Al via la presidenza ungherese del Consiglio dell’Ue, le priorità su clima e ambiente

Promuovere la transizione verso un’economia circolare, verde e climaticamente neutra, facendo in modo che abbia il favore dei cittadini: è la direzione su cui lavorerà la presidenza ungherese dell’Ue – da oggi a fine anno – cercando di puntare anche su competitività e giusta transizione. Nel suo programma per i prossimi sei mesi in cui guiderà il Consiglio dell’Ue, al capitolo ‘Un’Europa sostenibile, sana e competitiva’ si legge che la priorità di Budapest sarà “discutere l’attuazione degli obiettivi definiti nel Green deal europeo e nel pacchetto Fit for 55, nonché promuovere la transizione verso un’economia circolare, verde e climaticamente neutra” contribuendo alla triplice sfida di ridurre l’inquinamento, mitigare il cambiamento climatico e preservare la biodiversità. Sul fronte della politica climatica, per il Paese magiaro lo scopo è contribuire sia al mantenimento del ruolo guida dell’Ue sulla scena globale che al processo di definizione di un obiettivo climatico intermedio entro il 2040, “ambizioso ma raggiungibile, che garantisca che nessun cittadino o Stato membro venga lasciato indietro, assicurando insieme la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ue”.

Allo stesso tempo, la presidenza ungherese mira a monitorare da vicino l’attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’ del 2030come pietra angolare” per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e, in questo contesto, “si impegna a discutere le sfide e condividere le buone pratiche dei vari Stati membri: siamo fermamente convinti che una transizione verde di successo possa essere raggiunta solo se sostenuta dai cittadini”.

Nel suo semestre di presidenza, l’Ungheria lavorerà “a promuovere una più agevole cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione europea sui piani nazionali per l’energia e il clima” mentre alla 29a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop29) “si sforzerà di porre la massima enfasi possibile sull’incoraggiamento dell’azione per il clima da parte dei Paesi terzi, nonché di tenere conto degli aspetti di sicurezza del cambiamento climatico”.

Per quanto riguarda la tutela della biodiversità – definita “uno dei pilastri ambientali dell’Ue” – la presidenza ricorda gli eventi internazionali che si terranno sul tema nei prossimi mesi, dove il suo compito sarà preparare, organizzare e garantire la rappresentanza dell’Ue e dei suoi Stati membri. Rispetto all’inquinamento, la presidenza intende “compiere ulteriori passi verso l’obiettivo dell’inquinamento zero entro il 2050, promuovendo i negoziati in corso sulle proposte legislative presentate durante l’attuale mandato della Commissione al fine di ridurre al minimo l’inquinamento”.

L’obiettivo per Budapest è compiere progressi significativi, ad esempio, sulle proposte legislative sul monitoraggio del suolo e sul pacchetto One Substance One Assessment (Osoa). Altra priorità dell’Ungheria per il suo semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue è l’economia circolare e nel suo programma ha messo nero su bianco che “farà tutto quanto in suo potere per sostenere l’aumento della competitività e la protezione della natura nell’Unione europea nel suo insieme, incoraggiando il riutilizzo e sviluppando un sistema di raccolta e utilizzo dei rifiuti di qualità basato su soluzioni nuove e innovative”, senza che questo riduca la competitività globale delle imprese europee. Inoltre, la presidenza ungherese lavorerà per “promuovere un accordo sulla regolamentazione dei veicoli fuori uso per creare un quadro giuridico sostenibile e completo per l’industria automobilistica” e per “ottenere i maggiori progressi possibili nei negoziati sulla direttiva Green Claims”, contro il greenwashing.

Infine, per quanto riguarda il capitolo agricoltura e pesca, il programma sottolinea le pressioni sul settore date dal contesto geopolitico e dagli effetti del cambiamento climatico così come dai requisiti di produzione e dagli oneri amministrativi. “La presidenza ungherese faciliterà le discussioni su come creare un sistema alimentare europeo competitivo, a prova di crisi, sostenibile, favorevole agli agricoltori e basato sulla conoscenza”, si legge. Nel campo della pesca, “la presidenza ungherese dedicherà particolare attenzione allo sviluppo di un settore dell’acquacoltura europeo sostenibile e competitivo” e alla promozione di “una pesca europea sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale, fissando le catture annuali ammissibili per gli stock ittici in modo prevedibile e basato sulla scienza”.

Ursula von der Leyen

Ue, la settimana lampo delle nomine. Ora la parola passa al Parlamento

La settimana dei top jobs, cioè le figure apicali dell’Ue, si aperta e chiusa con gli stessi nomi: Ursula von der Leyen presidente alla Commissione europea, l’ex premier portoghese Antonio Costa come presidente del Consiglio europeo e la premier estone Kaja Kallas come Alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. Una decisione lampo, con la maggioranza composta da popolari, socialisti e liberali che ha tenuto in sede di Vertice tra i 27 capi di Stato e di governo, nonostante i voti fuori dal coro di Italia e Ungheria.

