Dallo scarto al piatto: ecco come i rifiuti diventano cibo grazie alla muffa

Photo Credit: Vayu Hill-Maini, UC Berkeley

Lo chef e chimico Vayu Hill-Maini ha una passione: trasformare i rifiuti alimentari in specialità culinarie utilizzando i funghi. Uno dei suoi collaboratori è Rasmus Munk, capo chef e comproprietario del ristorante a due stelle Michelin Alchemist di Copenaghen, che serve un dessert – una muffa Neurospora di colore arancione cresciuta sul riso – ispirato dal suo mentore.

POLPETTE DI NEUROSPORA. Negli ultimi due anni, Hill-Maini ha collaborato con un team di chef del Blue Hill at Stone Barns, un altro ristorante a due stelle Michelin a Pocantico Hills, New York, per creare gustosi bocconcini a partire da muffe di Neurospora cresciute su cereali e legumi, compresa la polpa rimasta dalla produzione del latte d’avena. Qui presto sarà servita una polpetta di cereali ricoperta di Neurospora arancione con un contorno di pane ammuffito che, una volta fritto, ha l’odore e il sapore di un panino al formaggio tostato. Hill-Maini, borsista post-dottorato presso l’Università della California, lavora nel laboratorio di Jay Keasling, professore di ingegneria chimica e biomolecolare della UC Berkeley, e qui si è dedicato a imparare tutto ciò che c’è da sapere sulla Neurospora intermedia – un fungo molto diffuso che viene tradizionalmente usato in Indonesia per produrre un alimento chiamato oncom (pronuncia ahn’ cham) dalla polpa di soia – in modo da poterlo adattare ampiamente agli sprechi alimentari e ai palati occidentali.

UN SISTEMA ANTISPRECO.Il nostro sistema alimentare è molto inefficiente. Un terzo circa di tutto il cibo prodotto negli Stati Uniti viene sprecato, e non si tratta solo di gusci d’uovo nella spazzatura. È un fenomeno su scala industriale”, dice lo scienziato. “Che fine fanno tutti i cereali coinvolti nel processo di produzione della birra, l’avena che non è stata trasformata in latte d’avena, i semi di soia che non sono stati trasformati in latte di soia? Viene buttato via”, spiega. Quando un collega chef indonesiano gli ha fatto conoscere l’oncom fermentato, è stata la svolta. L’evangelizzazione di Hill-Maini sui benefici della Neurospora ha ispirato Blue Hill a installare quest’estate un incubatore e una cappa per la coltura di tessuti nella sua cucina di prova, consentendo al ristorante di immergersi più profondamente negli alimenti fungini. Mentre le persone di molte culture mangiano da tempo cibi trasformati da funghi – il grano trasformato in alcol dal lievito, la cagliata del latte trasformata in formaggio blu dalla muffa Penicillium, la salsa di soia e il miso prodotti dai fagioli di soia dalla muffa koji (Aspergillus oryzae) – l’oncom è unico nel suo genere in quanto prodotto da scarti alimentari. Un articolo di Hill-Maini sulla genetica dei ceppi di Neurospora intermedia che trasformano gli scarti del latte di soia in oncom e su come i funghi alterano chimicamente 30 diversi tipi di scarti vegetali è stato pubblicato sulla rivista Nature Microbiology.

DAGLI SCARTI AGRICOLI AL PIATTO.Negli ultimi anni, credo che i funghi e le muffe abbiano attirato l’attenzione del pubblico per i loro benefici per la salute e l’ambiente, ma si sa molto meno sui processi molecolari che questi funghi svolgono per trasformare gli ingredienti in cibo”, ha detto. “La nostra scoperta ci apre gli occhi su queste possibilità e sblocca ulteriormente il potenziale di questi funghi per la salute e la sostenibilità del pianeta”. Uno degli aspetti sorprendenti di questi intrugli ammuffiti, ha scoperto Hill-Maini, è che i funghi trasformano materiale vegetale indigesto – polisaccaridi, tra cui pectina e cellulosa, provenienti dalla parete cellulare della pianta – in cibo digeribile, nutriente e gustoso in circa 36 ore.

