Clima, Italia invia Pniec in Ue: 131 GW rinnovabili al 2030, 11% nucleare al 2050

Il Piano nazionale Energia e Clima è stato trasmesso a Bruxelles nei tempi. Conferma gli obiettivi raggiunti nella prima proposta trasmessa a giugno 2023, superando in alcuni casi anche i target comunitari.
Si punta a installare 131 gigawatt di rinnovabili al 2030 e, per la prima volta, nel mix compare uno scenario sul nucleare: 8 gigawatt al 2050 che coprirebbero l’11% della richiesta nazionale.
Di “grande pragmatismo” parla il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, che superato “approcci velleitari del passato”. Il documento è condiviso “con i protagonisti della transizione”, spiega, pur non nascondendo i passi ancora necessari per colmare alcuni gap. Nessuna preclusione, assicura, sulle “grandi opportunità dello sviluppo di tutte le fonti “. Nel dossier infatti si traccia uno scenario per il nucleare da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) ma anche da fusione (a ridosso del 2050), che, ribadisce il ministro, “ci fa guardare avanti a un futuro possibile”.
Per elaborare il Piano, il Mase ha lavorato con altri ministeri (l’Economia, le Infrastrutture, le Imprese, l’Università e l’Agricoltura), il supporto tecnico di Gse, di Rse per la simulazione degli scenari energetici e di Ispra per quelli emissivi, con il Politecnico di Torino e di Milano per la parte di ricerca e innovazione. Una nuova consultazione nel 2024, dopo quella già svolta nell’anno precedente, ha coinvolto 133 soggetti tra imprese, istituzioni, associazioni e singoli cittadini.
Nell’aggiornamento del Piano è stato seguito un approccio tecnologicamente neutro, che prevede una forte accelerazione su alcuni settori. Oltre alle fonti rinnovabili elettriche, si punta sulla produzione di combustibili rinnovabili come il biometano e l’idrogeno, insieme all’utilizzo di biocarburanti che già nel breve termine possono contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente, diffusione di auto elettriche, riduzione della mobilità privata, cattura e stoccaggio di CO2, ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, in particolare attraverso un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore.
L’area con performance più alte è quella delle FER: dei 131 Gigawatt che dovranno essere installati al 2030, si prevede che quasi ottanta (79.2) deriveranno dal solare, 28.1 dall’eolico, 19.4 dall’idrico, 3.2 dalle bioenergie e 1 Gigawatt da fonte geotermica (quota quest’ultima che potrebbe anche aumentare al raggiungimento di un adeguato livello di maturità di alcune iniziative progettuali in via di sviluppo).
In ambito efficienza energetica, si registra una importante riduzione dei consumi di energia primaria e finale, ma per il raggiungimento degli obiettivi, innalzati in considerazione dello scenario di crescita del prodotto interno lordo, bisognerà continuare a lavorare. È traguardato invece l’obiettivo relativo ai risparmi annui cumulati nei consumi finali tramite regimi obbligatori di efficienza.
Per quanto riguarda le emissioni e gli assorbimenti di gas serra, l’Italia prevede di superare l’obiettivo del ‘FitFor55’ sugli impianti industriali vincolati dalla normativa Ets, arrivando al -66% rispetto ai livelli del 2005 (obbiettivo UE, -62%).
Anche nei settori “non-ETS” (civile, trasporti e agricoltura) si registra un miglioramento degli indicatori emissivi e per raggiungere i target europei, ad oggi considerati nel dossier “ancora troppo sfidanti”, sarà necessario profondere ulteriori energie.
Sul fronte della sicurezza energetica, si registra una netta riduzione della dipendenza da altri Paesi favorita dalle azioni di diversificazione dell’approvvigionamento e dall’avvenuta pianificazione di nuove infrastrutture e interconnessioni.
Per quanto riguarda la dimensione del Mercato interno dell’energia, si prevede di potenziare le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri Stati membri e di sviluppare nuove connessioni per il trasporto di gas rinnovabili, rafforzando il ruolo dell’Italia come hub energetico europeo e corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell’area mediterranea.
Inoltre, il Pniec dà priorità agli obbiettivi nazionali di Ricerca, Sviluppo e Innovazione per accelerare l’introduzione sul mercato di quelle tecnologie necessarie a centrare i target definiti dal Green Deal nonché rafforzare la competitività dell’industria nazionale.
Una sezione specifica è dedicata ai lavori della “Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile”, che ha sviluppato delle ipotesi di scenario in cui si dimostra da un punto di vista tecnico-scientifico la convenienza energetica ed economica di avere una quota di produzione nucleare, in sinergia e a supporto delle rinnovabili e delle altre forme di produzione di energia a basse emissioni. Secondo le ipotesi di scenario sviluppate, il nucleare da fissione, e nel lungo termine da fusione, potrebbero fornire al 2050 circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta – con una possibile proiezione verso il 22%.

