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L’Ue avverte l’Italia: “Fare di più per contrastare cambiamento climatico e povertà energetica”

Positivi l’agricoltura biologica, la crescita delle fonti rinnovabili, la riduzione delle emissioni a gas serra. Problematici la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la povertà energetica. E’ la fotografia dell’Italia scattata dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) nel suo Rapporto sullo stato dell’ambiente.

“L’Italia sta compiendo passi significativi verso la sostenibilità, ma deve affrontare numerose sfide”, evidenzia. Più nel dettaglio, vanno bene “lo sviluppo dell’agricoltura biologica, la crescita delle fonti rinnovabili, che supera il traguardo 2020 e punta al 38,7% entro il 2030, e la riduzione delle emissioni di gas serra”, elenca il documento. “Ampia” è anche l’estensione delle aree protette, sebbene “per contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei sarà necessario compiere ulteriori passi avanti”.

Sul fronte dell’economia circolare, “l’Italia registra un tasso elevato di utilizzo dei materiali”, ma “occorre ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, rafforzando il riciclo e il riutilizzo delle risorse già presenti sul territorio nazionale”. Dunque, per l’Agenzia, “restano aperte questioni importanti” per l’Italia che vanno “dalle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici alla gestione dei rifiuti, fino alle sfide socio-economiche legate al divario generazionale, alla scarsa mobilità sociale e alla diffusa povertà energetica”. In particolare, “le sfide ambientali si intrecciano con quelle sociali ed economiche, richiedendo un approccio integrato capace di coniugare tutela ambientale, innovazione e benessere collettivo”, precisa il report e, sotto questa luce, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è visto come “strumento decisivo per sostenere sostenibilità, innovazione e competitività”, mentre “la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030, resta il quadro di riferimento per garantire politiche coerenti e di lungo periodo”.

Allargando lo sguardo, il report dell’Agenzia – il settimo quest’anno, dato che viene pubblicato ogni cinque anni a partire dal 1995 – descrive come “non buono” lo stato di salute dell’ambiente europeo perché “continua a subire degrado, sfruttamento eccessivo e perdita di biodiversità”. Non solo: le prospettive per la maggior parte delle tendenze ambientali sono “preoccupanti” e “comportano gravi rischi per la prosperità economica, la sicurezza e la qualità della vita in Europa”.

All’indice ci sono cambiamenti climatici e degrado ambientale che rappresentano una “minaccia diretta per la competitività dell’Europa”. Circa l’81% degli habitat protetti si trova in condizioni mediocri o pessime, dal 60 al 70% dei suoli è degradato e il 62% dei corpi idrici non è in buone condizioni ecologiche. Il cambiamento climatico sta aggravando la scarsità di risorse idriche e, sul fronte energetico, si registra l’impossibilità per il 19% degli europei di mantenere una temperatura confortevole nelle proprie case.

E mentre la frequenza delle ondate di calore estreme è in aumento, solo 21 dei 38 Paesi membri dell’Aea (i Ventisette Ue a cui si aggiungono Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Turchia, Svizzera e i 6 dei Balcani occidentali) dispongono di piani d’azione per la salute in caso di ondate di calore. Inoltre, gli eventi climatici e meteorologici estremi (ondate di calore, alluvioni, frane, incendi boschivi) hanno causato oltre 240 mila morti tra il 1980 e il 2023 nell’Ue, con perdite economiche medie annue che sono state 2,5 volte superiori tra il 2020 e il 2023 rispetto al periodo compreso tra il 2010 e il 2019.

Per queste ragioni, il Rapporto – che arriva in un momento in cui i Paesi Ue hanno approvato un compromesso minimo sulla riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2035 e non sono riusciti a raggiungere un accordo su sulla proposta della Commissione europea di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 rispetto al 1990 – esorta ad accelerare l’attuazione di politiche e azioni, per una sostenibilità a lungo termine, già concordate nell’ambito del Green deal europeo. Un invito subito rimarcato dalla vicepresidente esecutiva della Commissione europea per la Transizione, Teresa Ribera: “Ritardare o rinviare i nostri obiettivi climatici non farebbe altro che aumentare i costi, aumentare le disuguaglianze e indebolire la nostra resilienza. Proteggere la natura non è un costo ma un investimento, nella competitività, nella resilienza e nel benessere dei nostri cittadini”, ha affermato. Mentre per Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea, “non possiamo permetterci di ridimensionare le nostre ambizioni in materia di clima, ambiente e sostenibilità”.

Agricoltura, 2 miliardi da revisione Pnrr. Coldiretti in piazza. Lollobrigida: “Sostegno a filiera grano”

Due miliardi di euro in più di risorse del Pnrr al ministero dell’Agricoltura. A prevederlo la proposta di rimodulazione discussa questa mattina a Palazzo Chigi nella Cabina di regia Pnrr convocata alla presenza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e presieduta dal ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione, Tommaso Foti. A beneficiarne sarà la misura ‘Contratti di filiera’, col fondo che avrà ora una disponibilità di quattro miliardi di euro.

