Boniotti (Medener): “Transizione energetica può far superare conflitti mediterranei”

L’energia ha portato le guerre, ma possiamo trovare nella transizione energetica, nella sostenibilità futura, un modo anche per superare questa situazione conflittuale”. Roberta Boniotti, segretaria generale di Medener, l’Associazione Mediterranea delle Agenzie Nazionali per la Gestione Energetica, è convinta che le tensioni e i conflitti nel Mediterraneo e in particolare nella sponda orientale, potranno attenuarsi nel medio lungo periodo perché “la green economy sarà un’opportunità per tutti, per la parte nord e per la parte sud del Mediterraneo”. Lo dice a GEA in conclusione della Csew, la Cairo Sustainable Energy Week in corso al Cairo.

Boniotti, qual è il bilancio di questo summit in Egitto? 

“Questi tre giorni sono stati molto importanti per la nostra associazione Medener, e quindi anche per la presidenza Enea, per stabilire relazioni soprattutto con tutti i paesi dell’area, dal Nord Africa al Medio Oriente. Ma abbiamo avuto anche tante partecipazioni a livello internazionale”.

Quali progetti avete presentato durante l’evento?

“Abbiamo presentato i successi del nostro progetto MeetMed, che mira a facilitare la transizione energetica nella regione mediterranea attraverso azioni di mitigazione. Noi siamo impegnati in questo progetto nel quadro dell’Unione per il Mediterraneo, importante soggetto politico tra l’Europa, tutta l’Europa, non soltanto i paesi del Mediterraneo, ma anche il Nord Africa e il Medio Oriente. Il nostro progetto, soprattutto, vuole sostenere le azioni di promozione di energie rinnovabili e di efficienza energetica. L’efficienza energetica, in particolare, è una parte molto importante per la transizione, per la decarbonizzazione. Quindi gli investimenti in efficienza energetica, che sono meno diffusi rispetto alla promozione di energie rinnovabili, contano in maniera altrettanto importante per la decarbonizzazione e per la transizione. Abbiamo avuto anche molti incontri allo scopo di trovare finanziamenti ed investimenti per l’efficienza energetica, che risulta più difficile rispetto alla promozione delle rinnovabili”.

Avete trovato risposte concrete?

“Stiamo procedendo in questo senso con l’organizzazione dei Mediterranean Sustainable Energy Investment Forum, lanciati dal nostro network insieme a Rcreee, organizzatore della Cairo Sustainable Energy Week. Sicuramente stiamo facendo passi avanti in questo senso, mettendo insieme i policy makers, gli investitori a livello internazionale, ma anche le banche e gli investitori a livello nazionale, anche la banca islamica per gli investimenti, insieme alle nostre banche europee, i tecnici e tutte le associazioni che sono interessate”.

Si è parlato molto, qui al Cairo, anche di idrogeno verde.

“Certo. Al di fuori del nostro progetto, abbiamo proprio stretto alleanze per lo sviluppo dell’idrogeno verde, dove la nostra agenzia italiana Enea è particolarmente impegnata e quindi sta guidando un futuro network di esperti, sia a livello di Africa che di Medio Oriente, oltre che in Europa naturalmente”.

Ci sono però guerre e rischi geopolitici che potrebbero influenzare questa cooperazione e questa transizione. C’è il rischio che si blocchi tutto?

“Purtroppo, ci sono situazioni critiche in corso. Riteniamo che con la multilateralità, la collaborazione, sia importante per determinare un assetto che possa portare ad una maggiore stabilità nel Mediterraneo attraverso l’energia. Come è stato detto in questi giorni, l’energia ha portato le guerre ma possiamo trovare nella transizione energetica, nella sostenibilità futura, un modo anche per superare questa situazione conflittuale”.

La green economy potrà mitigare il rischio di conflitti futuri?

“La green economy sarà un’opportunità per tutti, per la parte nord e per la parte sud del Mediterraneo. Sono stati fatti passi avanti in tanti Paesi nelle strategie e nella volontà di investire e soprattutto di collaborare con l’Italia e con l’Europa. Noi siamo a favore di questo approccio, anche se naturalmente a seguito di questo poi saranno necessari accordi bilaterali che porteranno ad effettivi accordi commerciali. Però è molto importante anche a livello di capacity building costruire e di formare le generazioni del futuro”.

