Il settore agricolo è sempre più green e con donne ai vertici

Un’agricoltura sempre più giovane e dinamica, con tantissime imprese a conduzione femminile e con una crescente attenzione agli sviluppi della ricerca e alle sue applicazioni, ma anche alla digitalizzazione“. Le parole del presidente di Copagri, Franco Verrascina, inquadrano efficacemente i primi risultati del settimo censimento dell’agricoltura dell’Istat relativo all’annata 2019-2020 (in confronto con il 2010 e il 1982). Il report infatti fotografa un settore in buona salute, sia per quanto riguarda le coltivazioni sia per gli allevamenti, e conferma il sostegno al Pil nazionale da parte del Made in Italy agroalimentare. Tuttavia è il dato storico a preoccupare: a ottobre 2020 risultano attive in Italia 1.133.023 aziende agricole, ma nell’arco di 38 anni sono scomparse quasi due aziende agricole su tre. Rispetto al 1982 c’è stata una flessione del 63,8% e la riduzione è stata più accentuata negli ultimi 20 anni: il numero di aziende agricole si è infatti più che dimezzato rispetto al 2000, quando era a circa 2,4 milioni.

Secondo il CensiAgri, inoltre, dal 2010 le aziende agricole sono in netto calo e soprattutto al Centro-Sud: almeno -22,6% in tutte le regioni, ad eccezione delle province autonome di Bolzano (-1,1%) e di Trento (-13,4%) e della Lombardia (-13,7%). Il calo più deciso si registra in Campania (-42,0%). Nel decennio la riduzione del numero di aziende è maggiore nel Sud (-33%) e nelle Isole (-32,4%) mentre nelle altre ripartizioni geografiche si attesta sotto la media nazionale.

LE COLTIVAZIONI

Dal censimento emerge che oltre la metà della Superficie agricola utilizzata (Sau) continua a essere coltivata a seminativi (57,4%), seguono i prati permanenti e pascoli (25,0%), le legnose agrarie (17,4%) e gli orti familiari (0,1%). Più nel dettaglio, i seminativi sono coltivati in oltre la metà delle aziende italiane, ossia più di 700mila (-12,9% rispetto al 2010), per una superficie di oltre 7 milioni di ettari (+2,7%) e una dimensione media di 10 ettari. In Emilia-Romagna, Lombardia, Sicilia e Puglia è concentrato il 41,4% della superficie nazionale dedicata a queste colture. Tra i seminativi, i più diffusi sono i cereali per la produzione di granella (44% della superficie a seminativi). In particolare, il frumento duro è coltivato in oltre 135mila aziende per una superficie di oltre 1 milione di ettari.

ALLEVAMENTI

Quanto all’allevamento, la Sardegna primeggia in Italia con circa 24mila aziende (10% del totale italiano), seguita da Veneto (8,3%) e Lombardia (8,2%), con circa 20mila aziende, e dal Piemonte (7,6%) con 18mila. Il contributo minore è dato invece dalle regioni dove predomina la catena alpina o la costa rocciosa, ossia la Valle d’Aosta (circa 1.400 aziende, lo 0,7% del totale), la Liguria e Trentino, entrambe con circa 4mila aziende (il 2% del totale). All’1 dicembre 2020 in Italia si contano 213.9841 aziende agricole con capi di bestiame (18,9% delle aziende attive). In termini assoluti, i capi allevati in Italia sono 203 milioni, dei quali 8,7 milioni suini, 7 milioni ovini e 5,7 milioni bovini (a cui si aggiungono ovviamente galline, tacchini, conigli etc…). Il contributo maggiore di animali allevati spetta al Nord-est, dove si trova la metà di tutti i capi censiti (quasi un terzo nel solo Veneto).