Le risorse del Pnrr dedicate al settore primario sono state infatti più che raddoppiate dal governo Meloni, passando da 3,6 miliardi previsti nel 2021 agli 8,5 attuali. I fondi da investire per lo sviluppo del sistema agricolo dal 2023 raggiungono così circa i 15 miliardi di euro. La decisione di rafforzare la misura nasce dal successo ottenuto dai ‘Contratti di filiera’. Approvata con la rimodulazione del piano di gennaio 2024, l’Italia avrebbe dovuto sottoscrivere contratti per un miliardo di euro entro giugno 2025 ma l’obiettivo è stato raggiunto e superato di oltre il 25%, con 1,256 miliardi di euro di contratti sottoscritti. I progetti di filiera finanziati ad oggi sono 63, con 1.042 imprese coinvolte e 2 miliardi di euro di investimenti liberati, grazie al cofinanziamento previsto e all’accesso agevolato al credito e l’elevato moltiplicatore economico. “I contratti di filiera – sostiene il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francsco Lollobrigidarappresentano uno strumento strategico per la crescita e la modernizzazione delle aziende e delle filiere agricole italiane. Le imprese potranno investire in digitalizzazione, innovazione ed efficientamento energetico, migliorando la produttività e riducendo sprechi e costi raggiungendo così l’obiettivo di una maggiore sostenibilità del comparto agricolo”.

Al tempo stesso, ulteriori somme verranno dedicate alla misura ‘Parco agrisolare’ per soddisfare le numerose domande meritevoli di finanziamento. Con questo investimento ad oggi sono state finanziate oltre 23.000 imprese e installati 800 MW di capacità rinnovabile. Il nuovo obiettivo è raggiungere 1,7 GW entro il 2026, superando il target concordato con Bruxelles (1,3 GW) e quadruplicando quello originario del 2021 fissato a 400 MW. Come evidenziato da Lollobrigida, secondo l’Istat nel 2024 il settore ha registrato un +2% di valore aggiunto, contribuendo in maniera sostanziale alla crescita del Pil Italiano. Il reddito degli agricoltori italiani è quello cresciuto di più in Europa in termini nominali, risultati a doppia cifra contro una media europea dello 0,9%, mentre le esportazioni agroalimentari nel 2024 hanno toccato il record storico di 70 miliardi di euro.

“Sosteniamo – ha proseguito il ministro – i nostri agricoltori, allevatori e pescatori per riconoscere loro una remunerazione sempre più equa e giusta”. Secondo Lollobrigida, l’energia verde “non si produce sacrificando i terreni ma utilizzando impianti e infrastrutture delle aziende agricole. Ne abbiamo già finanziate 24mila e continueremo ad investire su questo settore che permette di abbattere i costi di produzione agli imprenditori agricoli ma anche di garantire l’ambiente”.

La notizia arriva nel giorno della protesta della Coldiretti, con manifestazioni da nord a sud del Paese “per dire basta ai trafficanti di grano che schiacciano il prodotto nazionale sotto i costi di produzione, costringendo le imprese agricole a lavorare in perdita e spingendo sempre più sulle importazioni estere”. Un grido partito da Bari, cuore del ‘Granaio d’Italia’, e Palermo, con manifestazioni contemporaneamente anche a Cagliari, Rovigo e Firenze. A rischio – sostiene la Coldiretti – ci sono quasi 140mila imprese agricole, soprattutto nel Mezzogiorno. La protesta arriva mentre il prezzo del grano duro è crollato a 28 euro al quintale, con un calo del 30% in un anno, tornando ai livelli pre-guerra in Ucraina, mentre i costi di produzione sono aumentati del 20% dal 2021. Un chilo di pasta oggi viaggia sui 2 euro, ma agli agricoltori vengono riconosciuti appena 28 centesimi al chilo di grano.

Per il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, “bisogna ridare dignità agli agricoltori, rispettando la legge sulle pratiche sleali che vieta la vendita sotto i costi di produzione”. Da Roma Lollobrigida è intervenuto in collegamento con le piazze di Bari e Palermo per tranquillizzare i manifestanti e assicurare loro il sostegno delle istituzioni alla filiera: “Il grano duro italiano non è soltanto una coltura, ma rappresenta la nostra identità. Per questo già nel 2024 abbiamo garantito 30 milioni di euro per i contratti di filiera, coprendo oltre 130 mila ettari per circa 9mila aziende agricole. Crediamo nella concorrenza ma in quella leale, basata sulla reciprocità dei costi di produzione e sulla possibilità di individuare un prezzo equo”.

Forte produzione, crollo prezzi e concorrenza asiatica: l’estate nera delle patate

La patata europea non tira più? Il mercato del tubero più consumato al mondo sta vivendo un crollo storico dei prezzi, mettendo a dura prova l’intera filiera, dai coltivatori ai trasformatori. Secondo l’agenzia Mintec, i prezzi delle patate nel Regno Unito e in Europa sono diminuiti drasticamente negli ultimi mesi a causa dell’accumulo di scorte da parte degli agricoltori, del calo dei consumi e della limitazione degli acquisti sul mercato libero, con molti acquirenti già coperti da contratti.

Il confronto con lo scorso anno è impietoso: i prezzi, allora spinti in alto da un’offerta limitata, oggi sono precipitati fino al 70% in meno nei confronti di un anno fa. La situazione è resa ancora più complessa dal deterioramento della qualità dei raccolti, in particolare nelle aree colpite da siccità, e dal fatto che alcune colture, piantate in anticipo, stanno ora invecchiando rapidamente. Ma a determinare questa pressione senza precedenti sui prezzi è anche la superficie coltivata, stando a una ricerca della società olandese, Dca Market Intelligence: nell’Unione europea è aumentata del 5,5% rispetto all’anno precedente, portando a previsioni di un raccolto molto abbondante.