La straordinaria migrazione delle farfalle: 4200 km in volo attraverso l’oceano

Potrebbe essere la trama di un film straordinario, ma a volte la realtà supera la fantasia. Nell’ottobre 2013, Gerard Talavera, ricercatore dell’Istituto Botanico di Barcellona presso il CSIC, ha trovato sulle spiagge atlantiche della Guyana francese migliaia di ‘Vanessa cardui’, una specie di farfalla che non è tipica del Sud America. Questo insolito avvistamento ha dato il via a uno studio internazionale per indagare sulle ragioni per le quali questi insetti si trovavano in quella zona. E ciò che hanno scoperto ha dell’incredibile. Un team internazionale di ricercatori, guidato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo (CSIC), ha documentato il volo transoceanico di oltre 4200 chilometri di questa specie attraverso l’Atlantico. Un vero record per la famiglia degli insetti. 

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha coinvolto ricercatori dell’Istituto Botanico di Barcellona (IBB), un centro congiunto del CSIC e del Museo di Scienze Naturali di Barcellona, nonché dell’Istituto Botanico W. Szafer (Polonia), dell’Università di Ottawa (Canada), dell’Istituto di Biologia Evolutiva (IBE, CSIC-Università Pompeu Fabra) e dell’Università di Harvard (USA).

Un approccio multidisciplinare ha decifrato il percorso e l’origine di queste farfalle. Le ipotesi iniziali erano che potessero essere originarie del Nord America, dove si trovano le popolazioni più vicine, o che avessero viaggiato dall’Africa o dall’Europa. Analizzando le traiettorie del vento, i ricercatori hanno osservato un andamento direzionale sostenuto dall’Africa occidentale, aprendo la possibilità che abbiano attraversato l’Atlantico.

Studiando la diversità genetica delle farfalle, che ha richiesto la raccolta di campioni da popolazioni di tutti i continenti, hanno determinato che gli esemplari osservati in Sud America erano imparentati con popolazioni europee e africane, escludendo la possibilità di un’origine nordamericana. I ricercatori hanno anche analizzato il DNA del polline che le farfalle portavano sul corpo e hanno identificato due specie di piante presenti solo nell’Africa tropicale, dimostrando così che le farfalle visitavano i fiori di quella regione.

“Le farfalle hanno raggiunto il Sud America dall’Africa occidentale, volando per almeno 4200 km attraverso l’Atlantico. Ma il loro viaggio potrebbe essere stato ancora più lungo, partendo dall’Europa e attraversando tre continenti, il che implica una migrazione di 7000 km o più. È un’impresa straordinaria per un insetto così piccolo”, spiega Clément Bataille, professore dell’Università di Ottawa in Canada e coautore dello studio. Il loro viaggio, dicono gli esperti, è durato dai 5 agli 8 giorni, senza alcuna sosta. 

Questa scoperta indica che possono esistere corridoi aerei naturali che collegano i continenti, facilitando potenzialmente la dispersione delle specie su una scala molto più ampia di quanto precedentemente immaginato.

 

Incendi

Clima, gli incendi estremi sono raddoppiati negli ultimi 20 anni

La frequenza e l’entità degli incendi selvaggi estremi sembrano essere raddoppiate negli ultimi 20 anni e i sei anni più estremi per questi eventi si sono verificati a partire dal 2017. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution.

Negli ultimi anni, i gravi eventi di incendi boschivi hanno battuto record e fatto notizia a livello mondiale. Questi roghi causano la perdita di vite umane, costruzioni, bestiame, fauna selvatica e habitat e provocano danni per miliardi di dollari. Altre migliaia di morti sono state attribuite all’inquinamento atmosferico associato. Tuttavia, la nostra comprensione delle tendenze di questo tipo di incendi è limitata.