Ora la palla passa al Parlamento europeo, dove Ursula von der Leyen dovrà guadagnarsi il 18 luglio la soglia di almeno 361 consensi (720 sono i deputati europei). La candidata al bis può contare sulla somma aritmetica di 399 seggi ai quali, però, secondo alcune fonti diplomatiche, andranno tolti franchi tiratori e oppositori che, nel segreto del voto, non avalleranno von der Leyen pur essendo parte della maggioranza centrista o della stessa famiglia politiche. Le stime parlano di una cinquantina di seggi in bilico. Per questo motivo, da qui al 18 luglio, von der Leyen cercherà di ampliare la sua maggioranza e, con i Popolari che pongono un veto all’allargamento ai Verdi e chiedono un dialogo con i conservatori, un’ipotesi è che si riproponga quanto avvenuto già 2019 quando, come ha ricordato il vice premier Antonio Tajani, “Angela Merkel chiese il consenso dei Conservatori, perché senza di loro von der Leyen non sarebbe stata eletta. Non tutti i Conservatori la votarono, ma i polacchi sì. Bisogna tenere conto di tanti variabili, quando si vota a scrutinio segreto”.

E proprio sulla possibilità che i 24 deputati di Fratelli d’Italia vengano richiesti per appoggiare Ursula von der Leyen in Aula si è espressa la premier Giorgia Meloni, nel punto stampa dopo il Consiglio europeo. “Il tema non è Ursula von der Leyen. Il tema è quali sono le politiche che Ursula von der Leyen intende portare avanti. E su questo, come accade anche per gli altri nomi che sono stati fatti, non abbiamo risposte”, ha dichiarato Meloni. Ma “la presidente della Commissione europea prima di andare in Parlamento dovrà dire che cosa vuole fare e, quindi, io penso che la valutazione vada fatta a valle e non vada fatta a monte”, ha precisato. Da qui l’astensione di Meloni sul nome di von der Leyen, oltre al fatto che è della stessa famiglia politica, il Ppe, di cui fa parte Forza Italia. Un voto di “rispetto” delle sensibilità della sua maggioranza, ricambiata dal suo vice Antonio Tajani che da giorni auspica l’apertura ai conservatori e che ieri, dopo il pre vertice, ha sottolineato come nei popolari tutti abbiano compreso bene “che non si può fare qualcosa senza tenere conto dell’Italia”.

Allo stesso modo dei popolari, anche i Verdi hanno posto una linea rossa: quella dell’allargamento a Ecr e a Id, proponendosi come forza europeista, pragmatica e credibile cui guardare per estendere la coperta della maggioranza Ursula. Un’offerta ancora in piedi, apparsa in filigrana anche nel punto stampa con i neo eletti di Sinistra Italia, Ilaria Salis e Mimmo Lucano, dove alla domanda se voteranno o meno la fiducia a von der Leyen è intervenuto il segretario Nicola Fratoianni spiegando che la decisione verrà presa nel gruppo della sinistra, ma che ci sarà anche con un confronto con i Verdi con cui sono in Alleanza.

Intanto, la prossima tappa certa è quella del programma che von der Leyen dovrà presentare ai deputati per convincerli. In conferenza stampa, la presidente ha ricordato che le servirà il via libera degli europarlamentari “dopo che presenterò le linee politiche al Parlamento europeo per il prossimo mandato”. Appuntamento confermato nella sessione a Strasburgo del 16-19 luglio, la cui agenda verrà definita l’11 luglio. Nella stessa sessione, i neoparlamentari saranno chiamati a votare anche il loro presidente. O la loro presidente. Anche in questo caso, infatti, il Ppe propone un bis: quello dell’uscente Roberta Metsola.

Nomine e Agenda strategica, sale l’attesa per il Consiglio Ue. Green deal resta in campo

Ucraina, Medio Oriente, sicurezza e difesa, competitività, migrazione, politica estera e minacce ibride. Ma su tutto, le massime cariche dell’Unione europea, l’Agenda strategica per il quinquennio 2024-2029 e l’incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sono i temi sul tavolo dei 27 capi di Stato e di governo dell’Ue che oggi e venerdì si riuniranno a Bruxelles nel Consiglio europeo. “Sarà una riunione particolarmente significativa, in quanto ci troviamo di fronte a un corposo ordine del giorno e a decisioni critiche che delineeranno il nostro futuro cammino”, ha scritto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella lettera di invito ai leader.

“Tra queste decisioni ne spiccano tre in particolare: innanzitutto, adotteremo l’agenda strategica. Fedele al ruolo attribuitogli dai trattati, il Consiglio europeo definirà le priorità dell’Ue e ne stabilirà gli orientamenti strategici per i cinque anni a venire, indirizzando in tal modo i lavori del prossimo ciclo istituzionale. In secondo luogo, determineremo la via da seguire in materia di riforme interne e, in terzo luogo, concorderemo le nomine istituzionali”, ha spiegato. “La nostra riunione inizierà giovedì 27 giugno alle ore 14 con uno scambio di opinioni con il presidente Zelensky: sarà un’opportunità per discutere della situazione sul campo, ma anche per prendere atto di alcuni risultati conseguiti dalla nostra ultima riunione”, ha descritto Michel.

