Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

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Oggi il tavolo siccità a Palazzo Chigi. Salvini: “Decreto entro marzo, siamo in ritardo”

“Non c’è ancora una data certa” per l’arrivo del Decreto Acqua in Consiglio dei ministri, “ma di sicuro vedrà la luce entro marzo”. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, dal palco di un evento dell’Anbi a Vercelli – dedicato ai 100 anni dalla moderna bonifica – annuncia un’accelerazione delle misure messe in piedi dal governo per fare in modo di “evitare un’estate disastrosa come quella dello scorso anno” a causa della siccità.

Oggi, a Palazzo Chigi si svolgerà “una riunione della cabina di regia che si deve far carico della progettazione e dell’esecuzione dei lavori. Se ci sono opere bloccate o in ritardo serve un commissariamento ad hoc per sbloccarle e serve qualcuno che si prenda la responsabilità” di decidere “se aprire o chiudere l’acqua” quando ci sono attriti tra “Trento, operatori del Garda e agricoltori veronesi”. “Serve – ha detto Salvini – una scelta equilibrata per evitare che accada quello che è successo lo scorso anno, quando ‘mediavo’ tra Regioni e Province. La vita reale non attende i decreti, serve equilibro per mettere d’accordo gli enti locali”. “Siamo in ritardo”, ha ribadito il vicepremier e per questo “domani dobbiamo chiudere”.

Sul tavolo, ha assicurato, c’è già “il primo miliardo di euro”, con cui “riusciremo a mettere a terra per gli investimenti nei prossimi mesi”, anche se “le domande che arrivano al mio ministero sul Pnrr”, ha aggiunto, “ammontano almeno” a 2 miliardi di euro, “quindi conto con Anbi, Regioni, Comuni, associazioni di agricoltori e anche con le associazioni che si occupano di ambiente, di pianificare questi investimenti”.

Il tema della burocrazia è uno dei più dirimenti, come ha ricordato dal palco di Vercelli anche il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi. “E’ necessario sbloccare cantieri fermi da troppo tempo e salvare quello che ormai è oro, è ossigeno, cioè l’acqua piovana”, ha concordato Salvini, ricordando che “riusciamo a trattenerne soltanto il 10%” e l’obiettivo è aumentare questa percentuale.

Anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – presente a Vercelli – ha ribadito la necessità di “rifare una valutazione pratica sui grandi e piccoli invasi perché il cambiamento climatico lo stiamo vivendo”. Nessun decreto o cabina di regia, ha ricordato, “può far piovere. Dobbiamo essere organizzati. Ai consorzi dico di sforzarsi nella collaborazione, ci va un raccordo tra i soggetti del servizio idrico e quelli che gestiscono l’irrigazione sul fronte agricolo. Non ci possono essere egoismi: ad esempio, se dal Lago di Garda ci sono resistenze” nel rilasciare l’acqua “allora è molto più complicato”.

Sul tavolo dell’incontro di domani a Palazzo Chigi c’è la definizione di un piano idrico straordinario nazionale, d’intesa con le Regioni e gli Enti territoriali per individuare le priorità di intervento e la loro adeguata programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie. Per questo, dovrebbe essere individuato un Commissario straordinario con poteri esecutivi. E proprio sul piano spinge da tempo l’Anbi. “Dobbiamo stabilire le priorità del nostro Paese, non brancolare nel buio. Il piano idrico nazionale deve essere messo in campo se vogliamo essere un Paese moderno“, ha detto Vincenzi. Il piano, ha aggiunto, “ci permette di ragionare in modo trasparente tra tutti i soggetti coinvolti. Serve un passo in avanti, serve ripensare alle opere necessarie per dare risposte ai cambiamenti climatici, alla sostenibilità e alla sovranità alimentare”.

E’ sempre più emergenza siccità: scomparsi i grandi fiumi d’Italia

L’Italia non ha più grandi fiumi: resta largamente insufficiente, infatti, la portata del Po che, pur godendo di un leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano, toccando, nel rilevamento finale a Pontelagoscuro, la portata di 604,23 metri cubi/secondo, inferiore di ben il 14% rispetto ai valori minimi del periodo. A certificarlo sono l’Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) e l’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo). Negli ultimi 30 giorni, infatti, le sezioni principali del Po hanno registrato valori di portata media prossime o inferiori al precedente minimo nel periodo 1991-2020. Le condizioni più critiche sono state registrate proprio nella sezione di Piacenza, Cremona e di Pontelagoscuro dove si registrano condizioni idrologiche di siccità estrema. E non se la passano meglio i grandi laghi, regolati per rilasciare valori di portata prossimi o pari al minimo deflusso. Il riempimento del Lago Maggiore è al 44,9%, quello del Lago di Como al 21,2%. L’Iseo è al 17,9%, l’Idro al 43,4% e il Garda al 38,6%.