Per verificare se i roghi selvaggi stiano aumentando in frequenza e/o magnitudo, Calum Cunningham e colleghi della University of Tasmania hanno utilizzato dati satellitari dal 2003 al 2023 per identificare i punti caldi attivi e calcolare l’intensità sommata di un evento di incendio, piuttosto che in un singolo momento e luogo. Gli autori hanno scoperto che gli incendi selvaggi energeticamente estremi sono più che raddoppiati in frequenza e magnitudo negli ultimi 20 anni e che i sei anni più estremi si sono verificati a partire dal 2017. Hanno inoltre rilevato che il Neartico e l’Australasia/Oceania sono stati i più colpiti dagli eventi estremi e l’aumento è stato determinato soprattutto da incendi più intensi nelle foreste temperate di conifere e boreali, anche in Nord America e in Russia. Cunningham e colleghi suggeriscono che ciò potrebbe essere legato all’aumento dell’aridità in queste foreste negli ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici.

Gli autori concludono che i risultati indicano che l’aumento della frequenza e dell’entità degli incendi estremi evidenzia la necessità di adattarsi a un clima favorevole a questi eventi.

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Indonesia, si usa la semina delle nuvole per accelerare la costruzione della futura capitale

L’Indonesia sta utilizzando la semina delle nuvole intorno al sito della sua futura capitale per ridurre le forti piogge che ne hanno ostacolato la costruzione. Nusantara, sorta nel bel mezzo della foresta pluviale, dovrebbe succedere ufficialmente a Giacarta, l’attuale capitale congestionata che sta sprofondando inesorabilmente sotto il livello del mare, dopo l’inaugurazione da parte del presidente Joko Widodo il 17 agosto, anniversario dell’indipendenza dell’arcipelago.

Ma gli appaltatori, i cui lavori di costruzione della città sono stati ostacolati dalle piogge quotidiane, hanno chiesto alle autorità di effettuare una “operazione di modifica del tempo”, ha dichiarato Tri Handoko Seto, un alto funzionario dell’agenzia indonesiana di meteorologia, climatologia e geofisica (BMKG). “Hanno presentato una richiesta per effettuare un’operazione di modifica del tempo in modo che la pioggia che cade ogni giorno possa essere deviata in un altro luogo, eliminata in una certa area o almeno ridotta”, ha detto Seto all’AFP.

Questa tecnica, nota come cloud seeding, che prevede l’introduzione di minuscole particelle nelle nuvole per indurre precipitazioni in piccole aree geografiche, ha guadagnato popolarità in tutto il mondo come metodo per combattere la siccità o aumentare le riserve idriche locali. Tuttavia, gli scienziati affermano che non è in grado di creare il clima, né di scatenare piogge della portata di quelle osservate in Paesi come la Germania e gli Stati Uniti.

L’operazione di cloud seeding intorno a Nusantara è iniziata la scorsa settimana e dovrebbe terminare domenica, seguita da una valutazione per stabilire se continuare, ha detto Seto. È la prima volta che le autorità utilizzano questa tecnica intorno al sito per ridurre le precipitazioni.

Inondazioni e frane sono comuni durante i sei mesi di stagione delle piogge nel vasto arcipelago e il BMKG prevede che le piogge torrenziali intorno a Nusantara dureranno fino ad agosto. L’obiettivo del governo indonesiano è quello di insediare una popolazione di 1,9 milioni di persone entro il 2045 e di concentrare le attività umane e industriali proprio nel cuore del Borneo. L’insediamento della nuova capitale è fortemente criticato dagli ambientalisti, che denunciano la deforestazione di una delle più grandi distese di foresta pluviale tropicale del mondo.

Borsa Hong Kong pronta per eventi meteo estremi: operativa anche con maltempo

La Borsa di Hong Kong continuerà ad operare anche in caso di tifoni o forti tempeste a partire da settembre. Lo ha annunciato martedì il capo dell’esecutivo della regione amministrativa speciale cinese. Gli investitori potranno “operare senza interruzioni in caso di maltempo” a partire dal 23 settembre, un tempo sufficiente per dare ai vari operatori il tempo di prepararsi, il che potrebbe “rafforzare la competitività della borsa di Hong Kong“, ha dichiarato John Lee. Le città cinesi di “Shenzhen e Shanghai attualmente operano in caso di maltempo“, quindi “non c’è motivo per cui Hong Kong, in quanto centro finanziario internazionale, non debba seguirne l’esempio“, ha aggiunto.