Rispetto alle nomine ai vertici di Commissione, Consiglio e al ruolo di Alto rappresentante per la Politica estera, il trio dei partiti di maggioranza Ppe, S&d e Renew Europe (popolari, socialisti e liberali) ha trovato martedì la quadra su Ursula von der Leyen, sull’ex primo ministro portoghese Antonio Costa e sulla premier estone, Kaja Kallas. Tre nomi che il Consiglio europeo dovrà validare nella due giorni di Vertice. Possibilmente all’unanimità, anche se fonti diplomatiche a Bruxelles ricordano che Jean Claude Juncker fu il primo presidente, nel 2014, ad essere eletto non all’unanimità bensì a maggioranza qualificata, con il no di Regno Unito e Ungheria.

Intanto, a Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, i conti dei parlamentari europei a sostegno di von der Leyen non tornano: sempre secondo fonti diplomatiche, infatti, dai 399 seggi attuali della cosiddetta maggioranza Ursula – dati dalla somma aritmetica di popolari, socialisti e liberali (rispettivamente 189, 136, 74) – andrebbe tolto il 15% di franchi tiratori, almeno tra i 40 e i 50 deputati, che farebbe scendere la politica tedesca sotto la soglia richiesta dei 361 consensi. Il voto, a scrutinio segreto, si terrà il 18 luglio, nella prima seduta plenaria dell’Eurocamera.

Altro tema intenso della riunione dei leader sarà l’Agenda strategica 2024-2029, ovvero la traiettoria dell’Ue per i prossimi 5 anni. Nel testo, allegato alla bozza di conclusioni del Consiglio europeo, vengono ricordate le “sfide senza precedenti” che hanno portato l’Ue “a percorrere nuove strade nella nostra cooperazione e integrazione negli ultimi cinque anni”, fissando “obiettivi chiave per combattere il cambiamento climatico”, sviluppando e distribuendo vaccini in tutta Europa e fornendo “all’Ucraina un significativo sostegno militare ed economico per difendersi dalla guerra di aggressione della Russia e proteggere la sicurezza europea”.

Ma per i leader il lavoro non è affatto terminato. “Come Unione e come Stati membri, uniremo le nostre forze e risorse per affrontare i prossimi anni con unità e determinazione. Affronteremo le aspirazioni dei nostri cittadini. Rafforzeremo la nostra competitività e diventeremo il primo continente a impatto climatico zero, realizzando con successo la transizione climatica e digitale, senza lasciare indietro nessuno. Ci assumeremo la responsabilità necessaria per la nostra sicurezza e difesa e rafforzeremo la nostra capacità di agire per diventare più influenti nel mondo. Assumeremo un ruolo guida nell’affrontare le sfide globali, sostenendo il diritto e le istituzioni internazionali, una governance globale equa, un multilateralismo inclusivo e una crescita e uno sviluppo sostenibili”.

Nel contesto europeo, secondo i leader affidarsi alle aziende per “trasformare i rischi in opportunità stimolerà gli investimenti, stimolerà la crescita economica e renderà l’Europa un leader mondiale nelle industrie e nelle tecnologie verdi e digitali”. E per tutto ciò “il prossimo quadro finanziario pluriennale per l’Unione dovrà riflettere queste priorità” e “lavoreremo per l’introduzione di nuove risorse proprie”. Come a dire: il Green deal e gli impegni per la sostenibilità restano in piedi.

Incontro Meloni-Michel con vista su Consiglio Ue: competitività, migranti e Pac le priorità

Photo credit: Palazzo Chigi

Oltre un’ora di colloquio tra Giorgia Meloni e Charles Michel a Palazzo Chigi, per un incontro che rientra nel quadro delle consultazioni tra i leader europei sulla nuova Agenda strategica Ue 2024-2029. Il programma del prossimo quinquennio sarà presentato nel Consiglio europeo di giugno. Sul tavolo, dunque, il futuro dell’Unione europea. Un “ottimo incontro“, lo definisce Michel. Il presidente del Consiglio europeo non fa pronostici sul futuro della Commissione, e a chi gli chiede di un possibile ruolo di Mario Draghi nelle istituzioni ricorda le elezioni europee a giugno: “Gli elettori faranno una loro scelta e poi, in base ai risultati, potremo andare a vedere l’orientamento del Consiglio europeo e concordare un’agenda sugli sviluppi futuri“, risponde.

I due leader discutono del prossimo Consiglio europeo straordinario, che si terrà i prossimi 17 e 18 aprile. Tra i temi al centro dell’agenda dei leader ci sarà la competitività delle imprese europee, ma una panoramica c’è stata anche sulle crisi in corso: l’Ucraina, il Medio Oriente, i rischi per l’Europa. Tra le risorse competitive dell’Unione su cui investire, Meloni indica il settore agricolo. Chiede una attuazione rapida della Pac e delle misure per alleviare la pressione finanziaria sugli agricoltori, concordate al Consiglio europeo di marzo. “La competitività è una questione centrale in agenda“, spiega Michel dopo l’incontro. L’unione del mercato dei capitali, osserva, “ha bisogno di più investimenti per affrontare il cambiamento climatico, l’innovazione digitale e anche per creare opportunità per il rilancio economico“.