DONNE E GIOVANI

Il CensiAgri Istat si concentra anche sulla demografia delle imprese agricole italiane. Spicca ad esempio il dato sulla presenza femminile, che in termini numerici diminuisce tra il 2010 (36,8%) e il 2020 (30%) mentre aumenta la partecipazione in ruoli manageriale: i capi azienda sono donne nel 31,5% dei casi (era il 30,7% nel 2010). A livello anagrafico, è ancora limitata la presenza di capi azienda nelle fasce di età più giovanili: nel 2020 i capi azienda fino a 44 anni sono il 13%, in calo rispetto al 2010 (17,6%). Ad ogni modo il CensiAgri sottolinea che le aziende con a capo un under45 sono 4 volte più informatizzate rispetto a quelle gestite da un capo over 64 (32,2% e 7,6%). E l’incidenza delle aziende digitalizzate è maggiore nel caso in cui esse siano gestite da un capo azienda istruito e ancora di più nel caso in cui il percorso di studi sia orientato verso specializzazioni di tipo agrario. A proposito di innovazione, l’11% delle aziende agricole coinvolte nel censimento ha dichiarato di aver effettuato almeno un investimento innovativo tra il 2018 e il 2020. I maggiori investimenti innovativi sono stati rivolti alla meccanizzazione (55,6% delle aziende che innovano), seguono l’impianto e la semina (23,2%), la lavorazione del suolo (17,4%) e l’irrigazione (16,5%).

INNOVAZIONE E TRANSIZIONE GREEN

In tema di innovazione e investimenti le aziende agricole guardano sempre di più alle fonti di energia alternative e pulite. Secondo un’analisi Coldiretti, dal 2010 è triplicato il numero di imprese del settore che producono energia, dal biometano al solare. La crescita è monstre: +198% nel giro di un decennio. “L’obiettivo – spiega la Coldiretti – è ridurre la dipendenza del Paese dall’estero e fermare i rincari che stanno mettendo in ginocchio famiglie e imprese, mentre il prezzo della benzina sale ancora arrivando a 2,073 al litro e al G7 si discute sul tetto al gas e al petrolio da Mosca”. Partendo dall’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti è possibile arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare le flotte del trasporto pubblico come autobus, camion e navi oltre alle stesse auto dei cittadini.

In questo modo – spiega una nota dell’associazione agricola – sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green“. Gli impianti di biogas in Italia – spiega la Coldiretti – oggi producono 1,7 miliardi di metri cubi di biometano ma è possibile quadruplicare questa cifra in meno di dieci anni con la trasformazione del 65% dei reflui degli allevamenti. Ma un aiuto importante potrebbe venire anche dal fotovoltaico pulito ed ecosostenibile per il quale – ricorda Coldiretti – sono tra l’altro previsti 1,5 miliardi di euro di fondi nell’ambio del Pnrr. Secondo uno studio di Coldiretti Giovani Impresa solo utilizzando i tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole sarebbe possibile recuperare una superficie utile di 155 milioni di metri quadri di pannelli con la produzione di 28.400Gwh di energia solare, pari al consumo energetico complessivo annuo di una regione come il Veneto.

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Draghi: “Risoluzione dell’Onu per sbloccare il grano”

Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie e, tra la ‘guerra del grano’ e la riduzione delle forniture di gas russo all’Europa, il grido d’allarme si fa sempre più forte. Questa volta proviene direttamente dal premier, Mario Draghi: “Dobbiamo muoverci con rapidità e decisione per tutelare i cittadini Ue dalle ricadute innescate dalla guerra”.

Uno dei tasselli che compongono questa possibile ‘crisi umanitaria’ riguarda proprio l’emergenza relativa al blocco di milioni di tonnellate di cereali nei porti che, oltretutto, rischiano di marcire. “Le proiezioni fornite dall’Ucraina indicano che la produzione di frumento potrebbe calare tra il 40 e il 50% rispetto all’anno scorso“, spiega Draghi nelle comunicazioni in Senato in vista del prossimo Consiglio europeo. “Dopo vari tentativi falliti – aggiunge – non vedo alternativa a una risoluzione delle Nazioni Unite che definisca i tempi dell’operazione di sblocco del grano fermo nei porti ucraini e lo sminamento delle acque antistanti e dove l’Onu garantisca, sotto la propria egida, la sua esecuzione“.

L’ex capo della Bce dirige poi l’attenzione su piani e prospettive dell’Italia: “Continueremo a lavorare con l’Unione europea e i nostri partner del G7 per sostenere l’Ucraina, ricercare la pace, superare questa crisi. Questo è il mandato che il governo ha ricevuto dal Parlamento. Questa è la guida per la nostra azione“.

