fiume Tevere

Emergenza siccità, Draghi: “Dispersioni straordinarie, ora grande piano acqua”

La grande sete corre verso Sud. L’epicentro della siccità si è spostato dal Nord (dove la situazione resta comunque da monitorare) al Centro Italia. “Il governo è al lavoro e da lunedì siamo pronti ad approvare i piani di emergenza regionali“, assicura il premier, Mario Draghi.

Il momento è drammatico. Per “il bacino Padano si tratta della crisi idrica più grande degli ultimi 70 anni“, ricorda il presidente del Consiglio. La crisi però non è dovuta soltanto a un deficit di pioggia degli ultimi tre anni, ma anche a una serie di cause strutturali, ammette: “La cattiva manutenzione dei bacini, la cattiva manutenzione della rete“. Le dispersioni di acqua, afferma, sono “a un livello straordinario, circa il 30%. Tanto per rendere l’idea, in Israele è del 3%, in altri Paesi europei il 5, 6, 8%“. Il piano di emergenza occorrerà, ma servirà anche, e con urgenza, un piano per ovviare alle carenze infrastrutturali. Draghi parla di un ‘grande piano dell’acqua’: “C’è già nel Pnrr: sono stati stanziati 4 miliardi per questo” ma gli stanziamenti saranno aumentati e si arriverà a un “coordinamento massiccio” dei tanti enti preposti all’amministrazione dell’acqua. “Il governo non può far piovere, ma sta facendo tutto quello che può“, gli fa eco il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

A soffrire maggiormente, al momento, sono le Marche, dove ormai si rischia il razionamento degli approvvigionamenti, avverte l’osservatorio sulle risorse idriche dell’Anbi. Nelle zone di Ascoli Piceno e Fermo la condizione di siccità è estrema: i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi, calano di 1 milione di metri cubi a settimana per riuscire a dissetare le campagne e tutti i fiumi hanno portate inferiori alle annate scorse.

Non va meglio in Toscana, dove il 90% del territorio è in una condizione di siccità estrema, la riduzione delle portate dei fiumi non si ferma: il Bisenzio è quasi azzerato (0,30 metri cubi al secondo contro una media di mc/sec 2,42) e l’Ombrone è trasformato in un “rigagnolo” da 500 litri al secondo, denuncia l’Anbi.

Per l’associazione, anche nel Lazio la situazione è “drammatica”. A Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno e nella provincia si sono registrati, in pochi giorni, 496 interventi dei vigili del fuoco per spegnere gli incendi. L’Aniene è praticamente dimezzato rispetto alla portata media, il Tevere registra livelli più bassi anche del 2017, Liri e Sacco il dato più basso in anni recenti, il lago di Nemi è di oltre 1 metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno.

Più a Sud, dalla Basilicata in una settimana sono stati prelevati oltre 11 milioni di metri cubi d’acqua dagli invasi, le cui disponibilità idriche stanno segnando un deficit di circa 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso. Resta, invece, ancora positivo il bilancio dei principali bacini pugliesi, nonostante un prelievo settimanale superiore ai 14 milioni di metri cubi. In Campania, tutti i fiumi sono in deficit rispetto allo scorso anno, mentre in Abruzzo è la zona di Chieti a soffrire maggiormente per la mancanza d’acqua.

Al Nord invece è tornata la pioggia, che ha permesso in Valle d’Aosta di arricchire la portata della Dora Baltea e di dare sollievo alla portata del Po, che a Pontelagoscuro è risalita a 200 metri cubi al secondo, quando comunque l’allarme cuneo salino scatta già a 450 metri cubi al secondo (l’ingressione marina è ormai segnalata a 30 chilometri dalla foce). L’incremento di portata non risolve comunque il problema del gravissimo deficit idrico nel Grande Fiume, “ma scongiura, per ora, lo stop ai prelievi, che comporterebbe enormi danni all’agricoltura“.