NUOVI SAPORI INASPETTATI. Nel nuovo lavoro, Hill-Maini ha dimostrato che N. intermedia può crescere su 30 diversi tipi di rifiuti agricoli, dalla bagassa della canna da zucchero alla sansa di pomodoro, dal mallo di mandorla alle bucce di banana, senza produrre le tossine che possono accumularsi in alcuni funghi e muffe. Poiché il ceppo di Neurospora ‘addomesticato’ degrada la cellulosa degli scarti di soia e arachidi in un alimento gustoso, Hill-Maini si è chiesto se potesse rendere commestibili altri prodotti di scarto. In collaborazione con Munk all’Alchemist, ha presentato la red oncom a 60 persone che non l’avevano mai incontrata prima e ha chiesto la loro opinione, che è stat positiva. Gli chef hanno coltivato la Neurospora anche su arachidi, anacardi e pinoli e anche questi sono piaciuti a tutti. “Il suo sapore non è polarizzante e intenso come quello del formaggio blu. È una sorta di terrosità umami più mite e saporita”, spiega Hill-Maini. Tuttavia, substrati diversi impartiscono i propri sapori, tra cui note fruttate se coltivati su riso o sansa di mela. Tutto questo ha indotto Munk ad aggiungere un dessert a base di Neurospora al menu dell’Alchemist: un letto di vino di prugne in gelatina sormontato da una crema di riso non zuccherata inoculata con Neurospora, lasciata fermentare per 60 ore e servita fredda, condita con una goccia di sciroppo di lime ottenuto dalla tostatura di scorze avanzate. “Ho trovato sconvolgente scoprire all’improvviso sapori come la banana e la frutta sottaceto – spiega lo chef – senza aggiungere nulla oltre ai funghi stessi. Inizialmente pensavamo di creare un piatto salato, ma i risultati ci hanno spinto a decidere di servirlo come dessert”. Munk ha recentemente lanciato un centro per l’innovazione alimentare, Spora, inizialmente focalizzato sull’upcycling dei flussi secondari dell’industria alimentare e sullo sviluppo di fonti proteiche deliziose e diverse.

DALLA CUCINA AL LABORATORIO. E VICEVERSA. Hill-Maini è cresciuto in una famiglia incentrata sulla cucina. Sua madre, di origine indiana e originaria del Kenya, negli anni ’90 teneva corsi nel loro appartamento di Stoccolma, introducendo gli svedesi alle spezie e agli stili di cottura dell’India. Suo padre ha origini cubane e norvegesi. “Crescendo, mi sono avvicinato alla cucina molto presto, come un modo per capire il mio patrimonio culturale e le mie origini”, racconta. Dopo le scuole superiori, ha portato il suo amore per la cucina a New York, dove ha lavorato nella preparazione dei cibi in diversi ristoranti, prima di impressionare un datore di lavoro con i panini che portava per pranzo. All’età di 18 anni, è stato scelto per ridisegnare il menu di un’antica paninoteca di Manhattan. Una creazione è stata votata dal New York Times tra i migliori panini vegetariani della città. Alla fine è tornato a scuola, mantenendosi come chef a pagamento, e si è interessato alla scienza che sta dietro alle trasformazioni chimiche possibili in cucina. Dopo aver conseguito la laurea al Carleton College di Northfield, nel Minnesota, è stato ammesso al programma di laurea dell’Università di Harvard, dove ha studiato biochimica e ha svolto un dottorato sul microbioma intestinale. Poi, però, ha desiderato tornare in cucina. Con il sostegno della borsa di studio, ha visitato ristoranti, tra cui Blue Hill, Alchemist e il Basque Culinary Center in Spagna, per tenere seminari sulla fermentazione. Negli ultimi due anni il Blue Hill lo ha ospitato cinque volte, l’ultima delle quali a fine giugno per inaugurare il laboratorio di microbiologia del ristorante.

Tags:
, ,

A Roma l’assemblea mondiale dei mercati contadini. Prandini: “Valore da oltre 4,5 miliardi”

Photo credit: canali social Coldiretti

 

Salvaguardare la biodiversità, valorizzandola. Roma diventa il centro del mondo enogastronomico per la due giorni della World Farmers Markets Coalition, l’associazione che riunisce i mercati contadini del pianeta. Nata nel 2021 su impulso di Coldiretti e Campagna Amica, si tratta di un’organizzazione non-profit che fa parte dei dieci progetti selezionati nell’ambito del Programma Food Coalition della Fao e ha richiamato nella Capitale italiana agricoltori dai cinque continenti per portare le proprie specialità da salvare. I numeri rendono meglio l’idea della portata di questa manifestazione: oltre 70 associazioni rappresentative da 60 Paesi, 20mila mercati coinvolti, 200mila famiglie agricole e oltre 300 milioni di consumatori.