Un’azione che sta prendendo piede poco a poco ma che ha già regalato risultati sorprendenti. Per fare un esempio: se la Russia, da una parte, riduce le forniture di gas al Paese, dall’altra noi “stringiamo accordi importanti con vari Paesi fornitori, dall’Algeria all’Azerbaijan, e promuoviamo nuovi investimenti anche sulle rinnovabili”, precisa il premier. “Grazie a queste misure potremmo ridurre in modo significativo la nostra dipendenza dal gas russo già dall’anno prossimo”. Così Draghi apre uno spiraglio di speranza su quello che sarà il prossimo futuro. Un futuro non più incerto ma basato su fatti concreti e su una maggiore indipendenza geopolitica.

Infine, il premier rivolge al Senato un sentito ringraziamento: “Grazie per il sostegno nell’aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia, a continuare con le sanzioni contro il Paese invasore, a sostenere il potere d’acquisto degli italiani, a cercare di fare di tutto per evitare la tragedia della crisi alimentare nei Paesi più poveri del mondo, a continuare insomma sulla strada disegnata dal decreto 14 del 2022”.  Il sostegno è stato unito e l’unità, come molti hanno osservato, “è essenziale, specialmente in questi momenti“.

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Draghi: “Lavoriamo con Israele su risorse gas Mediterraneo orientale”

Innovazione, sostenibilità, agricoltura ma soprattutto energia. Questi i temi principali toccati dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante l’incontro a Tel Aviv con il primo ministro israeliano, Naftali Bennett. La collaborazione Italia-Israele, negli ultimi anni, si sta rafforzando sempre di più e l’unione tra i due Paesi è ancora più forte in questo momento di profonda crisi energetica. “Stiamo lavorando insieme nell’utilizzo delle risorse di gas del Mediterraneo orientale e per lo sviluppo di energia rinnovabile“, dichiara il premier in un punto stampa congiunto. Anche perché l’obiettivo primario è quello di “ridurre la nostra dipendenza dal gas russo e accelerare la transizione energetica verso gli obiettivi climatici che ci siamo dati“.

Ringraziando il Governo israeliano per il suo sforzo di mediazione in questa emergenza, Draghi sottolinea che “con il primo ministro Bennett si è discusso anche delle crisi internazionali in corso e in particolare della guerra in Ucraina”, aggiungendo poi che, in ogni caso, “l’Italia continuerà a sostenere in maniera convinta l’Ucraina e il suo desiderio di far parte dell’Unione europea”.

Tra le crisi provocate dal conflitto, anche quella relativa al blocco del grano nei porti del Mar Nero che rischia di far scoppiare una vera e propria catastrofe alimentare. Il premier non ha dubbi sul da farsi: “Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo“.

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Di Maio: “La guerra del grano provocherà una catastrofe senza precedenti”

Le tensioni e le problematiche geopolitiche di questo periodo storico non rimangono circoscritte agli affari pubblici e ai contrasti interni ai singoli Paesi coinvolti nel conflitto. Come ripetuto più volte negli ultimi giorni, ormai la guerra Russia-Ucraina coinvolge il mondo intero. E ora è la ‘vicenda grano‘ quella che preoccupa maggiormente. Perché, ad ascoltare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “parlare di ‘guerra del grano‘ non significa più alimentare finte paure, ma guardare con realismo in prospettiva a quello che può succedere“. Il titolare della Farnesina è stato netto nell’affrontare il discorso relativo alla sicurezza alimentare in occasione della sua visita in Etiopia, ad Addis Abeba.

Tornando alla questione grano, chi saranno le vittime? Tutti noi e in particolare i bambini. Di Maio è stato chiaro nel dirlo, parlando di “una catastrofe alimentare senza precedenti“. Per questa ragione la situazione va sbloccata, le navi devono poter lasciare i porti con i loro carichi di cereali, la fame deve essere combattuta non solo a parole. Il ministro degli Esteri ha poi tracciato gli obiettivi dell’Italia: “Ci impegneremo in prima linea per trovare soluzioni volte a garantire la sicurezza alimentare dei Paesi più esposti alle conseguenze del conflitto, a cominciare da quelli del continente africano“. Tuttavia, senza aperture concrete da parte della Russia, sarà difficile scongiurare questo drammatico scenario. “È necessario che Putin metta fine alla guerra e sblocchi l’export del grano. Se ciò non accadrà gli effetti di questa doppia guerra saranno devastanti“, la sottolineatura di Di Maio.

