Squadra von der Leyen 2 fatta: Entra FdI, escono i Verdi. Voto finale mercoledì

La squadra di Ursula von der Leyen è pronta e può presentarsi alla plenaria del Parlamento europeo il 27 novembre, alle 12, per incassare l’approvazione definitiva ed entrare in funzione il primo dicembre. Dopo oltre una settimana di stallo, e la giornata di ieri incastrata tra veti, litigi e sospensioni alle procedure di voto fino alle 23, oggi commissari e vice presidenti hanno nomi e competenze confermati dagli eurodeputati e la maggioranza a sostegno del collegio adotta confini diversi da quelli che, a luglio, rielessero la presidente tedesca uscente: escono i 4 eurodeputati Verdi italiani ed entra Fratelli d’Italia.

Mercoledì è andato in scena un ping-pong tra Socialisti (S&D) e Popolari (Ppe). I due campi di gioco sono stati i nomi di Teresa Ribera e di Raffaele Fitto come vicepresidenti. Alla fine, entrambi sono stati approvati, diventando colleghi e riassemblando due pezzi grandi della maggioranza, ma l’equilibrio è sottile e il nuovo esecutivo Ue parte su premesse di non fiducia tra i gruppi politici. Tutto ciò è emerso velocemente: alle 17 i tre leader di S&D, Ppe e liberali di Renew Europe confermano l’accordo, ma alle 19 i meccanismi stabiliti – linee guida politiche di von der Leyen di luglio e ‘logica a pacchetto’ per il voto sui sei i vice presidenti esecutivi e sul commissario ungherese Oliver Varhelyi – si inceppano nelle riunioni dei coordinatori delle commissioni che dovevano promuovere i candidati. Risultato: riunioni interrotte. L’incaglio – dopo il voto a Varhelyi, a cui vengono ridotte le competenze – parte dalla richiesta di popolari e conservatori di mettere nero su bianco le dimissioni di Ribera in caso di ‘indagini’ per le conseguenze e i morti della Dana a Valencia. Un linguaggio rifiutato da socialisti, liberali e verdi che fa esplodere il litigio che sospende la riunione e, di riflesso, blocca anche la valutazione di Fitto. Il balletto caotico si conclude solo poco prima delle 23 e, in entrambi i casi, le lettere di valutazione che accompagnano il via libera ai candidati vengono integrate da un allegato: il Parlamento chiede alla spagnola “un impegno chiaro e inequivocabile” a dimettersi in caso di procedimenti legali nei suoi confronti “che potrebbero compromettere l’integrità del collegio”; l’italiano dovrà essere invece “completamente indipendente dal suo governo nazionale come richiesto dai Trattati e pienamente impegnato ad applicare il meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto e a lavorare al rafforzamento dello Stato di diritto nell’Unione”.

Ma se i grandi gruppi hanno provato a finire in pareggio, per gli altri si tratta di entrare o uscire dai giochi. Subito dopo il voto, il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, ha parlato di “risultato storico” e il co-presidente di Ecr, Nicola Procaccini, ha affermato: “Siamo orientati a votare favorevolmente” alla Commissione. Oggi, il capo delegazione del Pd, Nicola Zingaretti, si è detto “fiducioso” che gli eurodeputati dem voteranno sì al von der Leyen 2 e ha rivendicato l’impegno “per far partire la legislatura” ed “evitare che anche l’Europa cada nelle mani dell’estremismo di destra“. Delusi i Verdi: il gruppo deciderà la linea lunedì prossimo, ma la delegazione italiana, che a luglio aveva sostenuto von der Leyen, ha dichiarato già il suo No. Il M5S con l’eurodeputata Valentina Palmisano ha definito “farsa” l’accordo tra i 3 gruppi e ha denunciato la “virata a destra della Commissione europea“. Congratulazioni a Fitto sono arrivate dall’eurodeputato Salvatore De Meo di Forza Italia, mentre il capo delegazione della Lega, Paolo Borchia, ha spiegato che il Carroccio voterà contro una Commissione “di qualità e competenze basse“. Ma ciò “non pone alcun problema” all’interno del governo italiano, anche se “c’erano i numeri per fare altre scelte“.

Lite Meloni-Schlein su Fitto. La dem: “Stallo creato da Vdl e Ppe, allargano a destra”

Non si placa lo scontro a distanza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Questa volta, il terreno è quello europeo e la posta in gioco è alta per tutti. La vicepresidenza della commissione europea di Raffaele Fitto è in stallo e la premier non accetta che il Paese non sia compatto nel supporto alla causa.

