Mattarella scrive a Rebelo de Sousa e sente Priolo (ER): “Contrasto a emergenza clima con ogni mezzo”

Gli incendi che hanno provocato ingenti danni al Portogallo e la morte di cinque persone impongono un cambiamento d’agenda per il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, che all’ultimo minuto disdice la partecipazione al 17esimo Simposio Cotec di Las Palmas de Gran Canaria. In Spagna ci saranno solo il capo dello Stato, Sergio Mattarella, assieme al padrone di casa di quest’anno, il Re di Spagna, Felipe VI.

Il capo dello Stato offre subito vicinanza al popolo portoghese, con un messaggio a Rebelo de Sousa in cui esprime “profonda tristezza“. Mattarella ricorda la sostanza della dichiarazione dell’agosto 2023: “Gli incendi rappresentano uno di quei fenomeni estremi, purtroppo sempre più frequenti, determinati da un’emergenza climatica da contrastare con ogni mezzo“. Poi rimanda una nuova riflessione alla prossima riunione del Gruppo di Arraiolos del 10 e 11 ottobre.

Anche in Italia la situazione è sotto costante attenzione, per le nuove alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna e le Marche. Al suo arrivo a Las Palmas, infatti, il presidente della Repubblica ha sentito la presidente facente funzioni, Irene Priolo, per chiedere notizie ed esprimere “vicinanza in questo momento di difficoltà, chiedendole di ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per aiutare chi si trova in condizioni difficili”.

I contatti con l’Italia resteranno continui. Anche se domani, 20 settembre, al Teatro Pérez Galdós, sarà invece la sovranità tecnologica l’argomento principale. Al simposio si discuterà anche dei risultati del report stilato dall’ex Bce, Mario Draghi, sul futuro della competitività dell’Europa. In gioco ci sono diversi comparti sui quali occorre trovare nuove frontiere: ad esempio l’energia o l’applicazione dell’Intelligenza artificiale limitandone più possibile i rischi, ma va portata a compimento anche la transizione digitale e allo stesso tempo vanno rimessi al centro del dibattito settori cruciali come difesa e sicurezza. Soprattutto in una fase storica molto delicata, con la crisi geopolitica provocata dalla guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente.

Per non finire all’angolo, o come ha detto Draghi verso una “lenta agonia“, l’Europa deve rilanciare gli investimenti in ricerca e sviluppo, senza dimenticare la transizione energetica e ambientale, limitando le criticità economiche e sociali. Ovvero, senza lasciare indietro nessuno. In questo contesto assumono ancora maggiore interesse le catene di approvvigionamento e la sicurezza energetica, la sicurezza fisica e informatica delle infrastrutture critiche, la sicurezza e fuga di tecnologia, la militarizzazione delle dipendenze economiche o coercizione economica. Temi che il Cotec toccherà.

A Las Palmas Re Felipe VI e Mattarella visiteranno il Museo Elder della Scienza e della tecnologia, interagendo con gli studenti dei corsi educativi. Mentre al Simposio ci saranno anche l’alto Rappresentate per la politica estera dell’Ue, Josep Borell, per parlare di difesa e sicurezza, Dario Pagani, Head of Digital and Information Technology di Eni, il managing director Space Business Unit di Leonardo, Massimo Claudio Comparini, e Nicola Rossi, Head of Innovation del gruppo Enel Group, che interverranno per l’Italia in qualità di rappresentanti delle aziende socie di Cotec Italia.

Incendi

Clima, gli incendi estremi sono raddoppiati negli ultimi 20 anni

La frequenza e l’entità degli incendi selvaggi estremi sembrano essere raddoppiate negli ultimi 20 anni e i sei anni più estremi per questi eventi si sono verificati a partire dal 2017. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution.

Negli ultimi anni, i gravi eventi di incendi boschivi hanno battuto record e fatto notizia a livello mondiale. Questi roghi causano la perdita di vite umane, costruzioni, bestiame, fauna selvatica e habitat e provocano danni per miliardi di dollari. Altre migliaia di morti sono state attribuite all’inquinamento atmosferico associato. Tuttavia, la nostra comprensione delle tendenze di questo tipo di incendi è limitata.

