Al G7 focus sull’energia: Draghi ripropone price cap gas

L’energia al centro della seconda giornata del G7 in corso a Elmau, in Germania, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito ai leader l’importanza dell’attivazione di un tetto massimo al prezzo del gas. Secondo quanto si apprende, non è escluso che dal vertice possa arrivare un accordo sul price cap per il petrolio russo. L’invito a “limitare i prezzi del petrolio” esportato da Mosca è arrivato anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato: “Per noi è importante una presa di posizione coerente dei Paesi del G7 sulle sanzioni. Devono essere ulteriormente rafforzate”. Sul petrolio, dunque, si potrebbe arrivare a una conclusione, mentre è più difficile che venga trovata un’intesa sul tetto massimo al prezzo del gas, nonostante le richieste di Draghi.

Come annunciato, al G7 di oggi, uno dei temi affrontati sarebbe stato quello riguardante la sicurezza alimentare: “Siamo uniti e determinati a sostenere con forza l’Ucraina nella produzione e nell’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli e promuoveremo iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale e affrontino le cause dell’evoluzione della crisi alimentare mondiale“, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader. I Grandi hanno poi ricordato come la Russia abbia un’enorme responsabilità per le crescenti minacce alla sicurezza alimentare globale come risultato del conflitto.

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Gas, Ue rinvia il price cap a ottobre. Prorogato taglio accise

Di price cap se ne parlerà a ottobre, ma Mario Draghi non è deluso. Il bilancio di questa due giorni europea si riassume con le parole del premier al termine di Consiglio Ue ed Eurosummit: “Immaginavo che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago”, invece “le cose si stanno muovendo” e a settembre la Commissione europea dovrà produrre un report con le soluzioni per il tetto massimo al prezzo del gas, ma anche – e questa potenzialmente potrebbe essere la vera svolta – una roadmap per riformare il mercato dell’energia elettrica. Che, per inciso, ha senso solo disaccoppiando il costo di quella prodotta dal gas da quella estratta da fonti rinnovabili, come ripetono da mesi sia il capo del governo sia il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Ma questa è un’altra storia.

La cronaca dell’attualità rivela che in questa battaglia continentale Draghi non è stato ascoltato quando ha chiesto di programmare un vertice straordinario a luglio – però “se la situazione dovesse aggravarsi è chiaro che ci sarà, questo sottolinea è stato detto esplicitamente: non è che stiamo lì a far passare due mesi e mezzo senza far nulla” – ma almeno ha recuperato l’appoggio della Germania, passata “progressivamente da un’obiezione di principio” a una “apertura“. Così come l’Olanda, altro grande ostacolo sul cammino italiano, e altri Stati membri “molto rigidi all’inizio di questa di questa discussione” ma che adesso stanno cambiando idea. La resistenza, comunque, resta “di quei Paesi cosiddetti frugali“. Contrari anche a un Recovery fund sulla scia di quello varato per contrastare gli effetti del Covid, anche se lo stesso Draghi non sembra convintissimo: “Non è una situazione in cui è necessario avere dei grants, degli aiuti, ma avere una capacità fiscale comune, che faccia capire ai mercati che siamo tutti insieme“.

La frase che ripete più spesso alla fine dei lavori è che “le cose non vengono da sole, ci vuole tempo“: per preparare le contromosse ai tagli delle forniture decisi unilateralmente da Vladimir Putin, ma soprattutto per mitigare il rincaro dei prezzi di gas e materie prime, che stanno mettendo in seria difficoltà le economie europee, colpite dall’inflazione; sebbene i rialzi dei costi non sono più colpa esclusiva dei prodotti energetici, avverte il presidente del Consiglio. Che riunirà nel giro di 15 giorni il tavolo con le parti sociali per affrontare il tema della protezione e sostegno al potere d’acquisto degli italianiimportante ed essenziale per tanti aspetti, uno dei quali è la pace sociale, la pace nelle relazioni industriali“.