Piano Mattei, Urso al Cairo: piano di azione su materie critiche e Hub Ia

Un programma d’azione Italia-Egitto sull’approvvigionamento di materie prime critiche e un Hub sull’intelligenza artificiale per i Paesi africani. Sono due misure strategiche del Piano Mattei messe sul tavolo del Cairo dall’Italia.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è in missione nella capitale d’Egitto per due giorni, dove incontra in tutto cinque ministri del governo e presiede due workshop di alto livello tra istituzioni e imprese dei due Paesi, sulle energie rinnovabili e sul digitale. E’ di circa un mese fa, il 17 marzo, la firma di accordi intergovernativi tra i due Paesi e il lancio del Partenariato Ue-Egitto, alla presenza della premier Giorgia Meloni.

La realizzazione di un Ia Hub per lo Sviluppo Sostenibile in Africa era già indicato nella dichiarazione ministeriale del vertice G7 dei ministri dell’Industria che si è tenuto il 14 marzo a Verona. “Attribuiamo molta importanza alla doppia transizione green e digitale, su cui pensiamo che possa consolidarsi una collaborazione con l’Egitto che possa giovare all’intera area”, spiega Urso. L’Hub nasce per favorire sinergie per lo sviluppo digitale dei Paesi dell’Africa “a partire dall’Egitto, che ha già consolidate esperienze relative alla digitalizzazione – osserva il ministro -. Lo scopo è realizzare progetti concreti che consentano l’accesso alla capacità di calcolo necessaria per i modelli di intelligenza artificiale, potenziando le infrastrutture locali e supportando lo sviluppo delle competenze”.

Sul tavolo anche la cooperazione tra i due Paesi nella connettività e, in particolare, riguardo i cavi dati sottomarini. L’Egitto ospita infatti il 90% dei cavi dati Est-Ovest, che collegano il Mediterraneo al Mar Rosso, e sta investendo massicciamente nell’espansione della rete, rendendolo un partner strategico per l’Italia nell’economia digitale nell’ambito dell’attuazione del Piano Mattei per l’Africa. “Siamo entrambi al centro del Mediterraneo e all’incrocio di tre continenti, posizionati per svolgere un ruolo chiave nella connettività tra Europa, Africa e Asia – conferma Urso -. L’Italia, con le proprie connessioni portuali, energetiche e tramite cavi con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, vede nell’Egitto un partner fondamentale per lo sviluppo dell’intera area”.

Negli incontri successivi, con il ministro del Commercio e Industria, Ahmed Samirin e il ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie, Tarek El-Molla, l’attenzione vira sulle sinergie sul settore minerario e delle materie prime critiche. Guardando all’autonomia strategica e industriale, Urso raccoglie la disponibilità del governo egiziano a stipulare accordi bilaterali sulla cooperazione sia nell’estrazione delle materie prime critiche in Egitto, sia nella prima fase della lavorazione in loco, assicurando ritorni in termini di investimenti e occupazione. Le delegazioni ministeriali dei due Paesi procederanno a organizzare nelle prossime settimane un workshop bilaterale, che coinvolgerà istituzioni, agenzie e aziende impegnate nel settore. “Il nostro Paese è pronto a mettere a disposizione il suo know-how ingegneristico e imprenditoriale per avviare sinergie per l’estrazione e la lavorazione in Egitto, a beneficio di entrambe le nazioni”, assicura Urso.

Tra i settori di cooperazione industriale tra i due Paesi, i più rilevanti sono quelli dell’energia rinnovabile, anche alla luce del fatto che l’Italia punta a diventare il primo produttore europeo di pannelli fotovoltaici di nuova generazione; del digitale, comprese le applicazioni dell’Intelligenza artificiale nel processo produttivo, dell’agricoltura avanzata, della gestione idrica e della farmaceutica.

Domani, il focus della missione sarà sul settore delle rinnovabili, con un incontro con il ministro dell’Elettricità e delle Energie Rinnovabili, Mohamed Shaker. Nella stessa giornata, è previsto il workshop sulle energie rinnovabili, con la partecipazione di agenzie e aziende di entrambi i Paesi, tra cui Ice, Sace, Cdp, Danieli, Prysmian, Terna, Cesi e la Fondazione RES4Africa. È prevista inoltre la firma di un MoU tra l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Egiziana, alla presenza del ministro Urso e del ministro egiziano per la Cooperazione Internazionale. Infine, un workshop sul settore del digitale riunirà agenzie e aziende di entrambi i Paesi, tra cui ICE, SACE, CDP e Infratel.

Il Piano Mattei muove i primi passi dal Cairo

I primi atti ufficiali del Piano Mattei partono dall’Egitto. Giorgia Meloni domenica scorsa è volata al Cairo con la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica di Cipro, Nikos Christodoulidis, e i primi ministri di Belgio, Alexander De Croo, Grecia, Kyriakos Mitsotakis, e Austria, Karl Nehammer, con l’obiettivo (europeo) di rafforzare il partenariato strategico Ue-Egitto. Ma anche per raggiungere altri obiettivi, stavolta però solo italiani.