Per verificare se i roghi selvaggi stiano aumentando in frequenza e/o magnitudo, Calum Cunningham e colleghi della University of Tasmania hanno utilizzato dati satellitari dal 2003 al 2023 per identificare i punti caldi attivi e calcolare l’intensità sommata di un evento di incendio, piuttosto che in un singolo momento e luogo. Gli autori hanno scoperto che gli incendi selvaggi energeticamente estremi sono più che raddoppiati in frequenza e magnitudo negli ultimi 20 anni e che i sei anni più estremi si sono verificati a partire dal 2017. Hanno inoltre rilevato che il Neartico e l’Australasia/Oceania sono stati i più colpiti dagli eventi estremi e l’aumento è stato determinato soprattutto da incendi più intensi nelle foreste temperate di conifere e boreali, anche in Nord America e in Russia. Cunningham e colleghi suggeriscono che ciò potrebbe essere legato all’aumento dell’aridità in queste foreste negli ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici.

Gli autori concludono che i risultati indicano che l’aumento della frequenza e dell’entità degli incendi estremi evidenzia la necessità di adattarsi a un clima favorevole a questi eventi.

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Incendi e poca acqua: la Sicilia soffre per la continua siccità

Mentre l’Italia è travolta dalla morsa del maltempo, la Sicilia soffre già – o ancora – per la siccità. L’isola ha dichiarato lo stato di emergenza a causa della mancanza di acqua che ha distrutto i raccolti, inaridito i pascoli e portato a restrizioni idriche.

Secondo gli esperti, i cambiamenti climatici indotti dall’attività umana stanno aumentando l’intensità e la frequenza di fenomeni meteorologici estremi, come ondate di calore, siccità e incendi boschivi. E la Sicilia sta affrontando pesanti conseguenze.
Secondo l’Ispra, lo scorso anno gli incendi hanno devastato più di 51.000 ettari sull’isola e quest’anno si sono già verificati diversi roghi, appiccati principalmente dai piromani. I Canadair spesso prelevano l’acqua dai bacini per combattere gli incendi nell’entroterra, ma il livello è sceso così tanto che sono costretti a rifornirsi dal mare. “Questo comporta un rallentamento dei tempi di intervento e un aumento considerevole dei costi, già di per sé vertiginosi“, spiega il geologo Giuseppe Amato, responsabile delle risorse idriche in Sicilia per Legambiente.

Ma a soffrire è anche l’agricoltura. Dai frutteti di arance e mandorle agli uliveti e ai vigneti, gli agricoltori siciliani segnalano raccolti mancati o di scarsa qualità dopo i mesi di scarse precipitazioni e le temperature record della scorsa estate. La fascia di campi di grano intorno al vulcano Etna è spoglia, e questa assenza significa anche mancanza di fieno per il bestiame. Per molti agricoltori si tratta di un ulteriore colpo dopo gli scarsi raccolti dello scorso anno dovuti alle piogge fuori stagione. Vicino al Lago Nicoletti, nella Sicilia centrale, i coltivatori delle pregiate pesche di Leonforte, avvolte singolarmente sull’albero per proteggerle durante la maturazione, rischiano di perdere interi raccolti a causa della persistente siccità.

Non va meglio all’ecosistema. La Sicilia è uno scalo fondamentale per gli uccelli che migrano tra l’Africa e l’Europa. Il lago Pozzillo è diventato il simbolo della siccità: un tempo ritrovo preferito dei pellicani, poteva contenere 150 milioni di metri cubi d’acqua, ma ora ne conta solo 3,8 milioni. Il vicino lago di Pergusa, protetto dall’Unesco, “è quasi scomparso“, lamenta Giuseppe Amato. “Se dovesse prosciugarsi completamente, centinaia di specie di uccelli soffrirebbero enormemente in termini di migrazione. Potrebbe addirittura minacciare le specie in via di estinzione“, avverte l’esperto.

Secondo Amato, inoltre, negli ultimi 150 anni la Sicilia ha distrutto il 95% delle sue zone umide, prosciugandole per trasformarle in aree urbane o terreni agricoli, nonostante il loro ruolo chiave nella prevenzione della siccità.

La Sicilia ha 25 bacini utilizzati per l’irrigazione e quattro per l’acqua potabile, anche se non tutte sono operative, secondo i dati del ministero delle Infrastrutture. Queste 29 dighe attualmente contengono il 23% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Parte del problema è che le dighe sono vecchie, la maggior parte è stata costruita prima del 1980, e l’accumulo di limo nel tempo ha ridotto notevolmente il volume d’acqua che possono contenere, anche quando le piogge sono abbondanti. L’Italia ha ottenuto un finanziamento europeo per un progetto da 47 milioni di euro per completare la diga di Pietrarossa, iniziata negli anni ’90 e che, una volta completata, sarà la più grande dell’isola.