Tornano, anche sul Piemonte, le piogge a macchia di leopardo: più abbondanti sul bacino del fiume Sesia, meno intense su quello del Tanaro.

L’Osservatorio crisi idriche dall’Autorità Distrettuale del fiume Po-Ministero della Transizione Ecologica ha stabilito una riduzione del 20% dei prelievi irrigui a livello distrettuale rispetto ai valori medi dell’ultima settimana e un aumento dei rilasci dai grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) pari al 20% rispetto al valore di oggi. Le misure serviranno a contrastare la risalita del cuneo salino nelle acque superficiali e sotterranee riducendo, allo stesso tempo, i rischi di potenziali impatti negativi sullo stato ambientale dei corpi idrici.

Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, garantisce che con le operazioni che messe in campo, per l’agricoltura ci sarà acqua sufficiente fino all’8-9 luglio. “Poi se non dovesse piovere fino a quella data è chiaro che si porrà un altro problema“, afferma. Per quanto riguarda l’acqua per uso civile, per ora scongiura problemi immediati: “Dobbiamo monitorare la situazione e muoverci a seconda delle condizioni climatiche. C’è bisogno che piova“.

In Piemonte il governatore Alberto Cirio ha istituito un tavolo permanente per combattere la situazione. L’iniziativa va ad aggiungersi, con funzioni di coordinamento, alle altre misure messe in campo dalla Regione: richiesta dello stato di emergenza per l’intero territorio e dello stato di calamità per l’agricoltura, rilascio di acque dai bacini utilizzati per produrre energia idroelettrica a supporto dell’irrigazione delle colture e deroga al minimo deflusso vitale dei fiumi.

Al G7 raggiunta intesa su price cap per gas e petrolio

Non solo il petrolio, come desiderava da principio Joe Biden, ma anche il gas, come auspicava (da molto prima dell’ultimo Consiglio europeo) Mario Draghi. Al G7 di Garmish, in coda a una lunedì di straordinaria intensità operativa, si è raggiunta l’intesa per mettere un tetto ai prezzi dei prodotti energetici più ‘gettonati’ del pianeta. Toccherà proprio ai ministri ‘energetici’ fare in modo che questa linea di condotta comune ai Sette Grandi passi dallo stato teorico a quello pratico.

Perché c’è “urgenza” di fare in maniera che i prezzi di gas e petrolio, segnatamente forniti dalla Russia, non siano più soggetti a manovre speculative, mettendo sotto controllo l’impennata delle bollette e, per estensione del concetto, l’inflazione. I negoziati hanno partorito l’agognato sì alle nove della sera, quando di solito ci si accomoda al tavolo per consumare la cena, superando perplessità (Germania) e ritrosie (Francia), dando in qualche modo ragione alla linea italiana che punta sul price cap almeno da un paio di mesi. Il premier, tornato dal Consiglio europeo con una mezza vittoria (avrebbe voluto una convocazione straordinaria per luglio, in realtà se ne parlerà a ottobre), questa volta può sorridere consapevole che ha ottenuto al G7 ciò che non gli è riuscito pienamente a livello europeo. “Dobbiamo continuare a lavorare su come imporre un tetto al prezzo del gas”, aveva insistito Draghi mentre le delegazioni tecniche stavano ancora pensando al modo più proficuo per raggiungere il risultato finale.

Il preludio all’accordo di poche ore dopo, quasi che il premier avesse capito che la discussione stava per incanalarsi per il verso giusto. A monte di tutto, l’obiettivo è abbastanza chiaro. Non solo sotto il profilo militare, ma anche geopolitico – e quindi energetico – Vladimir Putin non deve vincere: al G7 se ne sono fatti una ragione, passando sopra a qualsiasi dubbio. Nella conferenza stampa di oggi verrà spiegato tutto questo e, magari, altro ancora.