Negli ultimi giorni da più parti si è parlato dei dissalatori come strumento per affrontare il problema della siccità, ma come ricorda Francesco Vincenzi di Anbi, “possono essere una soluzione per emergenze localizzate, non certo risolutivi per un fattore esteso quale la siccità penalizzante l’agricoltura e l’ambiente in un territorio come quello italiano”. E’ pensabile risolvere il problema, dissalando l’acqua del mare? “I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di AnbiInsieme all’efficientamento della rete idraulica e all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate?”.

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Giornata del suolo, in Italia persi 19 ettari al giorno. Appello degli ambientalisti: Stop al consumo

“Consumare Suolo in maniera indiscriminata significa anche favorire le calamità idrogeologiche. Un suicidio! Serve dunque una svolta, serve una nuova condotta improntata al senso della responsabilità di tutti, dai cittadini alle istituzioni. Meno consumo di Suolo e più rigenerazione urbana: da oggi dovranno essere questi gli obiettivi per i quali lavorare”. Il messaggio di Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, arriva forte e chiaro in occasione della Giornata mondiale del Suolo (World Soil Day 2022) promossa dalla Fao e sostenuta dalle Nazioni Unite. Il tema per il 2022 è ‘Il suolo: dove comincia l’alimentazione’. Secondo i dati del Rapporto Snpa 2022 dell’Ispra, che Legambiente riprende oggi, in Italia il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i due metri quadrati al secondo.

In generale, la Fao sottolinea che, nel mondo, due miliardi di persone non hanno un apporto equilibrato di nutrienti nella propria alimentazione. La tutela del suolo è un obiettivo raggiungibile solo perseguendo azioni quali, per esempio, l’utilizzo sostenibile dei fertilizzanti, la ricarbonizzazione dei suoli, il miglioramento della mappatura di dati e informazioni a essi legati, il monitoraggio della fertilità del suolo.

Dal macro al micro. In Italia, è la Coldiretti a delineare lo stato dell’arte. “Negli ultimi 50 anni – spiega il presidente Ettore Prandini – è scomparso quasi un terreno agricolo su 3 (-30%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione che rende le superfici impermeabili. Negli ultimi dieci anni, con le campagne l’Italia ha perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali, aumentando il deficit produttivo e la dipendenza dall’estero”. L’organizzazione sottolinea come occorra “accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo”, sottolineando che “è comunque positiva la scelta del Governo di investire nella manovra sul Fondo per il contrasto al consumo di suolo: 10 milioni nel 2023, 20 nel 2024, 30 nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027″. Finanziamenti fondamentali, ai quali si affiancano interventi “necessari di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali”, conclude l’associazione, ricordando che i cambiamenti climatici (nel 2022 si sono registrati tremila eventi estremi) e la sottrazioni di terra fertile capace di assorbire l’acqua danno vita a un micidiale mix i cui effetti si traducono, in oltre 9 Comuni su 10 (il 93,9% del totale) in aree a rischio idrogeologico per frane e alluvioni.

Su quest’ultimo tema si è espressa anche l’Anbi. L’alluvione nelle Marche dello scorso 15 settembre e quella nel comune sardo di Bitti nel novembre 2020 sono, per l’associazione, casi simbolo di disastri ambientali che hanno evidenziato l’importanza dei Consorzi per la Gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue che, però, da soli non sono sufficienti “di fronte alla velocità della crisi climatica e all’estremizzazione degli eventi atmosferici. Serve una visione politica, che ponga il territorio al centro, a iniziare dall’approvazione della legge contro il consumo di suolo, che giace da due legislature in Parlamento”, dichiara Massimo Gargano, direttore generale Anbi.

