Usa, i dazi di Trump potrebbero portare ad un crollo del Pil fino a -3,6%

Decine di istituti e centri studi internazionali stanno mettendo in guardia il presidente eletto Donald Trump dopo l’annuncio su imminenti dazi alle importazioni di beni negli Stati Uniti. Le stime, comprese quelle di Moody’s, Ubs e Fmi, mostrano che avranno “un effetto dannoso sull’economia americana” poichè “riducono il commercio, distorcono la produzione e abbassano lo standard di vita” degli americani. Lo segnala una recente analisi di Tax Foundation, think tank con sede a Washington, che ricorda che “le tariffe aumentano il prezzo dei beni prodotti all’estero, incentivando i consumatori a passare a beni prodotti a livello nazionale e offrendo ai produttori locali la possibilità di aumentare i prezzi”. I benefici sarebbero dunque rilevabili per le aziende statunitensi mentre a farne le spese sarebbe il consumatore finale. I dazi, inoltre, nonostante le rassicurazioni del prossimo consulente senior al Commercio di Trump, Peter Navarro, potrebbero avere “un impatto inflazionistico” e “causare una recessione economica nel breve periodo”, a seconda che la Federal Reserve adotti misure di allentamento della politica monetaria.

Le stime di decine di istituti internazionali, messe in fila da Tax Foundation, prevedono perdite del Pil fino al 3,61% entro il 2028 (Moody’s), considerando anche l’eventualità di rappresaglie dai Paesi colpiti di dazi. Per il Fondo Monetario Internazionale, la perdita sarebbe più lieve, tra -0,4% e -0,6% mentre per il Peterson Institute for International Economics il range decennale, dal 2025, stabilisce un minimo di -0,21% a-0,43%. Fitch calcola un range cha arriva fino a -1,1% nel caso di rappresaglie commerciali mentre la Royal Bank of Canada stima una perdita di Pil Usa dell’1,5% a due anni dall’entrata in vigore. Tax Foundation si pone nel mezzo di tali stime, da un minimo di -1,3% ad un massimo di -1,7%.

Secondo Erica York, analista di Tax Foundation, “nel lungo periodo le tariffe colpiscono l’economia riducendo lavoro e investimenti”, “perché aumentano i prezzi relativi dei beni importati e di quelli nazionali”, intaccando il reddito disponibile delle famiglie e dunque il livello dei consumi. Un effetto a cascata che causerebbe una frenata dei consumi e dunque la riduzione degli investimenti delle aziende con successiva perdita di produzione. “Creando un mercato interno protetto, si attenuano le pressioni competitive che costringono le aziende a rimanere innovative – sottolinea York -. Invece di dover cercare costantemente modi per migliorare i processi e soddisfare le richieste dei consumatori, le aziende potrebbero dunque smettere di investire per godersi i maggiori profitti e spingere per un protezionismo anche più aggressivo”.

Von der leyen

Accordo Mercosur in vista: Von der Leyen a Montevideo. No della Francia, i dubbi dell’Italia

L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i membri fondatori del Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – potrebbe concludersi venerdì. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con il commissario al Commercio e alla sicurezza economica, Maros Sefcovic, è oggi atterrata a Montevideo, in Uruguay, annunciando che “il traguardo è in vista”. Nella capitale sudamericana, von der Leyen incontrerà il presidente, Luis Lacalle Pou, e venerdì parteciperà al meeting dei leader del Mercosur. “Abbiamo la possibilità di creare un mercato di 700 milioni di persone. Entrambe le regioni ne trarranno beneficio”, ha sottolineato. “Stiamo entrando nel rettilineo finale”, ha aggiunto Sefcovic.

I negoziati Ue-Mercosur sono iniziati nel 2000 e hanno avuto diverse fasi. Il 28 giugno 2019 le due parti hanno raggiunto un’intesa politica per un accordo commerciale, ma il processo è stato poi riaperto per affrontare gli impegni di sostenibilità; a gennaio 2023, le parti hanno concordato una tabella di marcia per la prima metà dell’anno per negoziare uno strumento aggiuntivo rispetto agli impegni assunti nell’ambito del capitolo commercio e sviluppo sostenibile del pilastro commerciale.

Ma “nonostante i progressi compiuti, non sono riuscite a firmare un accordo finale al vertice del Mercosur di dicembre 2023 a causa della forte resistenza espressa dall’ex presidente argentino Alberto Fernández e dal presidente francese Emmanuel Macron”, come ha scritto il relatore permanente per il Mercosur, l’eurodeputato popolare spagnolo, Gabriel Mato. E i colloqui dunque sono proseguiti con una nuova scadenza fissata per la fine del 2024.

