catastrofe naturale

Ue, Consiglio pronto al negoziato col Parlamento su eco-crimini

Nuovi reati e soprattutto nuove pene, in nome dell’ambiente. Il Consiglio dell’Ue ha approvato la posizione per direttiva sulla criminalità ambientale, e può procedere adesso al negoziato inter-istituzionale con il Parlamento. I 27 Stati membri sostengono il principio per cui il patrimonio faunistico e floreale dell’Ue vada protetto e, in caso di azioni che lo compromettano, rendere indagini più snelle per una migliore certezza della pena.

Una delle principali novità è l’armonizzazione a livello europeo delle sanzioni persone fisiche e, per la prima volta, giuridiche. Nel caso di persone fisiche si prevede la reclusione non inferiore a dieci anni per i delitti colposi che causano la morte di chiunque; reclusione fino a cinque anni per i delitti commessi con “negligenza almeno grave” che cagiona la morte di chiunque. Prevista poi reclusione massima di cinque anni per gli altri reati dolosi. Nel caso delle persone giuridiche, invece, il testo prevede per i reati più gravi una sanzione pecuniaria massima non inferiore al 5% del fatturato mondiale complessivo della persona giuridica, o in alternativa 40 milioni di euro.

Per tutti gli altri reati scatterà una sanzione pecuniaria non inferiore al 3% del fatturato mondiale complessivo della persona giuridica, o in alternativa 24 milioni di euro.

In base al testo su cui i rappresentanti degli Stati membri hanno saputo trovare l’intesa, possono inoltre essere adottati anche ulteriori provvedimenti, tra cui l’obbligo per il trasgressore di ripristinare l’ambiente o di risarcire il danno, l’esclusione dall’accesso a finanziamenti pubblici o la revoca di permessi o autorizzazioni.

In aggiunta il testo contempla la necessità di fornire formazione a coloro che lavorano per individuare, indagare e perseguire i reati ambientali e di destinare risorse adeguate. Include anche disposizioni sul sostegno e l’assistenza alle persone che denunciano reati ambientali, ai difensori dell’ambiente e alle persone colpite da tali reati.

L’intervento legislativo dell’Unione europea si è reso necessario per un fenomeno, quello degli eco-reati, in aumento e difficile da rilevare, perseguire e punire. Una libertà che fa male all’ambiente e, di conseguenza sulla salute umana. In tal senso, recita il testo, i sistemi sanzionatori esistenti allo stato attuale “non sono stati sufficienti in tutti i settori della politica ambientale per garantire la conformità con il diritto dell’Unione per la protezione dell’ambiente”. Da qui la necessità di intervenire e porre rimedio. “Oggi abbiamo compiuto un passo avanti verso l’ottenimento di uno strumento giuridico per proteggere l’ambiente”, sottolinea un soddisfatto Pavel Blazek, ministro della Giustizia della Repubblica ceca, Paese con la presidenza di turno del Consiglio Ue . “La protezione dell’ambiente è una delle principali sfide della nostra generazione, sia nell’UE che nel resto del mondo”. Come Unione europea, aggiunte, “dobbiamo assicurare alla giustizia gli individui e le organizzazioni che traggono profitto da attività che mettono a rischio la nostra salute e danneggiano i nostri ecosistemi”.

La Fao chiede misure più incisive per migliorare e tutelare la gestione delle risorse ittiche

La Pesca eccessiva si è ridotta drasticamente nel Mediterraneo e nel Mar Nero, ma lo sfruttamento delle specie più commerciali è ancora lungi dall’essere sostenibile. L’ultima edizione del rapporto ‘Stato della Pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero’, pubblicato dalla Commissione generale per la Pesca nel Mediterraneo (Gfcm), che fa capo all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), registra una diminuzione dello sfruttamento eccessivo delle risorse nell’area, soprattutto con riferimento alle specie più importanti, dalla sogliola dell’Adriatico al nasello europeo, che sono oggetto di piani di gestione multilaterali. Tuttavia, il 73% delle specie commerciali è ancora interessato da una Pesca eccessiva, mentre la pressione della Pesca, pur essendo diminuita nel tempo, continua a essere doppia rispetto al volume considerato sostenibile.