La Cina meridionale è abituata ai tifoni stagionali nella seconda metà dell’anno e il cambiamento climatico sta rendendo le tempeste tropicali ancora più imprevedibili e intense. Secondo il presidente della Hong Kong Securities Association (HKSA), Katerine Kou, le discussioni sul progetto erano in corso da un anno, visto il ruolo del territorio come “super connettore tra i mercati cinesi e globali“. “Credo che Hong Kong nel suo complesso, compreso il mercato azionario, abbia cercato di ottenere più punti e di migliorare la sua competitività globale“, ha dichiarato all’Afp.

Lo scorso settembre, a causa del tifone Saola, la città ha attivato il livello di allerta più alto, il 10, solo per la sedicesima volta dalla Seconda guerra mondiale. Fino a questa nuova regola, i mercati erano stati sospesi a partire dal livello 8 o quando erano stati segnalati temporali estremamente forti. Una settimana dopo il tifone Saola, Hong Kong è stata colpita dalle piogge più intense degli ultimi 140 anni. Le strade si sono allagate e le stazioni della metropolitana si sono riempite d’acqua.

Il mercato azionario è stato vittima di queste condizioni meteorologiche avverse quattro volte nel 2023 e ha subito tre sospensioni di mercato di un’intera giornata. “Durante queste sospensioni, gli investitori non sono in grado di gestire i loro portafogli e sono esposti a potenziali rischi di mercato“, avverte un documento pubblicato dalla Borsa di Hong Kong e consultato dall’Afp.

Ecologisti prendono di mira l’aereo privato di Taylor Swift: “Inquina troppo”

Dopo il sito preistorico di Stonehenge, giovedì il controverso gruppo ambientalista Just Stop Oil ha preso di mira i jet privati sulla pista dell’aeroporto internazionale di Stansted, vicino a Londra, nella speranza di trovare l’aereo di Taylor Swift. Intorno alle 5 del mattino (4 GMT), due attivisti, di 22 e 28 anni, hanno sfondato la recinzione dello scalo, che si trova nel nord-est della capitale britannica, per entrare nell’area in cui sono parcheggiati molti jet privati. Una volta entrati, gli attivisti hanno spruzzato due aerei con bombolette di vernice arancione prima di essere arrestati. Just Stop Oil ha affermato che uno degli aerei parcheggiati nell’area era quello della star americana Taylor Swift, che si esibirà a Londra venerdì e questo fine settimana e che è già stata criticata per aver viaggiato con un jet privato.

Secondo l’associazione, il suo aereo era arrivato all’aeroporto qualche ora prima, ma la star non era presente al momento dell’intrusione, ha dichiarato la polizia. Due anni fa, ancora prima dell’inizio del suo monumentale tour ‘Eras’, l’agenzia di marketing Yard l’aveva classificata come la “celebrità più inquinante dell’anno”, con 170 voli in sette mesi. La polizia dell’Essex ha dichiarato che gli attivisti sono stati arrestati pochi minuti dopo essere entrati nel sito. “L’aeroporto e i voli stanno operando normalmente”. I due sono sospettati di “danni criminali e di aver ostacolato l’uso o il funzionamento di un’infrastruttura nazionale”, si legge nel comunicato.

In una dichiarazione rilasciata da Just Stop Oil, uno degli attivisti arrestati ha criticato “i miliardari che vivono nel lusso e hanno i mezzi per volare in jet privati, senza preoccuparsi delle condizioni di vita” di milioni di persone colpite dalle conseguenze della crisi climatica. “I passeggeri che utilizzano jet privati sono responsabili di una quantità di emissioni di CO2 14 volte superiore a quella dei passeggeri di un volo commerciale”, ha aggiunto il gruppo ambientalista. Just Stop Oil chiede la fine dello sfruttamento dei combustibili fossili entro il 2030. Le sue azioni spettacolari e controverse, in particolare nei musei, nelle competizioni sportive o durante gli spettacoli, valgono regolarmente ai suoi attivisti pene detentive.