Non posso che augurarmi il massimo sostegno da parte del Sistema Italia, forze politiche comprese, alla conferma della vicepresidenza esecutiva della prossima Commissione per il Commissario italiano Raffaele Fitto”, mette in chiaro Meloni. Il ruolo di vicepresidente, ricorda, consentirà al ministro italiano, già dotato di un portafoglio “significativo” alla coesione e alle riforme, di “supervisionare altre politiche settoriali come quella dei trasporti, affidata al commissario greco Tzitzikostas”. A lui spetterà, tra l’altro, la redazione di un nuovo piano europeo per il settore caldissimo dell’automotive, che sta facendo tremare le vene ai polsi dell’intero Continente. La premier ce l’ha in particolare, con la segretaria dei Dem. Dal palco della chiusura della campagna elettorale del centrodestra per le Regionali in Umbria, la presidente del Consiglio si dice “basita”: “Da giorni chiedo alla segretaria del Partito Democratico quale sia la posizione ufficiale del Pd” su Fitto “e non riesco ad avere una risposta”, denuncia. “Non deve rispondere a me ma ai cittadini italiani, le persone serie fanno così”, ribadisce, invitando Schlein ad assumersi la “responsabilità delle proprie scelte.

Sorrido”, risponde la democratica oggi proprio da Perugia, perché, sostiene “questa cosa chiarisce molto bene chi è la presidente del Consiglio”. Racconta di aver telefonato lei alla premier per chiederle “perché è da una settimana che mi attribuisce cose che non ho mai fatto e che non ho mai detto” e di non aver ricevuto risposta. “Mi attribuisce cortei a cui non ho partecipato, assessorati regionali che non ho mai avuto, e posizioni su Fitto che non ho mai assunto”, assicura. Poi chiarisce la posizione del Pd su Fitto: “Non abbiamo mai messo in discussione un portafoglio di peso per l’Italia in quanto Paese fondatore”, chiosa. Lo stallo politico, secondo Schlein l’hanno creato i Popolari che in Parlamento stanno cercando di allargare “strutturalmente” la maggioranza alla destra nazionalista. Fa nomi e cognomi: il problema l’hanno creato “Manfred Weber e Ursula von der Leyen“. Si rivolge proprio alla presidente della Commissione europea, esortandola a “sbloccare questa situazione”. Perché, spiega, “Il problema non è mai stato Fitto e le sue deleghe, questo non l’abbiamo mai detto. Il nodo politico è l’allargamento della maggioranza a destra diversamente da chi ha votato von der Leyen a luglio“.

Intanto, il commissario uscente all’Economia, Paolo Gentiloni, ricorda a tutti che “il mondo non aspetta la Commissione europea” e che difficoltà e problemi vanno superati il prima possibile. Si dice convinto che ci siano le condizioni perché il nuovo esecutivo entri in funzione “come necessario” il primo dicembre. Le sfide sono tante: “Tutti siamo convinti che nel contesto che si è creato anche dopo le elezioni americane avere una Europa unita e salda sia importante e per questo mi auguro che non ci siano ritardi”, sostiene.

Dalla missione di Monaco di Baviera, il vicepremier e vicepresidente del partito Popolare europeo, Antonio Tajani, tratta con il capogruppo del Ppe Manfred Weber e “gli amici della Csu”, l’Unione Cristiano Sociale. “Di fronte alle sfide da affrontare, da migrazioni a competitività, occorre lavorare per soluzioni”, commenta il ministro degli Esteri italiano, ribadendo che è “necessario approvare la nuova Commissione nei tempi previsti”. I leader Ue avranno modo di cercare una soluzione vis-à-vis nei prossimi giorni, ospiti del G20 di Rio de Janeiro, in Brasile, il 18 e 19 novembre.

Ue, Pd avverte von der Leyen su Fitto: “Ci ascolti o rischia”. Meloni: “Questa è la sinistra”

Si scrive Europa, si legge Italia. Nuovo capitolo dello scontro, tutto interno alla politica di casa nostra, sulla vicepresidenza esecutiva della nuova Commissione Ue affidata a Raffaele Fitto. Dopo i colloqui di rito a Bruxelles il voto è slittato, ma i segnali che arrivano dal gruppo dei socialisti democratici non lasciano dormire sonni tranquilli né al quasi ex ministro del Sud e Pnrr, né alla premier, Giorgia Meloni, che stavolta fa sentire la sua voce, per rispondere alle prese di posizione degli europarlamentari dem.

Ne fa una questione politica Brando Benifei, che lancia messaggi alla presidente von der Leyen: “Ursula ci ascolti o in aula rischia“. L’esponente dem riconosce a Fitto di essere “serio, rispetta i patti, ci si può discutere. Ma è un democristiano che ora ha mostrato un volto molto diverso“. Dunque, “sono sicuro che una maggioranza netta di nostri europarlamentari sia contraria al riconoscimento politico di Fitto come vicepresidente esecutivo“, avverte. Eloquente anche un altro pezzo da novanta della squadra Pd a Bruxelles, Dario Nardella. Dice che Fitto non ha deluso “soprattutto sul fronte degli impegni che ha assunto“, ma il problema è quello “dell’assetto politico della Commissione, che ha un asse molto spostato sulle posizioni conservatrici“. Anche l’ex sindaco di Firenze manda un messaggio a von der Leyen: “Sta giocando con il fuoco, se i nodi non vengono sciolti ne trarremo le conseguenze anche sul voto finale del collegio“.