A questa richiesta di azione dal punto di vista legislativo, fa eco anche Legambiente. “Dall’approvazione, dieci anni fa, del ddl proposto dall’allora ministro dell’Agricoltura, Mario Catania – esordisce Stefano Ciafani, presidente Nazionale dell’associazione – l’Italia è in attesa di una legge per fermare il consumo di suolo. Da allora le proposte di legge si sono moltiplicate, ma una normativa non è mai uscita dalle secche della discussione parlamentare”. Una carenza normativa – secondo Legambiente – che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch’esso in stallo dal 2018, che Legambiente auspica possa essere approvato entro la fine dell’anno, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia.
“Quanto lì accaduto – commenta Stefano Ciafani – mette la politica di fronte alla necessità di agire concretamente e in maniera tempestiva per dare al Paese una legge che rivesta un ruolo centrale contro il consumo indiscriminato di suolo e il dissesto idrogeologico”.

 

L’autunno nella morsa della siccità. Anbi: Il 2023 sarà anche peggio

Non sono bastati pochi giorni di pioggia, l’umidità e una spruzzata di neve in montagna. La siccità che ha attanagliato il Paese per tutta l’estate non è affatto scomparsa. E a dirlo sono i numeri contenuti nel report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche, dal quale emerge che “permane una situazione molto preoccupante perché finora è caduta mediamente la metà della pioggia consueta sull’Italia“.
In particolare, a soffrire di più sono alcune zone del nord Italia. La portata del fiume Po è in veloce diminuzione (a Pontelagoscuro c’è stato un ulteriore calo di 63 metri cubi al secondo in 5 giorni) e ormai si conferma ininterrottamente sotto la media da dicembre 2020. Il timore, avverte l’Anbi, è che il 2023 sarà un anno ancora più difficile per le maggiori riserve idriche del Paese rispetto al già difficile 2022. I grandi laghi del nord, infatti, sono tutti in grande sofferenza. Cala il livello del Lago Maggiore, che è 90 centimetri sotto la media, e quello del Garda, che ha toccato un’altezza di 35,4 centimetri sullo zero idrometrico contro una media di 81,3 cm, mentre l’Iseo ha una percentuale di riempimento quasi dimezzata rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Non piove da così tanto tempo che i bacini non hanno avuto modo di ricaricarsi.

Come ricorda il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi, “non può certo bastare qualche pioggia a risolvere una situazione di deficit idrico, che si protrae da molti mesi”. I dati confermano una situazione che rimane complessa in molte zone del Paese. In Veneto i fiumi sono ai livelli minimi, così come in Valle d’Aosta e in Emilia Romagna, dove alcuni corsi d’acqua hanno addirittura le portate quasi azzerate e il 90% del territorio è ancora in zona rossa per la siccità. Il Lazio è la regione dell’Italia centrale che soffre di più per la mancanza di acqua i livelli degli invasi testimoniano la penuria di piogge autunnali: sono quasi tutti al di sotto dei livelli registrati in estate. Non va meglio nelle Marche, dove i laghi trattengono poco più di 30 milioni di metri cubi d’acqua, in Umbria, dove a ottobre non è quasi mai piovuto e in Abruzzo, dove il deficit pluviometrico è tra l’80 ed il 100%. Migliore, invece, la situazione al sud.

Finora, spiega Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, l’attuale stagione “sta deludendo le speranze di recupero per una situazione idrologica gravemente compromessa e del cui cambiamento si fa fatica a prendere atto, assumendo decisioni conseguenti“. L’estate 2022, dice, “rappresenta una linea di confine per l’Italia davanti ad una crisi climatica, cui si deve rispondere anche con nuove infrastrutture multifunzionali, capaci di trattenere le acque, aumentando la resilienza di comunità e territori”. Il Piano Laghetti, il Piano Invasi, il Piano di Efficientamento della Rete Idrica sono strumenti, conclude “in gran parte cantierabili, che mettiamo a servizio del Paese e del suo Governo”.

Siccità

Ora l’Europa ha sete. Italia al collasso idrico, crolla produzione agricola

C’è un elemento nuovo, che unisce l’Europa continentale e mediterranea: la siccità che, oltre all’Italia, sta colpendo pesantemente Spagna, Francia e ora anche la Germania. Un’Europa completamente a secco quella che sta attraversando l’ennesima ondata di calore che, questa volta, sarà particolarmente intensa. Dieci giorni nella morsa del caldo proveniente dall’Africa del nord con temperature che potranno raggiungere i 16 gradi oltre la media. Della pioggia nemmeno l’ombra, se non in Scandinavia, Austria e Slovenia. In Italia lo zero termico sarà a 5200 metri: non ci saranno temperature sottozero in nessuna zona del Paese e si attendono nuovamente massime record fino a 10°C anche sul Monte Bianco. Giovedì sono attesi 37/38° in Pianura Padana. E la prossima settimana sarà anche peggio.