Il rapporto precisa che nel Mediterraneo e nel Mar Nero, dove un abitante su mille è pescatore, migliorare la gestione delle risorse ittiche è vitale, sia per l’economia locale sia per la conservazione della biodiversità. Non a caso, l’edizione 2022 del documento biennale è stata pubblicata in occasione della Cop15 sulla biodiversità che si apre oggi in Canada.
Nel suo precedente rapporto, la Gfcm stimava il sovrasfruttamento per il 75% delle specie commercializzate nel 2018 e per l’88% nel 2012. Un segnale incoraggiante, visto che quest’anno è stata registrata “una notevole riduzione della Pesca eccessiva degli stock di nasello europeo nel Mediterraneo, rombo chiodato nel Mar Nero e sogliola comune nell’Adriatico, che attualmente sono oggetto di uno o più piani di gestione”. È fondamentale per i Paesi interessati “invertire la tendenza al ribasso delle risorse acquatiche” e “stabilire legami tra redditività e sostenibilità”, ha affermato Miguel Bernal, segretario esecutivo della Gfcm. Per questo, nella Strategia per il 2030, i membri della Gfcm hanno fissato nuovi obiettivi per far fronte alle criticità. “La nuova strategia offre una visione ambiziosa e richiede un impegno collettivo più coraggioso rispetto al passato”, ha aggiunto.

Nel Mediterraneo e nel Mar Nero la Pesca genera introiti annui per 2,9 miliardi di dollari e si stima crei mezzo milione di posti di lavoro lungo tutta la catena di valore. In media, uno ogni mille abitanti delle zone costiere della regione è un pescatore; in alcune zone costiere, il dato può essere fino a dieci volte maggiore. Tuttavia, la forza lavoro sta invecchiando. Nel 2020 più della metà di tutti gli equipaggi aveva più di 40 anni, mentre i giovani di età inferiore ai 25 anni erano soltanto il 10 percento. Stando ai più recenti dati contenuti nel rapporto, il fenomeno si sta aggravando.
“Una trasformazione blu” del settore della Pesca, ovvero il rispetto degli ecosistemi marini, “è l’unico modo per garantire che questo settore continui a sostenere la produzione alimentare e i mezzi di sussistenza delle generazioni attuali e future”, afferma Manuel Barange, direttore della Divisione della Pesca e dell’acquacoltura della Fao.
La Gfcm che riunisce 23 Paesi, è stata creata nel 1949 per svolgere un ruolo attivo nella conservazione degli stock ittici nelle acque internazionali del Mediterraneo. Le zone in cui la Pesca è vietata o regolamentata sono il risultato di negoziati, in particolare tra autorità e pescatori. Attualmente circa due terzi dell’area del Mediterraneo e del Mar Nero sono protetti in dieci zone di Pesca regolamentate, istituite proprio dalla Cfcm.

Il deserto di Atacama coperto dai rifiuti: minaccia a ecosistema

Una discarica nel deserto. Il deserto di Atacama, nel nord del Cile, è diventato il ricettacolo di tonnellate di vestiti usati, ma anche di auto e pneumatici fuori uso provenienti da tutto il mondo e abbandonati, in quella che è diventata una vera minaccia per il suo ecosistema. Migliaia di vestiti ricoprono le aride colline che circondano il comune di Alto Hospicio, nella regione di Tarapaca, circa 1.800 km a nord di Santiago. Nella vicina città di Iquique si accumulano altre migliaia di auto smantellate provenienti da Stati Uniti, Giappone o Corea, mentre in altre zone del deserto, che si estende per oltre 100.000 km2, il paesaggio è deturpato da centinaia di pneumatici.