Un altro punto che Draghi può iscrivere nella casella dei ‘pro’, tornando dalla trasferta di Bruxelles, è la “consapevolezza” diffusa in Europa “rispetto alla serietà della situazione“, e dunque il conseguente “impegno chiaro a coordinarci di più nella ricerca di nuovi fornitori, negli stoccaggi, nelle piattaforme comuni“. A proposito, l’opera per riempire le scorte di gas del nostro Paese sta andando “molto bene, così dice il responsabile di Palazzo Chigi quando gli viene chiesto lo stato dell’arte in vista dell’inverno. E anche l’opera di diversificazione delle fonti procede a pieno ritmo: “La dipendenza dalla Russia l’anno scorso era del 40%, oggi è del 25%, le misure che il governo ha messo in campo già proprio dall’inizio della guerra cominciano a dare risultati“.

Il lavoro non è ancora finito, però. Perché ci sono ancora le difficoltà per i cittadini e le imprese, non solo sulle bollette ma anche sui carburanti. Per questo motivo i ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, hanno firmato il decreto interministeriale che proroga al 2 agosto prossimo il taglio delle accise di 30 centesimi al litro per benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione. Che con il terzo decreto Energia varato dal Cdm in settimana dovrebbero riportare la situazione sotto la soglia di allarme. Gli scudi restano tutti attivati, aspettando che l’Europa faccia passare in fretta questo extra time di riflessione sul price cap.

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Draghi: “Dipendenza da gas russo scesa al 25%, stoccaggi procedono bene”

Stanno arrivando i primi risultati provenienti dagli sforzi fatti per diversificare le forniture di gas, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’energia russa. Durante la conferenza stampa che si è tenuta al termine del Consiglio europeo, il premier Mario Draghi ha analizzato con una certa soddisfazione gli sviluppi di una situazione da monitorare costantemente per colpa della guerra russo-ucraina: “Voglio ricordare che l’anno scorso dipendevamo per il 40% dal gas russo, oggi siamo arrivati al 25%, quindi le misure che il governo ha messo in campo già dall’inizio della guerra si stanno rivelando utili“, l’annuncio. In altre parole gli altri fornitori di gas cominciano a sostituire il flusso in arrivo dalla Russia. E non solo: “Per gli stoccaggi ci stiamo preparando per l’inverno e, al momento, stanno andando molto bene“.

Per quanto riguarda invece il discorso relativo al price cap, l’obiezione è solo una: “La paura di nuovi tagli da Mosca”, avverte Draghi. “Ci deve essere solidarietà, ma anche una risposta alle richieste di controllare il tetto sul prezzo del gas”. Nonostante la proposta avanzata dal premier di convocare un vertice straordinario a luglio per affrontare l’argomento, i piani per la Ue restano quelli di discuterne solo all’Eurosummit, che avrà luogo a ottobre. Ma c’è comunque soddisfazione: “Immaginavo – spiega l’ex presidente Bce – che alla fine saremmo finiti nel solito rinvio, con un linguaggio un po’ vago“. Al contrario, “le cose si stanno muovendo, ma le cose non vengono da sole e spesso non subito o non così rapidamente”. In ogni caso, Draghi è sicuro che al G7 se ne parlerà: “Gli Usa sono consapevoli delle difficoltà che stiamo incontrando per le sanzioni, che sono molto pesanti per noi. Gli Stati Uniti hanno già deciso qualche misura di aiuto nel portare gas liquido in Europa, ma sono cifre molto contenute ancora. Sono preoccupati soprattutto del prezzo del petrolio, in quel senso è stata avanzata l’ipotesi di un price cap” anche per il greggio.

(Photo credits: JOHN THYS / AFP)

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Gas, Ue non accoglie proposta Draghi: sfuma idea di un vertice sul price cap

Non è ancora al centro delle discussioni” tra i leader Ue la questione di spingere la Commissione Europea a presentare una proposta sul ‘price cap’, il tetto al prezzo dell’energia e in particolare del gas, richiesto dal governo di Roma. L’idea del premier Mario Draghi di convocare un Vertice Ue straordinario dedicato ai temi dell’energia e delle conseguenze della guerra di Russia sugli approvvigionamenti di gas all’Europa, dunque – nonostante avesse trovato sostegno di altri Paesi Ue “tra cui la Francia” – non sembra essere andata a buon fine.