L’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, nel corso della consueta riunione, ha fatto il punto sulla situazione della Penisola, da cui è emerso un quadro non certo rassicurante. A pagare il prezzo più alto è ancora una volta il nord, dove i laghi stanno vivendo una situazione drammatica. Il lago di Como ha registrato il record storico negativo (-cm. 39,5 sullo zero idrometrico) e ora dovrà essere regolato in equilibrio tra afflussi e deflussi per garantire le condizioni minime di vivibilità ecosistemica. Resta epocale la magra del fiume Po, le cui portate, nel Delta, sono fino al 60% inferiori a quelle di allarme per il cuneo salino, che ormai ha raggiunto i 30 chilometri dalla foce, pregiudicando gli utilizzi idrici in tutta l’area. Soffrono i fiumi come la Dora Baltea, il Sesia, il Tanaro, i torrenti del Canavese, in Piemonte, l’Adige, il Livenza, il Secchia. Webuild ha annunciato che a Chiomonte, dove si trova il cantiere della Tav, le acque di ruscellamento del tunnel – cioè le acque naturali della montagna raccolte nel primo tratto della galleria della Maddalena – saranno impiegate per irrigare le vigne dell’area.In Lombardia, come ha ricordato il governatore Attilio Fontana, “le ultime riserve d’acqua per l’agricoltura si stanno esaurendo e oltre il 25-30 luglio non possiamo andare“.

Già, l’agricoltura. Secondo i dati di Coldiretti, oltre un terzo delle produzioni nazionali è andato perso. Mais e foraggi per animali registrano -45% mentre riso e frumento duro sono crollati del 30%. Sono 332mila le imprese agricole a rischio, cioè il 46% del totale e 11 aziende su 100 sono sul punto di cessare la propria attività. Dati che incidono – e molto – anche sui prezzi. La Commissione europea nelle previsioni economiche d’estate ha annunciato che “la grave siccità nel nord Italia aggraverà l’impennata dei prezzi dei generi alimentari per i consumatori“. Ma non solo. Anche a monte i costi sono schizzati alle stelle. Il prezzo dei mangimi è aumentato del 90%, quello dei concimi addirittura del 170% e sui campi pesano anche i rincari del gasolio, del vetro, del tetrapack, del cartone e della plastica.

Nel centro Italia il Lazio è ormai al collasso idrico. “L’evoluzione più evidente – spiega Anbi – si registra nell’hinterland di Roma, dove già da una settimana sono bloccati i prelievi dal lago di Bracciano, evocando la grave crisi del 2017“. È ancora “sotto traccia” la gravità della situazione nel lago di San Casciano, il cui livello si è abbassato di 5 metri rispetto allo scorso anno, mancando all’appello ben 1.250.000 metri cubi d’acqua. Inoltre, riferisce l’Osservatorio, gli scarsi apporti idrici dal fiume Elvella riducono la diluizione dei solfiti dalle vicine terme di San Casciano, facendo temere problemi per la potabilizzazione svolta dall’Acquedotto del Fiora a servizio dell’area. Continuano a calare i livelli del lago di Nemi, nonché dei fiumi Tevere ed Aniene, così come dei corsi d’acqua nel bacino del Liri, ai minimi in anni recenti. Ma tutto il centro è in situazione di estrema gravità, dalla Toscana – dove sono stati sospesi i prelievi dal Lago di Chiusi – alle Marche, dove calano ancora i fiumi Potenza ed Esino.

In Sardegna e Sicilia la situazione è sotto controllo, ma in Basilicata l’acqua trattenuta negli invasi è diminuita di 15 milioni di metri cubi in una settimana e in Campania resta una condizione di Siccità consolidata nel bacino idrografico del Liri-Garigliano e Volturno.

Ora è necessario davvero accelerare. Massimo Gargano, direttore generale di Anbi ha ricordato che “persiste un ingiustificato scollamento tra affermazioni di principio e scelte politiche conseguenti. Ogni giorno che passa non solo aumenta l’esposizione del Paese alle conseguenze dei cambiamenti climatici, ma riduce le possibilità di utilizzare compiutamente le risorse del Next Generation EU, che prevede la realizzazione e rendicontazione delle opere entro il 2026 con una determinante verifica sugli iter procedurali a fine 2023“.