Proprio Macron, nonostante la crisi interna politica, oggi ha voluto ribadire a von der Leyen che l’accordo “è inaccettabile così com’è”. A favore sono invece Germania e Spagna. Per l’Italia, il vicepremier Antonio Tajani ha affermato: “Noi siamo favorevoli all’accordo con il Mercosur, però bisogna correggere alcuni punti che riguardano i temi agricoli”. E, oggi, il vicepremier Matteo Salvini, da Bruxelles, ha evidenziato di essere “particolarmente attento alle richieste degli agricoltori” che “dicono no a questo accordo che rischia di mettere in ginocchio interi comparti del settore agricolo”. Dunque, “dato che è fermo da anni, non per caso, sarebbe giusto che lo rimanesse ancora”. Invece, secondo l’eurodeputato socialista tedesco Bernd Lange, presidente della commissione per il commercio internazionale, “le conseguenze complessive di un mancato accordo probabilmente supererebbero di gran lunga le carenze di un accordo imperfetto” e per il relatore Mato “l’eliminazione del 91% delle tariffe aprirebbe opportunità senza precedenti per le aziende europee, con vantaggi per settori chiave come l’automotive, la farmaceutica e l’agricoltura”.

L’accordo eliminerebbe gradualmente i dazi sul 91% delle esportazioni di beni dell’Ue verso il Mercosur, compresi prodotti industriali e alimentari, e sul 92% delle esportazioni del Mercosur verso l’Ue. “Le importazioni agricole sensibili sarebbero controllate”, “l’accordo sottolineerebbe elevati standard sanitari e fitosanitari” e “proteggerebbe circa 350 delle indicazioni geografiche (IG) dell’Ue sul mercato del Mercosur”, ha ricordato l’Eurocamera. Se concluso, l’accordo sarà prima sottoposto a revisione legale e poi tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’Ue. A seguire, la Commissione lo presenterà al Parlamento e ai governi degli Stati membri dell’Ue per incassare la loro approvazione

Trump lancia offensiva commerciale contro Cina, Canada e Messico: “Aumento dei dazi anche del 200%”

A poche settimane dalla sua rielezione e a un mese e mezzo dal suo insediamento alla Casa Bianca, Trump lancia l’offensiva commerciale contro la Cina, il Canada e il Messico, con l’obiettivo di aumentare i dazi. “Il 20 gennaio, in uno dei miei primi ordini esecutivi, firmerò tutti i documenti necessari per imporre tariffe del 25% su tutti i prodotti che entrano negli Stati Uniti da Messico e Canada”, scrive il presidente eletto in un post sul social network Truth. “Questa tassa rimarrà in vigore fino a quando le droghe, in particolare il fentanyl, e tutti gli immigrati clandestini non fermeranno questa invasione del nostro Paese”, aggiunge.

In un altro post, annuncia un aumento del 10% delle tasse doganali, oltre a quelle già in vigore e a quelle aggiuntive che potrebbe decidere, su “tutti i numerosi prodotti che arrivano negli Stati Uniti dalla Cina”. Trump sottolinea di aver spesso sollevato il problema dell’afflusso di droga, in particolare del fentanyl – uno dei principali responsabili della crisi degli oppiacei negli Stati Uniti – con i leader cinesi, che avevano promesso di punire severamente i “trafficanti”, “fino alla pena di morte”. “Ma non hanno mai dato seguito alla promessa”, accusa il presidente eletto.

Le ragioni di sicurezza nazionale possono essere invocate per derogare alle regole stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), ma i Paesi sono generalmente cauti nell’utilizzare questa eccezione come strumento regolare di politica commerciale.

L’aumento dei dazi doganali, che durante la campagna elettorale ha spesso descritto come la sua “espressione preferita”, è una delle chiavi della futura politica economica di Trump, che non teme di rilanciare le guerre commerciali, in particolare con la Cina, iniziate durante il suo primo mandato. All’epoca, aveva giustificato questa politica con il deficit commerciale tra i due Paesi e con quelle che considerava pratiche commerciali sleali, accusando Pechino di “rubare” la proprietà intellettuale. E la Cina si è vendicata con tariffe che hanno avuto conseguenze dannose soprattutto per gli agricoltori americani. L’amministrazione di Joe Biden ha mantenuto alcuni dazi sui prodotti cinesi e ne ha imposti di nuovi su altre.

E poco dopo le dichiarazioni di Trump, è arrivata la replica di Pechino. “Nessuno vincerà una guerra commerciale”, sottolinea il portavoce della diplomazia cinese Liu Pengyu. “La Cina ritiene che il commercio e la cooperazione economica tra Cina e Stati Uniti siano per natura reciprocamente vantaggiosi”.