Sarebbe incredibile e oltraggioso se Bruxelles non accettasse la proposta italiana di un vertice e un intervento urgenti per controllare prezzo e distribuzione del gas“, ha detto a stretto giro il leader della Lega, Matteo Salvini.

Era stato il premier Mario Draghi a portare la richiesta sul tavolo degli altri leader europei, riuniti a Bruxelles in un Consiglio Ue che tocca solo marginalmente le questioni energetiche. Anche se la decisione ultima di convocare un nuovo Summit Ue straordinario il mese prossimo spetta solo al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che per ora non ne ha parlato esplicitamente.

Oltre la Francia, anche la Spagna era sostenitrice della proposta avanzata da Draghi. Infatti, il premier spagnolo Pedro Sanchez, in arrivo al Vertice aveva ribadito “la necessità di intervenire sul mercato dell’elettricità e perché no, di fissare un tetto al prezzo del gas”. Madrid, insieme al Portogallo, ha strappato un accordo con la Commissione europea per fissare un tetto temporaneo al prezzo del gas sul mercato iberico – che ha una conformazione energetica particolare, con molte rinnovabili e nessun collegamento con il sistema elettrico centrale – per contrastare il rincaro dei prezzi dell’energia. Sanchez ha ricordato che “esiste già una misura per fissare il prezzo per l’eccezione iberica ma potrebbe essere esteso a tutto il mercato energetico dell’Ue” per affrontare il rincaro dei prezzi.

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Draghi sferza scettici: “Con Kiev o Mosca, no alternative”

Questa volta Mario Draghi rinuncia all’aplomb e dice le cose pane al pane e vino al vino. Sulla guerra in Ucraina non ci sono vie di mezzo: o si sta con l’aggredito, Kiev, sostenendola economicamente, diplomaticamente e militarmente; oppure si sta con l’aggressore, la Russia, che per inciso non vuole sedersi al tavolo negoziale prima di aver annesso settori strategici dell’Ucraina.

Il premier ascolta tutti alla Camera, in religioso silenzio, poi dice la sua. Anche sulle sanzioni: “Quando dico che sono efficaci, ripeto quello che tutte le organizzazioni internazionali mi dicono. Io ho la sensazione, da tutti i dati, che siano molto efficaci. Anzi, che diventino ancora più efficaci quest’estate”. Non solo, perché l’ex Bce aggiunge anche un dettaglio sul tema, assolutamente non secondario: “Da tutti i segnali che si hanno da parte russa” c’è “l’evidenza di una grande preoccupazione che sta crescendo”.

L’aula di Montecitorio applaude, con calore, come non era forse mai accaduto finora. Segnale importante in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì, in cui non si discuterà però di tetto massimo al prezzo del gas. O meglio, l’argomento sarà trattato ma solo informalmente. Fonti Ue fanno sapere che si entrerà nel vivo solo all’Eurosummit, dunque ogni decisione di rilievo è rinviata a dopo l’estate. Un extra time per trovare quella quadra che ancora manca tra gli Stati membri. Ne resterà deluso Palazzo Chigi, visto che proprio Draghi nelle comunicazioni al Parlamento sottolinea quanto la misura del price cap sia diventata “ancora più urgente alla luce della riduzione delle forniture da parte di Mosca”.

Il capo del governo avverte anche di un altro fortissimo rischio: “Il conflitto rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie”. Perché “sui più poveri, su quelli che hanno di meno al mondo, sta per abbattersi quella che più volte ho definito come tragedia umanitaria derivante dalla crisi alimentare”. Ma di questo – tuona alzando anche i decibel della voce – “la colpa non è delle sanzioni o dell’Europa, ma della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina”.

