limitare l’aumento della temperatura entro 1,5°C. Si prevede che tutte le parti dell’accordo inizieranno a pensare al prossimo obiettivo quest’anno per poi comunicarlo prima della Cop29 (29esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà il prossimo anno a Baku, in Azerbaijan.

I consulenti scientifici dell’Ue hanno suggerito una riduzione delle emissioni del 90% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2040, pubblicando uno studio con raccomandazioni sulla fattibilità tecnologica, limiti e rischi ambientali, cooperazione internazionale. Il commissario Ue per azione per il clima, Wopke Hoekstra, ha promesso che la Commissione preparerà una valutazione d’impatto approfondita e analizzerà diversi scenari, costi e benefici, impegnandosi a lavorare in linea con i suggerimenti del comitato consultivo e dunque ha sostenuto personalmente l’obiettivo del 90% entro il 2040, anche se la decisione dovrà essere collegiale (di tutta la Commissione europea).

In attesa della proposta da parte della Commissione europea, i ministri Ue dell’Ambiente hanno avuto questa settimana a Bruxelles un primo confronto sull’argomento pranzo informale sul tema con Ottmar Edenhofer, presidente della Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici. E anche l’Italia sembra possibilista sul target. Per l’Italia si tratta di “un obiettivo ambizioso, ma che dobbiamo perseguire. E’ legato allo sviluppo delle tecnologie e in linea con la riduzione del 55% al 2030, pertanto l’Italia deve fare di tutto per riuscirci e può riuscirci”, ha dichiarato il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in un punto a Bruxelles.

Il target climatico è tra le ultime grandi proposte che la Commissione europea ormai alla fine della legislatura si troverà ad avanzare. Anche dopo la comunicazione di febbraio, l’iter sarà appena avviato e spetterà alla prossima Commissione europea raggiungere un accordo politico con Parlamento e Consiglio Ue.

Rutte propone Hoekstra per il dopo Timmermans. Martedì colloquio con von der Leyen

E’ l’attuale ministro degli Esteri, Wopke Hoekstra, il candidato indicato dal governo dei Paesi Bassi per sostituire Frans Timmermans nel ruolo di commissario europeo con il portafoglio dell’azione per il clima. 47enne e attuale ministro degli Esteri del governo Rutte, Hoekstra è esponente dei conservatori liberali del partito Appello Cristiano Democratico (CDA), che a Bruxelles è membro del Partito popolare europeo di centrodestra. Il gruppo è lo stesso della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma è un segnale di discontinuità con Timmermans che appartiene invece alla famiglia dei Socialisti & Democratici.

Martedì prossimo, ha confermato la portavoce dell’esecutivo, Dana Spinant, si terrà il tradizionale colloquio del candidato con von der Leyen, per poi arrivare ad essere audito in Parlamento europeo. All’audizione all’Eurocamera partecipano una o più commissioni parlamentari competenti per il portafoglio, dopo aver risposto a un questionario scritto e presentato la propria dichiarazione di interessi. La Commissione deve ottenere l’approvazione del Parlamento a maggioranza dei voti espressi prima che i candidati possano essere nominati dal Consiglio europeo.

Quanto al portafoglio del successore di Timmermans, ancora non è chiaro quante competenze avrà e se manterrà la sola priorità dell’azione per il clima. Timmermans era il vicepresidente esecutivo con la delega al Green Deal e commissario per l’azione per il clima. Accettando le dimissioni dell’olandese, von der Leyen ha ‘spacchettato’ le sue competenze, scegliendo di assegnare il ruolo di vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo al vicepresidente per le relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, al quale andrà solo temporaneamente anche la responsabilità del portafoglio per la politica di azione per il clima fino alla nomina di un nuovo commissario proveniente dai Paesi Bassi (il collegio si compone di un membro per ciascuno Stato membro). Tutto lascia pensare che la delega al Green Deal rimarrà nelle mani di Sefcovic fino alla fine della legislatura, mentre al nuovo commissario andrà solo la competenza per l’azione del clima, che sul piano internazionale avrà un grande peso dovendo rappresentare Bruxelles nei negoziati alla prossima COP28 che si terrà negli Emirati Arabi dal 30 novembre al 12 dicembre.