Il Cile è specializzato da più di quarant’anni nel commercio di abiti usati, tra vestiti buttati dai consumatori, destoccaggio e opere di beneficenza da tutto il mondo. Secondo la dogane cilena, nel 2021 sono entrate nel Paese circa 46.285 tonnellate di indumenti usati. I vestiti, come le macchine, entrano dalla zona franca del porto di Iquique e dono destinati al mercato dell’usato cileno o a quello di altri paesi dell’America latina. La maggior parte delle auto viene riesportata in Perù, Bolivia o Paraguay. Tuttavia, molti finiscono nelle strade di Iquique o sui fianchi delle colline circostanti.
Più della metà dei vestiti e delle scarpe prodotti, a basso costo e in catena, soprattutto in Asia, finiscono sparpagliati nel deserto a causa della congestione del circuito di riciclo. Regolarmente, queste ‘discariche selvagge’ vengono date alle fiamme per ridurre i fastidi, provocando però dense nuvole di fumo tossico. “Questi incendi sono molto tossici, perché ciò i fumi sono creati da plastica bruciata“, ha detto Paulín Silva, avvocato che a marzo ha presentato una denuncia contro lo Stato cileno presso un tribunale dedicato alle questioni ambientali. Originario di Iquique, Silva denuncia in particolare la passività del governo di fronte a queste discariche che, assicura, costituiscono “un rischio ambientale” e “un pericolo per la salute umana”. “Sono le persone senza scrupoli di tutto il mondo che vengono a scaricare qui i loro rifiuti“, ha incalzato Patricio Ferreira, il sindaco di Alto Hospicio, una delle città più povere del Cile. “Abbiamo ripulito una zona e ci stanno inquinando in un’altra area”, si è lamentato sentendosi impotente di fronte al problema. “Ci sentiamo abbandonati. Sentiamo che la nostra terra viene sacrificata”.

Nonostante sia considerato uno dei deserti più aridi del mondo – con precipitazioni che in alcune zone non raggiungono i 20 millimetri all’anno – l’Atacama ospita un ecosistema unico. Nella sua parte più arida, vicino alla città costiera di Antofagasta, gli scienziati, tra cui la biologa cilena Cristina Dorador, hanno scoperto forme di vita estreme: microrganismi capaci di vivere quasi senza acqua o sostanze nutritive nonostante la radiazione solare. Questi microrganismi potrebbero detenere i segreti dell’evoluzione e della sopravvivenza sulla terra, ma anche su altri pianeti, secondo loro.
In alcune zone vicino alla costa, la nebbia permette lo sviluppo di vegetazione e animali vertebrati, ha continuato Pablo Guerrero, professore di botanica all’Università di Concepcion e ricercatore presso l’Istituto di Ecologia e Biodiversità (IEB). “L’esistenza della vita in questi luoghi è, in un certo senso, un evento fortuito”, ha indicato considerando che si tratta di una regione dove l’ecosistema è “molto fragile“. “Qualsiasi cambiamento o diminuzione del regime delle precipitazioni e della foschia ha immediatamente conseguenze per le specie che vi abitano”.
Dozzine di specie di fiori a predominanza viola fioriscono quando le precipitazioni sono superiori alla media. I loro semi, sepolti sotto la sabbia, possono sopravvivere per decenni in attesa che un minimo di acqua germogli e poi fiorisca. A causa dei cambiamenti climatici, ma anche dell’inquinamento e dell’avanzata delle città, alcune specie di cactus sono però scomparse.
Ci sono specie di cactus che sono considerate estinte. Sfortunatamente, questo è un fenomeno che vediamo su larga scala e con un deterioramento sistematico negli ultimi anni“, ha continuato Guerrero.

merce contraffatta - pericolo per ambiente

Arriva il Black Friday, pericolo per ambiente su merce contraffatta

Le merci contraffatte fioriscono sul web durante il Black Friday, che è già iniziato in alcuni negozi, e questo rappresenta un problema non solo per i consumatori, ma anche per l’ambiente. E’ l’avvertimento lanciato dall’Unione dei Produttori (Unifab), un’associazione impegnata nella lotta contro il commercio di questi prodotti. In un comunicato, Unifab, che rappresenta più di 200 aziende in Francia, avverte che “offerte allettanti e promozioni insolite sono una manna dal cielo per venditori senza scrupoli che non esitano ad abusare dei consumatori vendendo loro prodotti contraffatti“. Questi articoli contraffatti sono “sinonimo di pericoli per la salute e la sicurezza, l’ambiente e l’economia“, prosegue la dichiarazione.
Le merci contraffatte non sono generalmente riciclabili e hanno un’impronta di carbonio “disastrosa” dovuta al fatto che vengono trasportate dai Paesi in cui sono prodotte – in particolare dalla Cina – e alla “moltiplicazione dei viaggi per coprire le tracce”. “La loro produzione è all’origine di massicci scarichi di prodotti tossici nell’ambiente“, aggiunge l’associazione.