Focus anche sull’immigrazione, perché ieri il Parlamento europeo ha dato il via libera al patto per l’asilo e si attende l’ok definitivo da parte del Consiglio europeo. Occhi puntati sulla stabilità del Libano, tema che il Consiglio della prossima settima affronterà su richiesta italiana. “Noi supportiamo ogni sforzo per affrontare la questione migratoria“, assicura Michel, che ricorda che con l’Italia, l’Europa lavora sui paesi terzi di origine e transito. La premier infatti non si distrae dalla dimensione esterna e dai partenariati con i Paesi africani. Mercoledì, prima di volare per Bruxelles, tornerà a Tunisi per la quarta volta un anno, per parlare di Piano Mattei e di sviluppi comuni.

Ue, Meloni: “Agricoltura in Consiglio, basta guerra santa in nome del clima”

L’agricoltura sarà sul tavolo del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo e Giorgia Meloni si intesta il merito di aver fatto inserire il tema in agenda. Perché, spiega nell’informativa in Senato, ritiene doveroso intervenire a sostegno di un settore che è stato “troppo a lungo dimenticato e oggetto di attenzioni non sempre benevole“.

La pandemia prima, la guerra in Ucraina poi, hanno colpito le catene di approvvigionamento alimentare e “gravato le imprese agricole di un aumento dei costi fissi che ne ha ulteriormente ridotto la redditività“, osserva la premier. A questo si sono aggiunti da un lato “l’appesantimento burocratico” introdotto dalle misure di “inverdimento” della Pac e dall’altro, denuncia, “l’accanimento ideologico” di molte norme del Green Deal, del pacchetto Fit for 55 e della strategia Farm to Fork. E’ così che l’Europa “si è risvegliata con i trattori nelle strade”. Ma Meloni rivendica di guidare il governo che “più ha investito in agricoltura nella storia repubblicana” (Con la rimodulazione del Pnrr, ha destinato fino a 8 miliardi di euro al comparto).

La presidente del Consiglio punta il dito ancora una volta contro una certa visione “ideologica” di Bruxelles sulla transizione green, che sostiene abbia individuato nell’agricoltore, nel pescatore, negli operatori economici che lavorano a contatto con la natura, dei “nemici da colpire in nome della guerra santa contro il cambiamento climatico“. Quello su cui si dovrà lavorare ora, “con urgenza“, insiste, è la revisione della Pac, sostenuta in un momento in cui il contesto era diverso: quando cioè non si era ancora verificato lo shock dell’invasione russa in Ucraina. La Politica Agricola Comune che è stata votata, era comunque una “mediazione rispetto alle folli pretese dell’allora vicepresidente Timmermans“, affonda la premier, che voleva una Pac “ancora più sbilanciata verso le misure di inverdimento, tanto da voler ricomprendere al suo interno gli obiettivi di riduzione delle emissioni del Green Deal”.

Pretese“, commenta, che non si materializzarono allora, ma che si sono verificate successivamente con la definizione degli eco-schemi e delle condizionalità verdi, ed è “proprio da quelle che si deve partire, semplificando al massimo le procedure ed eliminando con effetto retroattivo l’obbligo di messa a riposo del 4% dei terreni e l’obbligo di rotazione delle colture, che limiterebbe in maniera sensibile la produttività delle nostre imprese“, afferma. Bene per Meloni la recente proposta della Commissione di ampia revisione della Pac: “Ora è importante lavorare rapidamente alla riforma, a partire dal prossimo Consiglio Agricoltura e Pesca di fine marzo“. Roma lavora perché possano trovare spazio altre proposte italiane, come l’estensione del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, prevedendo comunque un incremento del regime de minimis, oltre che una moratoria dei debiti delle imprese agricole. Dopo anni di “emarginazione” nei più importanti consessi internazionali, “l’agricoltura torna centrale in Europa“, le fa eco il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ricorda il documento sulla Pac presentato all’Agrifish a febbraio, con cui sono state rappresentate le criticità e “gli errori” che l’Europa ha compiuto fino ad ora, con delle indicazioni su una “strada per correggerlo“. Per il titolare del dicastero di via Venti Settembre, oggi l’Europa comincia a rendersi conto che “se manca l’agricoltura, viene giù tutto”. L’obiettivo dell’Italia è “ripensare la sovranità alimentare in Europa”: “La sfida della sicurezza alimentare è dare buon cibo a tutti e non possiamo raggiungerla – ribadisce – se non diamo valore a chi ogni giorno lavora per garantire la qualità delle nostre produzioni“.