Non solo per il piano internazionale il portafoglio climatico sarà importante. Timmermans se ne va lasciando aperti sul tavolo diversi dossier del Patto verde, come la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici (la famosa ‘direttiva case green’ su cui i negoziatori di Parlamento europeo e Consiglio si rincontreranno a settembre nel trilogo) e il regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi, passando per la proposta di revisione della direttiva del Consiglio sulla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità e dal taglio dei pesticidi. La Commissione ancora non conferma e spiega solo che il portafoglio del prossimo commissario olandese dipenderà dal “suo profilo e dalle sue qualifiche”, che emergeranno dal colloquio di martedì con von der Leyen. Già prima della conferma da parte di Palazzo Berlymont, le indiscrezioni sul nome hanno suscitato le critiche del gruppo S&D al Parlamento europeo che in una nota ha chiarito che ancora non c’è nulla di deciso e che il portafoglio di Timmermans del clima dovrebbe rimanere nella famiglia dei Socialdemocratici. “Sullo sfondo delle recenti manovre ciniche e populiste del PPE conservatore per annacquare il Green Deal e far deragliare documenti legislativi chiave come la legge sul ripristino della natura, è fondamentale per il nostro Gruppo che il portafoglio sul clima rimanga nelle mani dei socialisti”, si legge.

Von der Leyen promette alla Slovenia fino 6,3 mld per ripresa post-alluvione

Photo credit: AFP

 

Come da attese della vigilia, il viaggio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen nella Slovenia devastata dalle alluvioni ha portato indicazioni importanti sul supporto che Bruxelles potrà mettere in campo a favore degli sforzi di ripresa e ricostruzione del Paese dopo il disastro naturale. “È una tragedia nazionale ed europea“, ha confermato la numero uno dell’esecutivo comunitario alla sessione straordinaria dell’Assemblea Nazionale slovena, dopo aver visitato con il primo ministro, Robert Golob, e il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, i territori colpiti dall’alluvione: “Troveremo tutti i modi possibili per essere all’altezza della proverbiale solidarietà della Slovenia”.

Con il premier sloveno sono stati discussi in particolare i tre pilastri del pacchetto “per le necessità immediate, ma anche nel medio e lungo termine”. In primis c’è il Fondo di solidarietà, un dispositivo che permette di mobilitare fino a 500 milioni di euro all’anno – oltre ai fondi non spesi dell’anno precedente – per coprire parte dei costi per la ricostruzione: “Renderemo disponibili 400 milioni di euro, 100 milioni già quest’anno e 300 milioni il prossimo“, ovvero quasi 10 volte quelli ricevuti dal Paese dall’attivazione del dispositivo nel 2002 a oggi (48 milioni). Lubiana potrà richiederne l’attivazione entro 12 settimane dalla data dei primi danni rilevati, allegando alla domanda una stima dei danni, “poi potremo procedere al primo esborso”, ha spiegato von der Leyen. Sono ammessi interventi d’emergenza come il ripristino immediato del funzionamento delle infrastrutture nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell’istruzione.

Il secondo pilastro è il Next Generation Eu. “Oltre ai fondi che la Slovenia sta già usando e programmato, ci sono ancora 2,6 miliardi di euro che può richiedere“, è quanto annunciato dalla leader dell’esecutivo Ue, che ha precisato il fatto che “sono soldi nuovi, non programmati e potenzialmente accessibili” sotto forma di prestiti per finanziare un piano aggiuntivo dedicato alla ricostruzione e all’adattamento al clima. Ma perché Lubiana possa riceverli, “il tempo è tutto, la richiesta deve essere fatta entro la fine di agosto”, ha avvertito von der Leyen, e per questo motivo con il premier Golob è stata concordata l’istituzione di una task force tra Slovenia e Commissione Ue “per lavorare immediatamente sui requisiti amministrativi”.

Il terzo pilastro invece è composto dai fondi di Coesioneche possono essere riprogrammati”. Si tratta di “3,3 miliardi fino al 2027“, ma anche in questo caso “c’è bisogno della massima flessibilità, perché molto è già stato programmato”. Infine la presidente von der Leyen ha promesso anche che “mobiliteremo la riserva di crisi agricola europea per aiutare gli agricoltori che hanno perso bestiame, raccolti e macchinari”.