Giovedì, due donne ottantenni dovranno comparire davanti a un tribunale di Londra per aver danneggiato la teca di vetro che protegge una copia della Magna Carta, il testo fondante della democrazia moderna, esposto alla British Library di Londra. Sono stati accusati di “danneggiamento criminale” e rilasciati su cauzione in attesa dell’udienza. Mercoledì scorso, gli attivisti hanno spruzzato vernice a base di amido di mais sui monoliti del sito preistorico di Stonehenge, noto per le sue pietre erette che formano una serie di cerchi misteriosi.

La polizia del Wiltshire ha arrestato due persone “per il sospetto di aver danneggiato il monumento” e l’azione è stata condannata da tutti i politici britannici, compresi il primo ministro Rishi Sunak e il suo rivale laburista Keir Starmer.

Dodici Paesi Ue non raggiungeranno i target climatici al 2030: Italia e Germania maglia nera

L’azione degli stati membri dell’Ue per mitigare le emissioni climalteranti non è sufficiente a conseguire gli obiettivi dell’Unione Europea in materia di protezione del clima e l’Italia è tra i Paesi con i risultati peggiori. È quanto emerge dall’ultimo studio di Transport & Environment, l’organizzazione ambientalista indipendente europea. Senza un’azione immediata, dodici Paesi dell’Ue non conseguiranno gli obiettivi climatici nazionali previsti dall’Effort Sharing Regulation (ESR), mentre altri sette rischiano di non raggiungere la piena compliance. Germania e Italia sono i due Paesi con i risultati peggiori in termini assoluti, mentre la Francia raggiungerà l’obiettivo ma con un margine molto stretto, tanto che qualsiasi passo indietro nelle politiche, o un inverno molto freddo che spinga ad aumentare il consumo di energia, potrebbero mettere a rischio il conseguimento dei suoi obiettivi. “C’è ancora tempo per correggere le politiche governative e raggiungere gli obiettivi al 2030 – commenta T&E – ma serve maggiore impegno”.

ITALIA E GERMANIA MANCHERANNO I TARGET. Lo studio presentato oggi evidenzia come Germania e Italia mancheranno i loro obiettivi climatici con uno scarto sostanziale (rispettivamente 10 e 7,7 punti percentuali). Di conseguenza, potrebbero consumare tutto il surplus di crediti disponibili per gli altri Paesi. La Germania da sola avrà bisogno del 70% dei crediti disponibili. Gli altri Paesi non conformi con gli obiettivi di riduzione delle emissioni si ritroveranno senza crediti da acquistare. Una situazione, questa, che potrebbe dare adito a contenziosi legali. Se le quote dovessero essere scambiate a 129 euro (il prezzo del carbonio previsto da Bloomberg nei settori ETS al 2030), l’Italia, con un deficit di 120 milioni di crediti, dovrà pagare 15,5 miliardi di euro ai Paesi che avranno accumulato crediti di emissione. La Germania potrebbe fare anche peggio, accumulando un debito di 16,2 miliardi. Ma i due Paesi possono ancora raggiungere i loro obiettivi, implementando nuove misure per aumentare la diffusione di veicoli elettrici, aumentare l’efficienza nel settore residenziale e altro ancora.

I Paesi che non raggiungono gli obiettivi possono acquistare crediti da quelli che li raggiungono. Il prezzo dei crediti viene deciso bilateralmente tra i Paesi. Ma T&E avverte che, senza un’azione immediata, ci sarà una scarsità di crediti, dovuta al fatto che saranno troppi i Paesi che falliranno nel ridurre le loro emissioni in linea con i target assegnati su base nazionale. Questo potrebbe portare, nel 2030, a un’asta al rialzo per i crediti, con conseguente aumento dei prezzi.

Andrea Boraschi, direttore dell’ufficio italiano di T&E, spiega: “L’ammontare delle sanzioni che i Paesi potrebbero dover pagare nel 2030 è impressionante. Gli stati membri si trovano di fronte a una scelta chiara: pagare miliardi per il loro debito di carbonio o implementare nuove politiche, che migliorino la vita dei loro cittadini e li proteggano dalle conseguenze del cambiamento climatico. Ci sono ancora sei anni per correggere la rotta. Chiediamo alla nuova Commissione di riunire un gruppo d’azione, in cui vengano proposte misure come gli obiettivi di elettrificazione a livello europeo per le auto aziendali e in cui i Paesi ritardatari ricevano le indicazioni necessarie”.  “La cosa più preoccupante che emerge dalla nostra analisi – ha concluso Boraschi – è che la Germania e l’Italia si accingono a divorare tutti i crediti disponibili nell’UE. Questo avrà ricadute economiche molto concrete; per l’Italia sarebbe un colpo durissimo, vista la precarietà delle nostre finanze e l’enorme debito pubblico”.