Draghi non si tira indietro nemmeno davanti alle dita puntate dalle opposizioni. Anzi, dagli ex Cinquestelle che oggi sono nella componente Alternativa. Oggetto del contendere i concimi. Il premier si rivolge al deputato Alvise Maniero, sottolineando con forza di aver “sollevato la questione tre mesi e mezzo fa con la Commissione europea e sto aspettando una risposta”. Ma assicura che la questione non è affatto chiusa: “La riproporrò ancora nel prossimo Consiglio Ue” di domani e venerdì. Al quale Draghi si presenterà con una maggioranza più frammentata, dopo l’uscita di Luigi Di Maio e oltre 60 parlamentari dal M5S per dare vita al gruppo Insieme per il futuro, ma sicuramente meno esposta ai rischi di possibili colpi di testa. I numeri ci sono, l’appoggio del Parlamento anche: la partita europea può ricominciare.

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Draghi: “Risoluzione dell’Onu per sbloccare il grano”

Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie e, tra la ‘guerra del grano’ e la riduzione delle forniture di gas russo all’Europa, il grido d’allarme si fa sempre più forte. Questa volta proviene direttamente dal premier, Mario Draghi: “Dobbiamo muoverci con rapidità e decisione per tutelare i cittadini Ue dalle ricadute innescate dalla guerra”.

Uno dei tasselli che compongono questa possibile ‘crisi umanitaria’ riguarda proprio l’emergenza relativa al blocco di milioni di tonnellate di cereali nei porti che, oltretutto, rischiano di marcire. “Le proiezioni fornite dall’Ucraina indicano che la produzione di frumento potrebbe calare tra il 40 e il 50% rispetto all’anno scorso“, spiega Draghi nelle comunicazioni in Senato in vista del prossimo Consiglio europeo. “Dopo vari tentativi falliti – aggiunge – non vedo alternativa a una risoluzione delle Nazioni Unite che definisca i tempi dell’operazione di sblocco del grano fermo nei porti ucraini e lo sminamento delle acque antistanti e dove l’Onu garantisca, sotto la propria egida, la sua esecuzione“.

L’ex capo della Bce dirige poi l’attenzione su piani e prospettive dell’Italia: “Continueremo a lavorare con l’Unione europea e i nostri partner del G7 per sostenere l’Ucraina, ricercare la pace, superare questa crisi. Questo è il mandato che il governo ha ricevuto dal Parlamento. Questa è la guida per la nostra azione“.

Un’azione che sta prendendo piede poco a poco ma che ha già regalato risultati sorprendenti. Per fare un esempio: se la Russia, da una parte, riduce le forniture di gas al Paese, dall’altra noi “stringiamo accordi importanti con vari Paesi fornitori, dall’Algeria all’Azerbaijan, e promuoviamo nuovi investimenti anche sulle rinnovabili”, precisa il premier. “Grazie a queste misure potremmo ridurre in modo significativo la nostra dipendenza dal gas russo già dall’anno prossimo”. Così Draghi apre uno spiraglio di speranza su quello che sarà il prossimo futuro. Un futuro non più incerto ma basato su fatti concreti e su una maggiore indipendenza geopolitica.

Infine, il premier rivolge al Senato un sentito ringraziamento: “Grazie per il sostegno nell’aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia, a continuare con le sanzioni contro il Paese invasore, a sostenere il potere d’acquisto degli italiani, a cercare di fare di tutto per evitare la tragedia della crisi alimentare nei Paesi più poveri del mondo, a continuare insomma sulla strada disegnata dal decreto 14 del 2022”.  Il sostegno è stato unito e l’unità, come molti hanno osservato, “è essenziale, specialmente in questi momenti“.

Gas e tensioni in maggioranza, giorni caldi per il governo

Si vive un giorno alla volta. La settimana più calda della stagione politica – e non per questioni meteorologiche – deve essere vissuta per forza così: tra una maggioranza che non riesce a trovare la quadra sulla Risoluzione che oggi dovrà essere votata in Senato, dopo le comunicazioni del premier, Mario Draghi, in vista del Consiglio Ue del 23-24 giugno, e un razionamento dei flussi di gas deciso unilateralmente dalla Russia, con conseguente aumento dei prezzi di mercato.

