L’ultimo saluto a Berlusconi, oggi i funerali di Stato al Duomo di Milano

Lutto nazionale, lavori parlamentari sospesi e funerali di Stato. La notizia della morte di Silvio Berlusconi ha fatto il giro del mondo, mentre l’Italia inizia a prendere le misure con la scomparsa di uno dei suoi assoluti protagonisti. Oggi alle 15 in Duomo, a Milano, ci saranno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la premier, Giorgia Meloni, l’intera squadra di governo, oltre al commissario, Paolo Gentiloni, in rappresentanza della Commissione Ue, diversi esponenti della politica, del mondo dell’imprenditoria, della società civile e capi di Stato a rendere l’ultimo omaggio all’ex presidente del Consiglio.

Ci saranno anche tanti cittadini, non solo militanti di Forza Italia o del centrodestra, ragione per cui si va verso l’istallazione di maxischermi per assistere anche al di fuori della cattedrale alla funzione che sarà celebrata dall’Arcivescovo del capoluogo lombardo, monsignor Mario Delpini.

Il cordoglio è ampio, anche se non mancano le polemiche sulle iniziative decise per commemorare il Cavaliere. Non tutti, ad esempio, hanno scelto di issare le bandiere a mezz’asta, come hanno fatto invece le sedi istituzionali di Montecitorio, Senato, Palazzo Chigi e di diversi enti locali tra Regioni e Comuni. L’opinione pubblica si divide anche sulla decisione di Camera e Senato di riprendere i lavori dopo il giorno di lutto nazionale.

A Palazzo Madama, inoltre, martedì 20 giugno si terrà la commemorazione in aula di Berlusconi, a partire dalle ore 15, mentre la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, pur anticipando l’intenzione di fare altrettanto la prossima settimana, non ha ancora stabilito una data precisa.

Anche l’Europa ricorda Berlusconi. Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, istituzione comunitaria di cui il Cav ha fatto parte in questa legislatura, dal 2019 al 2022, annuncia che per i funerali di Stato e il giorno di lutto nazionale dichiarati nel nostro Paese “la bandiera italiana sventolerà a mezz’asta anche davanti alle sedi” di Bruxelles e Strasburgo. Alla commemorazione organizzata dai deputati del Partito popolare europeo, Metsola ha ricordato l’ex premier come “un combattente che ha fondato e guidato il centrodestra Italiano. Padre, imprenditore, eurodeputato, presidente del Consiglio e senatore. Protagonista della politica per generazioni, ha contribuito a passaggi cruciali della storia europea e della Repubblica italiana. Siamo qui per piangere l’uomo che ha lasciato un segno e non sarà dimenticato“.

Gentiloni

Sostenibilità, Gentiloni: “Dalla transizione non si torna indietro”

Indietro non si torna. “Costruire un’economia che funzioni per le persone e per il pianeta è una sfida formidabile, ma da cui non possiamo rifuggire”. Paolo Gentiloni vuole mettere le cose in chiaro: la politica di sostenibilità dell’Ue e la transizione sostenibile non sono in discussione, e non possono essere accantonate. Il commissario per l’Economia sceglie la conferenza la conferenza ‘Oltre la crescita: percorsi per una prosperità sostenibile dell’Ue’ per ribadire che la strada è tracciata, battuta, e per questo pronta per essere percorsa. Certo, non sarà un cammino semplice. Vero è, ammette, che “molti cittadini sono preoccupati per il costo della transizione”, una preoccupazione peraltro “aggravata dall’elevata inflazione e dai prezzi record dell’energia sulla scia dell’invasione su vasta scala della Russia lo scorso anno”. Ma, insiste, “penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che un’economia basata su un uso sempre maggiore di risorse finite che produce sempre più rifiuti ed emissioni non sia un modello sostenibile”.

Sottolineature che si rendono necessarie anche alla luce di crescente e sempre più frequenti frizioni sull’impostazione ‘green’ dell’agenda a dodici stelle. Il braccio di ferro sui motori di nuova generazione prima, seguita dal conflitto sui carburanti alternativi, e il rinnovato dibattito sul nucleare. Con le elezioni europee che si avvicinano (manca un anno, gli ambasciatori dell’Ue hanno indicato i giorni di voto tra il 6 e il 9 giugno 2024) l’agenda verde si allontana. Si intravede un rallentamento degli sforzi e delle ambizioni, in nome di logiche elettorali. Gentiloni non vuole cambi di rotta. In gioco c’è più dell’azione della Commissione, ma la sua credibilità.

