Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

benzina diesel

Caro-benzina, Codacons: C’è speculazione. Ma petrolio precipita, attesi ribassi per i carburanti

I prezzi di benzina e diesel sono tornati a salire in Italia fino a oltre 2 euro al litro per il servito, dopo l’abolizione degli ultimi sconti sulle accise (18,3 centesimi Iva compresa) decisa dal governo Meloni, mentre il Brent precipita sotto gli 80 dollari al barile. Non accadeva dal 21 dicembre che il prezzo – con consegna a marzo 2023 – del petrolio di riferimento europeo scendesse sotto una soglia chiave secondo i grandi produttori dell’Opec.
Poco dopo le 18 il Brent cedeva oltre il 4% a 78,7 dollari al barile. Questo perché gli investitori temono un calo della domanda in Cina, dove i funzionari sanitari stanno lottando per contenere la diffusione del Covid. Il tutto mentre si registra una sorprendente ripresa della produzione petrolifera OPEC+ dopo che la Nigeria, secondo produttore dell’Africa, si è assicurata un passaggio sicuro per i flussi di petrolio attraverso il delta del fiume Niger. Il governo di Lagos da mesi chiedeva la fine della violenza e dei furti lungo la regione del delta del grande fiume e adesso avrebbe assunto fedeli signori della guerra per garantire il passaggio sicuro di petrolio e personale.

Questioni geopolitiche a parte, la discesa del Brent sembra una manna dal cielo per gli automobilisti italiani e per il governo Meloni, da giorni finito nel mirino delle opposizioni per la mancata proroga degli sconti sulle accise introdotti dal governo Draghi nel marzo 2021 per porre un freno alla fiammata sui carburanti che aveva portato la benzina fino a 2,184 euro al litro. Proprio in virtù di questo ribasso del Brent, magari già da lunedì potremmo assistere a un abbassamento dei prezzi al distributore. Prezzi che rimangono comunque anomali, vista la quotazione del Brent. Facendo infatti un confronto a parità di accise, si nota che a metà marzo 2022 il prezzo della benzina toccò appunto il massimo a 2,184 euro al litro il 14 con una quotazione picco del Brent intorno ai 127 dollari circa al barile (l’8), mentre ora la stessa benzina costa oltre 1,8 euro al litro (prezzo del 2 gennaio più le accise) con un valore del Brent a 80 dollari al barile (20 dicembre): in proporzione, rispetto a marzo, un litro di super dovrebbe dunque essere pagato poco più di 1,37 euro al litro. Invece costa parecchi centesimi in più.

Sull’impennata dei prezzi dei carburanti “non pesano solo le accise, il cui taglio non è stato prorogato dal governo, ma incombe anche l’ombra di speculazioni sui listini”, afferma il Codacons, annunciando un esposto alla Guardia di finanza e alle Procure della Repubblica di tutta Italia affinché accendano un faro sull’andamento dei prezzi alla pompa. “La benzina in modalità self ha già superato quota 1,8 al litro, mentre il gasolio in modalità servito ha sfondato la soglia dei 2 euro al litro – spiega il presidente Carlo Rienzi – tutto ciò mentre le quotazioni internazionali del petrolio sono in ribasso e non giustificano in alcun modo l’andamento dei prezzi alla pompa, al netto del rialzo delle accise. Per tale motivo presentiamo un esposto alle procure della Repubblica di tutta Italia e alla Guardia di finanza chiedendo di aprire un’indagine per la possibile fattispecie di aggiotaggio e di sequestrare le bolle di acquisto dei carburanti direttamente presso le società petrolifere, per verificare le motivazioni di tali aumenti alla pompa“.

Prezzi energia trainano calo inflazione a dicembre. Ma è record nel 2022: mai così alta dal 1985

Rallenta l’inflazione a dicembre ma è record nel 2002: mai così alta dal 1985. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di dicembre 2022 infatti l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’11,6% su base annua (da +11,8% del mese precedente). Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%) e ai prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%); per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).

Sempre secondo le stime preliminari Istat, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – aumenta dello 0,2% su base mensile e del 12,3% su base annua (da +12,6% di novembre). La variazione media annua del 2022 è pari a +8,7% (+1,9% nel 2021). In media, nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +8,1% (+1,9% nel 2021). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, i prezzi al consumo crescono del 3,8% (+0,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 4,1% (+0,8% nel 2021).
“In base alle stime preliminari – commenta l’Istat –  l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8%”.