IN SPAGNA, GRECIA E POLONIA I MIGLIORI RISULTATI. I Paesi che secondo lo studio di T&E stanno ottenendo i migliori risultati in termini assoluti – quindi con il maggior surplus di crediti – sono la Spagna, la Grecia e la Polonia. La Spagna potrebbe superare di 7 punti percentuali il suo obiettivo per il 2030. Se così fosse, il governo spagnolo, scambiando i suoi crediti di emissione, riceverebbe 10 miliardi circa dai Paesi che non sono in regola. I piani presentati da Francia, Paesi Bassi e Belgio sono appena sufficienti per raggiungere il loro obiettivo, ma qualsiasi passo indietro nelle politiche rischierebbe di far arretrare anche questi stati tra quelli inadempienti, avverte T&E.

REVISIONE DEL PNIEC ITALIANO. Secondo T&E il PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima) italiano, rispetto alla prima formulazione presentata alla Commissione, ha bisogno di radicali revisioni e in particolare di politiche stabili per accelerare l’elettrificazione dei trasporti su strada, a partire dalle auto aziendali; di un meccanismo di credito per l’elettricità rinnovabile nei trasporti; di un taglio radicale ai 22,5 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi, che l’Italia ancora elargisce alterando i prezzi di mercato a favore delle tecnologie fossili.

EMISSIONI NEI SETTORI ESR DIMINUIRANNO DEL 35,5% NEL 2030 ANZICHE’ DEL 40%. In base all’ESR, gli stati membri devono raggiungere gli obiettivi climatici per cinque settori chiave: trasporti stradali, edifici, piccola industria, rifiuti e agricoltura. Gli obiettivi sono stati definiti in base al PIL del Paese, con i Paesi più ricchi che devono raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni più elevati. L’obiettivo generale per l’UE è di -40% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005) in tutti e cinque i settori. I Paesi devono presentare i Piani Nazionali per l’Energia e il Clima che illustrano come intendono raggiungere l’obiettivo entro il 30 giugno. T&E ha analizzato le bozze dei PNIEC e le proiezioni più recenti per calcolare le riduzioni potenziali delle emissioni di tutti i 27 Paesi dell’UE. Aggregando i piani nazionali presentati dai Paesi, si prevede che le emissioni nei settori ESR diminuiranno solo del 35,5% nel 2030 (rispetto al 2005). Si tratta di 4,5 punti percentuali in meno rispetto all’obiettivo UE del -40%.

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G7, la società civile chiede giustizia climatica e alimentare. Cosa dice il Civil 7

Giustizia. Climatica, alimentare. E poi pace, sicurezza comune e disarmo nucleare. Sono alcuni dei punti richiesti dal Civil Seven, il gruppo di ingaggio ufficiale della società civile internazionale nel processo G7.

Circa 700 organizzazioni provenienti da 70 Paesi, divise in sette gruppi di lavoro sui diversi temi quali clima, finanza, giustizia economica, pace, human mobility e migrazioni, in preparazione del Summit C7 che si è svolto a Roma, presso la sede della Fao, il 14 e 15 maggio 2024. In quell’occasione è stato prodotto il ‘Civil 7 Communiqué’, il comunicato contenente le proposte sviluppate dai Gruppi di Lavoro che è stato presentato alla Presidenza del G7. “Chiediamo che venga rispettato il diritto internazionale umanitario e quindi che vengano garantiti, anche nei paesi colpiti da guerre, i diritti umani e l’accesso umanitario. E chiediamo che ci sia un approccio alle migrazioni più rivolto alla mobilità umana”, ha spiegato Valeria Emmi, sherpa del Civil Seven. Inoltre, “chiediamo che ci sia una giustizia alimentare e quindi una trasformazione dei sistemi alimentari che possano consentire davvero un futuro sostenibile”.

In questo senso, il Civil 7 torna a ribadire la necessità di interventi ‘urgenti’ di risposta alla crisi climatica, con uno sguardo “di lungo periodo”, che davvero possa raggiungere gli obiettivi che la comunità internazionale si è data entro il 2030. “Quindi uno sviluppo sostenibile davvero per tutti”, continua Emmi.