Il cambiamento di paradigma che questa Commissione ha abbracciato va verso una crescita sostenibile, e questo cambio di paradigma è l’essenza del Green Deal europeo”. Difende con forza le scelte compiute sin qui, convinto della necessità non rinviabile di “trasformare l’economia europea e passare a un modello di crescita diverso, alimentato da elettricità e fonti rinnovabili prive di emissioni di carbonio e basato sui principi di circolarità: riutilizzo e riciclo”. A chi oggi appare poco o meno convinto, ricorda che “l’alternativa a un modello di crescita tradizionale non può essere un modello di ‘decrescita’”, perché “un’economia in contrazione avrà meno, non più, risorse da investire nella protezione dell’ambiente”.

Il modello economico conosciuto fin qui ha mostrato i suoi difetti. Tanto che “riconosciamo tutti che il Pil come indicatore ha i suoi limiti” e non può essere più il solo parametro utile di riferimento. Non a caso, continua il commissario per l’Economia, “nel primo articolo che ho pubblicato in qualità di commissario, anche prima della pandemia, ho chiesto una nuova strategia di crescita sostenibile”. Arriva perciò un nuovo invito alle politica nazionale di ogni Stato membro a fare la propria parte, nel rispetto di impegni e obiettivi. “Modelli ambientali ed economici integrati possono guidarci in questo difficile compito” di una transizione vera, che sia esempio per il resto del mondo. Indietro non si torna. “Insieme possiamo passare con successo a un nuovo modello di crescita che sia sostenuto e sostenibile, e mostrare che la crescita economica può, anzi deve, essere una forza positiva”.

Un piano europeo per mestieri ‘verdi’. Si inizia a ragionarne

Il 20 gennaio scorso, tre mesi e mezzo fa, su questa rubrica scrivevo: “Vorrei vedere un quadro di proposte ed interventi generali e, accanto ad ogni proposta legislativa per l’industria green, una proposta sul ‘lavoro green’ cioè sulle ricadute sociali e i possibili rimedi. Anche perché questo sì aiuterebbe i cittadini a condividere le scelte”.

Il 4 maggio una prima risposta è arrivata. È solo una proposta di “ragionamento”, ma viene da una fonte autorevole, il commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni, il quale parlando al Brussels Economic Forum ha auspicato proprio questa cosa. Si discuteva la questione del mercato del lavoro in questi mesi nell’Unione europea, e Gentiloni ha riconosciuto che “è evidente che è sotto pressione. Le attività tradizionali stanno riducendosi, le nuove politiche economiche ed industriali richiedono figure professionali nuove, spesso non ancora disponibili. Pensiamo, tanto per stare ad un dibattito recente, alla diffusione delle auto elettriche, che, obbligatorie o meno dal 2035, già nell’ultimo paio d’anni hanno visto un’impennata nelle vendite. Serviranno nuovi “meccanici”, nuovi tecnici per i sistemi di ricarica. Dunque professionalità spesso da creare quasi dal nulla.

Per affrontare queste esigenze, dice Gentiloni, “un meccanismo europeo di finanziamento per riqualifica professionale e nuove competenze sarebbe un argomento interessante su cui discutere nei prossimi mesi. Forse sarebbe stato meglio dire “da subito”, ma il concetto è comunque chiaro, e condivisibile. Il Commissario non parla di un nuovo Sure, il meccanismo europeo a sostegno dell’occupazione varato sulla scia della crisi prodotto dalla pandemia di COVID-19, perché “non sarebbe possibile date le situazioni attuali in cui ci troviamo”. Ma ipotizza un qualcosa che, aiutando le necessità dell’industria, vada anche incontro alla necessità dei lavoratori, nuovi e, si spera anche i vecchi, di avere un’occupazione.

L’aspetto della transizione lavorativa che discende dalla transizione climatica è infatti decisivo, sia dal punto di vista sociale sia da quello industriale. Non dimentichiamo che il cambiamento al quale si lavora è per le generazioni presenti, ma in particolare per le future. Dobbiamo, sin da ora dare la possibilità ai lavoratori di esserci. Un ambiente più sano avrebbe uno scarso impatto nella qualità delle vite se non fosse accompagnato da una società più sana.