Il commercio della contraffazione va a beneficio della “criminalità organizzata e delle reti mafiose” e, secondo Unifab, comporta la perdita di 6,7 miliardi di euro all’anno in vendite dirette in Francia. Questo rappresenta “1,34 miliardi di euro di tasse perse e 38.000 posti di lavoro persi ogni anno”. “In un momento in cui l’80% dei giovani europei si preoccupa di preservare il pianeta (secondo uno studio condotto dall’istituto ObSoCo per Greenpeace France nel febbraio 2022, ndr), acquistare prodotti contraffatti equivale ad avallare ciò che condanniamo e mette a repentaglio gli sforzi comuni che dobbiamo compiere per proteggere l’ambiente“, ha dichiarato Christian Peugeot, presidente di Unifab.

In Francia, nel 2020, il 37% dei consumatori ha acquistato prodotti contraffatti pensando di acquistare prodotti autentici, secondo Unifab. Questa percentuale raggiunge il 43% tra i giovani di 15-24 anni. Tradizione americana che si sta radicando in tutta Europa, il Black Friday porta ogni anno a un picco di consumi durante l’ultimo fine settimana di novembre, con promozioni che si protraggono almeno fino al lunedì successivo, noto come ‘Cyber Monday’.

 

 

Photo credit: Afp

Maltempo

Clima, 2022 da record in Italia per fenomeni estremi: +27%

La crisi climatica accelera la sua corsa insieme agli eventi estremi, che stanno avendo impatti sempre maggiori sui Paesi di tutto il mondo, a partire dall’Italia. Nei primi dieci mesi del 2022, seppur con dati parziali, sono stati registrati nella Penisola 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% di quelli dello scorso anno. Preoccupa anche il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono verificati in Italia 1.503 eventi estremi con 780 comuni colpiti e 279 vittime. Tra le regioni più colpite: Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112), Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101). È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dal nuovo report ‘Il clima è già cambiato’ dell’Osservatorio CittàClima 2022 realizzato da Legambiente, con il contributo del Gruppo Unipol.

Entrando nello specifico, su 1.503 fenomeni estremi ben 529 sono stati casi di allagamenti da piogge intense come evento principale, e che diventano 768 se si considerano gli effetti collaterali di altri eventi estremi, quali grandinate ed esondazioni; 531 i casi di stop alle infrastrutture con 89 giorni di blocco di metropolitane e treni urbani, 387 eventi con danni causati da trombe d’aria. Ad andare in sofferenza sono soprattutto le grandi città con diverse conferme tra quelle che sono le aree urbane del Paese più colpite in questi 13 anni: da Roma – dove si sono verificati 66 eventi, 6 solo nell’ultimo anno, di cui ben oltre la metà, 39, hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense; passando per Bari con 42 eventi, principalmente allagamenti da piogge intense (20) e danni da trombe d’aria (17). Agrigento, con 32 casi di cui 15 allagamenti e poi Milano, con 30 eventi totali, dove sono state almeno 20 le esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro in questi anni.

Una fotografia nel complesso preoccupante quella scattata da Legambiente, in quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo giorno della Cop27, per lanciare un doppio appello: se da una parte al livello internazionale è fondamentale che si arrivi ad un accordo ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altra parte è altrettanto imprescindibile che l’Italia faccia la sua parte. Al Governo Meloni e al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin l’associazione chiede, in primis, che “venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), rimasto in bozza dal 2018, quando erano presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro Gian Luca Galletti”.  Ad oggi sono saliti a 24 i Paesi europei che hanno adottato un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima. Grande assente l’Italia che per altro in questi ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente – ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche (tra gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato). “Si tratta di una media – sottolinea l’associazione – di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni”.

Nella lotta alla crisi climatica – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – da troppi anni l’Italia sta dimostrando di essere in ritardo. Continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane, e non approva il Piano nazionale di adattamento al clima, dal 2018 fermo in un cassetto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. È fondamentale approvare entro fine anno il Piano, ma anche definire un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a rischio, rafforzare il ruolo delle autorità di distretto e dei comuni contro il rischio idrogeologico e la siccità, approvare la legge sul consumo di suolo, e cambiare le regole edilizie per salvare le persone dagli impatti climatici e promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone”.