Un totale di 6,3 miliardi di euro che potenzialmente potrebbe arrivare a Lubiana per affrontare la ripresa e la ricostruzione a seguito delle alluvioni che “hanno portato scompiglio in due terzi” del Paese: “L’acqua ha spazzato via ogni tipo di infrastruttura critica – dai ponti alle linee elettriche – migliaia di famiglie sono state evacuate, quasi tutte le aziende nelle aree più colpite sono state coinvolte e sei persone hanno perso la vita”. La presidente della Commissione Ue ha rassicurato la popolazione sul fatto che “vi staremo vicini, potete contare sull’Ue“, dopo che in un solo giorno è caduta la pioggia di un mese: “La Slovenia è un eccellente esempio di un membro dell’Ue che ha sempre risposto immediatamente a chi aveva bisogno, come durante le alluvioni Italia o durante i terremoti in Croazia, ora è la Slovenia ad avere bisogno di aiuto” nel riprendersi da un disastro naturale causato dai cambiamenti climatici, “senza dubbio”.

Meloni: “Piano Mattei soluzione al grande problema d’Europa, l’energia”

La guerra in Ucraina ha cambiato la geopolitica energetica. L’approvvigionamento è diventato “il grande problema dell’Europa” che “non può guardare più a Est, ma deve guardare a Sud” del Mediterraneo. Nel ‘Forum in masseria’, organizzato ogni anno da Bruno Vespa, Giorgia Meloni torna a ripetere quanto fondamentale sia, non solo per l’Italia, ma per l’intero continente il suo Piano Mattei.

Un progetto che, a suo avviso, porterà non pochi benefici anche in Africa dove, scandisce, “sanno benissimo cosa significa”. Il tema si incrocia con una nuova, incombente, emergenza migratoria, di cui la premier ha discusso ieri con il cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Chi è intellettualmente onesto non può notare che dalle sue parole, a margine dell’incontro di ieri, in Europa c’è un cambio di schema”, che c’è la necessità di “occuparci della dimensione esterna, mentre fino a ieri il dibattito era come gestiamo i movimenti secondari”.

La questione, insiste, “non si può risolvere se non si capisce che la frontiera d’Europa è una, che l’immigrazione illegale si deve fermare prima che arrivi in Europa e non si può prescindere da accordi con i Paesi di partenza e transito, è il lavoro che stiamo facendo con quei Paesi soprattutto del Nord Africa”, con il Piano Mattei: “Stiamo mettendo in campo un progetto di cooperazione non predatoria, da pari, come faceva Enrico Mattei e i Paesi africani“.

Domenica la presidente del Consiglio tornerà in Tunisia con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro olandese, Mark Rutte. L’obiettivo è spingere per trovare l’accordo sugli aiuti del Fondo monetario internazionale al Paese, bloccati per le mancate riforme: “Ci sto lavorando quasi quotidianamente e se domenica ci recheremo lì è grazie a lavoro, molto prezioso, fatto dall’Italia“, rivendica. “Insieme a quella missione, si sta per concretizzare un primo pacchetto aiuti della Commissione Ue, propedeutico all’accordo con il Fmi – aggiunge -. Accordo sul quale continuo a chiedere un approccio pragmatico e non ideologico, sia alla Tunisia che al Fondo monetario internazionale“.

Ursula von der Leyen in Emilia Romagna con Meloni: “Ho il cuore spezzato, l’Ue è con voi”

In attesa della conta dei danni in Emilia Romagna, lo stato di emergenza si estende anche ai comuni colpiti delle Marche e della Toscana. Giorgia Meloni torna sui luoghi alluvionati, per accompagnare la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e mostrarle le condizioni in cui versa la Regione. Le due leader sorvolano sulle zone più colpite dalle inondazioni e dalle frane (Bologna, Conselice, Lavezzola, Ravenna, Forlì, Faenza, Modigliana, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Bagnacavallo, Lugo). Immagini che spezzano il cuore di von der Leyen, con “le terre coperte dall’acqua, il fango e le molte cicatrici aperte con smottamenti e devastazioni. È stato importante vedere dall’alto i problemi“. Il messaggio da parte dell’Ue è forte è chiaro: “Tenete botta, l’Europa è con voi”, dice von der Leyen, spiegando che il fatto che il maltempo abbia travolto una regione che ha “una lunga e ricca storia, rende ancora più doloroso vedere la devastazione”.