Gentiloni: Italia dinamica, ora fondi Pnrr per investimenti necessari

L’economia europea avrà una situazione migliore del previsto e non avrà una recessione profonda come alcuni pensavano solo pochi mesi fa. E l’Italia ha dimostrato in questi due anni e continua a mostrare lo straordinario dinamismo delle proprie imprese straordinario e del mondo del lavoro e può usare le risorse Pnrr per avere lo spazio e per gli investimenti che sono necessari“. Lo afferma il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, a margine della conferenza stampa di presentazione dei risultati delle previsioni economiche d’inverno della Commissione europea.

 

Paolo Gentiloni

Manovra, ok dalla Commissione europea: “Bene gli investimenti per la transizione verde”

Il governo Meloni incassa l’ok alla legge di Bilancio. Il giudizio della Commissione europea “è complessivamente positivo”, come ha modo di sintetizzare il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, che sottolinea “la positività degli investimenti a sostegno della transizione verde e tecnologica”. Per quanto riguarda le ambizioni che rispondono al Green Deal e all’agenda innovativa a dodici stelle, il documento recapitato a Bruxelles “prevede di finanziare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica”. Inoltre, sul fronte dei conti pubblici, “l’Italia limita la crescita della spesa primaria corrente finanziata a livello nazionale”. Per cui la Manovra del governo italiano “nel complesso è in linea” con le raccomandazioni del Consiglio.

Il risultato politico della coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia è dunque il via libera a una legge di Bilancio planata sul tavolo del collegio di commissari in ritardo rispetto alle scadenze previste per le elezioni anticipate e i tempi necessari per formazione di Camere ed esecutivo. Nonostante sia stata fatta “molto rapidamente”, il governo incassa il risultato con i riconoscimenti del caso. “Bisogna dare atto – sottolinea Gentiloni – al lavoro svolto per tempi, impegni e strategia. La Commissione europea, che fa della sostenibilità di deficit e debito uno dei fattori di massima attenzione, rileva anche il contributo che deriva dalle scelte sul sostegno ai rincari dell’energia”.
La legge di Bilancio del governo Meloni contribuisce a ridurre il livello di deficit in relazione al Pil, che si prevede in discesa al 3% nel 2025. “Il disavanzo pubblico – si legge nel testo delle valutazioni – dovrebbe scendere al 3,7% del Pil nel 2024, il che si spiega principalmente con la scadenza delle misure energetiche temporanee, e al 3,0% nel 2025″. Dunque si prende atto delle misure emergenziali, temporanee e mirate nella natura, e l’attenzione per quando queste saranno rimosse.

Ma se l’ambizione verde e sostenibile della Manovra passa a pieni voti il vaglio Ue, non altrettanto si può dire per quelle che sono le misure fin qui chiave del nuovo governo. La riforma delle pensioni e i pagamenti elettronici sono oggetto di critiche. Nello specifico, la Commissione contesta la disposizione che aumenta il massimale per le operazioni in contanti dagli attuali 2.000 euro a 5.000 euro nel 2023.
Altra misura che viene considerata “non linea” con quanto chiede l’Europa, quella “equiparata al condono fiscale” che consente la cancellazione di debiti tributari pregressi relativi al periodo 2000-2015 e non superiori a mille euro. Inoltre, finisce nel mirino la possibilità di rifiutare pagamenti elettronici inferiori a 60 euro senza sanzioni. Ancora “non sono coerenti” con le raccomandazioni Ue “in particolare nel settore delle pensioni”. Il governo tira dritto, e guarda a ciò che contava di più, politicamente: l’approvazione della legge di Bilancio. “La commissione ha promosso la nostra manovra giudicandola ‘in linea’ – esulta il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti -. L’Italia è inserita nella metà dei Paesi europei che sono dalla parte giusta”, e questo è motivo di “grande soddisfazione”.

Gentiloni

L’Europa si mette al servizio dell’Italia: ora tocca a Meloni continuare corsa al Pnrr

L’Europa si mette al servizio dell’Italia, ma l’Italia dovrà mettersi al servizio di sé stessa per continuare a ricevere il sostegno che serve per la trasformazione in senso sostenibile e innovativo la propria economia. I timori post-elettorali sembrano lontani, e il mondo dell’Ue è pronto a lavorare con il prossimo esecutivo tricolore, a cui però si invita a continuare nel solco tracciato da Mario Draghi. “Va continuata questa corsa contro il tempo che è l’attuazione del Piano nazionale per la ripresa (Pnrr)”, scandisce Paolo Gentiloni da Roma. Alla platea del roadshow InvestEU 2022 – Sostenitore per gli investimenti per un’economia verde, digitale ed equa’, il commissario per l’Economia ribadisce una volta di più che di fronte a crisi energetica e impatto del conflitto russo-ucraino sull’economia “non dobbiamo mettere un’ipoteca al Green deal”, e in fin qui il Paese è stato un buon esempio. “Dobbiamo riconoscere al governo italiano che in questo periodo ha fatto ogni sforzo per rimanere in questa dimensione”.