I dati più recenti mostrano che Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi – i quattro principali produttori europei di patate da trasformazione – hanno aumentato le superfici coltivate fino a superare i 600.000 ettari, con una crescita del 7,5%. A rendere il tutto ancora più instabile è il fatto che buona parte di queste nuove coltivazioni è stata avviata senza contratti, spinta dalle aspettative di alta domanda da parte dei trasformatori.

Tuttavia, nel frattempo, il mercato libero è crollato e le aziende di trasformazione hanno ridotto gli acquisti contrattuali. Con queste premesse, il raccolto potrebbe superare i 25 milioni di tonnellate, se non addirittura avvicinarsi ai 30 milioni, in uno scenario che rischia di sbilanciare completamente la domanda e l’offerta.

Anche sul fronte dell’export, l’industria europea delle patatine fritte non gode di buona salute. Nonostante una crescita globale della domanda di oltre il 4%, l’Europa sta perdendo terreno nei mercati chiave. Se la Francia ha visto un aumento delle esportazioni del 30%, il Belgio ha registrato un calo del 6,6% e la Germania è rimasta stabile. I Paesi Bassi, pur avendo ampliato la capacità di lavorazione, hanno segnato solo un modesto +3,6%, sottolinea Dca Market Intelligence.

A complicare ulteriormente il quadro, la concorrenza internazionale è diventata sempre più agguerrita: India, Cina ed Egitto stanno investendo massicciamente nella trasformazione e nell’export, offrendo prodotti a qualità competitiva e a prezzi più bassi. Le esportazioni indiane sono aumentate del 35% e quelle cinesi addirittura del 75% nell’ultimo anno.

Agricoltura, protesta Coldiretti a Roma e Bruxelles: “Tecnocrazia Ue è peggio dei dazi”

Coldiretti scende in piazza per denunciare “il tentativo dei tecnocrati europei, guidati da Ursula Von der Leyen, di distruggere l’agricoltura, la produzione di cibo e la sicurezza alimentare in Europa, mettendo a rischio le fondamenta stesse della democrazia”. Una protesta che arriva a pochi giorni dall’annuncio della stangata sui dazi “che vede ancora una volta la Von der Leyen indiziata numero uno di un immobilismo che sta affossando l’economia europea con rischi ora per l’agricoltura dieci volte più gravi dei danni che potrebbero causare i dazi di Trump. Questi potrebbero essere gli effetti delle nuove proposte di bilancio che la Commissione presenterà domani, a partire da un fondo unico tra politiche di coesione e politica agricola. Per la prima volta dal 1962 l’Europa non avrebbe più un budget destinato con chiarezza al sostegno della produzione di cibo e alla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari”. Così, con un messaggio chiaro “Abbiamo bisogno dell’Europa come il pane, ma questa non è l’Europa che vogliamo”, Coldiretti ha dato vita ad un’azione coordinata da Bruxelles a Roma, per dare il benvenuto a “Vonderland, una landa autocratica che vede un’Europa sempre più distante dalla realtà, dai cittadini e dalla terra”.

L’iniziativa ha coinvolto centinaia di giovani agricoltori di Coldiretti, che hanno esposto striscioni raffiguranti Ursula Von der Leyen nella sua “Vonderland” appunto, accompagnati da messaggi come: “non spegnere la democrazia!”, “non spegnere la salute” “non spegnere l’agricoltura”.

Gli striscioni, oltre ad essere stati esposti dal palazzo di Farm Europe a Bruxelles a pochi passi da quello di Berlaymont sede della Commissione Europea, sono stati alzati in cielo anche in alcuni luoghi iconici di Roma come il Colosseo, Fontana di Trevi e Piazza Navona, e con valore anche politico come il Senato.

“Siamo scesi in piazza perché è in gioco molto più del nostro futuro: è in gioco la democrazia e la stessa idea di Europa – dichiara da Bruxelles il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini –. Di fronte all’arroganza di una burocrazia europea che, sotto la guida della presidente Von der Leyen, calpesta ogni giorno il lavoro degli agricoltori e ignora sistematicamente la volontà dei cittadini”. “Noi auspichiamo che von der Leyen esca dal palazzo di cristallo nel quale le piace stare e inizi a dialogare da un lato con i settori produttivi per capire le esigenze che questi hanno, ma anche iniziando a fare una politica vera di diplomazia nei confronti di quei Paesi che sono strategici per dare continuità alla crescita economica dell’intero sistema e comunità europea”, ha aggiunto Prandini durante un punto stampa.

Giappone, gaffe sul riso durante un comizio: ministro dell’Agricoltura si dimette

PHOTO CREDIT: AFP

 

Il ministro giapponese dell’Agricoltura, Taku Eto, si è dimesso dopo aver dichiarato che non compra mai riso perché lo riceve gratuitamente, una dichiarazione infelice in un momento in cui il prezzo di questo alimento base in Giappone sta aumentando vertiginosamente.

Ho appena presentato le mie dimissioni al primo ministro Shigeru Ishiba”, ha spiegato Eto all’uscita dall’ufficio del capo del governo, che ha immediatamente accettato le dimissioni “per non bloccare la politica agricola“.

Durante un comizio pubblico domenica, il ministro ha dichiarato di non aver “mai comprato riso perché i miei sostenitori me ne danno così tanto che potrei quasi venderlo”. Un’osservazione che ha scioccato l’opinione pubblica in un Paese che sta affrontando un forte aumento dei prezzi dei generi alimentari, in particolare del riso, il cui prezzo è quasi raddoppiato in un anno.