Il Wfmc è un’opportunità per lo sviluppo e la crescita, anche dei Paesi emergenti che si trovavano in difficoltà”, dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, a margine dei lavori che si svolgeranno venerdì 12 e sabato 13 luglio al mercato di Campagna Amica, al Circo Massimo. Il numero uno dei coltivatori diretti ricorda l’esempio italiano: “Grazie a ‘Campagna amica’ abbiamo salvato 30mila imprese, quindi nuclei familiari, creando un valore, all’interno della filiera, nella vendita diretta, superiore ai 4,5 miliardi. Ma soprattutto – aggiunge – creiamo le condizioni perché si possa fare cultura, in termini di informazione, difesa della biodiversità e della distintività del modello agroalimentare italiano e creare le condizioni per le quali ci sia sempre l’attenzione al tema degli sprechi di cibo”.

Altro tema emerso con forza nella prima giornata di assemblea è la necessità di porre un freno alla deriva delle catene globali, nelle quali le grandi multinazionali spingono l’acceleratore verso i cibi ultraprocessati, oltre a sfruttare i territori e le loro risorse, mentre in diverse zone del mondo è la filiera di prossimità a nutrite le popolazioni. “Se riusciremo a fare il chilometro zero a livello globale, creeremmo una opportunità di crescita e attenzione per i cittadini, ma anche per i nostri produttori”, sottolinea ancora Prandini. Supportato anche dai risultati dello studio condotto da Ipes-FoodFood from somewhere: building food security and resilience through territorial markets‘: oltre il 70% della popolazione mondiale è alimentata da piccoli produttori e reti di agricoltori che utilizzano meno di un terzo delle terre agricole e delle risorse globali.

Inoltre, secondo un’analisi Coldiretti su dati Fao, gli agricoltori di piccola scala e a conduzione familiare producono l’80% dell’approvvigionamento alimentare nell’Africa sub-sahariana e Asia. In media, con il fabbisogno alimentare delle città viene fornito principalmente da un’agricoltura attiva nel raggio di 500 chilometri.

Una tendenza che è molto presente anche nel nostro Paese. Anche in questo caso vengono in supporto i numeri delle analisi. Secondo quella condotta da Coldiretti su dati della Noto sondaggi, infatti, il 64% degli italiani, quindi quasi due su tre, preferiscono fare la spesa nei mercati contadini. Non solo, perché il 73% degli intervistati nell’indagine ritiene che acquistare direttamente dall’agricoltore sia il modo migliore per avere la garanzia della sicurezza di quanto portano in tavola tra tutte le forme di distribuzione, dal supermercato al web. Infatti, l’86% dei nostri concittadini vorrebbe avere a disposizione un mercato contadino di prossimità. Percentuale che sale al 93% nelle regioni del Centro.

Dobbiamo garantire, soprattutto nel nostro Paese, prodotti di qualità, quindi anche la differenziazione della produzione è utile e va sostenuta”, afferma il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, tra gli ospiti d’onore della prima giornata di World farmers market coalition. “Allo stesso tempo – continua il responsabile della Farnesina – bisogna sostenere l’industria agroalimentare, che rappresenta un punto di forza della nostra economia reale e del nostro Export. Ne parleremo anche al G7 commercio internazionale di Reggio Calabria”.

Che serva “un nuovo patto tra l’Europa e il mondo agricolo” ne è convinto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Mettendo “al centro la sostenibilità con il mondo agricolo alleato in questa battaglia”. Per il primo cittadino della Capitale è “fondamentale la centralità della riduzione delle emissioni, che non va visto come un pericolo, anzi l’agricoltura può essere alleato non solo dal punto di vista produttivo, ma come forma di cura del suolo e difesa dell’ambiente”. Evitando, però, “lo sviluppo di una industrializzazione che quando fa dell’ultra processato l’unità di misura fondamentale di qualsiasi fase nutritiva delle persone – avvisa Gualtieri – mette in discussione sia la salute delle persone, sia una filiera produttiva di qualità”.

La seconda e ultima giornata del Wfmc sarà aperta dal ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. Le conclusioni, invece, saranno affidate al presidente e al direttore generale del World farmers market coalition, Richard McCarthy e Carmelo Troccoli.

Insetti nel piatto? I consumatori europei bocciano il cibo del futuro

Perché ai parigini piace l’insalata di alghe e tofu? Gli italiani saranno tentati di provare uno spiedino di scarabeo? Quanti giovani consumatori polacchi sono desiderosi di mangiare il paté di ceci? A queste domande ha cercato di rispondere un progetto internazionale guidato dai ricercatori dell’Università svizzera SWPS, che hanno analizzato l’atteggiamento dei consumatori europei nei confronti dei prodotti alimentari a base di proteine alternative.