Tanto basta a Meloni per capire che aria tira e tirare fuori il cellulare per twittare: “Signore e signori, ecco a voi la posizione del gruppo dei socialisti europei, nel quale la delegazione più numerosa è quella del Pd di Elly Schlein: a Raffaele Fitto, commissario italiano, va tolta la vicepresidenza della Commissione che la presidente von der Leyen ha deciso di affidare“, scrive su X, il social network dell’amico Elon Musk. “L’Italia, secondo loro – aggiunge la presidente del Consiglio -, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione. Questi sono i vostri rappresentanti di sinistra“, la chiosa.

Il dibattito politico, poi, alimenta la spaccatura, con Fratelli d’Italia che mette nel mirino i dem: “Posizione contraria a Fitto ingiustificabile” per il Marco Scurria, “atteggiamento davvero di cattivo gusto del Pd che vota contro la vicepresidenza esecutiva di Fitto“, secondo il vicepresidente vicario FdI a Palazzo Madama, Raffaele Speranzon. Toni meno accesi ma comunque in linea con il centrodestra da Forza Italia. “Le riserve che alcuni partiti politici della sinistra europea e italiana hanno posto nei confronti di Fitto sono veramente strumentali“, dichiara Salvatore De Meo. Mentre capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello, rassicura l’alleato: “Fitto non deve temere, è sotto l’ombrello dei popolari e di Tajani“.

Diametralmente opposto il parere delle opposizioni italiane. “Comunque vada, sarà sempre un insuccesso” secondo il vicepresidente dei Cinquestelle, Mario Turco. Guarda oltre la vice capo delegazione del Pd a Bruxelles, Alessandra Moretti: “Il problema per noi non è certo Fitto commissario, ma lo spostamento a destra della prossima Commissione europea. Non accettiamo che l’Europa sia guidata dalle forze politiche che vogliono il fallimento del progetto degli Stati Uniti d’Europa“. La strada per Ursula von der Leyen, insomma, torna nuovamente in salita.

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Ue, Parlamento rinvia decisione su Fitto: più tempo per squadra vicepresidenti Commissione

Doveva essere il grande martedì che chiudeva i giochi sulla composizione della Commissione europea. Invece, alla fine, la decisione sui 6 vice presidenti esecutivi designati verrà presa nei prossimi giorni – non si sa quando, potrebbe slittare alla prossima settimana – e sarà figlia di una valutazione complessiva dei candidati, come se fossero parte di un solo ‘pacchetto’ di persone.
Tradotto significa che i gruppi politici disporranno sul tavolo i sei nomi e su di loro cercheranno di trovare una quadra che vada bene a tutti, con reciproche garanzie. In particolare, sull’italiano Raffaele Fitto, dei Conservatori e riformisti europei, audito in commissione Sviluppo regionale del Parlamento, e sulla spagnola Teresa Ribera, socialista.

La presidente del gruppo S&D al Parlamento europeo, Iratxe Garcia Perez, spagnola anche lei, ha specificato ieri che “non si possono mettere Fitto e Ribera sullo stesso piano” perché Ribera rientra nell’accordo tra le forze europeiste (Ppe, S&D, Renew Europe), mentre Fitto è il candidato di una famiglia politica e di un governo sovranisti. “Dall’inizio della legislatura, il Ppe si è sempre accordato con le forze europeiste, con S&D e con i liberali. Ciò che non è accettabile è che ora mettano Fitto sullo stesso piano di Ribera. Ribera è un socialista e l’accordo tra socialisti e popolari deve essere rispettato“, ha scandito. Non ci sta la premier italiana, Giorgia Meloni, che sui social accusa i dem di assumere un atteggiamento “inconcepibile“, chiedendo di togliere al commissario italiano designato la vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea. Si rivolge direttamente ad Elly Schlein: “Vorrei sapere dalla Segretaria del PD se questa è la sua posizione ufficiale, sottrarre all’Italia una posizione apicale per impedirle di avere una maggiore influenza anche su settori chiave come agricoltura, pesca, turismo, trasporti e infrastrutture strategiche. Possibile che preferisca mettere il proprio partito davanti all’interesse collettivo?“, chiede.

Molto duri contro il ministro italiano anche i Verdi. I co-presidenti Bas Eickhout e Terry Reintke hanno commentato che “Fitto ha dimostrato più volte, attraverso la sua affiliazione politica di estrema destra, di non sostenere questi valori (dell’Ue, ndr) e di non avere a cuore l’interesse dell’Unione europea e dei suoi cittadini. Ciò lo rende inadatto a rappresentare la Commissione in un ruolo così importante come quello di vicepresidente esecutivo“. Non solo: “Qualsiasi tentativo da parte del Ppe di ritardare le conferme di commissari designati qualificati come Teresa Ribera e Stéphane Séjourné come ritorsione per Fitto significherà che il Ppe sarà responsabile di ritardare la conferma del collegio nel suo complesso, solo per confermare un candidato di estrema destra”. E chiamano a raccolta – i Verdi – “la parte democratica” del Parlamento che “deve essere unita contro la normalizzazione dell’estrema destra”.