Quasi all’improvviso, il continente africano è diventato centrale per l’Italia. “I rapporti intrapresi con i Paesi africani – in particolare con l’Etiopia – riguardano diversi fronti”, ha assicurato il ministro. Tra questi l’energia, la sicurezza, l’emigrazione, il commercio e la cooperazione allo sviluppo. “La mia missione conferma la nostra volontà di rafforzare il partenariato tra il nostro Paese e l’Africa“, la dichiarazione del ministro, che ha poi ribadito l’attenzione dell’Italia ai dossier africani, con un filo rosso che lega pace, stabilità e sicurezza, contrasto alla migrazione incontrollata e terrorismo, i cui campanelli di allarme non devono mai rimanere inascoltati.

Draghi

Draghi: “Con price cap inflazione meno pericolosa”

Non abbiamo scuse per tradire i nostri obiettivi climatici. L’emergenza energetica in atto deve essere un motivo per raddoppiare i nostri sforzi. Con questo avvertimento il presidente del Consiglio, Mario Draghi, intende diffondere un messaggio forte e chiaro: “Dobbiamo continuare a facilitare l’espansione delle energie rinnovabili – sia nei Paesi ad alto che a basso reddito – e promuovere ulteriormente la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni energetiche pulite”. Ciò significa, ad esempio, rafforzare l’architettura verde dell’idrogeno e sviluppare reti intelligenti e resilienti.

All’apertura del meeting ministeriale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), il premier ha ripercorso le tappe degli ultimi sviluppi riguardanti il tema dell’energia e della sempre più ‘imminente’ crisi alimentare. Innanzitutto, “accelerare la transizione energetica è essenziale per passare a un modello di crescita più sostenibile e, allo stesso tempo, ridurre la nostra dipendenza dalla Russia“, ha detto Draghi.

Per sciogliere il legame con Mosca una delle vie d’uscita più concrete, al momento, è l’imposizione del tetto ai prezzi delle importazioni del gas. Secondo il presidente del Consiglio, infatti, limiterebbe l’aumento del tasso di inflazione, sosterrebbe i redditi disponibili e ridurrebbe i nostri flussi finanziari verso la Russia“. Esiste anche un’ipotesi molto valida per l’impiego di trasferimenti statali diretti, mirati ai più poveri, mantenendo la sostenibilità delle finanze pubbliche. “Responsabilità e solidarietà devono andare di pari passo, a livello nazionale ed europeo”, ha raccomandato Draghi.

In merito alla crisi alimentare, soggetta a numerosi dibattiti nel corso dei giorni scorsi, il premier ha ribadito che dobbiamo affiancare la stessa determinazione nell’aiutare i nostri cittadini e quelli delle zone più povere del mondo, in particolare l’Africa. “I nostri sforzi per prevenire una crisi alimentare devono partire dai porti ucraini del Mar Nero. Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di cereali che sono bloccati lì a causa del conflitto“, la sottolineatura. “L’interruzione delle catene di approvvigionamento alimentare – in particolare del grano – ha fatto lievitare i prezzi e rischia di provocare una catastrofe umanitaria“, ha avvertito Draghi, consapevole che la collaborazione internazionale possa essere l’unico strumento per sollevarsi da questa emergenza globale.

Grano ucraino

I leader Ue alla ricerca di soluzioni contro la crisi alimentare

Aumentare la cooperazione con i partner africani e internazionali sulla sicurezza alimentare e cercare una via per superare il blocco russo delle 20 milioni di tonnellate di grano ferme nei porti ucraini. Emergono queste due linee generali dalle conclusioni del Consiglio Europeo del 30-31 maggio sulla questione della crisi alimentare innescata dall’aggressione militare di Mosca in Ucraina.