Il governo giapponese ha recentemente dovuto attingere in via eccezionale alle sue riserve strategiche di riso, in particolare a causa dei cattivi raccolti dovuti al caldo nel 2023 e agli acquisti dettati dal panico provocati da un allarme di “mega-terremoto” la scorsa estate. Cercando di giustificarsi, lunedì Eto ha spiegato di aver esagerato e di aver provocato la rabbia di sua moglie. “Mi ha fatto notare che avrebbe comprato del riso quando le nostre scorte fossero finite”, ha cercato di rimediare. Ma le sue scuse non sono bastate a placare le critiche. Junya Ogawa, segretario generale del principale partito di opposizione, il Partito Democratico Costituzionale del Giappone, ha giudicato queste osservazioni “estremamente inappropriate, distanti e intollerabili“. Per sostituirlo, il primo ministro ha nominato Shinjiro Koizumi, ex ministro dell’Ambiente apprezzato dai media e figlio dell’ex primo ministro Junichiro Koizumi. Ishiba ha dichiarato di aspettarsi che Koizumi, 44 anni, affronti attivamente “l’impennata dei prezzi del riso”.

Hansen illustra l’agricoltura del futuro: “Evitare competizioni sull’uso dei fondi per la Pac”

Garantire prezzi e condizioni eque al comparto agricolo europeo, dopo le proteste del settore registrate l’anno scorso. E’ una delle missioni del commissario europeo all’Agricoltura, Cristophe Hansen, per la prima volta in visita ufficiale in Italia per illustrare la sua visione futura dell’agricoltura, alla luce delle criticità del commercio agroalimentare nell’attuale situazione geopolitica internazionale. Accolto dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, il commissario ha prima partecipato ad un convegno sul tema, poi ha visitato gli stand del villaggio allestito da ieri nei giardini di Piazza Repubblica a Roma in occasione di Agricoltura E’.

Nella giornata inaugurale dell’evento, in occasione della presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, sono stati 35mila i visitatori e oltre tremila gli studenti delle scuole e degli Istituti Alberghieri e Agrari che hanno animato il villaggio. “L’anno scorso in questo periodo dell’anno – ricorda Hansen – in molte zone d’Europa gli agricoltori sono scesi in piazza per protestare contro molte cose, tra cui la richiesta di prezzi più equi per i loro prodotti. Abbiamo allestito così una riforma per l’organizzazione comune dei mercati, in modo da rafforzare i produttori e il loro potere negoziale”.

La Commissione, ha poi promesso Hansen, è a lavoro per supportare giovani agricoltori e piccole imprese, investendo su zone rurali e aree interne. Sull’ipotesi che nel prossimo bilancio Ue sia previsto un fondo unico nazionale che integri Pac e fondi di coesione, il commissario è invece netto. La politica agricola “è una politica specifica” sottolinea, quindi “non dobbiamo alimentare la competizione nell’utilizzo dei fondi. Una maggiore competizione avrebbe come risultato minori investimenti, questo causerebbe un risultato negativo per tutto il comparto e dobbiamo evitarlo”. Parole condivise dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, per cui sarebbe “un errore strategico lasciare agli stati l’individuazione dell’utilizzo delle risorse che vengono destinate allo Stato, e poi eventualmente lasciare la valutazione ai singoli Stati di utilizzarle per l’agricoltura o per altro”. Per il ministro sarebbe “un’involuzione delle politiche unionali, alla quale a nessun costo dobbiamo arrivare. Non c’è alcuna giustificazione per un’idea di questa natura, la nostra posizione sarà molto ferma”.

Hansen si è poi soffermato sul Nutriscore, chiedendo di “non demonizzare alcuni prodotti dei quali ne conosciamo le qualità: penso che nessuno berrebbe mai una bottiglia intera di olio di oliva, nonostante sia olio di qualità”. Quindi non serve mettere etichette “a un qualcosa che è di qualità”. Tra le etichette italiane più note, Hansen ha citato il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma, l’Aceto balsamico di Modena e, a livello locale, la Porchetta di Ariccia. Lollobrigida, dal canto suo, ha chiesto di regolare il mercato ed evitare lo scompenso sui costi di produzione tra chi, come gli europei, rispetta i diritti dei lavoratori e dell’ambiente, e chi altrove “non rispetta nulla di tutto questo e abbatte i costi di produzione facendo concorrenza con prezzi non sostenibili per i nostri imprenditori”.

Soddisfatta la Cia-Agricoltori Italiani, per “il nuovo approccio della Commissione, che punta a rilanciare la redditività del settore primario senza dogmi o pregiudizi ideologici”. Il presidente Cristiano Fini apprezza “la discontinuità dall’orizzonte politico della precedente legislatura, in cui gli agricoltori venivano considerati alla stregua di nemici dell’ambiente”.

Il futuro dell’agricoltura “passa dalla messa a terra del piano del commissario Hansen”, sostiene invece la Copagri che ricorda come il reddito agricolo, “tra i più bassi considerando i principali settori produttivi, dovrà derivare prevalentemente dal mercato, che deve essere trasparente”.