Al G7 focus sull’energia: Draghi ripropone price cap gas

L’energia al centro della seconda giornata del G7 in corso a Elmau, in Germania, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito ai leader l’importanza dell’attivazione di un tetto massimo al prezzo del gas. Secondo quanto si apprende, non è escluso che dal vertice possa arrivare un accordo sul price cap per il petrolio russo. L’invito a “limitare i prezzi del petrolio” esportato da Mosca è arrivato anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato: “Per noi è importante una presa di posizione coerente dei Paesi del G7 sulle sanzioni. Devono essere ulteriormente rafforzate”. Sul petrolio, dunque, si potrebbe arrivare a una conclusione, mentre è più difficile che venga trovata un’intesa sul tetto massimo al prezzo del gas, nonostante le richieste di Draghi.

Come annunciato, al G7 di oggi, uno dei temi affrontati sarebbe stato quello riguardante la sicurezza alimentare: “Siamo uniti e determinati a sostenere con forza l’Ucraina nella produzione e nell’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli e promuoveremo iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale e affrontino le cause dell’evoluzione della crisi alimentare mondiale“, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader. I Grandi hanno poi ricordato come la Russia abbia un’enorme responsabilità per le crescenti minacce alla sicurezza alimentare globale come risultato del conflitto.

(Photo credits: LUKAS BARTH / POOL / AFP)

Gas, Ue rinvia il price cap a ottobre. Prorogato taglio accise

Di price cap se ne parlerà a ottobre, ma Mario Draghi non è deluso. Il bilancio di questa due giorni europea si riassume con le parole del premier al termine di Consiglio Ue ed Eurosummit: “Immaginavo che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago”, invece “le cose si stanno muovendo” e a settembre la Commissione europea dovrà produrre un report con le soluzioni per il tetto massimo al prezzo del gas, ma anche – e questa potenzialmente potrebbe essere la vera svolta – una roadmap per riformare il mercato dell’energia elettrica. Che, per inciso, ha senso solo disaccoppiando il costo di quella prodotta dal gas da quella estratta da fonti rinnovabili, come ripetono da mesi sia il capo del governo sia il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Ma questa è un’altra storia.

La cronaca dell’attualità rivela che in questa battaglia continentale Draghi non è stato ascoltato quando ha chiesto di programmare un vertice straordinario a luglio – però “se la situazione dovesse aggravarsi è chiaro che ci sarà, questo sottolinea è stato detto esplicitamente: non è che stiamo lì a far passare due mesi e mezzo senza far nulla” – ma almeno ha recuperato l’appoggio della Germania, passata “progressivamente da un’obiezione di principio” a una “apertura“. Così come l’Olanda, altro grande ostacolo sul cammino italiano, e altri Stati membri “molto rigidi all’inizio di questa di questa discussione” ma che adesso stanno cambiando idea. La resistenza, comunque, resta “di quei Paesi cosiddetti frugali“. Contrari anche a un Recovery fund sulla scia di quello varato per contrastare gli effetti del Covid, anche se lo stesso Draghi non sembra convintissimo: “Non è una situazione in cui è necessario avere dei grants, degli aiuti, ma avere una capacità fiscale comune, che faccia capire ai mercati che siamo tutti insieme“.

La frase che ripete più spesso alla fine dei lavori è che “le cose non vengono da sole, ci vuole tempo“: per preparare le contromosse ai tagli delle forniture decisi unilateralmente da Vladimir Putin, ma soprattutto per mitigare il rincaro dei prezzi di gas e materie prime, che stanno mettendo in seria difficoltà le economie europee, colpite dall’inflazione; sebbene i rialzi dei costi non sono più colpa esclusiva dei prodotti energetici, avverte il presidente del Consiglio. Che riunirà nel giro di 15 giorni il tavolo con le parti sociali per affrontare il tema della protezione e sostegno al potere d’acquisto degli italianiimportante ed essenziale per tanti aspetti, uno dei quali è la pace sociale, la pace nelle relazioni industriali“.