Affrontando la causa scatenante della crisi, i leader Ue hanno ribadito la “ferma” condanna alla “distruzione e appropriazione illegale della produzione agricola” messa in atto dall’esercito russo. Che, come ricordato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, alla stampa, “non solo blocca le esportazioni di grano e cereali dai porti del Mar Nero, ma bombarda deliberatamente i depositi e mina i campi coltivabili o dove ci sarà raccolto”. Oltre alla necessità della rimozione del blocco marittimo, in particolare nel porto di Odessa, il Consiglio Ue ha riconosciuto che la soluzione nell’immediato deve essere un’accelerazione sui corridoi di solidarietà proposti dalla Commissione, che permettano ai generi alimentari di raggiungere via terra e via ferrovia i Paesi membri e, di lì, i popoli più vulnerabili nel mondo.

Altre due soluzioni da sondare, ma con “poche possibilità di riuscita” – come spiegato dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel – sono quelle di “un corridoio marittimo nel Mar Nero” e un “accesso ai porti Mar Baltico attraverso la Bielorussia”. La prima è “minata dall’atteggiamento della Russia”, la seconda dalla “posizione di Minsk, che aiuta Mosca in questa guerra”. È qui che si inserisce il discorso della cooperazione internazionale, fermo restando che, per usare le parole di von der Leyen, “la crisi alimentare globale è imputabile solo alla guerra della Russia in Ucraina, dire che è colpa delle nostre sanzioni è disinformazione del Cremlino”. I Ventisette hanno accolto favorevolmente le iniziative delle Nazioni Unite, del G7 e multilaterali per “mitigare le conseguenze sui livelli dei prezzi, sulla produzione e sull’accesso e la fornitura di cereali”, ribadendo l’impegno a “mantenere il commercio globale di prodotti alimentari di base libero da barriere ingiustificate”.

A proposito di cooperazione internazionale, l’Ue sta rafforzando il confronto con i leader africani. La presidente von der Leyen ha annunciato che viaggerà presto al Cairo per incontrare il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, con l’obiettivo di “affrontare le questioni di sicurezza alimentare anche in senso regionale, non solo europeo o dell’Ucraina”. Ai 27 capi di Stato e di governo Ue riuniti a Bruxelles si è invece rivolto il presidente del Senegal e di turno dell’Unione Africana, Macky Sall, che ha ribadito l’unità d’intenti tra i due partner per affrontare una crisi che sta colpendo duramente i Paesi dell’Africa: “Nel 2020, circa 282 milioni di persone erano già sottonutrite, il peggio potrebbe ancora venire se la tendenza attuale dovesse continuare”. Ecco perché “bisogna fare tutto il possibile per liberare le scorte di grano disponibili e garantire il trasporto e l’accesso al mercato, per evitare lo scenario catastrofico della scarsità e dell’aumento generalizzato dei prezzi”, ha esortato il presidente Sall parlando ai Ventisette. Inequivocabile l’approccio dell’Unione Europea, secondo le parole di von der Leyen: “Non abbiamo mai imposto sanzioni sui prodotti agricoli e alimentari, sui fertilizzanti e sui concimi e non lo faremo mai, questa è stata una decisione umanitaria chiara, tutti devono poterne averne accesso”.

IGNAZIO VISCO BANCA D'ITALIA

Visco: “La transizione verde fondamentale per crescita Paese”

Sebbene la Russia pesi solo il 2 per cento nel commercio mondiale, è tra i principali esportatori di petrolio e di gas nonché di concimi e, assieme proprio all’Ucraina, di cereali. Secondo le quotazioni di mercato, i prezzi di questi prodotti resterebbero molto elevati nel 2022, diminuendo solo di poco nei prossimi due anni”. Non poteva che aprire con una riflessione prolungata e preoccupata legata alla sua relazione, Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia. Gli effetti del conflitto, a pandemia non ancora debellata, pesano e peseranno sulle economie mondiali. “I rincari dei beni agroalimentari e le difficoltà nel loro approvvigionamento rischiano di colpire soprattutto gli strati più vulnerabili della popolazione mondiale e i paesi più dipendenti dalle loro importazioni”, la considerazione di Visco per la ‘crisi del grano‘, non meno pericolosa di quella energetica. “Il quadro congiunturale si è deteriorato anche nell’area dell’euro, che è particolarmente esposta agli effetti economici del conflitto. Secondo le stime più recenti, quest’anno la crescita del prodotto dovrebbe risultare inferiore al 3%, ben al di sotto di quanto previsto pochi mesi fa; un incremento già in larga parte acquisito grazie alla forte ripresa del 2021 e che implicherebbe quindi solo una modesta espansione dell’attività in corso d’anno. Il rischio di un andamento meno favorevole è significativo”, la sottolineatura del Governatore.