Ue, Schmidt (Cese): “Agricoltori rischiano di pagare il prezzo dell’accordo con Mercosur”

“Abbiamo paura che saranno gli agricoltori a pagare il prezzo dell’accordo commerciale con il Mercosur”. Peter Schmidt, consigliere del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) esprime in un’intervista a GEA la propria preoccupazione sul patto con l’America Latina, mentre difende il Green Deal (almeno negli obiettivi) e spiega perché l’ingresso dell’Ucraina sarebbe una notizia positiva per il settore agrifood europeo.

Quali ritiene che siano le problematiche maggiori del settore agricolo europeo?

“Per rispondere allargherei lo sguardo al sistema alimentare in generale, non solo al settore agricolo, che ne è una parte e che risente delle scelte degli altri attori del sistema. Le problematiche sono molte: alcune sono nuove, altre meno. Tra queste ultime la principale è che gli agricoltori non generano abbastanza profitto per essere resilienti e sostenibili. Qui si inserisce una problematica più recente, che è quella del cambiamento climatico, probabilmente la maggiore minaccia per il settore nel futuro. Gli agricoltori devono avere una quota maggiore dei profitti del sistema alimentare, di cui al momento sono la parte più debole. La nostra proposta è dunque quella di rafforzare la loro posizione contrattuale. Alcuni dicono che è necessario che i contadini vengano pagati almeno il prezzo di produzione della merce, ma a livello pratico questo è molto difficile da organizzare in un’economia di mercato. Riteniamo più efficace rafforzare la loro posizione nei confronti della vendita al dettaglio. Lo abbiamo visto l’anno scorso con il Dialogo strategico lanciato da von der Leyen: una conversazione onesta tra gli attori del sistema alimentare è possibile. Ritengo infine utile stabilire dei consigli del settore a livello europeo, per facilitare un processo di dialogo delle varie parti in causa”.

Come giudica il Green Deal? Va nella direzione giusta per aiutare gli agricoltori?

“Il Green Deal era la risposta giusta, lo abbiamo sostenuto anche a livello di Cese. Il problema è che è stato un piano imposto, non discusso a sufficienza con gli agricoltori. Questo è ciò che ha permesso ai populisti di mobilitarli, additando il Green Deal a causa dei loro problemi. Questo è sbagliato, come detto prima ci sono problemi di lunga data nell’intero sistema alimentare. La parte nuova è il cambiamento climatico, di cui gli agricoltori vedono le conseguenze ogni giorno nel loro lavoro. La Commissione avrebbe dovuto dire “vogliamo arrivare a un certo obiettivo, e lo faremo in questa maniera”, ma questa seconda parte è un po’ mancata. Dunque le finalità erano giuste, ma le modalità sono state sbagliate, così come lo è stata la comunicazione. Ma in fin dei conti il Green Deal è ancora la strada da seguire”.

Qual è la vostra posizione sull’accordo commerciale tra Ue e Mercosur?

“Abbiamo recentemente tenuto un dibattito sul tema. Abbiamo forti dubbi. Non affronta i punti critici che colpiranno gli agricoltori. Per esempio è un accordo commerciale senza reciprocità: avremo importazioni con standard inferiori, che aumenteranno la pressione sul settore. Dal momento che difficilmente sarà possibile cambiare il testo dell’accordo, ora dobbiamo capire quali meccanismi mettere in piedi per proteggere l’agrifood europeo. Nel nuovo ordine geopolitico anche questo è parte del piano di autonomia strategica. L’America Latina è per noi un’area fondamentale: siamo favorevoli a un accordo in via generale, ma temiamo che per come questo è stato concepito gli agricoltori ne possano pagare il prezzo”.

Quale pensa possa essere l’effetto sulla Politica agricola comune (Pac) del possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea?

R. “Con l’attuale forma della Pac avremmo sicuramente dei disagi. L’Ucraina è un produttore enorme, con aree agricole gigantesche, una qualità del suolo diversa dal resto d’Europa e realtà aziendali molto più grandi. Tuttavia ritengo che l’ingresso di Kiev sia necessario non solo dal punto di vista geopolitico, ma anche da quello dell’agrifood. Le grandi aree dell’Ucraina, ma anche di altri potenziali nuovi Stati membri, possono essere usate almeno in parte per coltivare materiali eco-sostenibili per esempio per il packaging, eliminando la plastica. C’è già la tecnologia per farlo: serve solo molta terra da coltivare, e qui subentrerebbero i nuovi Stati membri, a partire dall’Ucraina. Serve però un cambiamento nella Pac, che abbia criteri diversi per le entrate degli agricoltori, altrimenti il sistema rischia di collassare”.

Come si può rendere nuovamente attrattivo lavorare in agricoltura? E come prevenire il conseguente spopolamento delle aree rurali?

“Le problematiche attuali ce le siamo auto-inflitte negli ultimi decenni, riducendo i servizi nelle aree rurali. Io sono cresciuto in campagna in Baviera negli anni ‘60: allora ce n’erano molti e le persone potevano rimanere. In loro assenza, e in assenza di lavori ben pagati, è inevitabile che i giovani cerchino altrove un futuro migliore. Per fare questo però ci vogliono molti soldi. Servono sicuramente finanziamenti europei, e su questo l’Ue non sta facendo abbastanza. Poi ci sono casi di successo. Vicino a dove abito, nell’area dell’Allgäu, c’è una cittadina di 2.500 abitanti che si chiama Wildpoldsried. Qui c’è un grande parco eolico che dà lavoro a molte persone e porta soldi all’amministrazione locale, che a quel punto può riportare facilmente i servizi nella zona. Dobbiamo agire però: la vittoria dell’Europa passa dalle sue aree rurali”.