Un altro punto che Draghi può iscrivere nella casella dei ‘pro’, tornando dalla trasferta di Bruxelles, è la “consapevolezza” diffusa in Europa “rispetto alla serietà della situazione“, e dunque il conseguente “impegno chiaro a coordinarci di più nella ricerca di nuovi fornitori, negli stoccaggi, nelle piattaforme comuni“. A proposito, l’opera per riempire le scorte di gas del nostro Paese sta andando “molto bene, così dice il responsabile di Palazzo Chigi quando gli viene chiesto lo stato dell’arte in vista dell’inverno. E anche l’opera di diversificazione delle fonti procede a pieno ritmo: “La dipendenza dalla Russia l’anno scorso era del 40%, oggi è del 25%, le misure che il governo ha messo in campo già proprio dall’inizio della guerra cominciano a dare risultati“.

Il lavoro non è ancora finito, però. Perché ci sono ancora le difficoltà per i cittadini e le imprese, non solo sulle bollette ma anche sui carburanti. Per questo motivo i ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, hanno firmato il decreto interministeriale che proroga al 2 agosto prossimo il taglio delle accise di 30 centesimi al litro per benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione. Che con il terzo decreto Energia varato dal Cdm in settimana dovrebbero riportare la situazione sotto la soglia di allarme. Gli scudi restano tutti attivati, aspettando che l’Europa faccia passare in fretta questo extra time di riflessione sul price cap.

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Draghi: “Dipendenza da gas russo scesa al 25%, stoccaggi procedono bene”

Stanno arrivando i primi risultati provenienti dagli sforzi fatti per diversificare le forniture di gas, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’energia russa. Durante la conferenza stampa che si è tenuta al termine del Consiglio europeo, il premier Mario Draghi ha analizzato con una certa soddisfazione gli sviluppi di una situazione da monitorare costantemente per colpa della guerra russo-ucraina: “Voglio ricordare che l’anno scorso dipendevamo per il 40% dal gas russo, oggi siamo arrivati al 25%, quindi le misure che il governo ha messo in campo già dall’inizio della guerra si stanno rivelando utili“, l’annuncio. In altre parole gli altri fornitori di gas cominciano a sostituire il flusso in arrivo dalla Russia. E non solo: “Per gli stoccaggi ci stiamo preparando per l’inverno e, al momento, stanno andando molto bene“.

Per quanto riguarda invece il discorso relativo al price cap, l’obiezione è solo una: “La paura di nuovi tagli da Mosca”, avverte Draghi. “Ci deve essere solidarietà, ma anche una risposta alle richieste di controllare il tetto sul prezzo del gas”. Nonostante la proposta avanzata dal premier di convocare un vertice straordinario a luglio per affrontare l’argomento, i piani per la Ue restano quelli di discuterne solo all’Eurosummit, che avrà luogo a ottobre. Ma c’è comunque soddisfazione: “Immaginavo – spiega l’ex presidente Bce – che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago“. Al contrario, “le cose si stanno muovendo, ma le cose non vengono da sole e spesso non subito o non così rapidamente”. In ogni caso, Draghi è sicuro che al G7 se ne parlerà: “Gli Usa sono consapevoli delle difficoltà che stiamo incontrando per le sanzioni, che sono molto pesanti per noi. Gli Stati Uniti hanno già deciso qualche misura di aiuto nel portare gas liquido in Europa, ma sono cifre molto contenute ancora. Sono preoccupati soprattutto del prezzo del petrolio, in quel senso è stata avanzata l’ipotesi di un price cap” anche per il greggio.

(Photo credits: JOHN THYS / AFP)

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Gas, Ue non accoglie proposta Draghi: sfuma idea di un vertice sul price cap

Non è ancora al centro delle discussioni” tra i leader Ue la questione di spingere la Commissione Europea a presentare una proposta sul ‘price cap’, il tetto al prezzo dell’energia e in particolare del gas, richiesto dal governo di Roma. L’idea del premier Mario Draghi di convocare un Vertice Ue straordinario dedicato ai temi dell’energia e delle conseguenze della guerra di Russia sugli approvvigionamenti di gas all’Europa, dunque – nonostante avesse trovato sostegno di altri Paesi Ue “tra cui la Francia” – non sembra essere andata a buon fine.