Con il presidente egiziano al-Sisi, la premier parla di produzione agricola e sicurezza alimentare, concordando sulla necessità di stabilire un partenariato strategico tra i due Paesi per la realizzazione di “grandi progetti agricoli e di bonifica“: una ‘model farm‘ viene definita da Palazzo Chigi, che consenta anche di trasferire le più innovative tecnologie italiane nel settore per contribuire alla sicurezza alimentare. Un primo passo parallelo (e propedeutico) alla firma di una serie di accordi bilaterali che riguardano prettamente il Piano Mattei, con cui il governo vuole trasformare l’Italia nell’hub europeo dell’energia, con progetti di cooperazione in Africa che dovrebbero portare sviluppo e benessere, ponendo anche un freno ai flussi migratori irregolari. I protocolli riguardano diverse materie: dal supporto tecnico ai distretti industriali della pelle, marmo e mobile alla promozione dei diritti e della inclusione sociale delle persone con disabilità, una convenzione finanziaria tra Cdp e il governatore della Banca centrale egiziana per un credito agevolato di 45 milioni di euro alle pmi locali e un’intesa, sempre di Cassa depositi e prestiti, con Afreximbank da 100 milioni per progetti di sviluppo sostenibile nel campo della sicurezza alimentare per le piccole e medie imprese africane.

Sace, invece, ha sottoscritto due memorandum, con Orascom Contruction e Bank of Alexandria, per il supporto finanziario alla filiera italiana nei progetti di sviluppo infrastrutturale in Egitto e l’interscambio commerciale. Simest e National Service Project Organisation, poi, realizzazeranno un investimento nel settore minerario, delle sabbie silicee. Mer Mec e il presidente dell’Autorità Ferroviaria egiziana collaboreranno per la fornitura di un treno di misura per il monitoraggio delle linee convenzionali delle Ferrovie egiziane per il valore di circa 7 milioni di euro e la realizzazione di un progetto di segnalamento per un valore di circa 100 milioni. E ancora Arsenale Spa fornirà all’Autorità Ferroviaria egiziana un treno turistico. Infine, il memorandum d’intesa tra il direttore della Scuola Italiana di Ospitalità e il presidente del partner egiziano Pickalbatros Group servirà ad attivare un programma di formazione professionale nel campo dell’ospitalità e turismo, con l’obiettivo ulteriore di aprire una scuola di formazione nel servizio di gestione alberghiera e del turismo a Hurgada, nel Mar Rosso.

Per rafforzare i rapporti tra i due Paesi, la visita al Cairo è stata anche l’occasione per inaugurare gli uffici del ‘Sistema Italia’, che comprende l’Ambasciata d’Italia, le sedi di Ita/Ice, Cassa depositi e prestiti, Sace e Simest. Per la buona riuscita del Piano Mattei, infatti, servirà il massimo livello di relazioni con tutti i Paesi partner della sponda sud del Mediterraneo.

La ‘questione energetica‘, però, resta nella lista delle priorità a tutte le latitudini. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, infatti, oggi, 19 marzo, parteciperà al Berlin Energy Transition Dialogue, nella capitale tedesca. L’edizione 2024 ha numeri davvero importanti: 2mila partecipanti da più di 90 paesi, circa 50 ministri degli Esteri e dell’Energia e segretari di Stato, oltre ai 100 relatori di alto livello. Il titolo del vertice è ‘Accelerating the Global Energy Transition‘, ovvero ‘accelerare la transizione energetica globale‘, perché l’obiettivo è concordare misure specifiche attraverso le quali gli Stati si prefiggono di raggiungere gli obiettivi climatici concordati a livello internazionale. Si discuterà di phase out dal carbone, ma anche di riduzione delle emissioni in settori chiave come mobilità, infrastrutture, edilizia e industria.

A Berlino, inoltre, Pichetto firmerà con il vice cancelliere e ministro dell’Economia e della Protezione climatica tedesco, Robert Habeck, un accordo intergovernativo bilaterale di solidarietà in materia di gas. Che sarà il tema anche di un addendum trilaterale che coinvolgerà anche la Svizzera, oltre ovviamente a Italia e Germania.