Di fronte alla lotta contro il cambiamento climatico, sempre più persone modificano la propria dieta, rinunciando o limitando le fonti proteiche convenzionali (come manzo, pollo e latticini) a favore di quelle a minor impatto ambientale. Si tratta dei cosiddetti alimenti proteici alternativi (APF), che possono essere a base di legumi, alghe, funghi, crostacei e insetti.

I ricercatori della SWPS University, insieme a esperti di Germania, Danimarca, Grecia, Norvegia e Italia, si sono concentrati in particolare sui dati provenienti da Danimarca, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Spagna, Regno Unito e Germania.

Dallo studio emergono differenze sostanziali tra i Paesi. Così, ad esempio, molti consumatori valutano i prodotti ibridi, cioè quelli che combinano proteine convenzionali e alternative. Questa tendenza si osserva soprattutto tra i danesi, ma anche nel Regno Unito e in Spagna. Gli studi dimostrano, poi, che i consumatori polacchi e cechi hanno una minore conoscenza dei prodotti alimentari innovativi e una maggiore riluttanza ad adottare nuovi alimenti rispetto ai consumatori danesi e tedeschi. Tra i tedeschi, gli “innovatori alimentari” (cioè coloro che acquistano subito dopo l’uscita di vari alimenti innovativi) e i “primi seguaci” (coloro che acquistano dopo averci riflettuto un po’) costituiscono il 73% della popolazione. Ciò contrasta con i risultati osservati per i giovani di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. In questi Paesi, gli “innovatori alimentari” e i “primi seguaci” costituiscono solo il 24-36% dei giovani consumatori.

Gli insetti, però, non piacciono molto. L’analisi mostra che gli europei sono riluttanti ad acquistare prodotti che li contengono. Solo il 18-22% dei consumatori del Regno Unito e della Spagna si dichiara disposto a comprarli, mentre svedesi e finlandesi si dichiarano più favorevoli rispetto a tedeschi e cechi. E in Italia? I consumatori della penisola sono molto meno propensi a scegliere questi prodotti rispetto a quelli dell’Europa settentrionale o occidentale (ad esempio, Danimarca e Belgio).
“La cultura alimentare e i modelli alimentari nel Nord Europa potrebbero essere cambiati negli ultimi decenni, mentre la cultura alimentare italiana è considerata una delle più forti in Europa. Qui la carne gioca un ruolo importante”, dicono i ricercatori.

Alcune città multiculturali e cosmopolite rappresentano un’eccezione. Ad esempio Parigi e Helsinki, più diversificate dal punto di vista etnico, tendono a mostrare livelli più elevati di accettazione dei nuovi cibi. Del resto, qui ci sono anche maggiori probabilità di avere ristoranti che offrono una cucina alternativa o che introducono nuove tendenze alimentari, comprese le proteine alternative. Nella capitale francese, ad esempio, il consumo medio di prodotte a base di alghe è superiore a quello di altre 5 città del Paese.

Gli autori dell’analisi sottolineano che i loro risultati possono aiutare a sviluppare strategie volte ad aumentare le scelte di questi cibi.

Tags:
,

Appello del Wwf al governo: “Serve volontà politica per un’alimentazione sostenibile”

(Photocredit: Wwf)

“E’ necessario essere consapevoli, a tutti i livelli, che l’attuale sistema alimentare è la prima causa della perdita di biodiversità, anche in Italia, uno dei Paesi europei con maggior ricchezza floristica e faunistica, ma anche che la salute delle persone dipende direttamente dalle condizioni di salute dell’ambiente. Grande influenza su questo binomio uomo-ambiente ce l’ha quello che scegliamo – e siamo messi in grado di selezionare – per la nostra tavola”. Lo dice il Wwf alla vigilia del vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, che si svolgerà a Roma dal 24 al 26 luglio.

Per questa occasione l’associazione ambientalista ha pubblicato il documento di approfondimento ’10 regole d’oro per un sistema alimentare di valore: come costruire in Italia un futuro sostenibile per le persone e l’ambiente’. Si tratta di una serie di raccomandazioni rivolte al governo sulla base degli aspetti di criticità del nostro sistema alimentare, che propone delle soluzioni “non impossibili, ma al contrario indispensabili per evitare l’escalation di impatti e problematiche su ambiente e società, su cui la scienza ci sta avvisando da decenni”.

Si va, ad esempio, dall’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che “impoveriscono i suoli, fanno strage di biodiversità e causano problemi alla salute dei cittadini” agli sprechi alimentari, dagli allevamenti intensivi “che provocano inquinamento e dipendenza dal mercato globale delle commodity che causano deforestazione, pesca eccessiva che sta depauperando il Mediterraneo”. Ma si parla anche dello spettro di nuove diseguaglianze sociali (soprattutto nelle zone più colpite da gravi fenomeni climatici), della Politica agricola comunitaria, di dipendenza dai combustibili fossili e di “scarsa programmazione di politiche del cibo a livello nazionale, urbano e metropolitano”.