Sarebbe incredibile e oltraggioso se Bruxelles non accettasse la proposta italiana di un vertice e un intervento urgenti per controllare prezzo e distribuzione del gas“, ha detto a stretto giro il leader della Lega, Matteo Salvini.

Era stato il premier Mario Draghi a portare la richiesta sul tavolo degli altri leader europei, riuniti a Bruxelles in un Consiglio Ue che tocca solo marginalmente le questioni energetiche. Anche se la decisione ultima di convocare un nuovo Summit Ue straordinario il mese prossimo spetta solo al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che per ora non ne ha parlato esplicitamente.

Oltre la Francia, anche la Spagna era sostenitrice della proposta avanzata da Draghi. Infatti, il premier spagnolo Pedro Sanchez, in arrivo al Vertice aveva ribadito “la necessità di intervenire sul mercato dell’elettricità e perché no, di fissare un tetto al prezzo del gas”. Madrid, insieme al Portogallo, ha strappato un accordo con la Commissione europea per fissare un tetto temporaneo al prezzo del gas sul mercato iberico – che ha una conformazione energetica particolare, con molte rinnovabili e nessun collegamento con il sistema elettrico centrale – per contrastare il rincaro dei prezzi dell’energia. Sanchez ha ricordato che “esiste già una misura per fissare il prezzo per l’eccezione iberica ma potrebbe essere esteso a tutto il mercato energetico dell’Ue” per affrontare il rincaro dei prezzi.

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Draghi sferza scettici: “Con Kiev o Mosca, no alternative”

Questa volta Mario Draghi rinuncia all’aplomb e dice le cose pane al pane e vino al vino. Sulla guerra in Ucraina non ci sono vie di mezzo: o si sta con l’aggredito, Kiev, sostenendola economicamente, diplomaticamente e militarmente; oppure si sta con l’aggressore, la Russia, che per inciso non vuole sedersi al tavolo negoziale prima di aver annesso settori strategici dell’Ucraina.

Il premier ascolta tutti alla Camera, in religioso silenzio, poi dice la sua. Anche sulle sanzioni: “Quando dico che sono efficaci, ripeto quello che tutte le organizzazioni internazionali mi dicono. Io ho la sensazione, da tutti i dati, che siano molto efficaci. Anzi, che diventino ancora più efficaci quest’estate”. Non solo, perché l’ex Bce aggiunge anche un dettaglio sul tema, assolutamente non secondario: “Da tutti i segnali che si hanno da parte russa” c’è “l’evidenza di una grande preoccupazione che sta crescendo”.

L’aula di Montecitorio applaude, con calore, come non era forse mai accaduto finora. Segnale importante in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì, in cui non si discuterà però di tetto massimo al prezzo del gas. O meglio, l’argomento sarà trattato ma solo informalmente. Fonti Ue fanno sapere che si entrerà nel vivo solo all’Eurosummit, dunque ogni decisione di rilievo è rinviata a dopo l’estate. Un extra time per trovare quella quadra che ancora manca tra gli Stati membri. Ne resterà deluso Palazzo Chigi, visto che proprio Draghi nelle comunicazioni al Parlamento sottolinea quanto la misura del price cap sia diventata “ancora più urgente alla luce della riduzione delle forniture da parte di Mosca”.

Il capo del governo avverte anche di un altro fortissimo rischio: “Il conflitto rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie”. Perché “sui più poveri, su quelli che hanno di meno al mondo, sta per abbattersi quella che più volte ho definito come tragedia umanitaria derivante dalla crisi alimentare”. Ma di questo – tuona alzando anche i decibel della voce – “la colpa non è delle sanzioni o dell’Europa, ma della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina”.