L’unico imperativo per il governo è non fermare i motori in attesa che si sciolgano i nodi sulle volontà del Movimento 5 Stelle, che vive ore di turbolenza per lo scontro interno tra Luigi Di Maio, che rivendica l’atlantismo e l’appartenenza all’Ue, e Giuseppe Conte, che disconosce le voci di corridoio sulla linea che avrebbe voluto far imporre dai suoi emissari in Parlamento sullo stop all’invio di armi all’Ucraina. Addirittura con evocazioni di espulsioni (per il ministro degli Esteri) e scissioni nel gruppo parlamentare più nutrito della legislatura.

Anche se la mediazione tra le varie forze che sostengono l’esecutivo va per le lunghe, il mood che circola in queste ore è che una soluzione si possa trovare. Anche a ridosso dell’intervento di Draghi nell’aula di Palazzo Madama, ma che consenta comunque di lasciare l’agibilità politica a Palazzo Chigi nella situazione delicata in cui si trova il Paese. Perché dal sostegno all’Ucraina l’Italia non recederà in nessun modo, al massimo l’ipotesi è quella di un impegno a informare le Camere passo dopo passo, ad ogni decisione che verrà presa nei consessi internazionali. Anche sull’invio di materiale militare per consentire a Kiev la difesa dei propri territori dall’invasore russo.

A proposito di Mosca, dopo i tagli alle forniture di gas dei giorni scorsi (per i quali sono stati addotte motivazioni tecniche di rotture agli impianti senza possibilità di riparazioni veloci, perché le sanzioni impedirebbero l’approvvigionamento dei pezzi di ricambio), ad oggi non sono state comunicate variazioni sul trend. Ovvero, i flussi sono ancora irregolari anche se al momento non ci sono segnali di allarme sugli stoccaggi. Che, certo, stanno procedendo più lentamente di prima, ma comunque non si sono fermati. Del resto, lo stesso ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in più occasioni, ha sempre spiegato che la luce rossa si accenderebbe solo nel caso in cui ci fosse uno stop totale prima della fine dell’anno. E comunque ha garantito, anche nelle ultime ore, che dopo l’attento monitoraggio dell’andamento delle entrate di gas nei siti di stoccaggio italiani, si deciderà come muoversi.

In poche parole, l’Italia vuole capire se si tratta di una “rappresaglia” della Russia (copyright del responsabile del Mite) o un reale intoppo tecnico che sarà risolto in tempi non eccessivamente lunghi.

Sulla strategia avranno un peso anche le conclusioni dell’incontro in programma oggi al ministero della Transizione ecologica, dove si riunirà il Comitato di monitoraggio sui flussi di gas, al quale prenderanno parte anche Arera, Snam (impegnata nell’acquisto delle due navi Fsru per la rigassificazione) e Terna, il gestore delle reti per la trasmissione di energia elettrica in Europa, che ha anche il polso della situazione sulle richieste di nuovi impianti di fonti rinnovabili. Piccolo spoiler: i dati sono sempre più positivi.

Domani, invece, Cingolani incontrerà i player, tra i quali ovviamente Eni ed Enel. Tirate le somme, con Draghi e gli altri ministri competenti il governo deciderà come muoversi.

Proprio domani il premier, se tutto filerà liscio oggi in Senato, riferirà anche alla Camera sul prossimo Consiglio europeo, nel quale tornerà a chiedere (con molta più forza di prima, anche in virtù dei tagli russi) il price cap Ue.

Tenendo presente che il piano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento continua a ritmo spedito, anche se le nuove partnership non potranno incidere a pieno regime prima del prossimo anno, lo scenario italiano appare delicato. Ma almeno il pericolo di un’allerta massima non sembra essere all’ordine del giorno. 

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Russia taglia 15% forniture gas a Italia. Cingolani: “Nessuna criticità”

Dopo la Germania è la volta dell’Italia. Gazprom, ieri, ha comunicato a Eni una limitata riduzione delle forniture di gas, pari a circa il 15%. “Le ragioni della diminuzione – ha riferito a Gea un portavoce del gruppo – non sono state al momento notificate“. Certo, colpisce la concomitanza con il viaggio del premier Mario Draghi, assieme al presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a Kiev, per portare di persona la solidarietà al popolo ucraino (e non solo, ovviamente) nell’incontro con il presidente Volodimir Zelensky.