In audizione Fitto ha ribadito i motivi per cui si ritiene una figura credibile e affidabile: la rappresentanza degli interessi dell’Ue e non quelli di un partito o di un Paese; l’impegno assunto con l’Europa; il dialogo con tutti e la collegialità delle scelte dell’esecutivo Ue; l’aderenza alle linee guida della presidente von der Leyen e al principio dello Stato di diritto. Un’audizione che ha descritto il futuro lavoro per una nuova politica di Coesione, “più flessibile e meno onerosa”, a misura di Pmi; per “una governance multi-livello” delle politiche di coesione, rafforzando “le relazioni tra governi centrali e locali”; contro lo spopolamento; all’ascolto delle Regioni periferiche e delle isole e in rispetto delle direttrici del Green deal, seppur con “la necessaria flessibilità“.
E, alla fine, l’appello al rendere prioritari gli obiettivi generali. “Nonostante le differenze politiche, 5 anni fa io ho votato a favore di Elisa Ferreira perché era prevalente l’aspetto istituzionale“, ha affermato. “Dobbiamo avere la capacità tutti insieme di mettere davanti gli interessi di carattere generale che mai come in questo momento vengono prima di qualsiasi altra cosa“, ha precisato. A quanto pare, però, serve altro tempo per avere la fotografia completa del prossimo esecutivo Ue.

Fitto a Parlamento Ue: “Impegno per attuazione Pnrr entro il 2026”

Cresciuto in un’Europa profondamente divisa, la mia formazione è stata ispirata dal rispetto per i valori e i principi sanciti nei Trattati europei”. Esordisce così Raffaele Fitto, designato vice presidente esecutivo della Commissione europea a Coesione e riforme, nelle sue risposte alle 13 domande che la commissione per lo sviluppo regionale (Regi) del Parlamento europeo gli ha presentato in forma scritta in vista dell’audizione del 12 novembre in cui verrà ulteriormente esaminato. Questo accade, in base al processo di valutazione dell’Eurocamera, a tutti i commissari e vice presidenti designati dalla presidente Ursula von der Leyen: un vero e proprio esame, scritto e orale.

L’audizione del candidato italiano si presenta come una delle più tese dato che l’ala progressista del Parlamento europeo non vede di buon occhio l’inclusione di un membro di Fratelli d’Italia nel prossimo esecutivo Ue. E sarà forse per questo motivo che Fitto, nel presentarsi, in risposta alla prima domanda, spiega di aver iniziato la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana ma non menziona il suo passaggio a FdI. E precisa: “Sono sempre stato un fermo sostenitore del progetto europeo, nonché dei principi e dei valori fondamentali dello Stato di diritto che lo sostengono”.

Fitto ricorda che “nei prossimi cinque anni, l’Unione europea dovrà affrontare sfide importanti”, come la transizione verde e digitale e il rilancio della competitività, e “sarà essenziale garantire risorse adeguate e lavorare insieme per un bilancio solido”. Ed è qui che puntella le sue competenze, cioè l’esperienza come ministro responsabile dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, “il più grande in Europa per dimensioni”. In questo contesto Fitto si attiene alle regole concordate e non annuncia alcun cambiamento sulla scadenza del Recovery: “Se sarò confermato, intendo mettere a frutto questa esperienza collaborando con il commissario per l’Economia e la produttività per realizzare, come indicato nella mia lettera di missione, le riforme e gli investimenti concordati nel Piano di ripresa e resilienza degli Stati membri, entro il termine di spesa del 2026”. E assicura che – nel caso di difficoltà dei governi a rispettare gli impegni – lavorerà con gli Stati per “modificare i loro piani e garantire che i fondi siano concentrati su investimenti alternativi altrettanto ambiziosi che possano essere completati entro la durata dello strumento”. Ma se “alcune delle ultime tappe od obiettivi saranno ancora considerati non soddisfatti”, “la corrispondente erogazione non verrà effettuata”.

Fitto precisa che “la politica di coesione deve essere in grado di adattarsi alle sfide emergenti” e che, nonostante “innegabili progressi”, “le disparità regionali persistono e ne sorgono di nuove”. E qui, “gli investimenti e le riforme della politica di coesione dovrebbero andare di pari passo per affrontare le sfide di lunga data, accelerando la convergenza verso l’alto dei nostri territori e la fornitura di investimenti sul campo”. Per questo motivo, “è necessaria un’ulteriore semplificazione, la riduzione degli oneri amministrativi e la possibilità per i beneficiari, in particolare le piccole e medie imprese e le comunità locali, di accedere ai fondi in modo più efficiente”.

Infine, Fitto rassicura sulla gestione dei fondi di Coesione in rapporto al rispetto dello Stato di diritto: “Il Regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto si applica a tutti i fondi dell’Ue, inclusa la politica di coesione. Sono pienamente impegnato a rispettare questi principi”, scrive.