Draghi non si tira indietro nemmeno davanti alle dita puntate dalle opposizioni. Anzi, dagli ex Cinquestelle che oggi sono nella componente Alternativa. Oggetto del contendere i concimi. Il premier si rivolge al deputato Alvise Maniero, sottolineando con forza di aver “sollevato la questione tre mesi e mezzo fa con la Commissione europea e sto aspettando una risposta”. Ma assicura che la questione non è affatto chiusa: “La riproporrò ancora nel prossimo Consiglio Ue” di domani e venerdì. Al quale Draghi si presenterà con una maggioranza più frammentata, dopo l’uscita di Luigi Di Maio e oltre 60 parlamentari dal M5S per dare vita al gruppo Insieme per il futuro, ma sicuramente meno esposta ai rischi di possibili colpi di testa. I numeri ci sono, l’appoggio del Parlamento anche: la partita europea può ricominciare.

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Draghi: “Risoluzione dell’Onu per sbloccare il grano”

Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie e, tra la ‘guerra del grano’ e la riduzione delle forniture di gas russo all’Europa, il grido d’allarme si fa sempre più forte. Questa volta proviene direttamente dal premier, Mario Draghi: “Dobbiamo muoverci con rapidità e decisione per tutelare i cittadini Ue dalle ricadute innescate dalla guerra”.

Uno dei tasselli che compongono questa possibile ‘crisi umanitaria’ riguarda proprio l’emergenza relativa al blocco di milioni di tonnellate di cereali nei porti che, oltretutto, rischiano di marcire. “Le proiezioni fornite dall’Ucraina indicano che la produzione di frumento potrebbe calare tra il 40 e il 50% rispetto all’anno scorso“, spiega Draghi nelle comunicazioni in Senato in vista del prossimo Consiglio europeo. “Dopo vari tentativi falliti – aggiunge – non vedo alternativa a una risoluzione delle Nazioni Unite che definisca i tempi dell’operazione di sblocco del grano fermo nei porti ucraini e lo sminamento delle acque antistanti e dove l’Onu garantisca, sotto la propria egida, la sua esecuzione“.

L’ex capo della Bce dirige poi l’attenzione su piani e prospettive dell’Italia: “Continueremo a lavorare con l’Unione europea e i nostri partner del G7 per sostenere l’Ucraina, ricercare la pace, superare questa crisi. Questo è il mandato che il governo ha ricevuto dal Parlamento. Questa è la guida per la nostra azione“.

Un’azione che sta prendendo piede poco a poco ma che ha già regalato risultati sorprendenti. Per fare un esempio: se la Russia, da una parte, riduce le forniture di gas al Paese, dall’altra noi “stringiamo accordi importanti con vari Paesi fornitori, dall’Algeria all’Azerbaijan, e promuoviamo nuovi investimenti anche sulle rinnovabili”, precisa il premier. “Grazie a queste misure potremmo ridurre in modo significativo la nostra dipendenza dal gas russo già dall’anno prossimo”. Così Draghi apre uno spiraglio di speranza su quello che sarà il prossimo futuro. Un futuro non più incerto ma basato su fatti concreti e su una maggiore indipendenza geopolitica.

Infine, il premier rivolge al Senato un sentito ringraziamento: “Grazie per il sostegno nell’aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia, a continuare con le sanzioni contro il Paese invasore, a sostenere il potere d’acquisto degli italiani, a cercare di fare di tutto per evitare la tragedia della crisi alimentare nei Paesi più poveri del mondo, a continuare insomma sulla strada disegnata dal decreto 14 del 2022”.  Il sostegno è stato unito e l’unità, come molti hanno osservato, “è essenziale, specialmente in questi momenti“.

Gas e tensioni in maggioranza, giorni caldi per il governo

Si vive un giorno alla volta. La settimana più calda della stagione politica – e non per questioni meteorologiche – deve essere vissuta per forza così: tra una maggioranza che non riesce a trovare la quadra sulla Risoluzione che oggi dovrà essere votata in Senato, dopo le comunicazioni del premier, Mario Draghi, in vista del Consiglio Ue del 23-24 giugno, e un razionamento dei flussi di gas deciso unilateralmente dalla Russia, con conseguente aumento dei prezzi di mercato.