La Cop27 entra nella fase finale. Nella bozza manca ‘loss & damage’. Guterres: “Momento cruciale”

La Cop27 è arrivata alle fase finali e, al momento, non sembra essere sulla strada giusta per raggiungere un accordo soddisfacente. Nella bozza della dichiarazione finale divulgata giovedì spicca il ‘vuoto’ del paragrafo relativo ai ‘Bisogni speciali e circostanze speciali dell’Africa’: il testo infatti non fa riferimento alla creazione di un fondo ‘loss and damage’ per il finanziamento dei Paesi devastati dagli impatti climatici, richiesto oltre che dai Paesi più vulnerabili e dai Paesi in via di sviluppo del G77, anche dalla Cina. Rientrano, invece, nel documento, la necessità di esercitare tutti gli sforzi per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben sotto i 2°C. Investire in rinnovabili, velocizzare gli impegni di decarbonizzazione. Ma soprattutto c’è “urgenza di affrontare le perdite e di danni del riscaldamento globale“.

GUTERRES: “SIATE ALL’ALTEZZA DEL MOMENTO”. Un urgenza ribadita dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che, di rientro dal G20 di Bali, in conferenza stampa si appella alle parti in causa chiedendo loro di essere “all’altezza di questo momento e della più grande sfida che l’umanità deve affrontare” perché “il mondo ci guarda e ha un messaggio semplice: siate pronti e datevi da fare”. Il momento, secondo Guterres, è cruciale: “ La Cop27 si concluderà tra 24 ore e le Parti rimangono divise su una serie di questioni importanti. È evidente che la fiducia tra Nord e Sud e tra economie sviluppate ed emergenti è venuta meno. Non è il momento di puntare il dito. Il gioco delle colpe è una ricetta per la distruzione reciproca assicurata”. Quindi, in sintesi, l’importante è lavorare alacremente e “trovare un accordo ambizioso e credibile sulle perdite e i danni e sul sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo”. Fra le altre priorità, per il segretario generale dell’Onu, abbandonare i combustibili fossili, accelerare sulle rinnovabili (“rampa di uscita dall’autostrada dell’inferno climatico” e sbloccare i finanziamenti per il clima nei Paesi in via di sviluppo.

ACCORDI DI PARIGI – Nella bozza di documento finale, che ora verrà analizzata e discussa da sherpa e ministri delle nazioni presenti, si chiede di “esercitare tutti gli sforzi per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben sotto i 2 gradi Celsius dai livelli pre-industriali e per perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius sopra i livelli pre-industriali“.

AIUTI AI PAESI IN VIA DI SVILUPPO – Il documento, “rileva con preoccupazione il crescente divario tra le esigenze dei Paesi in via di sviluppo, in particolare a causa dei crescenti impatti del cambiamento climatico e l’aumento dell’indebitamento, e il sostegno fornito da quelli sviluppati, evidenziando che le attuali stime di tali bisogni sono dell’ordine di 5,6 trilioni di dollari fino al 2030“. Invece, “nel periodo 2019-2020 il flusso di finanza climatica globale è stato di 803 miliardi di dollari, il 31-32 per cento di quanto è necessario per tenere il riscaldamento sotto il 2%, verso l’obiettivo di 1,5°C. Questo livello di finanziamenti per il clima – si legge nel testo – è anche inferiore a quanto ci si aspetterebbe alla luce delle opportunità di investimento individuate e il costo del mancato raggiungimento degli obiettivi di stabilizzazione del clima”. Per questo, si sottolinea “l’urgente necessità di accelerare e migliorare l’azione per il clima e la fornitura di sostegno” ai Paesi in via di sviluppo “per affrontare il cambiamento climatico nelle aree di mitigazione, adattamento, perdita e danno al fine di rendere possibile il raggiungimento dell’obiettivo dell’accordo di Parigi”. Inoltre, la bozza “esprime grave preoccupazione per il fatto che l’obiettivo delle parti dei paesi sviluppati di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 non sia stato ancora raggiunto e sollecita i paesi sviluppati a raggiungerlo”. Ribadisce poi “l’appello ai paesi sviluppati ad almeno raddoppiare la finanza per l’adattamento al 2025 rispetto al livello del 2019

INVESTIRE IN RINNOVABILI– Nel documento si precisa che “circa 4.000 miliardi di dollari l’anno devono essere investiti in energie rinnovabili entro al 2030, compresi gli investimenti in tecnologia e infrastrutture, per consentirci di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050″. “Gli investimenti in economia a basse emissioni richiedono da 4 a 6.000 miliardi di dollari all’anno“.