Gli occhi, però, sono tutti puntati agli aiuti che potranno arrivare all’Emilia Romagna dall’Europa. Con l’attivazione del Meccanismo di protezione civile dell’Ue nove Paesi hanno già dato immediato soccorso. Ma si parlerà anche di ulteriore supporto, dopo quello di emergenza, afferma la presidente della Commissione Europea. “Per molti agricoltori è stato un disastro, per questo deve essere attivato il fondo di emergenza per l’agricoltura, è il primo punto“. Successivamente, “il Fondo di solidarietà dell’Unione Europea è il mezzo più appropriato per dare sostegno“, ricorda: “Prima c’è bisogno di una stima dei danni, sfortunatamente questa regione ha già un ‘esperienza a riguardo con il terremoto di 10-11 anni fa“. La numero uno dell’esecutivo Ue menziona anche “i Fondi di coesione, che possono essere utilizzati“, ma “se guardiamo al futuro e alla prevenzione, nel Next Generation Eu abbiamo 6 miliardi di euro per la prevenzione delle inondazioni e dei terremoti, e il rafforzamento delle infrastrutture“.

D’accordo la premier, che spiega che “nelle prossime settimane, dopo la stima complessiva dei danni faremo richiesta di attivazione del Fondo di solidarietà previsto per i disastri e le calamità naturali, un fondo cui l’Italia ha già dovuto accedere altre volte. Ma penso sia stato importante che la presidente von der Leyen vedesse coi suoi occhi l’estensione del problema e anche i problemi multiformi coi quali avremo a che fare perché avremo bisogno di un occhio di riguardo anche per i programmi di vario genere e agli altri fondi, penso al tema agricolo. Questa è una regione fortemente agricola e c’è bisogno di attenzione per le aziende che sono particolarmente in difficoltà”. Il suo pensiero, al momento, non è focalizzato sulla nomina del commissario per la ricostruzione. Anzi, “sono francamente molto colpita – sottolinea – che il dibattito che vi interessa sia quello sul commissario, mentre ci sono i funerali delle persone. Oggi il mio principale problema non è chi spende i soldi, ma trovarli“.

Ursula von der Leyen

Maltempo, per l’Emilia Romagna scende in campo l’Europa. Giovedì arriva von der Leyen

La solidarietà europea “al suo meglio”. Bruxelles accelera gli sforzi per sostenere l’Italia dopo l’alluvione in Emilia-Romagna, mettendo in campo le squadre di soccorso del Meccanismo di protezione civile dell’Ue e attivandosi per rispondere al meglio alle esigenze anche finanziarie di un suo Paese membro colpito da un disastro naturale. “Siamo pronti a fornire ulteriore assistenza al popolo italiano in questo momento difficile”, è quanto mette nero su bianco dalla Commissione Europea, commentando la richiesta di soccorso dopo le alluvioni che hanno colpito in particolare la Romagna.

Sul terreno sono già pienamente operative le squadre della protezione civile della Slovenia e della Slovacchia, come ha reso noto il commissario europeo per l’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni: “Ho chiamato insieme al sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, il responsabile della squadra di protezione civile europea inviata in Romagna per ringraziarlo”. Le idrovore dei team dei due Paesi membri Ue sono state inviate dopo l’immediata richiesta di attivazione del Meccanismo di protezione civile dell’Ue da parte dell’Italia, che ha visto la risposta anche di Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Polonia e Romania a inviare nelle zone colpite dalle alluvioni attrezzature di pompaggio ad alta capacità. Per la mappatura satellitare delle aree alluvionate, il sistema Copernicus fornisce dal 16 maggio costanti aggiornamenti.