Sulla scorta dei dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, arrivano le reazioni e le analisi delle associazione a tutela dei consumatori e dei produttori, come nel caso di Coldiretti. “L’impennata dell’inflazione pesa sul carrello degli italiani che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022 a causa dell’effetto valanga dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento dei costi dovuto alla guerra in Ucraina che fa soffrire l’intera filiera, dai campi alle tavole”. Secondo la Coldiretti, tra le categorie di prodotti che hanno pesato di più sull’aumento di spesa degli italiani ci sono la verdura che precede sul podio “pane, pasta e riso” e poi “carne e salumi” mentre al quarto posto la frutta precede il pesce, poi “latte, formaggi e uova” e quindi “olio, burro e grassi”. Per cercare di risparmiare, 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, cambiando anche i luoghi scelti per fare la spesa: il 72% degli italiani si reca nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta e in promozione, “andando a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti”, spiega la Coldiretti. La quale evidenzia come gli aumenti dei prezzi non incidano solamente sulle tasche delle famiglie, bensì sull’intera filiera agroalimentare “a partire dalle campagne, dove più di un’azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea. Ettore Prandini chiede “rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”, sottolineando l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.

Carlo Alberto Buttarelli, direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione, racconta lo stato dell’arte delle imprese italiane, “impegnate da oltre un anno a gradualizzare il trasferimento sui prezzi al consumo degli aumenti subiti in fase di acquisto, investendo risorse economiche e riducendo i propri margini per salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani. Uno sforzo che non è più sostenibile dal nostro settore che in questi mesi ha dovuto anche fronteggiare i rincari energetici. Per scongiurare una possibile crisi dei consumi nei prossimi mesi è necessario che tutti gli attori della filiera agiscano con senso di responsabilità per limitare il più possibile la spirale della crescita dei prezzi, considerando anche che si registrano i primi segnali di rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei prodotti energetici”.

Nel 2022, gli aumenti di prezzi e tariffe si sono tradotti in una spesa di 61,3 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente, come afferma il Codacons. Che, dati Istat alla mano, traduce – a parità di consumi – la percentuale del tasso annuo dell’8,1% in un maggiore esborso pari in media a +2.369 euro per la famiglia ‘tipo’, cifra che sale a 3.069 euro annui per un nucleo con due figli. “Sono numeri da capogiro – commenta – che avranno ripercussioni pesanti nel 2023. L’andamento al rialzo delle bollette del gas, i carburanti che hanno ripreso a correre e i listini degli alimentari ancora a livelli elevatissimi, faranno sentire i loro effetti nel breve termine, erodendo il potere d’acquisto dei cittadini e riducendo la spesa. Il governo Meloni deve correre ai ripari, adottando misure in grado di calmierare i prezzi al dettaglio e accelerare la riduzione dei listini, allo scopo di salvaguardare i bilanci delle famiglie, che sempre più numerose intaccano i risparmi per riuscire a sostenere bollette e prezzi alle stelle”, conclude Carlo Rienzi, presidente del coordinamento.

Gli fa eco l’Unione Italiana Consumatori: “Sono dati catastrofici. Le famiglie sono sempre più inguaiate. Una coppia con 2 figli ha pagato 700 euro in più rispetto al 2021 per poter mangiare e bere. Una famiglia media ha avuto una stangata per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche pari a 513 euro, cifra che sale a 632 per una coppia con 1 figlio e che arriva a 836 euro per le coppie con 3 figli”, fa presente Massimiliano Dona, presidente dell’associazione. “In media per una famiglia – evidenzia – il rincaro dello scorso anno è di 2219 euro, 1200 per l’abitazione, 532 per il solo carrello della spesa”.

Sul tema si sofferma anche la Confederazione Selp. Il suo presidente Giovanni Centrella rimarca il fatto che i dati diffusi stamani dall’Istat sull’inflazione “fanno emergere con chiarezza le difficoltà delle famiglie italiane nell’acquisto dei beni di prima necessità. Al Governo chiediamo di intervenire attivando controlli sui prezzi per evitare speculazioni che potrebbero incidere ancora pesantemente sulle famiglie e le categorie dei lavoratori dipendenti”. Sulla stessa lunghezza d’onda Furio Truzzi, presidente di Assoutenti che, di fronte ai dati diffusi dall’Istat, chiede al governo Meloni “di inserire l’emergenza prezzi tra le priorità dell’esecutivo, varando il taglio dell’Iva sui beni primari come alimentari e generi di prima necessità, e intervenendo sulla tassazione relativa ai carburanti, seguendo l’esempio del suo predecessore Draghi e tagliando le accise che pesano sui costi di una moltitudine di prodotti, considerato che in Italia l’85% della merce viaggia su gomma”.