Fumata nera a Bruxelles sul bilancio. Orban blocca accordo, decisione a gennaio

Nessun accordo a Ventisette sulla revisione del bilancio comunitario e la decisione (che va presa all’unanimità) slitta a gennaio in un Vertice straordinario. “Ventisei leader sono concordi su tutte le componenti della proposta di revisione di bilancio che abbiamo presentato, solo uno non è d’accordo”, sintetizza il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in un punto stampa al termine della prima giornata di lavori del vertice Ue che proseguiranno questa mattina.

Dopo ore di negoziato, a livello politico e tecnico tra gli sherpa, il capo del Consiglio europeo prende atto che c’è “un forte sostegno per tutte le componenti” della revisione di bilancio “da parte di 26 leader, dal sostegno all’Ucraina alle migrazioni, al fondo di solidarietà alla difesa”. Ma per un accordo sul bilancio serve una decisione all’unanimità, quindi a 27. “Torneremo sulla materia a inizio del prossimo anno per cercare di raggiungere l’unanimità per attuare questo accordo”, conferma Michel. A mettersi contro la revisione del quadro finanziario dell’Ue fino al 2027 è l’Ungheria, come dichiarato dallo stesso premier, Viktor Orban. “E’ sempre difficile quando si parla di soldi e di solidarietà finanziaria”. Contrario in sostanza ai 50 miliardi di sostegno a Kiev dal bilancio comunitario.

Sostegno all’Ucraina, migrazione e dimensione esterna, piattaforma Tecnologie strategiche per l’Europa, il fondo di ripresa NextGenerationEU, i pagamenti di interessi, strumenti speciali, nuove risorse proprie ed elementi che riducono l’impatto sui bilanci nazionali. Questo il pacchetto di compromesso messo sul piatto dal politico belga. Cifre, soprattutto in termini di risorse fresche, che il capo del Consiglio europeo rivede al ribasso.

Secondo la proposta di Michel, che sarà ora ridiscussa a gennaio, l’aumento di budget arriverebbe a un totale di 64,6 miliardi di euro, di cui 33 miliardi di prestiti e 10,6 miliardi di riallocazioni dalle risorse del quadro esistente esistente. Michel propone di mantenere le risorse per l’Ucraina a 50 miliardi di euro (di cui 17 miliardi di euro di sussidi a fondo perduto e 33 miliardi di euro di prestiti); 2 miliardi per la gestione dell’immigrazione e delle frontiere e 7,6 miliardi per il vicinato e il mondo; 1,5 miliardi destinati al Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step (Piattaforma di tecnologie strategiche per l’Europa); altri 2 miliardi di euro per lo strumento di flessibilità e infine 1,5 miliardi per la riserva di solidarietà e aiuto.

A uscirne fortemente ridimensionato rispetto alla proposta della Commissione europea è il sostegno finanziario a Step, la piattaforma per le tecnologie pulite proposta da Bruxelles per la competitività industriale dell’Ue, in risposta all’Inflation Reduction Act statunitense e alla Cina. Nell’idea della Commissione europea doveva trattarsi di un vero e proprio Fondo sovrano, ma per metterlo in piedi ci sarebbero voluti anni e con la scadenza della legislatura non c’era margine per farlo. Nel quadro della revisione di bilancio, la Commissione europea ha quindi chiesto agli Stati membri Ue di mobilitare altri 10 miliardi di euro fino al 2027, aumentando la portata del bilancio a lungo termine dell’Unione, per aumentare il budget di alcuni programmi già esistenti: InvestEu (3 miliardi), Horizon Europe (0,5), Fondo per l’innovazione (5 miliardi) e Fondo europeo per la difesa (1,5) e dare vita alla piattaforma. Dal compromesso messo sul tavolo da Michel, la proposta ne esce fortemente ridimensionata.

Patto di Stabilità, Meloni: “E’ una partita aperta, non svenderò l’Italia”

Formalmente, il Patto di stabilità non è all’ordine del giorno del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. Ma la questione è certamente al centro del dibattito: “Mancherei di onestà intellettuale se non affrontassi per primo il tema che in questo momento vede maggiormente impegnata l’Italia e che avrà ricadute molto importanti sulla credibilità e sul futuro dell’Unione“, spiega Giorgia Meloni all’Aula di Montecitorio.

Roma lavora alla riforma da mesi, in condizioni negoziali, tiene a ricordare la premier, “non semplici“. L’approccio è “costruttivo e pragmatico“, per bilanciare la solidità dei bilanci nazionali e la sostenibilità dei loro debiti pubblici, senza dimenticare la crescita e il sostegno agli investimenti. Oggi la posizione dell’Italia è “credibile e seria”, rivendica la presidente, soprattutto “grazie all’azione del ministro Giorgetti“. Ed è proprio grazie a una ritrovata credibilità internazionale che, dice, “nonostante una trattativa difficilissima siamo ancora in partita“. L’accordo finale è stato posticipato a una nuova riunione dell’Ecofin, che verrà convocata nei giorni successivi al Consiglio europeo con il mandato di chiudere l’accordo entro l’anno. “A Bruxelles hanno capito che la posizione del governo non si basa sul classico ‘tiriamo a campare’ ma su una politica di bilancio seria e rigorosa che anche oggi voglio rivendicare“, insiste Meloni. Le modifiche chieste dall’Italia non sono per “sperperare risorse senza controllo“, ma il contesto è “eccezionale” e richiede una governance adeguata.  E, nella replica, Meloni precisa che non è disposta a dare l’assenso “a una riforma del Patto di stabilità che nessun governo italiano potrebbe in futuro rispettare”, perché “preferisco da una vita essere accusata di essere isolata che essere accusata di aver svenduto l’Italia”.