(Photo credits: Marco SABADIN / AFP)

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Siccità, l’Italia chiude i rubinetti: al via turnazione idrica

Le Regioni, i Comuni e i Consorzi lo chiedevano da tempo e ora la questione siccità è arrivata concretamente al tavolo dei piani alti. Per mettere in campo le competenze necessarie per affrontare la questione su più fronti – infrastrutturale, competenze regionali, eventuali ristori – è stato istituito un tavolo di coordinamento che comprende tutte le amministrazioni interessate, quindi la Protezione civile, il ministero delle Politiche agricole, della Transizione ecologica, degli Affari regionali, delle Infrastrutture e dell’Economia. “Il governo sta lavorando moltissimo“, assicura il ministro Roberto Cingolani.

L’azione ora è su più linee: da un lato il coordinamento ministeriale, dall’altro le Regioni, che sono al lavoro sull’individuazione dei criteri per poter dichiarare lo stato d’emergenza. Sarà poi compito della Protezione civile predisporre un Dpcm da trasmettere al Consiglio dei ministri. Per quanto concerne il settore agricolo, e sempre su proposta delle Regioni, come ricorda il Mipaaf, “si potrà proclamare lo ‘stato di eccezionale avversità atmosferica’ qualora il danno provocato dalla siccità superi il 30% della produzione lorda vendibile“.

E mentre le istituzioni lavorano e da più parti si invoca “una cabina di regia nazionale“, capace non solo di far fronte all’emergenza, ma di avviare un piano concreto di gestione delle acque, l’Italia chiude i rubinetti. Ormai sono centinaia i Comuni che hanno emesso ordinanze per limitare l’uso dell’acqua potabile alle necessità igieniche e domestiche e decine quelli che hanno sospeso l’erogazione durante le ore notturne. In 22 Comuni della Provincia di Frosinone è già stata avviata la turnazione idrica e molti altri hanno subito un abbassamento della pressione. Continuano a calare vistosamente anche fiumi e bacini laziali: l’Aniene ha portata dimezzata, il Tevere è ai livelli minimi in anni recenti, il Sacco è sempre più a secco.

Ma è al nord che la situazione è più drammatica. “La linea del Garda – dice l’Anbiè l’ultima speranza idrica per ristorare l’esangue fiume Po e contrastare la risalita del cuneo salino, che ormai sta pericolosamente marciando verso i 20 chilometri all’interno della pianura di Ferrara“. Il sale rende, di fatto, inutilizzabile l’acqua per l’agricoltura e rischia di trasformare le falde. I grandi bacini del nord sono ai livelli minimi: i laghi di Como (13,5% di riempimento) e d’Iseo sono ormai vicini al record negativo, già più volte superato invece dal lago Maggiore, oggi riempito al 20%. L’anno scorso i bacini settentrionali in questo periodo erano ancora oltre il 90% del riempimento e la neve sui monti era abbondante ben oltre la media.

Il Po continua a registrare una magra epocale lungo tutto il corso: al rilevamento finale di Pontelagoscuro, la portata si è dimezzata in 2 settimane, scendendo a poco più di 170 metri cubi al secondo, quando la soglia critica per la risalita del cuneo salino è fissata a 450 mc/s. In Piemonte, ad eccezione della Stura di Lanzo, decrescono tutti fiumi e il Tanaro è al 30% della portata di dodici mesi fa. In Valle d’Aosta, la Dora Baltea si attesta sui valori minimi in anni recenti ed è ormai Siccità estrema nelle zone centro-orientali della regione.

In Lombardia, le portate del fiume Adda, nel cui bacino idrografico le precipitazioni sono state finora di 270 millimetri contro una media di 460, sono inferiori del 67% al consueto, così come sono -54% sul Brembo, -63% sul Serio , -64% sull’Oglio. Sciolta in anticipo tutta la neve in montagna, la riserva idrica regionale è il 60% della media.

Non va meglio a nord-est dove, in Veneto, il fiume Adige ha un’altezza idrometrica inferiore di 2 metri e mezzo rispetto all’anno passato e di circa 20 centimetri rispetto al 2017. Anche la Livenza è a -2 metri rispetto al livello 2021. In Friuli, i serbatoi nei bacini della Livenza e del Tagliamento mantengono valori prossimi o inferiori ai minimi storici del periodo.