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Da Giorgia Meloni appello alle opposizioni: “Su nomina Fitto prevalga l’interesse nazionale”

Un appello, anche e soprattutto alle opposizioni, affinché siano unite almeno su una questione: la nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo della prossima Commissione Europea. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni decide di iniziare così le sue comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio Europeo che si svolgerà il 17 e 18 ottobre. “Ci sono momenti in cui l’interesse nazionale deve prevalere su quello di parte e mi auguro sinceramente che questo momento sia uno di quelli, senza distinguo e senza tentennamenti“, richiama all’unità la premier, ricordando come nella scorsa legislatura lo stesso Fitto si espresse a favore della nomina di Paolo Gentiloni. La nomina dell’attuale ministro per gli Affari europei a Bruxelles rappresenterebbe “un notevole miglioramento per la nostra nazione rispetto alla composizione della commissione uscente, atteso che vedeva 4 Vicepresidenti esecutivi e 7 Vicepresidenti complessivi ma nessuno di questi era italiano“. Miglioramento che confermerebbe “una ritrovata centralità dell’Italia in ambito europeo, rafforzata da un governo credibile che garantisce la stabilità politica in una fase storica in cui tutto intorno a noi è instabile. Una realtà, insomma, molto distante dal continuo mantra di un presunto isolamento internazionale italiano“, sottolinea Meloni. D’altronde, alle deleghe assegnate a Fitto “si aggiunge anche quella al Pnrr, che vale ulteriori 600 miliardi di euro circa. E questo rappresenta una garanzia per tutti, perché grazie all’ottimo lavoro svolto in questi due anni dallo stesso Fitto, l’Italia è oggi la Nazione più avanti di tutte nella realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nonostante abbia anche il piano più corposo“. Ed è un ruolo che rappresenta “l’opportunità per il commissario italiano di far valere le ragioni di una necessaria, maggiore flessibilità, sugli investimenti. Una posizione storicamente italiana che ha trovato soltanto un primo, parziale, accoglimento nella riforma del Patto di stabilità appena entrata in vigore”.

Sul tavolo a Bruxelles, però, al netto della composizione della futura Commissione, sono tanti i temi. A partire dalla situazione geopolitica internazionale, con il conflitto in Medio Oriente e la “preoccupazione per l’escalation in corso in Libano” che ha portato all’attacco da parte dell’esercito israeliano al contingente italiano della missione Unifil: “Pur se non si sono registrate vittime o danni ingenti, io penso che non si possa considerare accettabile”, sottolinea, confermando che nelle prossime settimane si recherà in Libano. E poi il lavoro per la costruzione della pace in Ucraina e il contrasto all’immigrazione illegale.

Fra i discorsi che dovrà riaprire la prossima Commissione Europea c’è però sicuramente il Green deal, su cui la presidente del Consiglio ha le idee chiarissime: “l’approccio ideologico” che ne ha accompagnato la nascita “ha creato effetti disastrosi”, perché “non è vero che per difendere l’ambiente e la natura l’unica strada percorribile sia quella tracciata da una minoranza palesemente ideologizzata”. Anzi, “inseguire la decarbonizzazione al prezzo della deindustrializzazione è, semplicemente, un suicidio. Non c’è nulla di verde in un deserto, e nessuna transizione verde, alla quale guardiamo con favore, è possibile in una economia in ginocchio“. Tutti temi che saranno necessariamente sul tavolo della prossima legislatura europea.

Coesione, siglato accordo con Campania: Governo assegna 3,5 mld di euro

Altri tre miliardi e mezzo alla Campania, con l’accordo di Coesione siglato a Palazzo Chigi tra il governatore Vincenzo De Luca e la premier Giorgia Meloni. I fondi utilizzati sono quelli per lo Sviluppo e Coesione (Fsc) 2021-2027 e quello di rotazione, 3.478 milioni di euro per investimenti strategici per cittadini e imprese del territorio.

L’Accordo completa il percorso di assegnazione delle risorse FSC 2021-2027 previste da programma alla Campania, di 6,5 miliardi di euro. Una prima quota di 582,18 milioni è stata assegnata nel 2021 su progetti ‘di immediato avvio’ presentati dalla Regione. In seguito, per rispondere alle esigenze emerse dal territorio, sono stati assegnati fondi del FSC 2021-2027 per completare gli interventi della precedente programmazione, soprattutto di competenza dei Comuni (388 milioni), per il risanamento e la riqualificazione dell’area di Bagnoli-Coroglio (1.218 milioni), per interventi infrastrutturali strategici e di pronta cantierabilità in campo ambientale, trasportistico e culturale (1.973 milioni), e, per rispondere all’emergenza bradisismo nell’area dei Campi Flegrei (206 milioni).