Anche sul Pnrr l’Italia ha avuto la sua rivincita, “grazie all’impegno encomiabile di tutto il governo, e del ministro Fitto in particolare, abbiamo registrato risultati straordinari sulla rimodulazione e l’attuazione”, scandisce. Oggi questi risultati, vengono riconosciuti dalla Commissione europea, dal Consiglio e “da tutti gli analisti economici“. Eppure, osserva la leader di Fdi, nei mesi della campagna elettorale, la volontà di intervenire per revisionare un Piano nato in un quadro economico e geopolitico diverso da quello attuale “veniva derisa, derubricata ad annuncio velleitario o addirittura bollata come una scelta irresponsabile che avrebbe portato l’Italia con un piede fuori dall’Europa, messo a rischio la nostra credibilità internazionale e con essa i nostri conti pubblici“. La tenacia ha premiato: “Con perseveranza abbiamo dimostrato che si poteva fare, anzi permettetemelo, si doveva fare ed è stato fatto“.

Al via a Bruxelles il Vertice Ue: i leader spingono per il picco delle emissioni entro il 2025

Sostegno umanitario in Medioriente e militare all’Ucraina, ma non solo. Si apre oggi e proseguirà fino a venerdì a Bruxelles il Vertice dei capi di stato e governo dell’Ue, con una agenda totalmente stravolta dalle conseguenze del conflitto tra Hamas e Israele, che ancora una volta ha restituito l’immagine di un’Unione europea poco unita di fronte alla politica estera e di sicurezza. Non più solo guerra in Ucraina, competitività dell’industria europea e EuroSummit. “Il nostro incontro avviene in un momento di grande instabilità e insicurezza globale, esacerbata più recentemente dagli sviluppi in Medioriente”, ammette il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella tradizionale lettera di invito ai capi di stato e governo dell’Ue pubblicata ieri mattina. E non è difficile da immaginare che le tensioni in Medioriente saranno dominanti nelle discussioni tra i leader, anche se non è l’unico dossier caldo sul tavolo.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sarà connesso in video-collegamento con i leader Ue nel corso delle discussioni sul sostegno all’Ucraina, in cui i leader dovrebbero riaffermare il pieno sostegno militare, finanziario, umanitario a Kiev di fronte all’aggressione dell’Ucraina. In agenda per la prima giornata di Vertice europeo anche la revisione del bilancio pluriennale (2021-2027). Più di una fonte vede nel vertice un Consiglio prettamente di transizione, per cercare di arrivare a un accordo il “prima possibile”, possibilmente al Vertice europeo di dicembre, l’ultimo prima della fine dell’anno. Sarà l’occasione per i leader di mettere a fuoco quali e quante dovranno essere le priorità per la revisione intermedia del bilancio comunitario, sulla base della proposta della Commissione che ha dato priorità a Ucraina (50 miliardi), migrazione (15 miliardi) e competitività industriale.

Proprio sul tema della competitività dell’industria europea, a quanto si apprende, l’Italia starebbe insistendo per includere nel testo delle conclusioni un riferimento al ‘level playing field’, ovvero alla necessità di garantire parità di condizioni economiche non solo nel rapporto con Stati terzi (in particolare, spiegano fonti, la concorrenza con i sussidi a pioggia della Cina sulle tecnologie verdi e degli Stati Uniti attraverso l’Inflation Reduction Act) ma anche internamente, a causa del rilassamento delle regole sugli aiuti di stato.

In vista della 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre, i leader inseriranno all’interno delle conclusioni anche un riferimento alla necessità di raggiungere il picco delle emissioni “al più tardi entro il 2025” per limitare il riscaldamento a circa 1,5 C°, come si legge nell’ultima versione della bozza di conclusioni domani sul tavolo dei leader. Fissando la data per il picco di emissioni nel 2025 i leader Ue si spingono oltre rispetto al mandato dell’Unione europea adottato lo scorso 16 ottobre dai ministri europei dell’ambiente che si sono limitati a dire che il picco massimo nel consumo di combustibili fossili sia registrato “in questo decennio”.

Al via il Vertice Ue tra sostegno a Ucraina e Fondo di sovranità per l’industria

Dal sostegno finanziario all’Ucraina all’assenza della richiesta di un vero Fondo europeo di sovranità per finanziare la transizione dell’industria verde. Prende il via oggi e durerà fino a venerdì a Bruxelles il Vertice europeo, l’ultimo – al netto di convocazioni straordinarie – prima della pausa estiva. Un Vertice di dibattito e confronto delicato, un Vertice di indirizzo politico e di orientamento, da cui però, fanno sapere fonti diplomatiche, come spesso accade non si attendono decisioni significative.