Il braccio di ferro con Mosca, però, non si esaurisce con questa mossa. Perché il gigante russo del gas ha annunciato anche che taglierà di un altro terzo le sue forniture di gas all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream, affermando di essere stato costretto a spegnere un’apparecchiatura della tedesca Siemens. “Gazprom sta interrompendo il funzionamento di un’altra turbina a gas Siemens presso la stazione di compressione di Portovaya“, dove viene riempito il Nord Stream, la cui produzione giornaliera scenderà giovedì da 100 a 67 milioni di metri cubi al giorno, dopo un primo calo da 167 a 100 milioni di metri cubi martedì.

Martedì il colosso russo aveva ridotto del 40% il flusso verso Berlino attraverso lo stesso gasdotto a causa di “problemi tecnici e ritardi nella manutenzione“. Una giustificazione respinta al mittente dal ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, che ha parlato invece di “una decisione politica“, impossibile da giustificare con ragioni tecniche.

Sul fronte italiano l’attenzione è alta. “L’andamento dei flussi di gas è costantemente monitorato in collaborazione con gli operatori“, ha assicurato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, spiegando che “non si riscontrano criticità“. Anche perché, come spiega l’amministratore delegato di Italgas, Paolo Gallo, a margine della presentazione del Piano Strategico 2022-2028, “bisogna fare i conti prima di preoccuparsi. Un elemento positivo è il livello di stoccaggio che è significativamente elevato, quindi si prosegue con il riempimento degli stoccaggi. Certamente è un elemento da prendere in considerazione“. Il manager sottolinea che “Eni certamente ha una visione più ampia di noi. Ma bisogna capire come i flussi di gas continueranno e come il livello di stoccaggio si muoverà. Noi, rispetto a altri Paesi, abbiamo livelli di stoccaggio più elevati. Quindi abbiamo un piccolo vantaggio“.

Le stesse rassicurazioni sono arrivate anche dall’Europa. Per l’Ue “non ci sono al momento indicazioni di rischi sulle forniture energetiche, anche se “non abbiamo ancora spiegazioni per quanto riguarda la decisione sull’Italia”, mentre “eravamo a conoscenza del taglio verso la Germania”, ha precisato un portavoce della Commissione Ue. Dall’inizio delle sanzioni contro la Russia, sono diminuite costantemente le esportazioni di gas da Mosca verso l’Europa. Già nelle scorse settimane Gazprom aveva chiuso i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe. Tra l’11 e il 21 luglio è prevista la chiusura del gasdotto Nord Stream 1 per la manutenzione stagionale.

E mentre sul territorio europeo continua il braccio di ferro con il fornitore russo, da Gerusalemme la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha annunciato la firma di un memorandum di intesa trilaterale con Israele ed Egitto per maggiori forniture di gas al vecchio Continente. L’accordo “contribuirà a intensificare le consegne di energia in Europa, ha detto la presidente, spiegando che il gas israeliano arriverà in Egitto attraverso gasdotto – “si spera un giorno un gasdotto pronto per l’idrogeno” -, dove sarà liquefatto in Gnl e poi portato nell’Unione europea, dove sarà poi rigassificato. “Penso che questo sia un progetto molto importante, ma sappiamo che, nel tempo, dovremmo esplorare insieme l’uso delle infrastrutture per le energie rinnovabili. Questa è l’energia del futuro“, ha aggiunto von der Leyen.

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Rafforzato legame Italia-Israele, Draghi: “Ora sblocchiamo grano”

Mario Draghi chiude la missione in Israele e porta a casa l’impegno del primo ministro Naftali Bennett ad aiutare l’Italia e l’Europa con il gas dei suoi giacimenti, per supplire in parte alla dipendenza russa.