Secondo l’Istat, in media il 42% dell’acqua della rete di distribuzione italiana si perde a causa delle tubature, e la Sicilia è la regione che registra i risultati peggiori con una perdita del 52,5%. Il piano d’azione della regione contro la siccità prevede l’utilizzo delle acque reflue trattate per l’agricoltura, ma “la depurazione è molto limitata in Sicilia e la sua qualità è spesso scarsa“, sottolinea Amato.
Secondo Arpa Sicilia, la regione dispone di 463 impianti di trattamento delle acque reflue, ma solo 388 sono in funzione – e solo il 20% di questi è attualmente autorizzato.

La Colombia brucia, Petro chiede aiuto alla comunità internazionale

Photo credit: AFP

Ieri la Colombia ha lanciato un appello alla comunità internazionale per far fronte a una trentina di incendi boschivi che stanno imperversando in diverse regioni e nella capitale Bogotà, dove le fiamme si stanno avvicinando a una zona residenziale. Parlando alla stampa, il presidente Gustavo Petro ha dichiarato di aver “attivato i protocolli per la richiesta di assistenza internazionale“, in modo che il Paese possa combattere i 31 incendi che da mercoledì hanno distrutto circa 600 ettari di foresta. Secondo l’Istituto di idrologia, meteorologia e studi ambientali (Ideam), l’87% del Paese – dichiarato mercoledì in stato di “calamità naturale” – è esposto al “massimo rischio” di incendi.

Petro ha detto che Stati Uniti, Cile, Perù e Canada hanno già risposto positivamente alle richieste di aiuto della Colombia per contenere la diffusione delle fiamme. Secondo l’Ungrd, giovedì erano attivi 31 incendi in cinque regioni del Paese. Quattro di essi stanno imperversando nella capitale, dove un incendio sulla collina di El Cable, alla periferia orientale della città, si è esteso alla periferia di una zona residenziale. “I venti lo hanno avvicinato, ma è ancora a più di 900 metri dalle case. Lo stiamo monitorando. Se necessario, prenderemo misure di evacuazione“, ha dichiarato il sindaco di Bogotà, Carlos Fernando Galan, alla fine della giornata. “Le prossime settimane saranno difficili. Oggi abbiamo visto qualche nuvola, ma non vediamo ancora alcuna possibilità di pioggia“, ha aggiunto.

Al calar della notte, il fumo ha avvolto il centro di questa città di otto milioni di abitanti, dove più di 300 pompieri, soldati e soccorritori sono stati impiegati per combattere le fiamme. Il sindaco ha invitato “la popolazione intorno alle aree bruciate a indossare maschere protettive” e ha annunciato la chiusura delle scuole e di un’università interessate dal fumo. “Si sente davvero l’odore del fumo. Lo si sente anche in gola“, ha detto Blanca Galindo, una venditrice ambulante di 69 anni, dai piedi delle montagne che confinano con Bogotà, dove molte persone indossano maschere protettive.

Il municipio ha raccomandato di evitare di fare attività fisica all’aperto, di chiudere le finestre e, in alcune zone, di mettere asciugamani umidi sui davanzali delle porte. L’autorità dell’aviazione civile ha dichiarato che il più grande scalo aereo dell’America Latina in termini di volume di merci stava operando “con restrizioni” a causa del fumo e della foschia mattutina, ma che la situazione era “in via di normalizzazione“. Giovedì mattina circa 138 voli hanno subito ritardi, 48 dei quali sono stati cancellati e 16 reindirizzati ad altri aeroporti.
Animali selvatici, tra cui uccelli, scoiattoli e procioni, sono stati visti rifugiarsi nelle aree urbane. Rinomata per la sua biodiversità, la Colombia sta affrontando l’influenza del fenomeno climatico El Niño, con caldo record, siccità e incendi. “Questo gennaio si preannuncia come il più caldo mai registrato, secondo i dati storici a nostra disposizione“, ha ammesso in una conferenza stampa Ghisliane Echeverry, direttore di Ideam, che registra le temperature del Paese da 30 anni.