Il Vertice dei leader inizierà all’ora di pranzo dopo una colazione di lavoro con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il consueto scambio con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Il primo dibattito sarà quello sull’Ucraina, che sarà aperto dall’ormai tradizionale video-intervento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Il confronto arriva a meno di un mese dalla distruzione della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka, situata nelle aree occupate dai russi della regione di Kherson, nel sud del Paese. I leader, stando alle prime versioni della bozza di conclusioni, condanneranno “con la massima fermezza” la distruzione della diga da parte russa e sottolineando i rischi che ciò comporta per la sicurezza della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia. “La distruzione di infrastrutture civili si qualifica come crimine di guerra”, ricorderanno.

I capi di stato e governo dell’Ue ribadiranno il loro sostegno forte all’Ucraina oltre che la preoccupazione per il continuo rallentamento dell’attuazione dell’Iniziativa sul grano del Mar Nero. Le corsie di solidarietà dell’Ue continuano ad avere un ruolo fondamentale nel sostenere la sicurezza alimentare globale. I leader passeranno poi a discutere del capitolo economia, facendo un punto su tutte le misure adottate fino a questo momento per contrastare gli effetti della crisi economica ed energetica trainata dalla guerra di Russia in Ucraina. Nel testo delle conclusioni, a quanto apprende GEA, ci sarà un esplicito riferimento alla necessità di raggiungere un accordo politico tra co-legislatori entro la fine della legislatura sui pilastri normativi del Piano industriale per il Green Deal, presentato dalla Commissione Ue come una risposta ‘Made in Europe’ all’Inflation Reduction Act (Ira) il piano di sussidi verdi da 370 miliardi di dollari.

I leader dovrebbero chiedere all’Esecutivo comunitario di realizzare una valutazione d’impatto sull’Ira, ma sembra che non ci sia per il momento l’intenzione di fare pressione sulla Commissione per presentare un Fondo di sovranità per finanziare la transizione dell’industria. La proposta doveva arrivare nel quadro della revisione intermedia del bilancio a lungo termine, la proposta di revisione del bilancio pluriennale è arrivata lo scorso 20 giugno ma di un Fondo di sovranità non c’è traccia.

La Commissione Ue ha messo la ‘competitività’ industriale tra le tre priorità di questa revisione di medio termine (insieme all’Ucraina e alle migrazioni, per un valore totale di 66 miliardi di euro) ma ha proposto la creazione di una nuova piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (chiamata con l’acronimo ‘Step’), attraverso cui Bruxelles chiede agli Stati membri di mobilitare altri 10 miliardi di euro per aumentare il budget di alcuni programmi già esistenti, tra cui InvestEu (3 miliardi), Horizon Europe (0,5), Fondo per l’innovazione (5 miliardi) e Fondo europeo per la difesa (1,5). A quanto si apprende non c’è intenzione di risollevare il punto o di inserire un riferimento esplicito alla richiesta di un Fondo di sovranità. Discussioni, spiegano fonti, andranno fatte a livello tecnico per capire se la portata della proposta della Commissione europea è sufficiente a coprire le necessità di finanziamento.

La Svezia alla guida della presidenza del Consiglio Ue: sul tavolo la crisi energetica

Europa più verde, più sicura e più libera. Dal primo gennaio (e per i successivi sei mesi) la Svezia è alla guida semestrale del Consiglio Ue e dovrà confrontarsi con la sfida dei prezzi dell’energia e le nuove iniziative che la Commissione europea ha previsto per il 2023 sul fronte energetico. Sicurezza e unità, competitività, transizione verde ed energetica, valori democratici e stato di diritto. Sono i quattro pilastri della presidenza di Stoccolma, che nel logo del semestre sceglie di mettere in relazione le parole “Svezia”, “2023” e “UE” a simboleggiare “la solidarietà e la comunità”, di cui gli Stati membri dovranno dar prova nei prossimi dodici mesi. Per la Svezia si tratta della terza volta alla testa della presidenza (la prima risale al 2001, la seconda al 2009) e dal primo luglio lascerà il testimone alla Spagna.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, riconosce che la Svezia assume la presidenza del “Consiglio in un momento cruciale”, così come cruciale dovrà essere la “leadership per preservare la nostra unità europea a sostegno dell’Ucraina. Potete contare su di me per portare avanti la vostra ambiziosa agenda per la nostra Unione”, ha scritto in un tweet.

Nel documento programmatico che illustra quali saranno le priorità del semestre, Stoccolma assicura che continuerà “a impegnarsi per affrontare i prezzi elevati e volatili dell’energia, affrontando al contempo la riforma a lungo termine del mercato energetico”, raccogliendo dunque il testimone della presidenza ceca (che si è chiusa il 31 dicembre). Una proposta di riforma strutturale del mercato elettrico, che dovrebbe includere anche il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia, è attesa da parte della Commissione europea nel primo trimestre 2023. La proposta della Commissione Ue sarà centrale nella prima parte dell’anno, ma sulla riforma del disegno del mercato elettrico gli Stati hanno aspettative diverse: alcuni (come l’Italia e la Francia) vogliono una riforma di tipo strutturale, altri (come Germania) evocano piccole modifiche. La presidenza dovrà iniziare a conciliare le posizioni dal momento che l’idea è quella di arrivare a fine legislatura, nel 2024, con un accordo politico sul tema.