La Cop27 chiude ai supplementari: sì a fondo ‘loss & demage’, ma delusione sulle emissioni

Dopo negoziati difficili che si son protratti oltre il previsto, la Cop27 si è conclusa domenica con un testo molto contestato sugli aiuti ai Paesi poveri colpiti dal cambiamento climatico, ma anche con il fallimento nel fissare nuove ambizioni per la riduzione dei gas serra. La conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che si è aperta il 6 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto, è diventata una delle Cop più lunghe della storia quando si è conclusa all’alba di domenica. “Non è stato facile“, ma “abbiamo finalmente compiuto la nostra missione“, ha dichiarato il suo presidente, il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry. E’ stata adottata una dichiarazione finale, frutto di molti compromessi, che chiede una “rapida” riduzione delle emissioni, ma senza nuove ambizioni rispetto alla Cop di Glasgow del 2021. “Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questa è una domanda a cui questa Cop non ha risposto“, ha lamentato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. L’Unione Europea si è detta “delusa“, mentre il primo ministro britannico Rishi Sunak ha chiesto di fare “di più“.

Tuttavia, questa edizione è stata segnata dall’adozione di una risoluzione definita storica dai suoi promotori, sul risarcimento dei danni causati dal cambiamento climatico ai Paesi più poveri. Questo ‘loss and damage’ ha quasi fatto deragliare la conferenza prima che venisse raggiunto un compromesso all’ultimo minuto. Sebbene il testo lasci molte domande senza risposta, è d’accordo in linea di principio sulla creazione di un fondo specifico. “Le perdite e i danni nei Paesi vulnerabili non possono più essere ignorati, anche se alcuni Paesi sviluppati hanno deciso di ignorare le nostre sofferenze“, ha dichiarato Vanessa Nakate, attivista giovanile ugandese. Il Dipartimento per l’Ambiente del Sudafrica ha accolto con favore i “progressi“, ma ha chiesto “azioni urgenti” per “garantire il rispetto degli obblighi dei Paesi sviluppati“. Il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto un vertice a Parigi prima della Cop28 a Dubai alla fine del 2023, per “un nuovo patto finanziario” con i Paesi vulnerabili.

Anche il testo sulla riduzione delle emissioni è stato fortemente contestato, con molti Paesi che hanno denunciato un passo indietro rispetto alle ambizioni definite nelle conferenze precedenti. Questo include l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi: limitare il riscaldamento a 1,5°C, che è stato comunque riaffermato nella decisione finale. Gli attuali impegni dei Paesi firmatari non consentono di raggiungere questo obiettivo, e nemmeno quello di contenere l’aumento della temperatura entro i 2°C rispetto all’era preindustriale, quando l’uomo ha iniziato a utilizzare i combustibili fossili responsabili del riscaldamento globale su larga scala. Questi impegni, se pienamente rispettati, porterebbero il mondo, nella migliore delle ipotesi, su una traiettoria di +2,4°C nel 2100 e, al ritmo attuale delle emissioni, su una catastrofica di +2,8°C. Tuttavia, con quasi +1,2°C oggi, gli impatti drammatici si stanno già moltiplicando: il 2022 ha visto una serie di siccità devastanti, mega-incendi e inondazioni, che hanno colpito i raccolti e le infrastrutture. Anche i costi sono elevati: la Banca Mondiale stima in 30 miliardi di dollari il costo delle inondazioni che hanno ricoperto d’acqua per settimane un terzo del Pakistan e lasciato senza casa milioni di persone. I Paesi poveri, spesso tra i più esposti ma in genere poco responsabili del riscaldamento globale, chiedono da anni finanziamenti per le perdite e i danni.

Accusato da alcuni di mancanza di trasparenza nei negoziati, l’egiziano Sameh Shoukry ha affermato che non c’erano “cattive intenzioni“. Tuttavia, la battaglia non si concluderà con l’adozione della risoluzione di Sharm el-Sheikh, che rimane volutamente vaga su alcuni punti controversi. I dettagli operativi devono essere definiti per essere adottati alla Cop28, promettendo nuovi scontri. Ciò è particolarmente vero per la questione dei contributori, con i Paesi sviluppati, guidati dagli Stati Uniti, che insistono per includere la Cina. L’inviato degli Stati Uniti per il clima John Kerry ha dichiarato di essere al lavoro per aumentare il contributo degli Stati Uniti a 11 miliardi di dollari, il che renderebbe Washington “il più grande contributore all’economia del clima“. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha tuttavia sottolineato che l’accordo non menziona alcun punto vincolante.

Un’altra questione che ha scosso la Cop è stata quella delle ambizioni di riduzione delle emissioni. Molti Paesi hanno ritenuto che i testi proposti dalla presidenza egiziana fossero un passo indietro rispetto agli impegni assunti a Glasgow di aumentare regolarmente il livello delle emissioni. Per non parlare della questione della riduzione dell’uso dei combustibili fossili, che sono la causa del riscaldamento globale, ma sono appena menzionati nei testi sul clima. Il britannico Alok Sharma, presidente della Cop26, ha affermato che un punto sui combustibili fossili è stato “annacquato all’ultimo momento“.