Come per le altre economie che importano beni energetici, lo shock di offerta ha rilevanti ripercussioni anche sulla domanda: il peggioramento delle ragioni di scambio incide negativamente sulla disponibilità di risorse di famiglie e imprese, frenando consumi e investimenti. All’indebolimento del quadro congiunturale contribuiscono inoltre il diffuso calo della fiducia e le fragilità nel commercio internazionale”, l’ammissione che fa scattare la luce rossa dell’allarme. “Non si possono però escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in un’interruzione nelle forniture di gas dalla Russia, il prodotto potrebbe ridursi nella media del biennio 2022-2023”, ha ulteriormente rimarcato.

Il successo nel promuovere la coesione sociale e territoriale, la transizione digitale e quella verde è essenziale per rafforzare la fiducia nelle prospettive di crescita del Paese e contrastare l’aumento dell’incertezza determinato dalle tensioni internazionali”, ha annunciato Visco. Svoltando poi sulle rinnovabili: “È un elemento cruciale della strategia europea la rimozione degli ostacoli di natura amministrativa alla realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici e delle necessarie infrastrutture”, l’affondo del Governatore nelle sue considerazioni finali. “In Italia – ha aggiunto – è urgente proseguire con gli interventi di semplificazione delle procedure autorizzative, nonché favorire lo sviluppo dei sistemi di accumulo dell’energia e delle reti di trasmissione”. Visco, infine, ha toccato anche la questione delicata del greenwashing. “Sarà fondamentale evitare fenomeni cosiddetti di greenwashing, indicando chiaramente i soggetti che avranno la responsabilità dei controlli e stabilendo regole di certificazione dei ‘bilanci di sostenibilità‘ simili a quelle in vigore per gli ordinari documenti contabili, così come previsto nella proposta di Direttiva sul reporting di sostenibilità (Corporate sustainability reporting directive, Csrd). Andrà inoltre sviluppato un accurato quadro analitico in grado di tenere conto dell’elevata incertezza che permea sia i modelli che cercano di quantificare gli effetti dell’attività umana sul clima sia quelli che si prefiggono di stimare le conseguenze dei mutamenti ambientali sul benessere della società”.

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Dal gas al grano sono sempre grane: e la soluzione come al solito passa da Bruxelles

È l’effetto G: dal gas al grano. In fondo, sempre di problemi si tratta. Perché, guarda caso, ci sono di mezzo la Russia, l’Ucraina, l’Europa e la parola crisi. La preoccupazione della gente, adesso, si sta spostando progressivamente: da come rinfrescarsi in quest’estate torrida dovendo limitare l’uso dei condizionatori – e da come riscaldarsi nell’inverno che verrà – a come scansare il rischio di dover razionare pasta, pane e affini dalla propria tavola. Per mancanza di materie prime. E di denaro.

Il minimo comune denominatore di gas e grano resta l’aumento dei prezzi: ‘supersonico’ e, spesso, figlio di speculazioni sulle quali le autorità dovrebbero vigilare. La tassa sugli extra profitti delle compagnie energetiche imposta dal governo di Mario Draghi per sostenere gli italiani con il dl Aiuti magari verrà riproposta per quelle industrie alimentari che stanno facendo lievitare sproporzionatamente i costi del cibo. Potrebbe essere una toppa, non sarà mai la soluzione del problema. La soluzione va trovata a Bruxelles, cioè a un livello superiore e internazionale. Una soluzione che, diversamente dal gas, non può essere di indipendenza dalla Russia ma di inclusione della stessa. Lavorano le diplomazie, intanto l’inflazione è alle stelle. Con calma, con calma…

Il grano è una grana. Non meno pelosa del gas. Bastano un po’ di numeri per capire la portata di ciò che rischia di accadere se la situazione non si sbloccherà. Dunque: il 25% della produzione mondiale è a rischio; in Ucraina – considerato il granaio d’Europa –  circa il 30% dei campi resterà incolto; insieme Ucraina e Russia hanno il controllo del 30% degli scambi; il prezzo del grano è salito da gennaio a oggi del 30%; a fine anno il 20% di persone in più al mondo non avrà cibo a sufficienza con un particolare coinvolgimento dell’Africa. Numeri, dicevamo, che sono eloquenti. Ora la priorità è liberare il grano, anzi ‘quel’ grano che è prigioniero nei silos a Odessa, ma non solo. Lo sblocco dei porti deve viaggiare di pari passo con la ricerca di rotte alternative, via treno, quelle ad esempio di Moldavia e di Polonia.