L’unico imperativo per il governo è non fermare i motori in attesa che si sciolgano i nodi sulle volontà del Movimento 5 Stelle, che vive ore di turbolenza per lo scontro interno tra Luigi Di Maio, che rivendica l’atlantismo e l’appartenenza all’Ue, e Giuseppe Conte, che disconosce le voci di corridoio sulla linea che avrebbe voluto far imporre dai suoi emissari in Parlamento sullo stop all’invio di armi all’Ucraina. Addirittura con evocazioni di espulsioni (per il ministro degli Esteri) e scissioni nel gruppo parlamentare più nutrito della legislatura.

Anche se la mediazione tra le varie forze che sostengono l’esecutivo va per le lunghe, il mood che circola in queste ore è che una soluzione si possa trovare. Anche a ridosso dell’intervento di Draghi nell’aula di Palazzo Madama, ma che consenta comunque di lasciare l’agibilità politica a Palazzo Chigi nella situazione delicata in cui si trova il Paese. Perché dal sostegno all’Ucraina l’Italia non recederà in nessun modo, al massimo l’ipotesi è quella di un impegno a informare le Camere passo dopo passo, ad ogni decisione che verrà presa nei consessi internazionali. Anche sull’invio di materiale militare per consentire a Kiev la difesa dei propri territori dall’invasore russo.

A proposito di Mosca, dopo i tagli alle forniture di gas dei giorni scorsi (per i quali sono stati addotte motivazioni tecniche di rotture agli impianti senza possibilità di riparazioni veloci, perché le sanzioni impedirebbero l’approvvigionamento dei pezzi di ricambio), ad oggi non sono state comunicate variazioni sul trend. Ovvero, i flussi sono ancora irregolari anche se al momento non ci sono segnali di allarme sugli stoccaggi. Che, certo, stanno procedendo più lentamente di prima, ma comunque non si sono fermati. Del resto, lo stesso ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in più occasioni, ha sempre spiegato che la luce rossa si accenderebbe solo nel caso in cui ci fosse uno stop totale prima della fine dell’anno. E comunque ha garantito, anche nelle ultime ore, che dopo l’attento monitoraggio dell’andamento delle entrate di gas nei siti di stoccaggio italiani, si deciderà come muoversi.

In poche parole, l’Italia vuole capire se si tratta di una “rappresaglia” della Russia (copyright del responsabile del Mite) o un reale intoppo tecnico che sarà risolto in tempi non eccessivamente lunghi.

Sulla strategia avranno un peso anche le conclusioni dell’incontro in programma oggi al ministero della Transizione ecologica, dove si riunirà il Comitato di monitoraggio sui flussi di gas, al quale prenderanno parte anche Arera, Snam (impegnata nell’acquisto delle due navi Fsru per la rigassificazione) e Terna, il gestore delle reti per la trasmissione di energia elettrica in Europa, che ha anche il polso della situazione sulle richieste di nuovi impianti di fonti rinnovabili. Piccolo spoiler: i dati sono sempre più positivi.

Domani, invece, Cingolani incontrerà i player, tra i quali ovviamente Eni ed Enel. Tirate le somme, con Draghi e gli altri ministri competenti il governo deciderà come muoversi.

Proprio domani il premier, se tutto filerà liscio oggi in Senato, riferirà anche alla Camera sul prossimo Consiglio europeo, nel quale tornerà a chiedere (con molta più forza di prima, anche in virtù dei tagli russi) il price cap Ue.

Tenendo presente che il piano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento continua a ritmo spedito, anche se le nuove partnership non potranno incidere a pieno regime prima del prossimo anno, lo scenario italiano appare delicato. Ma almeno il pericolo di un’allerta massima non sembra essere all’ordine del giorno. 