I prezzi di cacao e succo d’arancia passano dal boom allo sboom

I mercati globali stanno assistendo a un drastico crollo dei prezzi di due materie prime che avevano recentemente raggiunto picchi storici: il cacao e il succo d’arancia. Fino a poco tempo fa rappresentavano il motore di una crescita inarrestabile nei mercati delle materie prime, mentre sono ora in una fase di inversione che lascia molti analisti e investitori sorpresi, che vedono il boom diventare sboom.

Nel caso del succo d’arancia, uno degli eventi più significativi è il ritiro massiccio degli hedge funds, che, dopo aver scommesso pesantemente sul rialzo dei prezzi, ora stanno liquidando le loro posizioni. Secondo i dati riportati dal Wall Street Journal, i prezzi del succo d’arancia concentrato surgelato sono crollati del 46% rispetto ai massimi record registrati a dicembre. Un calo che, da inizio anno, ha raggiunto il 42%, con un ulteriore declino del 5% solo nell’ultimo giorno di contrattazione. I futures sul succo d’arancia avevano visto un’impennata nel 2022, in gran parte a causa delle preoccupazioni per la diminuzione del raccolto in Florida, la principale regione produttrice degli Stati Uniti. Questo aveva spinto i prezzi a toccare picchi mai visti, arrivando quasi a 5,50 dollari per libbra. Tuttavia, nonostante la Florida stia affrontando una stagione difficile, con un calo significativo della produzione, gli investitori non sono riusciti a ottenere i guadagni sperati, e ora stanno accelerando il declino dei prezzi.

All’inizio di quest’anno, gli investitori cosiddetti “managed money” (cioè gli speculatori, diversamente dai coltivatori di arance e dai produttori di succo che usano i futures per fissare i prezzi) avevano accumulato una posizione da record, scommettendo che i prezzi avrebbero continuato a salire. Ma la realtà si è rivelata ben diversa. Come spiega Dave Whitcomb, esperto di trading, “Non hanno ottenuto il rialzo che si aspettavano e ora stanno liquidando le posizioni, accelerando il calo dei prezzi”. I futures sono così scesi a 2,8 dollari per libbra, nonostante la previsione di una riduzione del 25% nella produzione di arance Valencia negli Stati Uniti. In Florida, dove la malattia del greening e l’espansione urbana hanno distrutto gran parte dei frutteti, il raccolto di Valencia è previsto in calo del 38% rispetto all’anno scorso.

Anche il mercato del cacao sta vivendo una situazione simile. Dopo aver raggiunto il massimo a fine 2024, i prezzi del cacao hanno subito un calo del 30% da inizio anno, con i futures che sono scesi a 8.000 dollari per tonnellata. La causa di questo crollo è legata principalmente alle previsioni rilasciate dall’Organizzazione Internazionale del Cacao (Icco), che ha stimato un aumento della produzione mondiale di cacao del 7,8% per la stagione 2024/25. Questo, insieme a una domanda in calo, ha fatto scivolare i prezzi.

Nel dettaglio l’Icco ha previsto che, nonostante le difficoltà dovute a condizioni climatiche avverse, malattie, parassiti e alberi vecchi, la produzione di cacao sarà maggiore rispetto alla stagione 2023/24. Tuttavia, la domanda globale di cacao è destinata a diminuire di quasi il 4,8%, un effetto negativo che è stato innescato dall’alto costo delle materie prime. “Gli alti prezzi del cacao degli ultimi anni hanno incentivato gli agricoltori a investire maggiormente nella coltivazione, ma l’alto costo delle materie prime ha ridotto la domanda”, ha scritto l’Icco nel suo report che indica un aumento della produzione mondiale di cacao verso quota 4,84 milioni di tonnellate. Tuttavia, la domanda dovrebbe scendere a 4,65 milioni di tonnellate. Insomma, surplus e prezzi giù.

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L’Ue lancia la sua Visione per l’Agricoltura. Fitto: “Sicurezza alimentare non negoziabile”

Semplificazione, digitalizzazione e innovazione: sono le parole centrali della Visione per l’Agricoltura e l’Alimentazione che, presentata oggi dalla Commissione europea, punta a rendere il settore agroalimentare dell’Unione europea “attraente, competitivo, resiliente, orientato al futuro ed equo” per i produttori di oggi e di domani. Dalle parole chiave, però, manca qualsiasi riferimento alla strategia Farm to Fork che, lanciata nel 2020 e considerata centrale nel Green deal, mirava a sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell’ambiente.

La Visione è la nostra risposta decisa all’appello del settore agroalimentare“, ha commentato in conferenza stampa il vice presidente esecutivo, Raffaele Fitto, ricordando le manifestazioni dei trattori dei mesi scorsi. “L’agricoltura e l’alimentazione sono strategici per l’Ue” e “la sicurezza e la sovranità alimentare non sono negoziabili“, ha aggiunto. Elementi che non sono passati inosservati a Roma, con il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha definito la Visione “un vero e proprio cambio di rotta, netto e radicale, rispetto alle strategie degli ultimi cinque anni che rincorrevano visioni ideologiche che appiattivano il Green Deal su una presunta tutela dell’ambiente tutta a carico del sistema produttivo“. Per la responsabile Pd alle politiche agricole, l’eurodeputata Camilla Laureti, il documento contiene “aspetti positivi“, come sul reddito dei produttori, ma fa “un passo indietro” su clima e biologico.