Il settore, spiega Eva Alessi, responsabile sostenibilità del Wwf, “necessita di una transizione all’insegna della sostenibilità e dell’ecologia per invertire la rotta e restituire al cibo il suo valore intrinseco che sia in grado di tutelare biodiversità e clima, tanto quanto i diritti di lavoratrici e lavoratori, fino alla salute e sicurezza dei cittadini”. L’organizzazione si appella alla “volontà politica” per tutelare il mercato e gli agricoltori e rendere più sostenibile “la governance del cibo”.

Una reale transizione, dice Alessi, “è possibile, dal campo e dal mare fino alla tavola. Senza un vero cambiamento le future generazioni erediteranno un pianeta gravemente danneggiato in cui gran parte della popolazione soffrirà sempre più di malnutrizione e malattie prevenibili”

Quando sano è anche buono. Il concetto innovativo dello ‘snack salutistico’

Sano ma buono. Senza contraddizioni. I nuovi trend di alimentazione, ed i nuovi prodotti sfornati da aziende virtuose, hanno sfatato un mito. “Era necessario sfatare il mito – spiega Simona Fiorentini, Export Manager di Fiorentini Alimentari, intervistata a War Room da Monica Satriano – che impedisce di coniugare insieme buon gusto e salute in termini di alimentazione. Il concetto si snack salutistico nasce appunto per questo. L’idea di snack – spiega – nella mente delle persone è normalmente legato a qualcosa di buono ma di poco sano. Viceversa l’idea di salute (in termini di cibo), è associata a qualcosa che fa bene ma non è buono. Lo snack salutistico lo abbiamo voluto per rompere gli schemi perché è buono, contrariamente non viene messo in produzione, ma al contempo molto sano. Il gusto insomma diventa ingrediente fondamentale del prodotto salutistico e/ o dietetico”.

Otto famiglie italiane su dieci riciclano avanzi del cenone di Natale

In quasi otto famiglie su dieci (77%) si riciclano a tavola gli avanzi di cenoni e pranzi di Natale che vengono riutilizzati in cucina anche per una crescente sensibilità verso la riduzione degli sprechi per motivi economici, etici e ambientali. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ dalla quale si evidenzia che solo nel 9% delle famiglie non avanza niente mentre il 2% dona in beneficenza e l’1% dichiara di buttare gli avanzi nel bidone. Ma c’è anche un 11% che ha messo le pietanze non consumate nel freezer per riutilizzarle prossimamente.
Con il record di una media di 2,8 ore trascorse in cucina per la preparazione dei piatti, secondo la Coldiretti gli italiani hanno speso a tavola quasi 2,7 miliardi di euro per i cibi e le bevande consumati tra la cena della vigilia e il pranzo di Natale tra pesce e le carni compresi i salumi (950 milioni), spumante, vino ed altre bevande (550 milioni), dolci con gli immancabili panettone, pandoro e panetteria (300 milioni), ortaggi, conserve, frutta fresca e secca (550 milioni), pasta e pane (200 milioni) e formaggi e uova (190 milioni).

Per conservare il cibo del giorno prima ed evitare di gettarlo nella spazzatura Coldiretti ha elaborato alcuni consigli, a partire dall’utilizzo corretto del frigorifero. Le pietanze non devono essere inserite quando sono ancora calde ma vanno adeguatamente coperte e non ammassate l’una sull’altra, per permettere al freddo di circolare. Quelle più facilmente deperibili – continua Coldiretti – devono inoltre essere collocate nella parte bassa del frigo. Quando ad avanzare sono interi vassoi di cibo il congelatore può essere un’ottima soluzione, ma è sempre meglio dividerli in piccole porzioni così da consumare di volta in volte solo le quantità che servono.

Per scongelarle si può utilizzare il forno a microonde o il vapore di una pentola piena di acqua calda, ma la soluzione migliore, seppure più lenta, è quella di utilizzare il frigo, dove il passaggio di temperatura è più costante. Una volta scongelate, le pietanza vanno consumate entro 24 ore e non possono essere congelate nuovamente. Allo stesso modo – prosegue Coldiretti – il cibo avanzato non va riscaldato più di una volta. Quando vanno messi sui fornelli, minestre, sughi e salse del giorno prima vanno fatte bollire mentre per gli altri piatti si consiglia comunque di portare la temperatura sopra i 70 gradi. In questo modo saremo sicuri – spiega Coldiretti – di evitare il rischio di proliferazione di batteri. Al momento di scegliere il tipo di contenitore da utilizzare, una buona soluzione può essere il vetro, a partire dai barattoli con tappo a chiusura ermetica che consentono di conservare meglio le caratteristiche organolettiche del cibo. L’altra soluzione, più “tecnica”, è l’uso del sottovuoto che permette di allungare ulteriormente la “seconda vita” delle pietanze.