La Protezione civile, intanto, ha emesso l’allerta gialla per cinque Regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e settori di Piemonte e Trentino Alto Adige), per il rischio di temporali. Pioverà, insomma, ma non abbastanza e non con le modalità necessarie a dare respiro ai terreni aridi: le grandinate previste rischiano di dare il colpo di grazia alle coltivazioni sofferenti.

(Photo credits: Piero CRUCIATTI AFP)

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Allarme siccità, Anbi-Coldiretti: Acqua insufficiente e made in Italy a rischio

Da 4 mesi che non c’è una goccia d’acqua, il Po è un rigagnolo, i fiumi sono diventati torrenti, le montagne hanno perso 3 metri di neve che erano la nostra riserva, il rubinetto“. Quello di Alessandro Folli presidente di Anbi Lombardia, non è più un campanello d’allarme ma quasi una ‘chiamata alle armi’ per istituzioni, consorzi di bonifica, associazioni di categoria e stakeholder. La grande sete assedia infatti città e campagne, il Po sta vivendo un periodo di siccità come mai negli ultimi 70 anni. Sono spariti 3 metri di neve dalle montagne, i laghi si svuotano e nei campi, ormai disidratati, la siccità ha già provocato danni che Coldiretti quantifica in 2 miliardi di euro.

Proprio la principale associazione dell’agricoltura italiana ha ribadito quali sono le priorità durante il convegno ‘Sicurezza alimentare e qualità delle risorse idriche: opportunità della normativa europea sul riuso delle acque depurate in agricoltura’ organizzato a Milano da Anbi e Anbi Lombardia. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha esordito con una stoccata alla politica e ai decision-makers: “La situazione della siccità è altamente critica – ha spiegato – e negli anni la politica si è seduta e ha lavorato solo sulle emergenze, ma noi da tempo chiediamo investimenti significativi per bacini di accumulo. Si era ritenuto che fosse un’esigenza secondaria“. Ma non bisogna solo dare risposte sull’emergenza ha spiegato il presidente di Coldiretti, nel suo videocollegamento a Palazzo delle Stelline: “Dobbiamo essere lungimiranti perché senza soluzioni, la crisi che stiamo affrontando porterà a un’esplosione dei costi dei prodotti trasformati e commercializzati. Costi già in aumento per i prezzi dell’energia e per indisponibilità, ad esempio, di fertilizzanti“.

Se in ordine di priorità le necessità umane sono al primo posto, immediatamente dopo c’è l’agricoltura: “Non dobbiamo perdere il vantaggio competitivo dell’export agroalimentare Made in Italy, dobbiamo creare occasioni per produrre di più, specialmente in periodi come questi”. Secondo Prandini, “destinare acqua all’agricoltura non è fare una cortesia a noi di Coldiretti perché lo chiediamo da anni, ma significa avere visione e lungimiranza. Questo chiediamo alle istituzioni: uscire da questa logica dell’emergenza. Necessario è pianificare a medio-lungo periodo affinché si possa trattenere il massimo dell’acqua piovana e delle acque reflue“. Per Coldiretti “raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo”.

Uno sforzo di collaborazione e confronto è quello chiesto dalla stessa Anbi. “Sono anni che a livello nazionale si parla di riutilizzo acqua – ha chiarito Folli – ma le utility hanno i depuratori che poi scaricano l’acqua: il confronto dev’essere serio tra coloro che danno acqua all’agricoltura e coloro che depurano le acqua come enti locali e le stesse utility“. Oltre all’utilizzo massimo delle acque reflue, la soluzione proposta anche da Coldiretti è un piano di investimento lungimirante su reti di invasi e bacini di accumulo. “È necessario creare le condizioni per recuperare le acque depurate e al contempo avere la consapevolezza che tutte le difficoltà che stiamo vivendo ricadranno sul nostro mondo“, ha denunciato Prandini, secondo cui “le parole fanno la differenza. Chiedere lo stato di calamità è un errore perché ci fermiamo a evidenziare solo i danni economici alle imprese. E servono 2-3 anni per i ristori che sono comunque cifre esigue. Dobbiamo invece chiedere lo stato di emergenza collegato all’intervento della Protezione civile per ridurre i passaggi burocratici e coinvolgere tutti i soggetti, dalle Regioni ai Comuni fino ai Consorzi di bonifica“. Questo è peraltro ciò che ha chiesto lo stesso Prandini al premier Mario Draghi in una lettera.