In generale, il Civil 7 fornisce una piattaforma alle organizzazioni della società civile (OSC) per presentare proposte e richieste volte a proteggere l’ambiente e promuovere lo sviluppo sociale ed economico e il benessere per tutti, garantendo una vita sana, l’uguaglianza di genere, i diritti umani e il principio di non lasciare nessuno in dietro, stimolando in questo un dialogo costruttivo con il G7.

Per tutti i temi sollevati, “il G7 può essere parte del problema o parte della soluzione”. Su questo, ribadisce il Civil 7 “devono decidere i leader attraverso azioni ambiziose e audaci e veramente urgenti. Perché non possiamo più aspettare, siamo ad un punto di non ritorno”.
Nel documento presentato alla Presidenza italiana del G7, si ricorda infatti come “molteplici crisi prolungate e spesso dimenticate, gli attacchi palesi contro i civili e le infrastrutture civili, dimostrano chiare violazioni e mancanza di rispetto del diritto internazionale umanitario e dei principi umanitari”.

Per questo, la società civile internazionale riunita nel Civil 7 ritiene necessario riconoscere la rilevanza critica del momento presente e la responsabilità di tutti gli attori, compreso il G7 e la sua Presidenza, di affrontare la situazione attuale con la massima importanza. “Le minacce alla salute del pianeta e dell’umanità necessitano di iniziativa politica, ambizione e responsabilità – continua – La fragilità della pace globale, la povertà, le disuguaglianze, l’ingiustizia, i loro fattori trainanti e le cause profonde, oltre alla violenza viene perpetrato impunemente su scala catastrofica, richiedono la massima urgenza e un’azione concreta e coraggiosa”

Al centro di tutto, la pace. “Una pace positiva – precisa Emmi – quindi non solo una risposta alle guerre, ma la costruzione di una sicurezza comune, un investimento non tanto in riarmo ma destinato a uno sviluppo sostenibile, per politiche che siano coerenti a livello globale e che davvero possano perseguire i diritti umani e garantire un futuro sostenibile”.

Il guardaroba di Vivienne Westwood va all’asta per il clima e i diritti umani

Il guardaroba personale della stilista britannica Vivienne Westwood sta per essere messo all’asta a Londra, a favore di cause vicine al cuore della ‘regina del punk’. La vendita da Christie’s comprende più di 250 capi e accessori, la maggior parte dei quali sono stati indossati in passerella prima di tornare negli armadi della stilista.

La collezione comprende alcuni dei pezzi più iconici, con corsetti, tartan, abiti di taffetà fluttuanti, tacchi a spillo e T-shirt con messaggi a sfondo politico. La vendita online apre il 14 giugno e durerà fino al 28 giugno, mentre la vendita interna è prevista per il 25 giugno.

Tra gli oggetti messi all’asta ci sono carte da gioco progettate per attirare l’attenzione su questioni come il riscaldamento globale, la disuguaglianza sociale e i diritti umani. Dieci sono state firmate dalla designer, morto nel 2022 all’età di 81 anni, per raccogliere fondi per Greenpeace.

Il ricavato della vendita andrà anche ad associazioni come Amnesty International, Medici senza frontiere e alla fondazione della stilista, che collabora con le Ong per “creare una società migliore e fermare il cambiamento climatico”.

La responsabile del catalogo e coordinatrice della collezione Clementine Swallow spiega che le carte da gioco di Vivienne sono il catalizzatore di un’asta più ampia. Sebbene Vivienne Westwood “sapesse che non sarebbe stata in grado di vedere il progetto”, “voleva che il suo guardaroba personale fosse venduto per sostenere altri enti di beneficenza che erano importanti per lei”, aggiunge.

Il vedovo della stilista, Andreas Kronthaler, 58 anni, è stato molto coinvolto. “Ha assemblato personalmente tutti i lotti in abiti che lei avrebbe indossato”, dice Swallow. “Questi erano gli oggetti che lei aveva scelto, tra le migliaia di cose che aveva disegnato in 40 anni”, spiega, “e li considerava la quintessenza dei suoi disegni”.

La collezione comprende una serie di pezzi chiave che illustrano l’impatto culturale di Vivienne Westwood e l’ampia gamma di influenze che ha avuto nei quattro decenni della sua carriera. Il primo pezzo è un set di gonna e giacca della collezione autunno-inverno 1983, intitolata ‘Witches’, quando la stilista lavorava ancora con il suo primo marito e manager dei Sex Pistols, Malcolm McLaren.