Pare che sul grano Vladimir Putin sia peno intransigente che sul gas, Insomma, un’apertura al dialogo per evitare che alle tensioni energetiche si sommino le tensioni alimentari. L’inquilino del Cremlino forse deve aver valutato che il popolo del mondo può resistere al caldo e al freddo ma non può farcela se non mangia. E la fame porta a reazioni incontrollate. Tipo il ‘cacerolazo’ messo in piedi a Roma dall’associazione dei consumatori: picchiare sulle casseruole per attirare l’attenzione, come nell’Argentina disgraziata di 21 anni fa…

Draghi sente Putin: “Ho chiesto lo sblocco del grano ucraino. Spiragli per la pace? Nessuno”

Il presidente del Consiglio Mario Draghi prova a fare da ‘ponte’ fra Putin e Zelensky. Un ruolo difficile, che potrebbe portare a un nulla di fatto. Ma la gravità della crisi umanitaria lo spinge comunque a fare un tentativo. In primis, per sbloccare il grano che si trova nei depositi in Ucraina. Perché “la crisi alimentare che sta avvicinandosi, in alcuni Paesi dell’Africa è purtroppo già presente, avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili”. Draghi aspetta fine giornata per fare il punto della situazione, dopo avere sentito telefonicamente Putin nel pomeriggio, durante una conferenza stampa densa di argomenti: dagli esiti del Consiglio dei ministri sull’andamento del Pnrr, passando per l’incontro con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, fino, appunto, al colloquio con il presidente della Federazione russa.

E se per il presidente del Consiglio il tentativo di fare da intermediario era doveroso, proprio per la “gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri”, è lui per primo a sapere di non avere “alcuna certezza che vada a buon fine”. Per ora, però, c’è un cauto ottimismo, visto che da Putin “c’è stata effettivamente una disponibilità a procedere” nella verifica della possibilità di un accordo tra Mosca e Kiev per lo sblocco dei porti ucraini in cui sono bloccate le navi con i carichi di grano pronti a partire verso il resto del mondo. Anche se il presidente russo non ha mancato di sottolineare che “la crisi alimentare è colpa delle sanzioni, perché la Russia non può esportare il grano”. Il prossimo passo sarà una telefonata di Draghi al presidente ucraino Zelensky, per vedere se c’è un’analoga disponibilità a procedere con il dialogo su questo tema.

Secondo Draghi, in ogni caso, la prima iniziativa esplorabile “è vedere se si può costruire una possibile collaborazione tra Russia e Ucraina sullo sblocco dei porti sul Mar Nero, dove sono depositati questi molti milioni di quintali di grano”. Insufficiente, per Putin, perché i fabbisogni sono molti di più. Ma per l’inquilino di Palazzo Chigi sarebbe già qualcosa: “Ho risposto di sbloccare almeno questo, altrimenti il rischio è che marcisca tutto questo deposito di grano. Per Putin sono bloccati perché minati dagli ucraini per impedire alle navi russe di attaccarli. La collaborazione deve essere quella, da un lato di sminare i porti, dall’altra garantire che non vengano attacchi durante lo sminamento. Non abbiamo parlato a lungo delle garanzie, perché non è ancora detto che le cose vadano avanti”.

La telefonata è stata anche l’occasione di parlare delle forniture di gas. Su questo fronte, Putin ha confermato la determinazione da parte di Mosca “a garantire l’approvvigionamento ininterrotto di gas naturale all’Italia, ai prezzi concordati nei contratti”. Se, quindi, su grano e sicurezza energetica sembrano aprirsi dei piccoli sprazzi di positività, sul fronte della pace l’impressione di Draghi è tranchant: “Ho visto spiragli? No, nessuno”.