Incognite e ostacoli non mancano. Non sarà una passeggiata, e non lo sarà per nessuno. Per fare dell’agenda sostenibile una realtà “serviranno 520 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi all’anno per i prossimi dieci anni per la transizione climatica, e 130 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi per la transizione digitale”, ricorda Gentiloni. Si tratta di uno sforzo che chiama in causa “soprattutto i privati”, certo, “ma serviranno anche investimenti pubblici, e guarderemo a questo con le nostre regole del patto di stabilità”. Il membro italiano del team von der Leyen si mostra disponibile. A Bruxelles, sottolinea, “dobbiamo trovare il meccanismo, anche per i Paesi con spazio di bilancio limitate, per avere l’incentivo atto per promuovere gli investimenti”, pur garantendo “sostenibilità di bilancio”.

La politica di Bruxelles è pronta a fare la sua parte, e il sistema Italia è deciso a continuare a fare squadra. Dario Scannapieco, presidente di Cassa Depositi e prestiti (Cdp), ribadisce l’impegno della banca promozionale. “Vogliamo iniziare a fare leva e dare accesso alla garanzia dell’Ue e finanziare progetti di alto livello e valore aggiunto per l’economia italiana”, attraverso un uso efficiente di InvestEU, il programma Ue per gli investimenti strategici erede del vecchio piano Juncker. “Vogliamo confermare il nostro ruolo di leadership a livello europeo di utilizzo della garanzia Ue”, e in tal senso “vogliamo rafforzare la nostra presenza a Bruxelles”.

Altra sponda arriva da Lussemburgo, dal contributo che potrà dare la Banca europea per gli investimenti. Anche questo organismo europeo si mette al servizio del Paese, ma la vicepresidente Gelsomina Vigliotti non può esimersi dall’offrire consiglio per una cooperazione di successo. “La risposta alla crisi energetica è chiara: diversificare le fonti energetiche e insistere su più efficienza energetica, nel breve, medio e lungo periodo”. È una responsabilità tutta italiana e dei suoi amministratori, centrali e locali. Perché, ricorda, nell’impegno per la transizione verde e digitale “gli investimenti non possono essere prescritti né da Bruxelles né da Lussemburgo, nascono nei territori”. Come Bei, scandisce, “dobbiamo proteggere i territori e rafforzare la coesione”. Se anche la Bei si mette al servizio dell’Italia, il grosso spetterà all’Italia. Un altro pro-memoria per il governo a trazione Meloni in procinto di formarsi ed entrare in funzione.

Daniele Franco, ministro dell’Economia uscente, procede al passaggio di consegne. Con la guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è scaturita, “la transizione sostenibile, che già sostenevamo per combattere i cambiamenti climatici, è oggi più urgente che mai”. E non si tratta solo di farla, ma di governarla. Per essere protagonisti e avere vera crescita, “dobbiamo sapere gestire la transizione” sostenibile. Sarà questo uno dei compiti del prossimo governo. Con l’Europa che si mette al servizio dell’Italia, ora spetta al governo Meloni. Che può trarre vantaggio dall’accordo siglato per l’occasione da Commissione europea e il Gruppo BEI, che comprende la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI).

Per lanciare il programma InvestEU in Italia, hanno siglato le prime quattro operazioni italiane, per un totale di 264 milioni di euro. Arrivano 45 milioni di euro dalla Bei a Acque Bresciane per potenziare la copertura, qualità e la resilienza dei servizi per le acque reflue nella Provincia di Brescia. Altri 30 milioni di euro verranno investiti dal FEI in Xenon FIDEC per promuovere l’economia circolare. Ancora, 100 milioni di euro di garanzia FEI a Intesa Sanpaolo per sostenere gli investimenti e le esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap innovative o per sostenere la loro transizione digitale e ecologica. Infine 84 milioni di euro di garanzia FEI a Mediocredito Trentino-Alto Adige S.p.A per investimenti ed esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap del Nord-Est.