Secondo Swallow, Westwood è stata influenzata dalla storia britannica ma ha dato ai modelli classici un tocco provocatorio, evocando un abito da ballo in taffetà con “fasce nere in stile bondage”. Molti capi presentano motivi politici e slogan che riflettono la sua attenzione per la giustizia sociale.

“Una parte importante dell’identità di Vivienne è l’attivismo”, “è davvero una di quelle stiliste che ha preso i suoi abiti e li ha usati come megafono per esprimere le sue idee e opinioni politiche”, secondo la direttrice del catalogo.

Tra gli altri pezzi scelti, il modello in tartan rosa di Vivienne Westwood e una giacca blu simile a quella indossata da Naomi Campbell quando, nel 1993, cadde in passerella mentre indossava tacchi alti 30 centimetri. Ci sono anche i primi esempi di corsetti elasticizzati della stilista, che sottolineano la sua abitudine di unire comfort e bellezza.

Anche la sostenibilità e la moda etica sono temi chiave. Forse il pezzo più costoso è un abito cucito a mano con intricate perline e pannelli d’oro, creato con artigiani del Kenya.
Tutti i materiali utilizzati per esporre gli articoli sono riciclati o riciclabili, compresi i cartelli di cartone e gli stand di compensato.

“È stata una grande lezione per noi”, dice Clementine Swallow, e dimostra che “è possibile realizzare collezioni che possono essere riciclate”.

Gli oggetti sono valutati tra le 200 e le 7.000 sterline, ma ci si aspetta che vengano venduti a un prezzo molto più alto.

caldo record

I morti per malattie cardiovascolari aumentano con uragani e temperature estreme

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo e sono responsabili di circa un decesso su tre, con oltre 20 milioni di vittime registrate nel 2021, secondo l’ultimo rapporto della World Heart Federation. I miglioramenti nella prevenzione, nel trattamento e nell’intervento delle malattie cardiache hanno portato a una sostanziale diminuzione dei decessi per cause cardiovascolari negli ultimi decenni, ma i cambiamenti climatici causati dalla continua combustione di combustibili fossili potrebbero compromettere questi progressi.

Nel corso dell’ultimo secolo, la temperatura media globale è aumentata di oltre due gradi Fahrenheit, provocando cambiamenti a lungo termine nei modelli meteorologici medi, disturbi agli ecosistemi e innalzamento del livello dei mari. Inoltre, i 10 anni più caldi mai registrati si sono verificati tutti nell’ultimo decennio.

I ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) hanno condotto una revisione sistematica di 492 studi osservazionali per determinare se esiste un legame tra i fattori di stress ambientale legati al cambiamento climatico e le malattie cardiovascolari. Gli scienziati hanno scoperto che le temperature estreme e gli uragani sono fortemente associati a un aumento della mortalità e dell’incidenza delle malattie cardiovascolari e che gli adulti più anziani, gli individui appartenenti a popolazioni etniche minoritarie e quelli provenienti da comunità a basso reddito sono colpiti in modo sproporzionato. I risultati sono pubblicati su JAMA Cardiology.

“Il cambiamento climatico sta già influenzando la nostra salute cardiovascolare; l’esposizione al caldo estremo può influire negativamente sulla frequenza cardiaca e sulla pressione sanguigna; l’esposizione all’ozono o allo smog degli incendi boschivi può scatenare un’infiammazione sistemica; vivere un disastro naturale può causare disagio psicologico; gli uragani e le inondazioni possono interrompere la fornitura di assistenza sanitaria a causa di interruzioni di corrente e di interruzioni della catena di approvvigionamento; a lungo termine, si prevede che il cambiamento climatico produrrà un calo della produttività agricola e della qualità nutrizionale dell’offerta alimentare, che potrebbe compromettere anche la salute cardiovascolare”, ha dichiarato l’autore corrispondente Dhruv S. Kazi, direttore associato del Richard A. and Susan F. Smith Center for Outcomes Research del BIDMC. “Sappiamo che questi percorsi hanno il potenziale di minare la salute cardiovascolare della popolazione, ma l’entità dell’impatto e quali popolazioni saranno particolarmente suscettibili necessitano di ulteriori studi”.