Ma c’è di più. Che la solidarietà europea all’Italia sia una priorità di Bruxelles lo dimostrano le parole del presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “Giovedì (25 maggio, ndr) verrà la presidente Ursula von der Leyen“. L’annuncio ha colto di sorpresa anche l’esecutivo comunitario, che solo mercoledì mattina ha confermato il viaggio nei territori alluvionati da parte della numero uno della Commissione, “per testimoniare sul campo la devastazione causata dalle alluvioni della scorsa settimana ed esprimere il sostegno dell’Ue”. Presumibilmente al centro della visita di von der Leyen ci sarà anche l’attivazione del Fondo di solidarietà dell’Unione Europea (Fsue), un dispositivo che permette di mobilitare fino a 500 milioni all’anno – oltre ai fondi non spesi dell’anno precedente – per coprire parte dei costi per la ricostruzione. Gli Stati membri colpiti da una catastrofe naturale possono richiederne l’attivazione alla Commissione entro 12 settimane dalla data dei primi danni rilevati, allegando alla domanda una stima dei danni.

Se però questo dispositivo ammette solo interventi d’emergenza come il “ripristino immediato del funzionamento delle infrastrutture nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell’istruzione” (dall’attivazione nel 2002 l’Ue ha stanziato a Roma quasi un terzo degli 8,2 miliardi complessivi), la risposta Ue sul breve termine continuerà con le squadre inviate attraverso il Meccanismo di protezione civile. Istituito nel 2001, è il mezzo attraverso cui i 27 Paesi membri e altri 9 Stati partecipanti (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia, Turchia e Ucraina) possono rafforzare la cooperazione per la prevenzione, la preparazione e la risposta ai disastri, in particolare quelli naturali. Il Meccanismo comprende un pool europeo di protezione civile, formato da risorse pre-impegnate dagli Stati aderenti, che possono essere dispiegate immediatamente all’occorrenza, ed è la Commissione a coordinare la risposta di solidarietà degli altri partecipanti con un unico punto di contatto, contribuendo almeno a tre quarti dei costi operativi.

Washington Consensus, la ricetta di Sullivan per la globalizzazione

Gli Usa e i loro alleati occidentali secondo Sullivan, consigliere per la sicurezza del Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden ,devono partire dagli errori e dai punti deboli della globalizzazione per superarli creando nuovi equilibri. In particolare non è più possibile pensare a una crescita economica svincolata dalla sicurezza strategica. Ciò vale sia per la globalizzazione del futuro e i suoi scambi commerciali ma anche per l’ambientalismo, che deve cessare di essere una religione neopagana e fare i conti con la realtà.

Inoltre la crescita deve avere al centro l’industria le cui produzioni, specie quelle più strategiche, non possono essere delocalizzate; e deve essere inclusiva, cioè capace di portare benessere agli strati sociali più vasti. Ancora, occorre trovare sostegni e supporti di ogni tipo per i Paesi a basso e medio reddito cercando di colmare il più possibile il gap economico e infrastrutturale. La ricetta di Sullivan, che esprime in realtà la visione di un Presidente democratico alle prese con un mondo sempre più multipolare, ma anche più caotico, mostra la fiducia (e l’ambizione) dei ‘liberal’ americani in un mondo migliore, e la convinzione che ciò che chiamiamo Occidente, e cioè gli Usa e i suoi alleati, siano capaci di migliorare il mondo, di difendere le istituzioni democratiche, di allargare sempre di più il benessere dei popoli e anche di quelle fasce di lavoratori che sono stati duramente colpiti dai processi di globalizzazione. Si tratta di una visione positiva e a suo modo ottimista che contrasta con il pessimismo cosmico di osservatori e politologi soprattutto ma non solo europei (si veda ad esempio Lucio Caracciolo sull’ultimo numero di Limes “il bluff globale”) che vedono una crisi irreversibile dell’egemonia americana e occidentale e l’avvento ingovernabile di caos a livello planetario.

La positività della visione di Sullivan e quindi della presidenza americana sta non solo nella lucidità dell’analisi sulle insufficienze del passato ma anche nel fatto che le proposte sono concrete e strutturate e segnalano, dopo quasi un decennio di basso profilo internazionale sia pure per ragioni diverse delle due presidenze di Obama Trump, un ritorno della politica americana alla grande politica internazionale  e allo sforzo di occuparsi del destino del globo con una visione attiva o proattiva.

Dell’analisi di Sullivan sulle insufficienze della globalizzazione ci siamo occupati nel numero precedente.  Oggi vediamo di esaminare e dare conto delle proposte.