Israele è diventato produttore ed esportatore di gas solo di recente, dopo la scoperta di diversi giacimenti al largo delle sue coste nel Mediterraneo: il ‘Tamar’ (300 miliardi di metri cubi) e il ‘Leviathan’, al largo di Haifa (620 miliardi di metri cubi). Ma non ha un oleodotto che colleghi le sue piattaforme di trivellazione nel Mediterraneo ai mercati dell’Europa meridionale ed è in disputa con il Libano sulla delimitazione di parte della zona con diritti esclusivi. “Guardo avanti al giorno in cui anche Beirut deciderà che è disposto ad avere il beneficio del gas naturale che si trova nelle sue acque territoriali economiche“, puntualizza il primo ministro israeliano, che lamenta troppe polemiche da parte del Paese dei Cedri: “È un gran peccato che la leadership del Libano invece di produrre il gas e fare il bene dei cittadini si occupi di contese interne ed esterne del tutto inutili”.

L’impegno di Roma è a che si giunga quanto prima a un cessate il fuoco “nei termini che l’Ucraina riterrà accettabili“, continuando anche a sostenere il desiderio di Kiev di far parte dell’Unione europea ripete l’ex capo della Bce. Sullo sfondo, ma sempre più concreto, c’è il rischio di una catastrofe alimentare da scongiurare. “Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo“, spiega Draghi.

I rapporti con Gerusalemme sono stretti e si sono rafforzati negli ultimi anni, in ambito sanitario, economico, commerciale: “Vogliamo che questa collaborazione in campo medico e scientifico prosegua e si estenda anche a molti altri campi“, sottolinea il premier, riferendosi ai settori più innovativi, come la robotica, la mobilità sostenibile, l’aerospazio e la tecnologia applicata all’agricoltura.

Tappa anche nei territori palestinesi, dove il premier Draghi firma sei accordi di sviluppo, per 17 milioni di euro. Un’intesa su settori cruciali come la chirurgia pediatrica, l’agricoltura, l’occupazione giovanile e la tutela del patrimonio culturale: “Questi fondi rafforzano gli attuali contributi dell’Italia per gli aiuti allo sviluppo alla Palestina, che coprono diversi settori“, fa sapere dopo l’incontro con il premier palestinese Mohammed Shtayyeh. “L’Italia collabora con le istituzioni palestinesi per offrire nuove prospettive di formazione e di crescita ai giovani, attraverso borse di studio e partnership tra università. Condividiamo questi sforzi con il resto dell’Unione Europea“, garantisce. Sono molte le aziende italiane attive nei Territori, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili e nell’industria meccanica e high-tech.

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Draghi: “Lavoriamo con Israele su risorse gas Mediterraneo orientale”

Innovazione, sostenibilità, agricoltura ma soprattutto energia. Questi i temi principali toccati dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante l’incontro a Tel Aviv con il primo ministro israeliano, Naftali Bennett. La collaborazione Italia-Israele, negli ultimi anni, si sta rafforzando sempre di più e l’unione tra i due Paesi è ancora più forte in questo momento di profonda crisi energetica. “Stiamo lavorando insieme nell’utilizzo delle risorse di gas del Mediterraneo orientale e per lo sviluppo di energia rinnovabile“, dichiara il premier in un punto stampa congiunto. Anche perché l’obiettivo primario è quello di “ridurre la nostra dipendenza dal gas russo e accelerare la transizione energetica verso gli obiettivi climatici che ci siamo dati“.

Ringraziando il Governo israeliano per il suo sforzo di mediazione in questa emergenza, Draghi sottolinea che “con il primo ministro Bennett si è discusso anche delle crisi internazionali in corso e in particolare della guerra in Ucraina”, aggiungendo poi che, in ogni caso, “l’Italia continuerà a sostenere in maniera convinta l’Ucraina e il suo desiderio di far parte dell’Unione europea”.

Tra le crisi provocate dal conflitto, anche quella relativa al blocco del grano nei porti del Mar Nero che rischia di far scoppiare una vera e propria catastrofe alimentare. Il premier non ha dubbi sul da farsi: “Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo“.