Parla di situazione “abbastanza grave” anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Noi stiamo attenzionando questo problema da un mese e mezzo e abbiamo già raggiunto nei mesi scorsi degli accordi con gli agricoltori per realizzare interventi che utilizzino nel modo migliore la poca acqua di cui disponiamo” spiega Fontana, intervistato da GEA. Per fare un esempio, “abbiamo concordato con loro di rinviare alcune semine per darci la possibilità di raccogliere maggiore acqua nei laghi che poi abbiamo rilasciato al momento opportuno”. Ma anche con i gestori dei bacini idroelettrici sarebbe già stato raggiunto un accordo sul “rilascio graduale di una quantità importante di acqua che deve servire proprio in questi giorni per mantenere le irrigazioni”. Il problema, secondo Fontana, è che “si possono realizzare tutte le alchimie di questo mondo, ma se manca la materia prima che è l’acqua, prima o poi anche le alchimie rischiano di saltare”. Le prospettive effettivamente non sono rosee data l’assenza ulteriore di precipitazioni per un minimo di almeno 10-12 giorni. Perciò ogni minuto per arginare l’emergenza diventa prezioso e a breve si riunirà nuovamente il tavolo con i ministri dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

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La grande sete dell’Italia. In Piemonte 170 Comuni in crisi

Sale la temperatura, di pioggia non se ne vede da mesi e l’Italia ha sempre più sete, con 15 milioni di persone sottoposte a stress idrico. Da nord a sud il grido di allarme è unanime: è una calamità. E i prossimi mesi saranno ancora più critici.

La situazione peggiore è al nord, con il Piemonte che ha già chiesto lo stato di calamità per l’agricoltura, oltre ad aver annunciato il rilascio di acque dai bacini utilizzati per produrre energia idroelettrica a supporto dell’irrigazione e la deroga al minimo deflusso vitale dei fiumi. Decisioni prese nel corso dell’insediamento del tavolo permanente voluto dal governatore Alberto Cirio per monitorare e affrontare la situazione di emergenza e del quale fanno parte le organizzazioni agricole, i consorzi irrigui, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, le Autorità d’ambito del servizio idrico integrato e l’Anbi (Associazione nazionale Bonifiche Irrigazioni Miglioramenti Fondiari). Cirio ha ricordato che “stiamo vivendo una crisi idrica peggiore di quella del 2003” e “il secondo maggio più caldo dal 2009 negli ultimi 65 anni“. Il Po sta pagando le conseguenze peggiori, con un portata d’acqua inferiore al 72% rispetto alla norma. Sulle Alpi non c’è neve, gli affluenti sono secchi e il Grande Fiume non è in grado di soddisfare la domanda degli agricoltori. Verso est, il suo Delta è salato per più di 15 chilometri. Da qui la decisione di agire, in accordo con i gestori degli invasi, “per rilasciare un quinto delle acque contenute nei bacini idroelettrici, operazione che permetterebbe di garantire 15-20 giorni di respiro e salvare il raccolto e le produzioni agricole grazie all’aumento della portata dei fiumi e dei canali di irrigazione“.

Ma il peso della grande sete sta gravando anche sui cittadini. Sono 170 i Comuni piemontesi in cui sono state emanate ordinanze per l’uso consapevole dell’acqua potabile e limitazione agli usi domestici. Vietato, insomma, utilizzare l’acqua per innaffiare i giardini o per attività non destinate alla cucina e all’igiene personale. In 10 Comuni della provincia di Novara, inoltre, è stato interrotto il flusso di acqua potabile durante la notte. Va meglio a Torino città, dove – assicura il sindaco Stefano Lo Russo – “non ci sono criticità tali da compromettere la somministrazione di acqua potabile alla popolazione“. La siccità, però, spiega il primo cittadino, potrebbe durare a lungo ed è fondamentale “la programmazione degli interventi come la manutenzione delle reti, gli invasi, le opere di mitigazione, di stoccaggio e di accumulo, che devono essere messe in campo“. Altre Regioni si stanno attivando per chiedere lo stato di calamità che, pur non potendo prevenire situazioni del genere, consente, come ha ricordato Cirio, di dare ai governatori “la celerità e l’elasticità nell’adottare decisioni emergenziali, un po’ come è successo con il Covid“.