Secondo Ideam, martedì nove comuni del nord, del centro e dell’est del Paese hanno registrato temperature record fino a 40,4°C, mentre gennaio è normalmente il mese più fresco dell’anno. “Attualmente ci sono 62 comuni in una situazione di stress idrico, cioè dove la capacità di acqua dolce è pari o inferiore alla domanda della popolazione“, ha sottolineato Petro.

incendi

L’annus horribilis degli incendi boschivi: 250 morti e 400 milioni di ettari in fumo

Quasi 400 milioni di ettari andati in fumo, oltre 250 persone uccise, 6,5 miliardi di tonnellate di CO2 rilasciate nell’ambiente. È questo il bilancio disastroso degli incendi boschivi del 2023, trainati non solo da Canada e Hawaii, ma anche dal continente europeo e dalla sua impennata di roghi rispetto alla media degli anni precedenti.

Nel corso dell’anno agli sgoccioli, il continente americano ha conosciuto una stagione di incendi da record, con quasi 80 milioni di ettari bruciati (al 23 dicembre) – una superficie pari a una volta e mezza quella della Spagna – e 10 milioni in più rispetto alla media annuale 2012-2022 alla stessa data, secondo quanto reso noto dal Global Wildfire Information System (Gwis). A trascinare il bilancio negativo è stato il Canada, con 18 milioni di ettari in fumo – un terzo delle dimensioni della Francia continentale – a causa delle condizioni più secche e calde causate dal cambiamento climatico. Si sommano poi gli incendi di agosto alle isole Hawaii, che hanno praticamente raso al suolo la città turistica di Lahaina (a Maui), causando la morte di 97 persone.

Sul continente europeo è stata superata la media 2006-2022 del numero cumulativo di incendi boschivi nei Paesi Ue del 55% (al 9 dicembre), come registrato dal servizio di gestione delle emergenze (Ems) del programma satellitare Ue Copernicus. I dati più recenti riferiscono di un +79% in Italia e di un +204% in Francia (al 16 dicembre). Oltre alle aree solitamente esposte – come il bacino del Mediterraneo – sono state devastate altre regioni prima più protette, come Tenerife, e questo ha aumentato il numero di persone a rischio e le popolazioni più vulnerabili. È così che l’Emergency Events Database (Em-Dat) dell’Università Cattolica di Lovanio ha classificato il 2023 come “l’anno più letale del 21° secolo”.

Va poi considerata la questione ambientale. Più incendi si registrano, meno tempo ha la vegetazione per ricrescere e più le foreste potrebbero perdere la loro capacità di assorbire anidride carbonica, fino al 10%. In aggiunta, quando gli alberi bruciano, rilasciano improvvisamente nell’atmosfera tutta la CO2 che hanno immagazzinato: circa l’80% del carbonio generato dagli incendi boschivi viene riassorbito dalla vegetazione che ricresce nella stagione successiva, mentre il restante 20% contribuisce all’accumulo di CO2 nell’atmosfera, alimentando il riscaldamento globale in una sorta di circolo vizioso. Dall’inizio del 2023 gli incendi hanno rilasciato circa 6,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, anche se questo dato va contestualizzato rispetto ai 36,8 miliardi di tonnellate per l’uso di combustibili fossili e cemento.

amazzonia

Si riduce la deforestazione dell’Amazzonia brasiliana, ma gli incendi sono una minaccia

Giovedì il governo brasiliano ha annunciato un calo del 22,3% su base annua della deforestazione in Amazzonia, il miglior risultato degli ultimi quattro anni, ma la siccità e gli incendi stanno minacciando la più grande foresta tropicale del mondo. Secondo il sistema di monitoraggio della deforestazione PRODES, gestito dall’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (INPE), tra agosto 2022 e luglio 2023 sono stati distrutti 9.001 chilometri quadrati di foresta primordiale. Questo rappresenta una diminuzione del 22,3% rispetto al periodo agosto 2021-luglio 2022 (11.594 km2).

Una coalizione di gruppi ambientalisti ha accolto con favore questi risultati, che “mettono il Paese sulla strada giusta per raggiungere il suo obiettivo climatico“. Si tratta del miglior risultato osservato dall’INPE dal 2019, anno di inizio dell’impennata del disboscamento nella foresta amazzonica, che ha raggiunto un picco di 13.038 km2 distrutti tra agosto 2020 e luglio 2021, il massimo da 15 anni a questa parte.

Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva si è impegnato a ridurre a zero la deforestazione in Brasile entro il 2030, invertendo le politiche ambientali del suo predecessore di estrema destra Jair Bolsonaro (2019-2022), scettico sul cambiamento climatico. Durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati, la ministra dell’Ambiente Marina Silva ha dichiarato che l’Amazzonia è stata oggetto di una “profusione di crimini” negli ultimi anni “dopo un completo smantellamento della struttura di governance ambientale“.

Secondo il governo brasiliano, la riduzione della deforestazione tra agosto 2022 e luglio 2023 ha evitato l’emissione di 133 milioni di tonnellate di CO2, pari al 7,5% delle emissioni totali del Paese. Mariana Napolitano, direttrice esecutiva del Wwf-Brasile, ha accolto con favore questa “riduzione significativa“, ma ha messo in guardia dall'”altissimo livello di degrado” dell’Amazzonia, che copre il 59% del territorio brasiliano. “Stiamo assistendo a uno scenario di incendi estremi in una foresta tropicale che normalmente non brucia spontaneamente“, ha dichiarato all’AFP. Secondo il Wwf, l’Amazzonia ha registrato il peggior mese di ottobre degli ultimi 15 anni, con 22.000 incendi, un aumento del 59% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Il nord e il nord-est del Brasile soffrono di una grave siccità che ha ridotto i flussi fluviali a livelli storicamente bassi. La situazione è destinata a peggiorare nei prossimi mesi, a causa dell'”alta probabilità” di precipitazioni inferiori alla media e di temperature “superiori ai valori storici“, secondo un recente rapporto del Centro nazionale per il monitoraggio e l’allarme dei disastri naturali (CEMADEN).

Incendi, l’estate dei record in Europa. E la Grecia continua a bruciare

Il bilancio, superata la metà del guado, è quasi disastroso. Gli incendi dell’estate 2023 nei Paesi dell’Ue hanno già mandato in fumo una superficie complessiva pari a quasi 400 mila ettari, il 44% in più della media registrata tra il 2006 e il 2022. È questo quello che emerge dai dati incrociati forniti dal servizio di gestione delle emergenze (Ems) di Copernicus e dal Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (Ercc): “Siamo ancora nel mezzo della stagione di incendi, che sta diventando sempre più lunga e ora non possiamo chiuderla prima di ottobre avanzato“, ha messo in chiaro il Programme Officer dell’Ercc, Jesus San-Miguel-Ayanz, durante un’audizione in commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale (Agri) del Parlamento Europeo.

Quello che emerge dai dati ormai molto più che allarmanti è “un aumento del trend degli incendi di vasta portata, maggiori di 500 ettari“, che a fronte di un numero più limitato di roghi (al 26 di ottobre poco più di mille) sta bruciando una quantità di terra e boschi in proporzione mai vista prima. Desta particolare preoccupazione a Bruxelles il fatto che a bruciare sono in particolare i siti protetti Natura 2000: “Nel 2023 quasi 120 mila ettari, pari al 27% del totale, notiamo che queste aree tendono a bruciare più di altre“, ha avvertito San-Miguel-Ayanz. E il problema è continentale, a causa di un trend “spinto dal cambiamento climatico” non solo nell’area mediterranea, visto che “la proporzione del numero di incendi e dell’area bruciata nei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale è in crescita costante dal 2006“. Con conseguenze pesanti anche sul piano economico: “Vediamo che i costi diretti sono pari a 2,5 miliardi di euro ogni anno, possono essere anche molto più alti di quelli calcolati perché ci sono molti costi che non si tengono in considerazione“.

Uno scenario particolarmente critico, anche e soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Grecia. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha stimato che le aree bruciate quest’estate supereranno i 150mila ettari, in gran parte per la devastazione nel Nord-est, dove si trova la foresta di Dadia. Nella regione di Alexandroupolis-Feres sono già andati in fumo 83.152 ettari, un’area che ha superato da giorni il punto di riferimento dell’estensione della città di New York (78.380 ettari). Il triste record del rogo peggiore mai registrato nella storia dell’Ue – da quando nel 2000 sono iniziate le rilevazioni del Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (Effis) – ha così portato alla decisa risposta di Bruxelles: in Grecia è stata dispiegata la più grande operazione aerea mai messa in campo dall’Unione Europea.