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Ucraina ‘granaio del mondo’. Le corsie verdi Ue per favorire export di cereali

Corsie di solidarietà su strade e ferrovie per aggirare il blocco nei porti sul Mar Nero, causati dall’occupazione russa, e facilitare le esportazioni di grano e cereali dall’Ucraina in tutto il mondo. La Commissione Europea ha lanciato giovedì un piano d’azione con il preciso obiettivo di aiutare Kiev, il “Granaio del mondo”, con l’esportazione di almeno 20 milioni di tonnellate di cereali in meno di 3 mesi, entro la fine di luglio.

L’obiettivo, ha spiegato in conferenza stampa la commissaria europea ai trasporti, Adina Vălean , è urgente dal momento che l’Ucraina sta attualmente immagazzinando circa 40 milioni di tonnellate di grano, di cui la metà deve essere esportata entro la fine di luglio. Insieme a ovvie ragioni economiche e di sicurezza alimentare, il problema è quello di liberare capacità di stoccaggio per il prossimo raccolto. Kiev produce il 12% del grano mondiale, il 15% del suo mais e il 50% del suo olio di girasole, ed è il principale esportatore di prodotti agricoli per i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. L’invasione della Russia, iniziata lo scorso 24 febbraio, fa temere per la sicurezza alimentare su scala globale.

In circostanze normali, Bruxelles stima che il 75% della produzione cerealicola ucraina venga esportata, e prima della guerra, i porti ucraini sul Mar Nero rappresentavano il 90% delle esportazioni di cereali e semi oleosi. Circa un terzo delle esportazioni è destinato all’Europa, alla Cina e all’Africa. Per aggirare il blocco dei porti, Bruxelles punta su strade e ferrovie che però devono essere migliorate nel sistema logistico. “Migliaia di carri e camion” è in attesa di autorizzazione al passaggio sul lato ucraino. Bruxelles stima che il tempo medio di attesa per i carri sia di 16 giorni, mentre in alcune frontiere arriva addirittura a 30 giorni.

Bruxelles ha invitato gli operatori del mercato dell’Ue a mettere “urgentemente” a disposizione veicoli aggiuntivi e ha intenzione di istituire una piattaforma logistica di incontro (matchmaking) per facilitare gli scambi tra gli operatori della catena per ottimizzare il flusso delle merci e chiederà agli Stati membri di introdurre punti di contatto dedicato per le corsie di solidarietà (una sorta di ‘sportello unico’) che consenta alle parti interessate di notificare eventuali problemi lungo la catena logistica.

La Commissione chiede ai governi “la massima flessibilità” e di “garantire un organico adeguato” per accelerare le procedure ai valichi di frontiera, dunque sburocratizzare il passaggio delle merci per renderlo più veloce. Valuterà inoltre la capacità di stoccaggio disponibili nell’Ue e si coordinerà con gli Stati membri per contribuire a garantire una maggiore capacità di stoccaggio temporaneo delle esportazioni ucraine, per liberare più spazio. Raccomanda inoltre ai gestori delle infrastrutture degli Stati membri di rendere prioritario il trasferimento dei prodotti agricoli che arrivano dall’Ucraina, e posizionare i caricatori mobili di grano e cereali ai terminali di confine per accelerare il trasbordo.
Queste le misure a breve termine, ma nel medio-lungo l’Ue punta ad aumentare la capacità infrastrutturale di nuovi corridoi di esportazione dall’Ucraina, principalmente nel quadro del meccanismo per collegare l’Europa (CEF).

Insieme al piano d’azione, Bruxelles ha adottato anche una decisione in vista della firma di un accordo ad alto livello con l’Ucraina, aggiornando le mappe per la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), nell’ambito della politica della Commissione sull’estensione della rete TEN-T T nei paesi vicini e non Ue. “L’Ucraina è il granaio del mondo. Ostacolando le esportazioni vitali, la guerra del Cremlino sta minacciando la sicurezza alimentare in tutto il mondo”, ha ricordato in un tweet la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, annunciando il piano. “Oggi agiamo per facilitare il trasporto di cereali dall’Ucraina e affrontare le strozzature urgenti”.