Firmato accordo Kiev-Mosca per sblocco grano, Onu e Turchia garanti

Mosca e Kiev firmano a Istanbul l’accordo per lo sblocco di circa 25 milioni di tonnellate di grano e cereali, bloccati da mesi nei porti del Mar Nero a causa della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. L’intesa, duramente negoziata da aprile, arriva a cinque mesi dall’inizio del conflitto e porta la firma del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dei ministri della Difesa turco e russo, Hulusi Akar e Sergei Shoigu, e del ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov.

Si tratta di due testi perfettamente identici ma separati, su richiesta proprio degli ucraini, che si sono rifiutati di siglare qualsiasi documento con i russi. Con l’intesa raggiunta grazie alla mediazione di Ankara, e il sostegno di tutta la comunità internazionale, si risolve una situazione che rischia pericolosamente di creare una crisi alimentare a livello mondiale.

L’accordo prevede un centro di coordinamento a Istanbul gestito da delegati delle parti coinvolte: un rappresentante ucraino, uno russo, uno turco e uno delle Nazioni Unite, assistiti dai rispettivi team. Questa ‘cabina di regia’, secondo Guterres, sarà costituita entro pochi giorni e sarà responsabile della programmazione della rotazione delle navi nel Mar Nero. “Non posso darvi una data precisa. Ma al massimo tra quindici giorni“, ha fatto sapere il segretario generale. Inoltre, ci saranno ispezioni (in mare) delle navi che trasportano il grano alla partenza e all’arrivo in Turchia, come richiesto da Mosca, per garantire che non vengano contemporaneamente consegnate armi all’Ucraina. Altro punto è la garanzia di un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da attività militari.

Le navi partiranno da tre porti ucraini: Odessa, Pivdenny (Yuzhne) e Chornomorsk, e i ‘piloti ucraini’ apriranno la strada alle navi da carico nelle acque territoriali.

L’accordo è valido per 120 giorni. Le circa 25 milioni di tonnellate di grano attualmente ferme nei silos dei porti ucraini, saranno portate a destinazione con cadenza di otto milioni di tonnellate al mese, dunque quattro mesi dovrebbero essere sufficiente a smaltire le scorte, anche se praticamente a ridosso del nuovo raccolto. È stato poi raggiunto un’intesa per facilitare l’esportazione di prodotti agricoli e fertilizzanti russi, su richiesta di Mosca, che voleva proteggerli dalle sanzioni occidentali. Conditio sine qua non del Cremlino per dare il via libera al documento. Nel dossier c’è anche il capitolo dedicato allo sminamento delle acque che proteggono i porti, operazione per la quale la Turchia si è offerta di dare il proprio contributo come soggetto terzo, “se necessario“.

La notizia, ovviamente, ha fatto il giro del mondo. “Milioni di tonnellate di grano disperatamente necessarie bloccate dalla guerra russa lasceranno finalmente il Mar Nero per aiutare a sfamare le persone in tutto il mondo“, twitta la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ringrazia Guterres per gli “instancabili sforzi” profusi nella trattativa. Breve ma incisivo il commento di Paolo Gentiloni: “Finalmente una buona notizia“. Anche per l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, “l’accordo di Istanbul è un passo nella giusta direzione, chiediamo la sua rapida attuazione“.

In Italia è il premier, Mario Draghi, a far sentire la sua voce: “Un’ottima notizia per tutta la comunità internazionale“, dichiara in una nota. Sottolineando che “lo sblocco è essenziale per permettere a questi carichi di raggiungere i cittadini di molti Paesi a medio e basso reddito e evitare una crisi alimentare mondiale“. Avvertendo, allo stesso tempo, che “il successo di questo piano dipenderà dalla rapida e piena attuazione” delle intese. Auspicando che siano “un primo passo verso concrete prospettive di pace” ma “in termini accettabili per l’Ucraina“.