Dei 6,5 miliardi programmati per la Campania, quindi, il Governo aveva già finalizzato 4,3 miliardi, a cui si aggiungono oggi i 2,2 miliardi di euro per il finanziamento di 181 interventi negli ambiti della riqualificazione urbana, incluso il potenziamento delle infrastrutture sportive, della salute, con interventi infrastrutturali sugli ospedali regionali, e della competitività delle imprese.
L’Accordo include, oltre alle risorse FSC, anche la finalizzazione delle risorse del Fondo di Rotazione ex lege 183/1987, pari a ulteriori 1.277 milioni di euro, quale quota non utilizzata dalla Regione a cofinanziamento dei Programmi europei regionali 2021-2027. A valere su questa ulteriore disponibilità, si prevedono in accordo altri 72 interventi in ambito culturale, per ridurre il costo del trasporto pubblico per gli studenti, per aiutare le famiglie e la natalità nonché per completare il programma di investimenti infrastrutturali.

Palazzo Chigi considera la firma di oggi l’esito di un percorso “a ritmo serrato“, per individuare le priorità, compatibilmente con le tempistiche di realizzazione. La previsione di tempi certi per l’utilizzo dei fondi, pena la revoca, è proprio l’elemento caratterizzante della riforma della politica di coesione nazionale varata dal Governo nel settembre 2023.

Quello con la Campania è il diciannovesimo Accordo per la Coesione in poco meno di un anno dalla riforma varata dal Governo. “Abbiamo sottoscritto gli accordi con le due Province Autonome e quasi tutte le Regioni – ricorda Meloni -, assegnando 22,6 miliardi di euro per investimenti, soprattutto in infrastrutture, finalizzati alla riduzione degli storici divari territoriali che caratterizzano il nostro Paese”. Si tratta di interventi che, afferma, “incidono profondamente sulla qualità della vita dei cittadini campani e sulla competitività del tessuto produttivo del territorio, con l’obiettivo di imprimere un’accelerazione nel percorso di crescita e sviluppo della Regione e nella sua capacità di sfruttare appieno le risorse nazionali destinate alle politiche di coesione”.
Con l’accordo di oggi si completa quindi il quadro degli interventi per la Campania promossi dal Governo attraverso il Fondo Sviluppo e Coesione, tra i quali l’azione di bonifica di Bagnoli, gli interventi urgenti di messa in sicurezza per affrontare l’emergenza bradisismo nei Campi Flegrei, il completamento di progetti della precedente programmazione per i Comuni, gli interventi per l’ambiente, i trasporti e la cultura. “Un’attenzione alle esigenze espresse dal territorio – aggiunge Meloni – che trovano nelle risorse nazionali per la coesione un’occasione concreta di tempestiva realizzazione”.

Io credo che il risultato finale sia importante e positivo per la Campania“, commenta De Luca, che ha avuto in passato non poche divergenze con la premier: “Si poteva fare prima? Benissimo, siamo arrivati adesso ma abbiamo difeso la sostanza“, rivendica. “Ci sono tutte le condizioni per fare un lavoro eccellente”, sostiene, dicendosi pronto con una struttura amministrativa e di gestione “di grande qualità e di grande efficienza“. Quanto al rapporto con Meloni, è “assolutamente tranquillo e cordiale, non ci sono problemi“, assicura il governatore.

Grande soddisfazione arriva anche dal ministro Raffaele Fitto, appena nominato vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario per la Coesione e le Riforme. La sottoscrizione dell’Accordo per la Campania, afferma, è “un traguardo che corona gli sforzi profusi nel coniugare le istanze provenienti dal territorio con la strategia del Governo in materia di politiche di coesione”. “A Fitto ho fatto gli auguri e una raccomandazione, ‘cerca di difendere le politiche di coesione‘”, riferisce De Luca lasciando Palazzo Chigi. Il tema è delicato, ricorda, perché “avremo sicuramente una spinta da alcuni Paesi, in particolare dalla Germania, a eliminare le politiche di coesione e sostegno ai Paesi e ai territori più deboli”.

A Fitto la vicepresidenza esecutiva della Commissione Ue: deleghe su coesione e riforme. Meloni: “Italia protagonista”

Raffaele Fitto è stato designato vicepresidente esecutivo della nuova Commissione europea. Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a Strasburgo. Al ministro è stato assegnato il portafoglio ‘Coesione e riforme’. Fitto, ha detto von der Leyen, “ha un’esperienza di lungo corso che ci potrà aiutare per la crescita e le politiche degli investimenti”.  “L’Italia  – ha aggiunto – è un Paese molto importante, un Paese fondatore, e questo è stato considerato. L’importanza del Paese è riflessa nella distribuzione dei portafogli”.

“Congratulazioni a Raffaele Fitto per la nomina a Vice Presidente Esecutivo della Commissione europea con delega alla Coesione e alle Riforme. Un riconoscimento importante che conferma il ritrovato ruolo centrale della nostra Nazione in ambito UE”, ha commentato su X la premier, Giorgia Meloni. “L’Italia torna finalmente protagonista in Europa. In bocca al lupo Raffaele, siamo certi che svolgerai benissimo il tuo incarico nell’interesse dell’Europa e dell’Italia”, ha aggiunto.