Non è mancata nemmeno la reazione del Canada. Il governo di Justin Trudeau assicura che le relazioni tra i due Paesi sono “equilibrate e reciprocamente vantaggiose, soprattutto per i lavoratori americani”, anche se non manca un velato avvertimento: il Canada, ricorda a Trump l’esecutivo, è “essenziale per l’approvvigionamento energetico” degli Stati Uniti. Qui, dove il 75% delle esportazioni è destinato proprio agli Usa, le parole di Trump agitano gli animi. Il premier del Québec, François Legault, definisce l’annuncio “un rischio enorme” per l’economia canadese. Il suo omologo della Columbia Britannica, David Eby, ritiene che “Ottawa debba rispondere con fermezza”. Il Messico, invece, “non ha motivo di preoccuparsi”, assicura (e rassicura) la presidente Claudia Sheinbaum. I tre Paesi sono legati da trent’anni da un accordo di libero scambio, rinegoziato su pressione di Donald Trump durante il suo primo mandato.

Wendy Cutler, vicepresidente dell’Asia Society Policy Institute, un think tank americano, ritiene che la capacità dei due vicini degli Usa “di ignorare le minacce del presidente eletto sia limitata”, tanto sono dipendenti da lui. Ma l’analista William Reinsch sottolinea che il loro accordo sarà comunque rinegoziato nel 2026: “questa è una classica mossa di Trump, minacciare e poi negoziare”.

La nomina a Segretario al Commercio di Howard Lutnick, amministratore delegato della banca d’affari Cantor Fitzgerald e critico nei confronti della Cina, avvenuta la scorsa settimana, conferma la volontà del presidente eletto di cercare di piegare i partner commerciali per ottenere accordi migliori e delocalizzare la produzione negli Stati Uniti.

Per quanto riguarda la Cina, Trump ha promesso tariffe fino al 60% su alcuni prodotti e addirittura del 200% sulle importazioni di veicoli assemblati in Messico. Punta anche a reintrodurre dazi doganali del 10-20% su tutti i prodotti che entrano negli Stati Uniti e l’Unione Europea si è già detta “pronta a reagire” in caso di nuove tensioni commerciali.

Access2Markets e Single Entry Point: 2/10 a Bruxelles seminario Ice per le imprese italiane

Si svolgerà mercoledì 2 ottobre il secondo appuntamento di ‘ICE Ascolta l’Europa’, il ciclo di seminari introdotto a dicembre 2022 su temi comunitari di particolare rilevanza come le opportunità di finanziamento nelle aree del Mediterraneo e in America Latina, la nuova politica Ue nei Paesi terzi e le opportunità per le aziende italiane fornite dal programma Global Gateway, la strategia comunitaria per il tessile sostenibile e circolare.

L’evento del 2 ottobre, intitolato ‘Access2Markets e Single Entry Point: quali opportunità per le imprese italiane?’ è organizzato da ICE-Agenzia in collaborazione con la Direzione Generale del Commercio della Commissione europea e si terrà in modalità ibrida presso la sede dell’ICE Bruxelles (Place de la Liberté 12) dalle 9.30 alle 12.00 (10.00-11.30 per i partecipanti online). Introdurrà e modererà i lavori Tindaro Paganini, direttore dell’Ufficio ICE di Bruxelles. Successivamente interverranno Simona Pinto e Petya Popova, funzionarie presso la Direzione Generale del Commercio della Commissione europea.

I relatori dell’Ue presenteranno la piattaforma web Access2Markets, che risponde all’esigenza degli operatori di comprendere i termini degli accordi commerciali, e Il Punto di Ingresso Unico (Single Entry Point – SEP). Queste iniziative sono volte ad agevolare sia imprese con esperienza di scambi a livello internazionale sia aziende in cerca di opportunità nei mercati esteri. Access2Markets è un servizio online interattivo e gratuito per ottenere informazioni su molteplici aree chiave del commercio internazionale come norme di origine, accordi commerciali con Paesi terzi, indicazioni sui dazi antidumping, procedure doganali e di importazione, formalità, requisiti, principali barriere commerciali, condizioni per investire o partecipare a gare d’appalto pubbliche.