Kiev, però, continua a credere poco nelle buone intenzioni della Russia. “Contiamo sull’Onu per l’attuazione dell’accordo per le esportazioni, perché di Mosca “non ci si può fidare della Russia“. Il ministro della Difesa di Putin, però, assicura: “Non approfitteremo del fatto che questi porti ucraini siano stati liberati dalle mine e aperti, abbiamo preso l’impegno“. La situazione, dunque, resta sempre complicata, ma il passo avanti di oggi fa tirare almeno un piccolo sospiro di sollievo. Senza illusioni, la convinzione generale è che la strada sia ancora molto lunga prima che le armi finalmente tacciano.

Dalla differenziata alla doggy bag: le nostre scelte ‘sostenibili’

Cresce l’impegno personale e l’attenzione alla sostenibilità ambientale da parte dei cittadini. Poco alla volta, quelle che prima erano accortezze saltuarie, diventano consuetudini volte a rendere il pianeta più vivibile, per noi e per le generazioni future. L’osservatorio sugli sprechi Waste Watcher creato da Last Minute Market ha condotto un’indagine internazionale sulle ‘scelte sostenibili’ prendendo in considerazione otto Paesi del mondo: Cina, Usa, Russia, Regno Unito, Canada, Germania, Spagna e Italia, con campione statistico di 8mila interviste.

Il risultato? La medaglia d’oro va alla raccolta differenziata: quasi un plebiscito che il 92% dei cittadini dichiara di realizzare ogni giorno. Segue l’attenzione alla prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari (91%), la riduzione degli acquisti con imballaggi di plastica (90%), il consumo di cibo proveniente da allevamenti rispettosi degli animali (88%) e la riduzione dell’acquisto dei prodotti con imballaggi usa e getta (88%).

sostenibilità

LISTA DELLA SPESA

Lo studio evidenzia inoltre diverse strategie messe in atto dai consumatori del pianeta. Risulta – ad esempio – che la vecchia economia domestica non è ancora stata prevaricata dalla tecnologia. Dall’indagine diffusa da Spreco Zero emerge, infatti, che la classica lista della spesa è ancora di moda per il 70% della popolazione e che il ricorso alle app salvacibo resta un’abitudine ristretta a non più del 9% degli intervistati.

CIBO IN SCADENZA

È pratica diffusa nei Paesi europei e anglofoni l’assaggio del cibo appena scaduto, per accertarsi se sia ancora consumabile prima di gettarlo: lo fanno soprattutto spagnoli, inglesi, tedeschi e canadesi (oltre 4 cittadini su 5), a ruota seguono Italia e Stati Uniti, meno convinti di questa pratica i cinesi, solo 1 cittadino su 2.

DOGGY BAG

Gli italiani e in generale i cittadini europei sembrano piuttosto timidi e impacciati con la ‘doggy bag‘ al ristorante: la chiedono solo 4 clienti su 10 che non riescono a consumare il proprio pasto.

Crisi alimentare, Mediterraneo fa quadrato: È rischio mondiale

La crisi alimentare causata dal blocco del grano dovuto all’invasione russa in Ucraina rischia di finire fuori controllo. Addirittura “di degenerare in crisi mondiale“, avverte il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che alla Farnesina ha presieduto il primo Dialogo ministeriale Mediterraneo assieme a Germania e Turchia. Se le navi rimarranno attraccate nei porti ucraini con le tonnellate di materie prime impossibilitate a partire ci potranno essere “conseguenze ancora più devastanti“, come “nuove guerre“. Ecco perché serve un’inversione di rotta. Alla discussioni sulle possibili soluzioni hanno contribuito il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, e in collegamento i ministri dei 24 Paesi dell’area del Mediterraneo, oltre ai rappresentanti di 7 organizzazioni internazionali interessate.

Entro la fine di giugno intendiamo condividere con voi un documento tecnico di follow up, preparato insieme alla Fao, in consultazione con i co-presidenti e con le organizzazioni internazionali che desiderano prendere parte a questa iniziativa“, spiega Di Maio in apertura dei lavori. Questo documento “identificherà le aree di collaborazione e individuerà azioni concrete” per risolvere la crisi del cibo. L’elemento condiviso tra tutti i partecipanti è che occorre fare presto, perché “bloccare le esportazioni del grano significa condannare a morte milioni di bambini, donne e uomini“, ammonisce il responsabile della diplomazia italiana. Ricordando che “l’insicurezza alimentare è diventata un problema globale“. Così come è urgente trovare una soluzione a perdite e sprechi: “Sono un problema molto serio” che riguarda “dal 16% al 20% della produzione alimentare“, ovvero “decine di milioni di tonnellate di cibo nella regione mediterranea ogni anno“.