Il prossimo collegio dei commissari Ue comprenderà sei vicepresidenti esecutivi. Oltre a Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e vicepresidente di diritto, gli altri vicepresidenti esecutivo sono Raffaele Fitto (Italia, responsabile per Coesione e riforme), Teresa Ribero (Spagna, Transizione), Stephane Sejourné (Francia, Strategia industriale), Henna Virkunnen (Finlandia, Sovranità tecnologica), e Roxana Minzatu (Romania, Competenze e lavoro).

La popolare svedese Jessica Roswall sarà la commissaria per l’Ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare competitiva del prossimo collegio dei commissari.

Wopke Hoekstre, commissario uscente per il Clima, continuerà a mantenere il portafoglio per l’Azione climatica anche nel prossimo collegio dei commissari.

La socialista spagnola Teresa Ribera è stata designata per il ruolo di vicepresidente esecutiva della nuova Commissione europea. A lei va il portafoglio della Transizione.

Alla Francia la vicepresidenza esecutiva della Commissione europea, con Stephane Sejourné investito della responsabilità per la Strategia industriale.

Il prossimo commissario per l’Energia sarà Dan Jorgensen. Socialdemocratico danese, sarà anche “il primo commissario per le politiche abitative”, ha sottolineato von der Leyen.

 

(articolo in aggiornamento)

Ue, ‘no’ di S&d, Renew e Greens a Fitto vicepresidente esecutivo

L’incarico di vicepresidente esecutivo della Commissione europea che Ursula von der Leyen starebbe riservando a Raffaele Fitto sta creando non pochi malumori nella coalizione europeista che ha supportato la rielezione della popolare tedesca alla guida dell’esecutivo Ue. Prima si sono sbottonati i liberali, ora anche i Verdi e soprattutto i socialisti: il rischio è che salti la maggioranza.

A far discutere non è tanto il possibile portafoglio previsto per Fitto, che nel nuovo Collegio potrebbe occuparsi di economia e dei fondi del Pnrr, ma la sua nomina nel cerchio ristretto dei vicepresidenti. Insieme alla socialista spagnola, Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva per le transizione climatica, digitale e sociale, al liberale francese, Thierry Breton, responsabile per l’industria e l’autonomia strategica, e al popolare lettone Valdis Dombrovskis vicepresidente esecutivo per l’allargamento e la ricostruzione dell’Ucraina.

Ma Fitto è un fedelissimo di Meloni, membro di un partito che non ha sostenuto la rielezione di von der Leyen e di un gruppo – i Conservatori e Riformisti europei – considerato dai più di estrema destra alla stregua dei Patrioti per l’Europa di Viktor Orbán. Socialisti, liberali e verdi aspettavano von der Leyen al varco, consci degli ammiccamenti tra la leader Ue e Meloni prima delle elezioni europee. Tant’è che, nel patto con i popolari che ha garantito a von der Leyen i voti necessari per rimanere a palazzo Berlaymont, i tre gruppi progressisti hanno ribadito più volte la linea rossa nei confronti di Ecr.

Dopo le preoccupazioni per una nomina “inaccettabile” espresse dai liberali di Renew direttamente a von der Leyen, anche Terry Reintke – capogruppo dei Verdi – ha dichiarato che “proporre un politico del gruppo dei conservatori come parte della leadership della Commissione minerebbe intenzionalmente la coalizione democratica ed europeista di luglio“. Posizione confermata da Benedetta Scuderi, eurodeputata di Avs, che ha dichiarato che la delegazione dei verdi italiani all’Eurocamera si opporrà alla “sorprendente e sconfortante” decisione di von der Leyen su Fitto.

Nel pomeriggio di oggi (10 settembre), ha preso posizione anche la famiglia socialista. In una nota, il gruppo S&d all’Eurocamera ha avvertito che – stando così le cose – “sarà molto difficile, se non impossibile, sostenere i commissari presentati da Ursula von der Leyen”. Per la capogruppo Iratxe Garcia Perez, le criticità vanno oltre Fitto. C’è anche la questione della parità di genere del Collegio, che difficilmente sarà raggiunta, e la delega all’Occupazione e gli Affari sociali, che von der Leyen potrebbe consegnare al popolare austriaco Magnus Brunner, “il cui impegno per i diritti sociali è discutibile nella migliore delle ipotesi”. Se a questo si aggiunge “portare proattivamente Ecr nel cuore della Commissione”, per gli S&d siamo di fronte alla “ricetta per perdere il sostegno dei progressisti”.

A difesa di Fitto si sono schierati gli alleati di governo, Lega e Forza Italia: Paolo Borchia, capodelegazione del Carroccio a Bruxelles, si è detto ottimista che il ministro riceva l’incarico di vicepresidente, mentre Letizia Moratti, eurodeputata azzurra, ha sottolineato la sua “grandissima esperienza a livello europeo e sui dossier che verranno discussi in Europa”. Per questo, e per il fatto che l’Italia è “uno dei Paesi fondatori e la seconda manifattura europea, ci aspettiamo che il nome indicato sia preso in considerazione per le giuste deleghe e la vicepresidenza esecutiva”. Per il capodelegazione di Forza Italia, Fulvio Martusciello, “le minacce dei socialisti di non votare i commissari europei sono come una pistola scarica”.