Da una parte, affrontare le sfide urgenti della crisi energetica; dall’altra, portare avanti il lavoro di rivoluzione ‘verde’ del Green Deal. Sul piano legislativo, la promessa di Stoccolma è quella di mettere “in atto il pacchetto sul clima ‘Fit for 55’”, l’ambizioso pacchetto climatico presentato a luglio 2021 dalla Commissione europea come tabella di marcia per abbattere le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. Priorità di Stoccolma sarà chiudere i negoziati con l’Europarlamento sugli ultimi dossier rimasti in sospeso nel ‘Fit for 55’, come la revisione della direttiva sull’efficienza energetica e la revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (entrambe del 2018).

Nella sua agenda verde, Stoccolma prevede di portare avanti anche i lavori per un accordo con l’Eurocamera (che ancora non ha adottato la posizione negoziale) sulla proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive – Epbd) e sulla seconda metà di proposte legislative del ‘Fit for 55’ presentata a dicembre 2021, ovvero il pacchetto che riguarda il mercato dell’idrogeno e del gas decarbonizzato su cui gli Stati membri devono trovare la loro posizione negoziale. Dovrà lavorare inoltre a un accordo politico con l’Eurocamera sulle norme per la riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico.

La Svezia riconosce di assumere le redini dell’Ue in un momento di sfide storiche particolarmente difficile per gli Stati membri e per l’Unione nel suo complesso. “L’invasione illegale, inaccettabile e non provocata della Russia dell’Ucraina è una minaccia per la sicurezza europea, con conseguenze disastrose per la migrazione, nonché per le forniture globali di cibo ed energia”, si legge sul sito della presidenza. Sebbene siano state intraprese “azioni decisive” per fronteggiare la crisi, “è imperativo rimanere saldi nella nostra transizione verso l’economia verde e salvaguardare le basi del nostro modello economico per una crescita a lungo termine”. Per questo, Stoccolma ha fissato tra i quattro pilastri del suo semestre di presidenza l’obiettivo di mantenere la rotta sulla transizione verde, affrontando allo stesso tempo l’aumento dei prezzi dell’energia.

“Durante un inverno freddo, l’UE deve restare unita per far fronte al duplice compito di realizzare la transizione energetica e riscaldare le case europee”, ha sottolineato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, in un intervento al Parlamento del 14 dicembre in cui ha indicato le priorità della presidenza. Dalle parole del primo ministro emerge che priorità andrà ad accelerare l’elettrificazione dell’UE, e a portare “avanti i lavori sulle proposte del pacchetto sul mercato del gas per sostituire l’energia fossile russa con altre fonti energetiche a basse emissioni di carbonio”.

Anche sul fronte ambientale, la presidenza di turno si prende l’impegno di chiudere i dossier rimasti aperti del pacchetto ‘Fit for 55’ e portare avanti i negoziati tra gli Stati Ue sulla proposta di un quadro di certificazione della rimozione del carbonio e sulla direttiva sugli imballaggi, entrambi presentati dalla Commissione Ue il 30 novembre scorso.

Il semestre di presidenza è ufficialmente iniziato, ma la prima riunione ufficiale della presidenza si terrà nella piccola città Kiruna, e non nella capitale Stoccolma, dal 12 al 13 gennaio. Kiruna è la città più settentrionale della Svezia e ospiterà, come da tradizione, il primo incontro della Commissione Europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, con il primo ministro Kristersson e il governo svedese.
La visita della Commissione europea nel paese che detiene la Presidenza all’inizio del semestre è una tradizione consolidata. Insolita la scelta di ospitare la presentazione del programma in una città che non è la capitale, ma la futura presidenza dell’Ue spiega la scelta dal momento che Kiruna “è all’avanguardia nell’innovazione, nella ricerca spaziale e nella transizione verde” e ospita la miniera sotterranea di ferro più grande del mondo, dove ogni giorno vengono estratte 75.000 tonnellate di minerale di ferro a una profondità di 1.600 metri. “Abbiamo scelto di tenere questo incontro a Kiruna per presentare un’area unica della Svezia, una regione unica dell’UE in cui è attualmente in corso una transizione industriale verde di portata storica”, afferma Kristersson. Kiruna non è solo una città mineraria, è anche una città spaziale. Ospita l’unico centro spaziale della Svezia, che – si legge ancora – è stato fondato oltre 50 anni fa e uno degli unici due centri spaziali in tutta Europa. Oggi il centro spaziale è utilizzato principalmente per la ricerca sulla microgravità e sulle condizioni atmosferiche.

 

(Photocredit: AFP)