Il Punto di Ingresso Unico (Single Entry Point – SEP) della Dg Trade della Commissione europea è invece lo snodo per tutte le imprese dell’Ue che si trovano ad affrontare problemi di accesso al mercato in Paesi terzi o che riscontrano il mancato rispetto degli impegni in materia di sostenibilità (CSS/SPG). In questi casi le parti interessate possono presentare moduli di reclamo al SEP tramite Access2Markets. Il SEP garantisce un processo interno semplificato per affrontare le questioni sollevate, compreso il coordinamento delle azioni con altri servizi della Commissione e Delegazioni dell’Ue.

agricoltura

INFOGRAFICA INTERATTIVA Il commercio Ue di prodotti agricoli

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, la quota percentuale degli scambi di prodotti agricoli dell’Ue. Secondo Eurostat, nel 2023 il valore degli scambi ha raggiunto i 410,9 miliardi di euro, 13,5 miliardi di euro in meno rispetto al 2022, in calo del 3,2%. L’Ue ha esportato prodotti agricoli per un valore di 228,6 miliardi di euro e ne ha importati 182,3 miliardi di euro, generando un surplus di 46,3 miliardi. Il Regno Unito è stato il principale partner con una quota del 22% nelle esportazioni Ue (equivalenti a 48,6 miliardi di euro), seguito dagli Stati Uniti (12%, 27,5 miliardi di euro), Cina (6%, 13,5 miliardi di euro), Svizzera (5%, 12,1 miliardi di euro), Giappone (3%, 7,2 miliardi di euro) e Russia (3%, 6,6 miliardi di euro). Le importazioni dell’UE provenivano principalmente da Brasile (9%, 16,9 miliardi di euro), Regno Unito (8%, 15,8 miliardi di euro), Cina (7%, 13,3 miliardi di euro), Stati Uniti (7%, 13,1 miliardi di euro), Ucraina (5%, 9,5 miliardi di euro) e Norvegia (5%, 9,2 miliardi di euro).

INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, import ed export dell’Ue con la Cina

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati Eurostat, è illustrato l’andamento degli scambi commerciali tra l’Ue e la Cina. Nel 2023 il deficit commerciale di merci dell’UE con Pechino si è attestato a 291 miliardi di euro, inferiore di 106 miliardi di euro rispetto al 2022 (-27%). Tra il 2013 e il 2023, il deficit commerciale variava tra 104 miliardi di euro nel 2013 e 397 miliardi di euro nel 2022, il valore più alto del decennio. Nel 2023, la Cina è stata il più grande partner per le importazioni di beni dell’UE (20,5% del totale delle importazioni extra-UE) ed è stato il terzo più grande partner per le esportazioni di beni dell’UE (8,8% del totale delle esportazioni extra-UE).

INFOGRAFICA INTERATTIVA L’importanza del Canale di Suez

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, il peso del trasporto di merci su Paesi selezionati che fanno più ricorso al Canale di Suez. Un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), segnala che il commercio estero per diversi Paesi dell’Africa orientale dipende fortemente dal Canale di Suez: circa il 31% e il 34% del commercio estero in volume rispettivamente per Gibuti e il Sudan viene incanalato attraverso la via navigabile che collega il Mar Mediterraneo al Mar Rosso.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Il traffico commerciale a Suez e Panama

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, il numero di transiti mensili di navi nei canali di Panama e Suez. Un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), conferma che “i recenti attacchi alle navi commerciali nel Mar Rosso hanno gravemente colpito la navigazione attraverso il Suez, aggiungendosi alle attuali sfide geopolitiche e legate al clima che il commercio globale e le catene di approvvigionamento devono affrontare”. La crisi del Mar Rosso “aggrava le perturbazioni in corso nel Mar Nero dovute alla guerra in Ucraina, che hanno provocato cambiamenti nelle rotte commerciali di petrolio e grano e alterato modelli consolidati”. Il Canale di Panama, un’arteria fondamentale che collega gli oceani Atlantico e Pacifico, si trova invece ad affrontare una sfida diversa: la diminuzione dei livelli dell’acqua ha sollevato preoccupazioni sulla resilienza a lungo termine delle catene di approvvigionamento globali, sottolineando la fragilità delle infrastrutture commerciali mondiali. L’Unctad stima che i transiti mensili attraverso il Canale di Suez siano diminuiti del 42% rispetto al picco di maggio 2023. A Panama sono crollati del 49% rispetto al picco del dicembre 2021.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, gli scambi tra Ue e l’Indo-Pacifico

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA è illustrato lo scambio commerciale tra l’Ue e i Paesi dell’area Indo-Pacifico. Secondo Eurostat, le importazioni di merce da queste regioni sono aumentate nel 2022, mentre è in flessione l’export verso Est. Dal momento che le importazioni dell’UE crescono più delle esportazioni, il deficit commerciale dell’Ue con la regione dell’Indo-Pacifico ha raggiunto i 471 miliardi di euro nel 2022.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, a novembre vendite dettaglio +0,4% mensile e +1,5% su 2022

Nell’infografica interattiva di GEA, l’andamento dell’indice del commercio al dettaglio. L’Istat stima per novembre 2023 una crescita congiunturale dello 0,4% in valore su ottobre. Su base tendenziale, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,5% in valore.