Gli obbiettivi sono chiari:

  • Ricostruire capacità industriale perduta e costruire nuova capacità nei settori di punta: conduttori, biotecnologie, intelligenza artificiale.
  • Costruire sicurezza strategica attraverso catene di approvvigionamento diversificate e resilienti, per evitare dipendenze da paesi non amici.
  • Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per una giusta transizione verso un’energia pulita ma che sia sostenibile non solo ambientalmente ma anche economicamente e socialmente.

Il perseguimento di questi obbiettivi non comporta scelte protezionistiche o autarchiche, ma un approccio completamente diverso allo scambio e ai commerci internazionali.

L’Occidente non deve rinunciare alla liberalizzazione dei mercati ma bisogna perseguire accordi commerciali più moderni non solo basati sul livello delle tariffe doganali ma capaci di produrre risultati più generali di politica economica quali: la sicurezza delle catene di approvvigionamento, la creazione di buoni posti di lavoro che sostengano le famiglie, la garanzia della sicurezza e dell’affidabilità delle infrastrutture digitali, la promozione di una giusta e equa transizione energetica.

Un esempio di questi nuovi accordi è rappresentato dall’Indo Pacific Economic Framework, negoziato con 13 Paesi dell’area Indo-pacifica e volto a garantire l’accelerazione della transizione energetica, l’equità fiscale, la lotta contro la corruzione, standard elevati per accordi tecnologici e catene di approvvigionamento più resilienti.

L’approccio volto a connettere commercio e clima trova un’importante espressione nell’accordo globale su acciaio e alluminio che gli Usa stanno negoziando con l’Unione Europea, il cosiddetto Global Sustainable Steel.

Questo accordo dovrebbe affrontare contemporaneamente il tema delle emissioni climalteranti e della loro intensità e quello dell’l’eccesso di capacità produttiva che affligge storicamente i due settori. È necessario un forte intervento riformatore sulle regole del WTO (l’Organizzazione del Commercio mondiale) per garantire il perseguimento dei fini per cui è nato: concorrenza leale, apertura, trasparenza e stato di diritto. Pratiche e politiche non di mercato di numerosi Stati aderenti minacciano questi valori fondamentali. Per questo gli Usa e molti paesi occidentali stanno lavorando per riformare il sistema commerciale multilaterale in modo che vada a beneficio dei lavoratori, che tenga conto dei legittimi interessi di sicurezza nazionale, che promuova una transizione energetica giusta e equa.

Vi è poi l’enorme tema della mobilitazione di ingenti risorse economiche e finanziarie a favore delle economie dei Paesi emergenti.

Gli Usa e la Ue hanno avviato un grande sforzo per far evolvere le banche multilaterali di sviluppo in modo che siano all’altezza delle necessità dell’oggi. Fondo Monetario InternazionaleBanca Mondiale, Banche regionali devono ampliare i loro bilanci per affrontare le sfide del nostro tempo: cambiamento climatico, pandemie, fragilità dei territori, conflitti.

Contemporaneamente all’evoluzione delle banche multilaterali di sviluppo è stato lanciato un grande piano per colmare il divario infrastrutturale nei paesi a basso e medio reddito. Gli Usa mobiliteranno centinaia di miliardi di dollari per finanziare infrastrutture energetiche, fisiche e digitali da qui alla fine del decennio e per aiutare i Paesi, specie africani, indebitati pesantemente con la Cina in anni in cui l’Occidente è stato completamente assente da quel contesto strategico.

Infine, una considerazione sulla Cina.

Sullivan ribadisce, come fatto recentemente da Ursula von der Leyen, che gli Usa sono per il de-risking, cioè per ridurre le dipendenze strategiche dall’estero per le catene di approvvigionamento, e per la diversificazione, non per l’interruzione dei rapporti economici e commerciali con la Cina, cosa che sarebbe del tutto impossibile.

Il tema è il controllo sulle tecnologie che potrebbero alterare l’equilibrio militare, cioè la necessità di assicurarsi che le tecnologie statunitensi e occidentali non vengano usate contro gli Usa e il resto dell’Occidente.

Quindi, nessuno pensa all’ interruzione dei rapporti di scambio con la Cina: tutto l’Occidente continua e continuerà ad avere rapporti commerciali e di investimento molto consistenti con il gigante asiatico; non si tratta di cercare il confronto o il conflitto, ma di gestire la concorrenza in modo responsabile cooperando con la Cina laddove è possibile.