Nei cieli greci sta volando quasi la metà della riserva antincendio rescEu: su 28 mezzi (4 elicotteri e 24 aerei) a disposizione dei Ventisette per quest’estate, 1 elicottero Blackhawk dalla Repubblica Ceca e 11 aerei antincendio di stanza in Croazia, Cipro, Francia, Germania, Spagna e Svezia. Si aggiungono poi i 407 vigili del fuoco e 62 veicoli da 7 Paesi aderenti al Meccanismo di protezione civile Ue: Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Romania, Serbia e Slovacchia. “Continueremo a lavorare instancabilmente per proteggere le vite, le proprietà e l’ambiente“, ha aggiunto il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janex Lenarcic: “L’unità e la cooperazione dell’Ue sono i nostri punti di forza per superare queste sfide“.

Strage del fuoco in Grecia: 18 migranti muoiono nell’incendio di una foresta al confine turco

(Photocredit: AFP)

Diciotto persone, presumibilmente migranti, sono stati trovate morti in una foresta devastata dalle fiamme nel nord-est della Grecia. Lo hanno annunciato i vigili del fuoco. I corpi sono stati trovati nel parco nazionale di Dadia, vicino al confine con la Turchia, un punto di ingresso frequente per i migranti, ha riferito il portavoce dei vigili del fuoco Yiannis Artopios.  Secondo quanto riportano i media greci, le vittime sono state trovate in due gruppi distinti. Come riferisce Artopioros , “dato che da ieri non vi è stata alcuna dichiarazione di persone scomparse, si sta indagando sulla possibilità” che le vittime “siano entrate illegalmente nel Paese”. Ieri nell’area erano stati mandati numerosi messaggi di allerta “anche a telefoni cellulari di reti straniere presenti nella zona”. La squadra di identificazione delle vittime del disastro è già stata attivata e proseguono le indagini in tutta l’area.

La Grecia sta combattendo una nuova ondata di incendi mortali, la seconda nel giro di un mese, che ha già provocato due morti e costretto molti residenti ad evacuare. Fiamme incontrollate stanno imperversando nel nord-est del Paese, sulle isole di Eubea, vicino ad Atene, e di Kythnos, e nella regione centrale della Beozia, a nord della capitale, con un pericoloso mix di venti forti e temperature fino a 41°. “Ci sono nove fronti attivi”, spiegano i vigili del fuoco. “È una situazione simile a quella di luglio”, ha aggiunto, riferendosi a una precedente ondata di incendi che ha causato cinque vittime.

Lunedì sera è stato dato l’ordine di evacuazione all’ospedale di Alexandroupolis, una città portuale della Grecia nord-orientale situata in un’area in cui gli incendi stanno imperversando per il quarto giorno consecutivo. La guardia costiera ha dichiarato di aver evacuato via mare 65 pazienti. Nell’Eubea centrale, è stata ordinata l’evacuazione della città industriale di Nea Artaki, dove l’incendio ha danneggiato allevamenti di pollame e maiali.

Un anziano pastore è stato trovato morto lunedì in Beozia. Il parco di Dadia, vicino ad Alexandopoulis, è una delle aree protette più importanti d’Europa, ospita uccelli rari ed è l’unico sito di riproduzione dell’avvoltoio nero nei Balcani.

L’Unione europea sta inviando aiuti attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue. Oltre ai 2 aerei RescEu da Cipro e ai 56 vigili del fuoco e 12 mezzi antincendio dalla Romania annunciati ieri, altri 5 aerei e un elicottero della flotta rescEu con altri vigili del fuoco sono in arrivo da Germania, Croazia, Svezia e Repubblica Ceca.

Secondo i servizi meteorologici, le condizioni molto calde e secche, che aumentano il rischio di incendi, persisteranno in Grecia fino a venerdì. Il 18 luglio, un incendio alimentato da forti venti, in 10 giorni ha devastato quasi 17.770 ettari nel sud dell’isola di Rodi

Maxi incendio all’Isola d’Elba: evacuate 700 persone. Situazione in miglioramento

Un vasto incendio boschivo è scoppiato nella tarda serata di ieri sull’isola d’Elba, in località San Felo a Rio nell’Elba. A causa del vento presente in zona il fronte si è rapidamente esteso minacciando le case. Sul posto si sono immediatamente recate 12 squadre di volontari Aib e personale per cercare di contenere il rogo.
Sono stati circa 700 gli evacuati totali da un campeggio e da abitazioni private: 150 sono stati ospitati nelle strutture del Comune, i restanti hanno trovato sistemazione in autonomia. L’incendio attualmente è in fase di contenimento e si prevede il rientro di tutte le persone nei rispettivi alloggi in serata. Stamattina la situazione è in miglioramento, Il lavoro delle squadre a terra durante la notte ha contribuito a contenere il fronte. Attualmente i soccorritori stanno stanno lanciando acqua sul fronte del fuoco, ancora attivo, attraverso due elicotteri regionali e due Canadair della flotta nazionale.
Altre 14 squadre sono arrivate stamattina con i traghetti e si stanno disponendo lungo il perimetro per completare lo spegnimento e bonificare la parte già spenta. La stima della superficie bruciata è di circa 14 ettari, con il coinvolgimento di almeno tre abitazioni.