La visione delinea quattro aree prioritarie per il settore: attraente, competitivo e resiliente, adeguato alle esigenze future, che garantisca condizioni di vita e di lavoro eque nelle zone rurali. Al primo punto si ascrive l’impegno Ue a garantire con misure concrete che gli agricoltori non siano costretti a vendere i loro beni sotto i costi di produzione e a presentare una strategia per il ricambio generazionale. Rispetto a competitività e resilienza, la Commissione procederà ad un allineamento “più forte degli standard di produzione applicati ai prodotti importati“, stabilendo il principio per cui “i pesticidi più pericolosi vietati nell’Ue per motivi di salute e ambientali non possono essere reintrodotti nell’Ue tramite prodotti importati“. Nel capitolo sulle esigenze future, Bruxelles “considererà attentamente qualsiasi ulteriore divieto di pesticidi se non sono ancora disponibili alternative” – a meno che non siano una minaccia per la salute umana o per l’ambiente – e, nel quarto trimestre 2025, nel pacchetto di semplificazione, “presenterà una proposta che accelera l’accesso dei biopesticidi al mercato dell’Ue“. Infine, sulle condizioni di vita, Bruxelles creerà un piano d’azione rurale per garantire che le zone rurali rimangano dinamiche e avvierà un dialogo alimentare annuale con consumatori, agricoltori, industria e autorità pubbliche.

La Politica agricola comune “resta essenziale per sostenere il reddito degli agricoltori“, si legge nella Visione. Guardando al futuro, la Commissione proporrà, nel secondo trimestre del 2025, un pacchetto completo di semplificazione della Pac per ridurre la burocrazia, semplificare i requisiti e il supporto alle aziende di piccole e medie dimensioni e rafforzare la competitività. E nella Pac post-2027 – i cui dettagli saranno presentati nel corso dell’anno – “il sostegno dovrebbe essere ulteriormente indirizzato verso quegli agricoltori che ne hanno più bisogno, con particolare attenzione agli agricoltori nelle aree con vincoli naturali, ai giovani e ai nuovi agricoltori e alle aziende agricole miste“, precisa la Visione.

agricoltura biologica

Nel 2024 torna a crescere l’agricoltura, Italia prima nell’Ue27 per valore aggiunto

Produzione agricola in aumento dell’1,4% e valore aggiunto a +3,5%. Sono i dati positivi che diffonde l’Istat nella sua stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura, che vedono l’Italia addirittura prima nell’Ue27 per valore aggiunto. I primi a festeggiare sono i membri del Governo, a partire dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni che parla di un “primato storico che ci rende particolarmente orgogliosi e che è frutto del lavoro, della dedizione e della determinazione delle imprese e dei lavoratori del comparto. E siamo altrettanto fieri di aver sempre fatto la nostra parte per raggiungere quest’obiettivo. Il Governo, fin dal suo insediamento, ha rimesso al centro l’agricoltura, ha dedicato stanziamenti record e adottato politiche di sistema per promuovere e rilanciare il settore agroalimentare italiano e le nostre eccellenze. La strada intrapresa è quella giusta, e continueremo a lavorare in questa direzione“. Le fa eco il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, parlando di dati che “dimostrano la validità delle politiche messe in atto dal Governo. Il sostegno alle imprese agricole ha favorito l’incremento della produzione, l’aumento dei contributi, la riduzione dei costi e rilanciato un settore fondamentale per la nostra economia. Ciò che mi rende particolarmente orgoglioso è la crescita del reddito medio degli agricoltori che è aumentato del 12,5%. Questi dati testimoniano inequivocabilmente, che abbiamo intrapreso un percorso corretto, mettendo al centro questo settore economico, fin dal primo giorno del nostro mandato, essenziale per il futuro della Nazione. Un sentito ringraziamento va alle associazioni di rappresentanza degli agricoltori, il cui contributo è stato determinante nel rafforzare il sistema agricolo italiano. Questo successo dimostra che il Sistema Italia, fondato sulla collaborazione tra istituzioni e operatori del settore, è una risorsa strategica per guidare la Nazione verso un futuro di crescita e competitività in Europa”.

Le stime per il 2024 hanno evidenziato un incremento dell’1,4% dei volumi dei beni prodotti dal settore agricolo e una crescita dello 0,8% dei relativi prezzi di vendita. Pertanto, il valore a prezzi correnti della produzione complessiva del settore è aumentato del 2,2%, raggiungendo 74,6 miliardi di euro (era 73,0 miliardi di euro nel 2023). Il ridimensionamento dei costi intermedi (-1,0% in volume), associato ad una significativa contrazione dei prezzi dei beni e servizi impiegati (-4,5%), ha rafforzato l’andamento positivo del valore aggiunto ai prezzi base del settore, che è aumentato del 3,5% in volume e del 9,0% in valore, portandosi nel 2024 a 42,4 miliardi di euro, dai 38,9 miliardi dell’anno precedente. Le unità di lavoro occupate in agricoltura si sono ridotte del 2,6% a causa di una marcata flessione (-4,4%) dei lavoratori indipendenti non compensata dal lieve aumento di quelli dipendenti (+0,9%). Con l’aumento dei contributi alla produzione ricevuti dal settore (+2,5%) e la sostanziale stabilità degli ammortamenti (-0,1%), il reddito dei fattori in valore ha mostrato nel 2024 un incremento dell’11,3% e, conseguentemente, l’indicatore di reddito agricolo ha registrato un notevole incremento (+12,5%).