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Russia taglia 15% forniture gas a Italia. Cingolani: “Nessuna criticità”

Dopo la Germania è la volta dell’Italia. Gazprom, ieri, ha comunicato a Eni una limitata riduzione delle forniture di gas, pari a circa il 15%. “Le ragioni della diminuzione – ha riferito a Gea un portavoce del gruppo – non sono state al momento notificate“. Certo, colpisce la concomitanza con il viaggio del premier Mario Draghi, assieme al presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a Kiev, per portare di persona la solidarietà al popolo ucraino (e non solo, ovviamente) nell’incontro con il presidente Volodimir Zelensky.

Il braccio di ferro con Mosca, però, non si esaurisce con questa mossa. Perché il gigante russo del gas ha annunciato anche che taglierà di un altro terzo le sue forniture di gas all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream, affermando di essere stato costretto a spegnere un’apparecchiatura della tedesca Siemens. “Gazprom sta interrompendo il funzionamento di un’altra turbina a gas Siemens presso la stazione di compressione di Portovaya“, dove viene riempito il Nord Stream, la cui produzione giornaliera scenderà giovedì da 100 a 67 milioni di metri cubi al giorno, dopo un primo calo da 167 a 100 milioni di metri cubi martedì.

Martedì il colosso russo aveva ridotto del 40% il flusso verso Berlino attraverso lo stesso gasdotto a causa di “problemi tecnici e ritardi nella manutenzione“. Una giustificazione respinta al mittente dal ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, che ha parlato invece di “una decisione politica“, impossibile da giustificare con ragioni tecniche.

Sul fronte italiano l’attenzione è alta. “L’andamento dei flussi di gas è costantemente monitorato in collaborazione con gli operatori“, ha assicurato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, spiegando che “non si riscontrano criticità“. Anche perché, come spiega l’amministratore delegato di Italgas, Paolo Gallo, a margine della presentazione del Piano Strategico 2022-2028, “bisogna fare i conti prima di preoccuparsi. Un elemento positivo è il livello di stoccaggio che è significativamente elevato, quindi si prosegue con il riempimento degli stoccaggi. Certamente è un elemento da prendere in considerazione“. Il manager sottolinea che “Eni certamente ha una visione più ampia di noi. Ma bisogna capire come i flussi di gas continueranno e come il livello di stoccaggio si muoverà. Noi, rispetto a altri Paesi, abbiamo livelli di stoccaggio più elevati. Quindi abbiamo un piccolo vantaggio“.

Le stesse rassicurazioni sono arrivate anche dall’Europa. Per l’Ue “non ci sono al momento indicazioni di rischi sulle forniture energetiche, anche se “non abbiamo ancora spiegazioni per quanto riguarda la decisione sull’Italia”, mentre “eravamo a conoscenza del taglio verso la Germania”, ha precisato un portavoce della Commissione Ue. Dall’inizio delle sanzioni contro la Russia, sono diminuite costantemente le esportazioni di gas da Mosca verso l’Europa. Già nelle scorse settimane Gazprom aveva chiuso i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe. Tra l’11 e il 21 luglio è prevista la chiusura del gasdotto Nord Stream 1 per la manutenzione stagionale.

E mentre sul territorio europeo continua il braccio di ferro con il fornitore russo, da Gerusalemme la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha annunciato la firma di un memorandum di intesa trilaterale con Israele ed Egitto per maggiori forniture di gas al vecchio Continente. L’accordo “contribuirà a intensificare le consegne di energia in Europa, ha detto la presidente, spiegando che il gas israeliano arriverà in Egitto attraverso gasdotto – “si spera un giorno un gasdotto pronto per l’idrogeno” -, dove sarà liquefatto in Gnl e poi portato nell’Unione europea, dove sarà poi rigassificato. “Penso che questo sia un progetto molto importante, ma sappiamo che, nel tempo, dovremmo esplorare insieme l’uso delle infrastrutture per le energie rinnovabili. Questa è l’energia del futuro“, ha aggiunto von der Leyen.