EMISSIONI – La bozza  “nota con grande preoccupazione” che, con gli attuali impegni di decarbonizzazione degli stati, “le emissioni al 2030 sono stimate dello 0,3% in meno rispetto al 2019“, mentre “dovrebbero essere ridotte del 43% al 2030 rispetto al 2019, se si vuole raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette“.

ambiente

Suore in campo per le Cop: Consenso su non proliferazione fossili

La salute del Pianeta è in bilico, intervenire è urgente, ma ancora più importante è che si intervenga uniti. L‘Unione internazionale delle Superiori generali guarda alla Cop 27 di Sharm el-Sheikh (6-18 novembre), alla Cop 15 di Montreal (7-19 dicembre) e lancia una dichiarazione per la cura della casa comune.

All’interno della dichiarazione l’appello delle religiose ad “agire velocemente per arrestare il crollo della biodiversità, assicurando che, entro il 2030, almeno metà della Terra e degli oceani diventino aree protette, ricostituire gli ecosistemi devastati e ridurre la dipendenza globale dai combustibili fossili”. Ma anche l’invito a “raggiungere il consenso globale sul Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili e a sottoscrivere l’accordo di un nuovo quadro globale per la biodiversità”.

Noi suore siamo convinte della necessità di un approccio integrale, integrante e inclusivo per la realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e gli Obiettivi della Laudato Si’”, scandisce suor Patricia Murray, segretaria esecutiva della Uisg. “Le suore e i loro alleati – garantisce – sono in prima linea nel movimento che intavola conversazioni globali sui bisogni delle comunità più vulnerabili”.

Chiama così all’impegno le oltre 600mila religiose che l’Unione rappresenta nel mondo e che operano nell’ambito della salute, della lotta alla fame e dell’assistenza all’infanzia. Chiede di “integrare le voci delle comunità marginalizzate nel dibattito globale riguardante le questioni ambientali”. ‘Sisters for the Environment: Integrating Voices from the Margins’ (Sorelle per l’ambiente: integrare le voci dai margini) è il titolo della dichiarazione, lanciata oggi dall’headquarter UISG di Roma, con il sostegno del Global Solidarity Fund (GSF).

È necessario ascoltare con attenzione le voci di quanti sono stati colpiti dai disastri ambientali – insistono le religiose nel testo – sia per il riconoscimento della loro dignità di esseri umani sia, con un approccio pragmatico, per imparare dalla loro resilienza“. Si tratta dunque di fare dei più vulnerabili attori protagonisti sullo scacchiere internazionale, assicurando che le loro voci siano centrali nel dialogo globale per il cambiamento e che non siano relegate a una advocacy periferica e isolata.

In particolare, si legge nel documento, “bisogna accogliere i suggerimenti delle comunità indigene per fermare o modificare i progetti che interessano le loro terre, e garantire che l’opinione esperta delle comunità sia parte degli sforzi per la mitigazione dei cambiamenti climatici e il crollo della biodiversità”. Altri due punti fondamentali del dossier riguardano la necessità di integrare le risposte al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, riconoscendo la natura interconnessa delle sfide ecologiche, e di unire la cura per l’ambiente a quella per le persone più deboli, rifiutando la visione antropocentrica “alla base delle abitudini di consumo più distruttive”.

 

Torino Wireless diventa Piemonte Innova: al servizio di imprese e Pa per la transizione

Accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nella gestione dell’impatto economico e sociale delle grandi transizioni (digitale, ambientale ed energetica) che caratterizzeranno i prossimi anni a partire da tre grandi temi: Sostenibilità, Intelligenza Artificiale e Cybersecurity. Il riconoscimento nazionale e non solo più regionale della Fondazione, inoltre, offre ulteriori opportunità di miglioramento competitivo. Sono gli obiettivi di Piemonte Innova, brand rinnovato di Torino Wireless, che dalla fondazione mette a fattor comune in ambito digitale soggetti pubblici, enti di ricerca e imprese. Uno staff di 35 persone impegnate su oltre 40 progetti di cui 8 europei, un cluster nazionale, un polo regionale e un ecosistema dedicato all’innovazione. Piemonte Innova mette a disposizione competenze nella gestione dei bandi sui temi dell’innovazione europei e italiani, sostiene e affianca Pmi e piccoli comuni nella transizione digitale, risponde alle richieste di partecipazione ai progetti promossi dagli enti territoriali, individuando fabbisogni e collaborazioni per progetti di ricerca collaborativa pubblico-privata. A queste funzioni storiche dei 20 anni di Torino Wireless, Fondazione Piemonte Innova aggiunge, grazie all’ingresso dei nuovi soci e al rinnovato patto tra i fondatori, nuove competenze e il mandato di agire, in collaborazione con gli altri Stakeholder, come soggetto facilitatore dei processi di innovazione e di sviluppo della digitalizzazione dei cosiddetti soggetti digitalmente fragili: piccoli comuni e micro e piccole imprese dei settori meno tecnologici.