Per Confesercenti, non bisogna dimenticare “che le famiglie hanno quasi terminato i risparmi con i quali hanno finora sostenuto la spesa, la cui dinamica d’ora in poi sarà guidata sempre più dal potere d’acquisto. Per questo il governo, terminata la fase di emergenza, dovrà garantire interventi decisivi per ridurre innanzitutto la pressione fiscale ed il costo del lavoro, per ridare fiato a famiglie ed imprese e sostenere la ripresa della domanda interna”.

Qual è infine la situazione a livello europeo? Secondo Eurostat, a novembre 2022 i prezzi alla produzione industriale sono diminuiti dello 0,9% sia nell’area dell’euro che nell’Ue, rispetto a ottobre.
I prezzi alla produzione industriale nell’area dell’euro a novembre 2022, rispetto a ottobre, sono diminuiti del 2,2% nel settore energetico e dello 0,4% per i beni intermedi, mentre i prezzi sono aumentati dello 0,2% per i beni di consumo durevoli, dello 0,3% per i beni strumentali e dello 0,6% per i beni di consumo non durevoli. Esclusa l’energia, i prezzi sono cresciuti dello 0,1%.
Nell’intera Ue, i prezzi alla produzione industriale sono aumentati del 56% nel settore energetico, del 17,1% per i beni di consumo non durevoli, del 15,5% per i beni intermedi, del 9,7% per i beni di consumo durevoli e del 7,7% per i beni strumentali. I prezzi nell’industria, esclusa l’energia, sono cresciuti del 13,6%.

 

 

 

 

 

Natale all’insegna di caro-prezzi e caro bollette. Un regalo su quattro sarà riciclato

Il Natale 2022 è stato all’insegna, anche, del caro-prezzi e del rincaro delle bollette. Due fattori che hanno inciso sul comparto alimentare, facendo registrare una contrazione del 6% dei consumi rispetto al 2021 ma un aumento di 320 milioni in più rispetto allo scorso anno spesi per cibi e bevande. Tradotto: gli italiani hanno speso di più per avere un carrello più vuoto rispetto allo scorso anno. 

Una festività che alle famiglie italiane è costata complessivamente 19,8 miliardi di euro, così spesi: 6,7 miliardi per i regali (si stima che uno su 4 sarà ‘riciclato’ e che i doni ricevuti saranno rimessi in vendita sul web), 350 milioni per mangiare al ristorante e 10,1 miliardi spesi dagli oltre 12 milioni di italiani che si sono messi in viaggio. La voce alimentare ha inciso per 2,7 miliardi di euro: in base alle stime dell’associazione, i consumi del settore hanno registrato una contrazione del 6% rispetto al 2021, a causa dell’emergenza bollette e del caro-prezzi che portano le famiglie a ridurre gli acquisti.“Tra i prodotti più utilizzati per le preparazioni di cibi e pietanze natalizie – spiega il Codacons – e che hanno subito aumenti consistenti troviamo il burro, che rispetto allo scorso anno rincara del +41,2%. L’olio di semi segna +51,4%, la farina +23,6%, le uova +21,7%, il riso +35,4%, la pasta +23,6%, il pane +16%. Mettere la carne in tavola a Natale costa in media il 10,5% in più, con punte del +18% per il pollo, mentre per un pranzo a base di pesce la spesa sale in media del 10%, con aumenti dell’8,3% per il pesce fresco, +14,8% il pesce surgelato, +9,2% i molluschi freschi. Il latte conservato sale del 32,5%, quello fresco del 20,1%, i formaggi freschi del 26,2%. La verdura aumenta del 15,2%, con punte di oltre il 19% per insalata e cavoli; le arance costano il 13,3% in più, frutta secca e noci +6%”, conclude il Codacons. Per i dolci occorre mettere in conto una maggiore spesa del 49,6% per lo zucchero, e anche brindare costerà di più: il vino rincara del 6%, i liquori salgono del 5,5% e lo spumante segna +7,3%.