Il candidato commissario italiano incassa a sorpresa il sostegno del Partito Democratico, voce fuori dal coro nella famiglia socialista europea. Di cui è la compagine più numerosa a Bruxelles. Nicola Zingaretti, capodelegazione dem all’Eurocamera, ha ridimensionato l’opposizione del Pse parlando di “una dialettica nella quale la sinistra europea fa bene a chiedere garanzie” e “coerenza con il programma politico votato 90 giorni fa in Parlamento, con pilastri molto chiari e un impianto europeista”. Ma ha poi aggiunto: “Ben venga un ruolo di peso per l’Italia, difendiamo questa prerogativa. Giudicheremo il commissario Fitto senza nessun pregiudizio”.

Visto il quadro intricato, gioca a favore di von der Leyen il rinvio di una settimana dell’appuntamento – previsto per domani 11 settembre – in cui la leader Ue dovrà presentare ai capigruppo del Parlamento europeo la struttura e i portafogli del prossimo Collegio dei commissari. La Slovenia ha infatti ceduto alle pressioni di von der Leyen per ritirare la candidatura iniziale di Tomaž Vesel a favore di Marta Kos, ma il Parlamento di Lubiana di pronuncerà sulla nomina solo venerdì 13. Ora von der Leyen ha tempo fino al 17 settembre per sciogliere le riserve: mantenere saldo il patto con socialisti, liberali e verdi o consegnare per la prima volta una vicepresidenza a un partito di estrema destra.

Meloni ufficializza Fitto per Ue: “Scelta dolorosa ma necessaria”. Il ministro: “Sono pronto”

Ora è ufficiale: Raffaele Fitto è il nome scelto dall’Italia per la nuova Commissione europea. Ad annunciarlo in Consiglio dei ministri è la premier, Giorgia Meloni, spiegando che si tratta di “una scelta dolorosa per me, credo anche per lui, e per il governo, ma necessaria”, perché è un profilo di “grandissima esperienza, che ha saputo governare le deleghe che gli sono state affidate in questo governo con ottimi risultati”.

La presidente del Consiglio da tempo aveva individuato nel ministro per gli Affari europei, il Sud, la Coesione e il Pnrr la figura adatta a rappresentare il nostro Paese nella squadra di Ursula von der Leyen, alla quale spetta ora il compito di distribuire le deleghe e, soprattutto, assegnare le vicepresidenze. Anche se i rumors da Bruxelles continuano a dare Roma ai margini di questa partita. Uno scenario che, ovviamente, a Meloni proprio non va giù. E ai suoi ministri lo dice apertamente: “Continuiamo a lavorare sul ruolo che chiediamo venga affidato all’Italia. Nonostante veda molti italiani che tifano contro un ruolo adeguato alla nostra nazione, non ho motivo di credere che quel ruolo non verrà riconosciuto”.

In questa partita conterà molto anche la mediazione dello stesso Fitto, che in questi anni ha svolto il compito di trait d’union con l’Ue. Il futuro ex ministro lo sa e si dice pronto: “Nei prossimi cinque anni, la Commissione guidata da Ursula von der Leyen avrà un ruolo fondamentale per il rafforzamento dell’Unione europea, del benessere e della sicurezza dei suoi cittadini nonché per favorire la soluzione delle maggiori crisi internazionali – commenta -. Sono pronto a dare il mio contributo per raggiungere questi obiettivi”.

Tanti i commenti a sostegno della candidatura di Fitto. Non solo dai colleghi di governo e dalla maggioranza, ma anche dalle associazioni di categoria, come Confagricoltura o Coldiretti, che accoglie “con soddisfazione” la scelta dell’esecutivo, lo giudica poi “un importante passo avanti anche per il settore agroalimentare”, auspicando addirittura che “possa occuparsi, tra le sue competenze, anche del comparto agroalimentare europeo, sfruttando la sua vasta esperienza e il grande impegno mostrato negli anni a sostegno delle filiere agricole nazionali”.

Nel futuro europeo di Fitto, però, sembra esserci ancora il Pnrr, delega sulla quale von der Leyen sta ancora ragionando, anche per il dibattito aperto da alcuni Paesi membri sul possibile rinvio dei termini di scadenza oltre il 2026. L’Italia è ovviamente spettatore interessato. Nel frattempo, da qui alle prossime settimane, Fitto continuerà a portare avanti il lavoro per raggiungere target e milestone utili ad avanzare nei pagamenti delle varie rate. Perché, come la stessa Meloni spiega in Cdm, il Piano nazionale di ripresa e resilienza “non consente soste”. In questi giorni, infatti, “siamo impegnati nella fase di verifica con la Commissione europea per il pagamento” della sesta tranche di fondi europei “entro il 31 dicembre”. E a staccare l’assegno potrebbe essere proprio il suo ormai ex ministro.