Piemonte Innova mantiene la gestione del Polo di Innovazione ICT, una rete che traina dal 2009 l’innovazione del Piemonte attraverso eventi di networking, supporto a bandi regionali e nazionali, finanziamenti europei. Il polo è strutturato su cinque filiere che interpretano le sfide del futuro: Blockchain, Digital4Social, Green&Circular, Intelligenza Artificiale e Smart Mobility. Ne fanno parte quasi 300 aderenti tra cui 252 Imprese, 17 università e organismi di ricerca e 21 enti e associazioni in qualità di partner o end user. In questi 15 anni il Polo ICT ha portato a finanziamento 316 progetti di ricerca, per un investimento sul territorio pari a 150 milioni di euro.

Ha una dimensione nazionale sin dalla sua fondazione, un’altra eccellenza che Piemonte Innova eredita nella gestione: il Cluster SmartCommunitiesTech, la rete nazionale che dal 2012 promuove progetti di innovazione e soluzioni tecnologiche applicative per la gestione di aree urbane e metropolitane. Tredici soci territoriali, 119 organizzazioni aderenti e 46 città, animano questa comunità che integra e sviluppa competenze, fabbisogni e interessi per lo sviluppo tecnologico e sociale delle città.

Piemonte Innova è, inoltre, uno dei partner dell’Ecosistema Nodes (Nord Ovest Digitale e Sostenibile) finanziato a giugno 2022 dal ministero dell’Università e della Ricerca su una proposta presentata dal Politecnico e dall’Università di Torino insieme a una rete di 24 partner pubblici e privati. È uno degli 11 Ecosistemi dell’Innovazione che il ministero ha individuato al fine di supportare la crescita sostenibile e inclusiva dei territori di riferimento in quella che viene identificata come la doppia transizione (digitale ed ecologica), che tramite il Pnrr porterà 110 milioni di euro tra Piemonte, Valle d’Aosta e le province più occidentali della Lombardia, Como, Varese e Pavia. Nodes punta a creare in tre anni, filiere di ricerca e industriali in sette settori legati alle vocazioni del territorio. Delle risorse già individuate 54 milioni di euro saranno impiegati in ‘bandi a cascata’ per accrescere le competenze, valorizzare la ricerca e trasferimento tecnologico.

La capacità di attrarre investimenti, imprese e idee è diventata nevralgica per rendere più competitivi i territori che si contendono i circa 300 miliardi disponibili per l’Italia tra Programmazione europea 2021-2027 e PNRR. L’innovazione digitale è il processo abilitante grazie a cui queste risorse si trasformeranno in un beneficio concreto per cittadini e imprese, generando sviluppo e competenze diffuse”, spiega Massimiliano Cipolletta, presidente di Piemonte Innova. “Noi siamo al servizio di queste strategie, pienamente supportati dai nostri fondatori pubblici che hanno voluto sancire questo rinnovamento con un nuovo accordo di programma: Regione Piemonte, Città Metropolitana e Comune di Torino, Politecnico e Università di Torino, Camera di commercio di Torino.  A loro si affiancano i nostri fondatori privati: Fondazione Links e Unione Industriali di Torino con cui abbiamo rinnovato accordi di collaborazione mirati e a cui si sono aggiunti nel 2022 tre nuovi enti che hanno aderito e con cui sono già partite collaborazioni strategiche: Camera di commercio di Cuneo, CSI Piemonte e Unioncamere Piemonte”.

Siamo di fronte a un nuovo paradigma che ha imposto un cambiamento di dimensione e funzioni che ci ha convinto anche a cambiare nome assumendo una dimensione più ampia. Piemonte Innova però mantiene inalterata la sua natura di partenariato pubblico-privato. Vent’anni di storia certificano una competenza radicata che poggia su una conoscenza reale di oltre 3.000 imprese, di cui almeno due al giorno, per un totale di circa 400 all’anno, si rivolgono a noi e utilizzano almeno una delle nostre funzioni”, conclude Laura Morgagni, direttore di Piemonte Innova.