Le stime del 2024 delineano un’annata positiva per il complesso delle coltivazioni (+1,5% in volume). In aumento sono risultati i volumi prodotti di patate (+13,0%), frutta (+5,4%; in particolare, +11,5% la frutta fresca), ortaggi freschi (+3,8%) e vino (+3,5%); in forte contrazione i quantitativi prodotti di cereali (-7,1%) e olio d’oliva (-5,0%), più modesto il calo di foraggi (-2,5%). I prezzi dei prodotti delle coltivazioni hanno evidenziato un incremento medio del 2,9%. Consistenti rialzi si sono registrati per patate, olio d’oliva e vino, mentre in notevole contrazione sono stati i prezzi di cereali e foraggi.

In base alle stime preliminari, nel 2024 la produzione del comparto agricolo dei paesi Ue27 ha mostrato un incremento in volume dello 0,5% ma, per la diminuzione dei prezzi dei prodotti venduti, si è registrata una riduzione in valore dell’1,5%, scendendo a 529 miliardi di euro rispetto ai 536,9 miliardi raggiunti nell’anno precedente. Dopo i rialzi degli ultimi tre anni, nel 2024 si stima a livello europeo una diminuzione del 2,0% dei prezzi alla produzione (misurati in termini di prezzo base) e una flessione più marcata dei prezzi dei beni e servizi acquistati (-6.4%). I consumi intermedi sono diminuiti in valore del 5,7%, mentre si è osservato un modesto incremento dello 0,8% in volume. Di conseguenza, il valore aggiunto lordo è aumentato rispetto all’anno precedente dello 0,2% in volume e del 4,4% in valore, passando da 223,7 miliardi di euro del 2023 a 233,6 miliardi nel 2024. Nella crescita dei volumi prodotti nell’Ue nel 2024, spiccano le performance positive di Spagna (+10,6%), Portogallo (+4,4%), Polonia (+1,6%) e Italia (+1,4%); i risultati peggiori si registrano, invece, in Ungheria (-4,4%), Romania (-4,3%) e Francia (-3,5%). La graduatoria 2024 del valore della produzione a prezzi correnti conferma la Francia in prima posizione (88,4 miliardi di euro, -7,7% rispetto al 2023), seguita da Germania (75,4 miliardi di euro, -0,9%), Italia (74,6 miliardi di euro, +2,2%) e Spagna (68,4 miliardi di euro, +4,3%).

In termini di valore aggiunto, invece, l’Italia conquista nel 2024 la leadership europea (42,4 miliardi di euro, +9,0% rispetto al 2023), seguita da Spagna (39,5 miliardi di euro, +16,2%) e Francia (35,1 miliardi di euro, -7,2%), che nel 2023 deteneva il primato. Riguardo ai principali comparti, le stime indicano per il 2024 un’annata positiva nella Ue27 per l’olio d’oliva (+9,1% in volume), con una produzione in forte espansione in Spagna (+22,6%) e Grecia (+5,9%). Buone performance si sono registrate anche per patate (+7,8%), foraggi (+7,2%), frutta (+4,5%) e ortaggi freschi (+2,1). In sensibile riduzione, invece, sono stati i volumi prodotti di vino (-10,2%), principalmente a causa del crollo registrato in Francia (-22,8%). Andamenti negativi si osservano anche per il comparto florovivaistico (-4,2%) e per i cereali (-3,1%). Risultati soddisfacenti si hanno nelle produzioni zootecniche (+0,9% in volume) e, in particolare, per le carni (+1,4%). Le attività secondarie e quelle dei servizi hanno invece subìto una leggera flessione della produzione (-0,5%). I maggiori decrementi nei prezzi alla produzione si sono registrati in Spagna (-5,7%), Danimarca (-5,3%), Portogallo (-4,7%), Polonia (-4,3%) e Francia (-4,3%), mentre sono risultati in aumento in Grecia (+7,8%), Irlanda (+4,9%) e Italia (+0,8%). Nel 2024, la riduzione della spesa per consumi intermedi per il complesso Ue27 (-5,7% in valore rispetto all’anno precedente) è stata generalizzata, ma più consistente in Spagna (-8,5%), Francia (-8,0%), Romania (-7,7%) e Danimarca (-7,2%). I prezzi dei beni e servizi impiegati si sono ridotti mediamente per l’Ue27 del 6,4%, con le diminuzioni più consistenti in Spagna e Francia. Si è ridotta nell’anno l’incidenza dei consumi intermedi sul valore della produzione che, per il complesso Ue27, è scesa al 55,8% dal 58,3% nel 2023 (-2,5 punti percentuali). Le maggiori incidenze sono state rilevate in Danimarca, Ungheria, Polonia, Portogallo e Francia, mentre si sono poste al di sotto della media Ue27 per Italia, Spagna, Grecia e Romania. L’andamento dell’indicatore di reddito agricolo, che misura la produttività del lavoro in agricoltura, evidenzia per il 2024 un incremento positivo per l’Ue27 (+1,6%). Un andamento particolarmente positivo si osserva in Portogallo (+14,7%), Italia (+12,5%), Grecia (+11%) e Spagna (+9,2%) mentre le diminuzioni più significative si sono registrate in Romania (-16,8%), Polonia (-12,5%), Francia (-8,9%).