Questo il pensiero della presidenza democratica americana. Come si diceva, è una buona notizia, perché segna il ritorno degli Stati Uniti d’America, dopo anni di confusione e di incertezze, alla grande politica internazionale.

L’unico interrogativo che è lecito porsi è se questa impostazione consentirà a Biden di essere riconfermato presidente per il secondo mandato. In caso contrario con la vittoria di Trump o di altro candidato repubblicano tutto verrebbe rimesso in discussione.

Questa è la vera ragione per la quale l’Unione Europea, sia pur sempre nel quadro di una confermata amicizia e solidarietà euro-atlantiche, dovrebbe accelerare sulle politiche e sulle spese di sicurezza e di difesa comune e sulle politiche industriali, cercando di rimettere al centro dell’agenda l’industria, la sua innovazione, i suoi effetti sociali oltre che economici.

Ursula von der Leyen

L’Ue lancia il piano industriale Net-Zero: 40% tecnologie pulite entro il 2030. Resta fuori il nucleare

Almeno il 40% delle tecnologie a emissioni zero necessarie alla transizioni dovrà essere prodotta in Europa entro il 2030. Questo l’obiettivo centrale del ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento adottata oggi dalla Commissione europea come perno centrale del Piano industriale per il Green Deal, che si pone l’obiettivo di introdurre un quadro normativo prevedibile e semplificato per lo sviluppo di tecnologia pulita ‘Made in Europe’, in risposta all’Inflation Reduction Act’ degli Usa. L’atto normativo fissa l’obiettivo che entro il 2030 la capacità dell’Unione europea di produrre tecnologia net-zero dovrà soddisfare almeno il 40% del fabbisogno annuo di tecnologia necessaria per raggiungere gli obiettivi del piano per l’indipendenza energetica ‘RePowerEu’ e del Green Deal. Fissa inoltre una serie di obiettivi settoriali per lo sviluppo delle capacità e l’accelerazione delle procedure di approvazione per i progetti considerati strategici.

Il nucleo centrale della proposta è quello di individuare una categoria di “progetti strategici Net-Zero”, ovvero progetti considerati di importanza strategica dal punto di vista del contributo che possono dare alla transizione energetica. Per essere riconosciuti come tali, dovranno soddisfare criteri come la riduzione della dipendenza da Paesi terzi per determinati prodotti o stabilire nuovi standard di sostenibilità. Secondo la Commissione Ue, i progetti in questione poter godere di procedure accelerate per le autorizzazioni e di vedersi mobilitare fondi in via di priorità (dovranno essere considerati di “primario interesse pubblico” e trattati come tali nei processi amministrativi e giudiziari).

Nella proposta, Bruxelles ha individuato un elenco di tecnologie che riceveranno un sostegno particolare e soggette al target del 40%: solare fotovoltaico e solare termico, eolico onshore e offshore, batterie, pompe di calore ed energia geotermica, idrogeno rinnovabile, tecnologie del biometano, cattura e stoccaggio del carbonio e tecnologie di rete. Sono otto, non più nove come nelle precedenti bozze di regolamento. Il collegio dei commissari è stato diviso fino all’ultimo sull’inclusione della “fissione nucleare” nell’elenco, da cui alla fine è stato escluso. Tuttavia, nella proposta la Commissione apre alla possibilità di sostenere “in misura diversa” anche altre tecnologie, tra cui “i combustibili alternativi sostenibili, le tecnologie avanzate per la produzione di energia da processi nucleare con scorie minime dal ciclo del combustibile, i piccoli reattori modulari e i relativi combustibili migliori della categoria”, si legge.

Abbiamo bisogno di un contesto normativo che ci consenta di accelerare rapidamente la transizione verso l’energia pulita. Il Net-Zero Industry Act farà proprio questo. Creerà le migliori condizioni per quei settori che sono cruciali per noi per raggiungere lo zero netto entro il 2050: tecnologie come turbine eoliche, pompe di calore, pannelli solari, idrogeno rinnovabile e stoccaggio di CO2. La domanda sta crescendo in Europa e a livello globale e stiamo agendo ora per assicurarci di poter soddisfare una parte maggiore di questa domanda con l’offerta europea“, ha commentato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.