Si dimette il responsabile della gestione degli incendi di Maui nelle Hawaii

Photo credit: AFP

 

Il capo dell’agenzia di gestione della crisi dell’isola hawaiana di Maui, Richard Bissen, criticato per non aver lanciato l’allarme durante l’incendio che ha devastato la città di Lahaina, si è dimesso.

L’annuncio arriva pochi giorni prima della visita di lunedì del presidente Joe Biden, a sua volta criticato dai repubblicani per la risposta all’emergenza, ritenuta insufficiente.

I sopravvissuti riferiscono di non essere stati avvertiti che un incendio si stava dirigendo verso Lahaina, con i suoi 12mila abitanti. La maggior parte delle vittime è rimasta intrappolata nelle case o nelle auto nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme.
Il bilancio provvisorio delle vittime dell’incendio, che ha avvolto la città portuale, ex capitale del Regno delle Hawaii, è di 111 morti. Si tratta già dell’incendio più letale negli Stati Uniti da oltre un secolo a questa parte, e il bilancio finale potrebbe essere molto più alto.

Oggi il sindaco Richard Bissen ha accettato le dimissioni dell’amministratore dell’Agenzia per la gestione delle emergenze di Maui (MEMA) Herman Andaya“, si legge in un comunicato. “Avanzando motivi di salute, il signor Andaya ha presentato le sue dimissioni con effetto immediato“.

Il giorno prima, Andaya aveva dichiarato in una conferenza stampa di non avere rimpianti per il mancato funzionamento delle sirene. Aveva spiegato che “le sirene sono usate principalmente per gli tsunami” e che i residenti “sono addestrati a ripararsi in alta quota” quando suonano. Si è anche chiesto se i residenti, al chiuso con l’aria condizionata, “avrebbero sentito le sirene se avessero suonato a 121 decibel“.
Questi avvisi si sono spesso rivelati inutili a causa delle molteplici interruzioni di corrente e di rete subite dall’isola, colpita da venti violenti alimentati da un uragano nel mezzo del Pacifico.

Da una settimana le autorità locali sono sotto processo per incompetenza, con i residenti che denunciano la mancanza di avvisi e sottolineano i numerosi errori commessi prima, durante e dopo il disastro.
La ricerca dei corpi delle vittime è stata lenta, alimentando la rabbia e portando a una perdita di fiducia nei rappresentanti eletti e nelle autorità.
La scorsa settimana, il governatore dello Stato delle Hawaii, Josh Green, ha ordinato l’apertura di un’indagine sull’origine di questo terrificante incendio. Il procuratore generale delle Hawaii, Anne Lopez, ha annunciato che, per condurla, presto sarà nominato un organismo indipendente. “Il fatto che sia una terza parte a condurre le indagini garantirà responsabilità e trasparenza e rassicurerà la popolazione delle Hawaii sul fatto che tutti i fatti saranno rivelati“, ha dichiarato.

I soccorritori e i cani da fiuto hanno continuato a cercare nella zona del disastro giovedì. Finora sono stati identificati solo alcuni dei corpi trovati a Lahaina. Esperti forensi, alcuni dei quali hanno lavorato agli attentati dell’11 settembre, agli incidenti aerei e ai grandi incendi, sono a Maui per aiutare a identificare i corpi gravemente ustionati.
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden sarà a Maui lunedì con la moglie Jill per incontrare i sopravvissuti, i soccorritori e i funzionari.
Biden si è affrettato a dichiarare lo stato di calamità naturale alle Hawaii, consentendo così l’invio di aiuti di emergenza da parte del governo federale.
Ma è stato criticato dall’opposizione, che ritiene che la sua risposta agli incendi sia stata inadeguata o addirittura indifferente: il Presidente non è intervenuto pubblicamente quando il bilancio delle vittime è salito vertiginosamente nel fine settimana.