Papa

Papa a industriali: “La terra non reggerà impatto del capitalismo”

Cambiare il paradigma economico e fare di più, molto di più, per l’ambiente o “la terra non reggerà l’impatto del capitalismo. È la richiesta di Papa Francesco agli industriali italiani ricevuti in udienza, in Aula Paolo VI.

A una platea di circa 5mila industriali in giacca e cravatta, il papa ecologista domanda “creatività e innovazione“, salvaguardia del Creato come “obiettivo diretto e immediato“, per non lasciare alle prossime generazioni un Pianeta “troppo ferito, forse invivibile“.

Il momento non è semplice, ammette: “Anche il mondo dell’impresa sta soffrendo molto“, scandisce Francesco. Le imprese sono state piegate dalla pandemia prima e dalla guerra in Ucraina poi, “con la crisi energetica che ne sta derivando“: “In questa crisi soffre anche il buon imprenditore, che ha la responsabilità della sua azienda, dei posti di lavoro, che sente su di sé le incertezze e i rischi“.

Un allarme che il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, conferma e rilancia: “Oggi, a procurarci grande preoccupazione non sono solo gli effetti della spaventosa guerra in corso in Ucraina, i costi dell’energia e la perdurante bassa occupazione nel nostro Paese, ma l’onda di smarrimento, sfiducia e sofferenza sociale che esprime una parte troppo vasta della società italiana“.

Il presidente degli industriali parla di un Paese “smarrito, diviso, ingiusto con troppi dei suoi figli e con lo sguardo schiacciato sui bisogni del presente“.

Ma il Pontefice assicura che un nuovo modello economico è in costruzione e che l’attenzione è tutta all’uomo, alla dignità, al tentativo di “dare una risposta, insieme a tutti gli altri attori della società, convinti che la direzione verso cui andare è quella di garantire il lavoro, che è certamente la questione chiave“.

jovanotti

Dopo il Jova Beach Party al via Ri-Party-Amo per ripulire l’Italia

Dopo la conclusione del Jova Beach Party, con l’ultima data di sabato 10 settembre a Bresso, è il momento della partenza di Ri-Party-Amo: il progetto nazionale ambientale nato dalla collaborazione tra Wwf Italia, Intesa Sanpaolo e, appunto, il Jova Beach Party e declinato in tre macroaree di intervento (Pulizie- Rinaturazione- Formazione) tutte con l’obiettivo di rendere i giovani, scuole, famiglie, aziende e intere comunità, protagonisti della salvaguardia e del restauro della natura d’Italia.

I primi otto appuntamenti nazionali si terranno domenica 18 settembre: una giornata all’insegna del volontariato impegnato nel rendere l’Italia più bella e pulita. Dal nord al sud del Paese stessa domenica i volontari si daranno appuntamento in località diverse per avviare il progetto. Le attività, dedicate al filone ‘Puliamo l’Italia’, coinvolgeranno centinaia di volontari nella pulizia di spiagge e di fondali, e saranno coordinate dal Wwf Italia, che diffonderà dati e informazioni scientifiche sul tema dell’inquinamento da plastica nei nostri mari, rendendo così le persone più consapevoli e attente sulle quantità, la composizione e le fonti dei rifiuti marini.

L’evento centrale è alle 10 a Fiumicino presso l’Oasi Wwf di Macchiagrande. Poi ci si trasferirà sulla spiaggia di Coccia di Morto dove si svolgeranno le attività di pulizia. Per partecipare alla grande mobilitazione all’insegna della tutela dell’ambiente, è possibile iscriversi agli eventi di pulizia ‘Puliamo l’Italia’ all’indirizzo: wwf.it/ripartyamo

Oltre all’appuntamento di Fiumicino, domenica 18 settembre ne sono previsti altri nel tratto di mare tra Capocotta e Torvaianica, a Molfetta, nel tatto di mare tra Grotte di Ripalta e Pantano di Bisceglie, a Policoro, a Bacoli, a Marina di Vecchiano e a Rosignano Solvay.

(Photo credits: Facebook @jovabeachparty)