La mappa della sete non risparmia nessuno. Dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte al Molise, dal Veneto al Lazio, dalla Toscana alla Puglia la siccità stringe in una morsa i campi e i raccolti del 2022. Secondo le stime di Coldiretti i danni all’agricoltura ammontano a 2 miliardi di euro e per la Cia “è a rischio fino al 50% della produzione agricolanel nord Italia. In Lombardia Enel rilascerà subito, per almeno 10 giorni, 200.000 metri cubi di acqua al giorno per il fiume Brembo e 250.000 metri cubi di acqua al giorno per il fiume Serio, così da dare sollievo agli agricoltori.

La siccità, ha ricordato Legambiente, negli ultimi 25 anni è costata all’Italia 5 miliardi di dollari e questa nuova ondata rischia di far diventare il conto ancora più salato.

È la Giornata mondiale contro la siccità: e in Italia scatta l’allarme

In Italia la grande sete avanza. Se la situazione al Nord è talmente grave da aver portato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a chiedere a Roma lo stato di calamità per l’agricoltura, gli effetti della siccità iniziano a estendersi rapidamente anche al Centro. Più di un quarto del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione e la siccità è “solo la punta dell’iceberg di un processo che mette a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città“, denuncia Coldiretti.

La situazione a livello nazionale è monitorata con molta attenzione dagli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici che sono stati istituiti con protocolli d’intesa inter-istituzionali con le amministrazioni locali competenti. Lo scenario è uno dei peggiori che si possano prevedere“, informa il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Il ministero sta costituendo un tavolo politico istituzionale “di alto profilo alla presenza di tutte le autorità di bacino per fare un quadro d’insieme sulla scala dell’intero Paese, l’attenzione è costante“, assicura. L’obiettivo a stretto giro sarà ridurre le perdite di acqua e potenziare la collezione di acque piovane, creando un certo numero di bacini: “Basterebbe un quarto della piovosità nazionale per soddisfare il fabbisogno agricolo“, afferma il ministro.

L’Autorità distrettuale del fiume Po la definisce “la peggior crisi da 70 anni: “La portata del fiume sarà ancora più bassa nelle prossime settimane“, avverte il segretario Meuccio Berselli. Il delta è stato “conquistato” ormai per 30 chilometri dalla risalita del cuneo salino e lungo tutta l’asta registra una “magra” epocale.

Ai sindaci di un centinaio di Comuni piemontesi e di almeno 25 Comuni della provincia di Bergamo è stato già chiesto di emanare ordinanze per il contingentamento dell’acqua. In Lombardia i produttori idroelettrici da oggi aumentano i rilasci dell’acqua a supporto dell’agricoltura.

È una situazione complessa soprattutto nelle parti montane e pedemontane del nostro territorio, l’assenza di precipitazioni nevose in inverno e la siccità prolungata poi hanno svuotato i serbatoi idrici“, aveva spiegato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. Che non aveva immediatamente lanciato l’allarme sul capoluogo, ma che aveva spiegato che “ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante questo bene prezioso e di quanto sia importante la programmazione“. E non aveva negato il rischio di stato di calamità: “È inutile affermare il contrario. Al momento la situazione è sotto controllo, noi come città metropolitana abbiamo chiesto ai colleghi sindaci di emettere ordinanze sul contingentamento. Aiuteranno, ma dobbiamo metterci in sicurezza qualora questo periodo dovesse continuare”.

L’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’intera Penisola. Il secondo fiume della Toscana, l’Ombrone, è ridotto ormai a uno “stato torrentizio” dopo mesi di sofferenza. La portata è di 890 litri al secondo, quando il minimo per garantire la vita in alveo è indicato in 2mila litri al secondo. Nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico (-37 centimetri), registrato nell’Agosto 2021, anno considerato idricamente critico per la regione; anche Esino e Nera sono ai livelli più bassi degli ultimi cinque anni. In Umbria, i il fiume Tevere, nel suo tratto iniziale, registra il livello più basso (35 centimetri) dal 1996. Continua a restare basso nel Lazio, dove però è ancora più grave la situazione dell’Aniene, ridotto ad una portata di circa 3mila litri al secondo contro una media di oltre 8mila. Non va meglio ai laghi: in una settimana, il Maggiore si è abbassato di 20 centimetri, il Lario di oltre 30 e l’Iseo di 7. In Lombardia sono ormai completamente esaurite, con due mesi d’anticipo, le riserve di neve.

Sulla situazione e le possibili soluzioni, oggi, giornata mondiale della Siccità e della desertificazione, si tiene un convegno alla Camera con Federica Daga e il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

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