Serve una cooperazione sempre più stretta, spiega il direttore generale della Fao, Qu Dongyu: “Dobbiamo risolvere i problemi insieme, attraverso la solidarietà internazionale e questo vale per il governo italiano, per la comunità internazionale e, soprattutto, la comunità delle Nazioni Unite“. Anche in questa fase storica, in cui il conflitto aumenta esponenzialmente le incertezze. Ma dobbiamo “utilizzare questa crisi come un richiamo a intraprendere una svolta immediata, ma anche a livello di medio lungo termine”, sostiene Dongyu. Per questo “abbiamo bisogno di agire per reperire cibo, per produrre meglio, per produrre di più e per rendere più aperti i mercati globali alimentari – continua -. Quindi, in qualche modo snellire la logistica, renderla più efficiente, rendere le derrate alimentari più accessibili a coloro che ne hanno più bisogno“. Servono “sistemi alimentari, c’è molto spazio per migliorare, anche in Italia e in Europa, per migliorare lo sfruttamento del suolo, l’efficientamento delle reti idriche e migliorare la filiera delle forniture, la filiera della produzione agroalimentare. Dobbiamo trovare delle soluzioni, dobbiamo puntare sulla ricerca e sullo sviluppo“. Le lancette scorrono veloci, urgono risposte. E possibilmente una tregua alle armi, che consenta di bloccare la crisi alimentare prima che sia troppo tardi.

L’Ucraina preoccupa l’Onu: Effetti devastanti su sviluppo sostenibile

Le conseguenze del conflitto in Ucraina non riguardano soltanto il forte aumento dei prezzi di cibo, carburante e fertilizzanti e una pericolosa volatilità finanziaria, ma sono strettamente collegate a un rapido disinvestimento nello sviluppo sostenibile su scala globale. L’allarme arriva arriva dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), che nel report ‘The impact on trade and development of the war in Ukraine’ evidenzia come la guerra rischia di avere effetti devastanti sull’economia dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati. Questi shock all’economia mondiale, spiega Rebeca Grynspan, segretaria generale dell’UNCTAD “minacciano i guadagni ottenuti nella ripresa dalla pandemia di Covid-19 e bloccano il percorso verso lo sviluppo sostenibile”.

CIBO E COMBUSTIBILI. In particolare, la preoccupazione maggiore riguarda il settore delle materie prime, soprattutto cibo e combustibili. L’Ucraina e la Russia sono attori fondamentali nei mercati agroalimentari globali, rappresentando il 53% del commercio mondiale di olio di girasole e semi e il 27% di quello di grano. L’attuale conflitto è particolarmente allarmante per i Paesi in via di sviluppo: 26 Stati africani importano più di un terzo del loro grano dai due Paesi in guerra; per 17 di loro, la quota è oltre la metà. “L’aumento dei prezzi di cibo e carburante influenzerà i Paesi più vulnerabili, mettendo sotto pressione le famiglie più povere che spendono la maggior parte del loro reddito per il cibo, provocando difficoltà e fame”, afferma Grynspan.

RISCHIO DISORDINI CIVILI. Secondo quanto emerge dal report, il rischio di disordini civili, carenza di cibo e recessioni indotte dall’inflazione è reale. Ciò diventa ancora più evidente a causa della fragilità dell’economia globale dovuta alla pandemia. “Gli effetti a lungo termine dell’aumento dei prezzi alimentari sono difficili da prevedere”, afferma il rapporto, “ma un’analisi UNCTAD sui dati storici fa luce su alcune possibili tendenze preoccupanti”. I cicli delle materie prime agroalimentari, ad esempio, hanno coinciso con importanti eventi politici, come le rivolte per il cibo del 2007-2008 e la Primavera araba del 2011.

PREZZI DEI TRASPORTI. Le misure restrittive sullo spazio aereo, l’incertezza degli appaltatori e le preoccupazioni per la sicurezza stanno complicando tutte le rotte commerciali che attraversano la Russia e l’Ucraina. I due Paesi sono una componente geografica chiave dell’Eurasian Land Bridge, la “nuova via della seta”. Nel 2021, 1,5 milioni di container di merci sono stati spediti tramite rotaie dalla Cina all’Europa. Se le merci attualmente trasportate in questo modo venissero aggiunte alla domanda di trasporto marittimo Asia-Europa, il traffico su una rotta già congestionata aumenterebbe dal 5% all’8%. “A causa dei maggiori costi del carburante e degli sforzi di reindirizzamento, ci si può aspettare che l’impatto della guerra in Ucraina porti a tariffe di trasporto ancora più elevate”, afferma il rapporto. Questi aumenti avrebbero un impatto significativo sulle economie e sulle famiglie del mondo intero.