gas stoccaggio

Gli stoccaggi gas in Italia sono a livello del 2021 e -11% sul 2020

Da Cernobbio, qualche giorno fa, il commissario europeo agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, affermava che la Ue “è pronta allo stop del gas”, dato che sono “aumentati gli stoccaggi. Nelle ultime settimane infatti le scorte sono cresciute, una corsa agli acquisti su spinta degli Stati che ha anche contribuito all’impennata dei prezzi sulla borsa di Amsterdam. Per cui all’8 settembre, in base ai dati dell’Aggregated Gas Storage Inventory (Agsi), gli stoccaggi della Ue sono pieni all’82,77%. Nel dettaglio la Germania è all’86,95%, la Francia al 94%, la Spagna all’85,96% e l’Italia all’84,46%, sopra dunque la media europea ma sotto quella dei principali Stati dell’Unione. Se però confrontiamo il dato degli stoccaggi con quelli dell’8 settembre di due anni fa, anno pandemico per eccellenza, notiamo che le scorte in realtà erano addirittura superiori a quelle attuali, quando il prezzo del gas era di appena 14-15 euro per megawattora.

L’8 settembre del 2020, sempre secondo i dati Agsi, la percentuale di riempimento degli stoccaggi nella Ue era al 92,4%. La Germania si posizionava al 93,78%, la Francia al 95,89%, la Spagna al 93% e l’Italia addirittura 95,26 per cento. Rispetto a due anni fa, il nostro Paese è sotto di un 11% circa insomma.
E l’8 settembre 2021? Effettivamente, come sostiene Gentiloni, la situazione è nettamente migliorata a livello Ue. Un anno fa le scorte di gas dell’intera Unione erano piene al 69,5%. La Germania addirittura si fermava al 61,6%. Meglio la Spagna col suo 72,4%. La Francia invece era già all’86% e l’Italia stava all’83%, quindi più o meno in linea con il tasso di riempimento attuale. Un anno fa il prezzo del gas era intanto già raddoppiato rispetto al 2020, essendo salito a 30 euro/MWh.

Il confronto però nasconde una insidia non proprio trascurabile: mentre nel 2020 e nel 2021 il flusso di gas dalla Russia era blindato, adesso gli approvvigionamenti sono crollati (vedi Tarvisio) o addirittura spariti, basti considerare che il North Stream che alimenta la Germania è bloccato a tempo indeterminato. Per cui, nonostante proclami e annunci roboanti, siamo nella stessa condizione di un anno fa a livello di stoccaggi, solo che ci arriva meno gas. Tuttavia i consumi di metano, almeno in Italia, sono scesi di pochissimi punti percentuali negli ultimi mesi e il piano di contenimento dei consumi annunciato dal ministro Cingolani prevede risparmi per 8 miliardi di metri cubi circa fino a fine marzo. Per compensare il taglio di forniture dalla Russia, grazie agli accordi stretti dal governo, stanno aumentando i flussi da Algeria e Azerbaigian (via Tap), tuttavia rimane un gap di una quindicina di miliardi di metri cubi che non potranno essere coperti da un extra proveniente dagli stoccaggi, visto che sono gli stessi o addirittura inferiori rispetto agli scorsi anni.

Gentiloni

Crisi energetica spaventa l’eurozona. Gentiloni: “Sale rischio recessione”

L’incertezza rimane eccezionalmente elevata e il rischio di una recessione è in aumento”. Parola di Paolo Gentiloni, che lancia l’allarme per l’immediato futuro dell’eurozona. Il commissario europeo per l’Economia non può più nascondere quanto c’è in gioco, adesso che Gazprom ha messo davvero mano ai rubinetti del gas. Dipende tutto dall’andamento dei mercati energetici. “Le prospettive peggiorerebbero notevolmente rispetto alla nostra linea di base se dovessimo vedere un taglio completo del gas russo”. Uno scenario, questo, che si sta materializzando dopo lo stop al gasdotto Nordstream. La questione energetica, con l’aumento dei prezzi, il crollo dell’offerta soprattutto da parte russa, e l’effetto delle sanzioni decretate dall’Ue su petrolio e carbone russi quale risposta all’aggressione dell’Ucraina, alla fine si fanno sentire e nessuno può più ignorarlo, a partire dal componente italiano del collegio dei commissari, che comunque non è il solo a essere preoccupato.

Inflazione e caro-energia stanno avendo ripercussioni”, riconosce un alto funzionario europeo. “Questo rallentamento non è limitato all’eurozona, riguarda anche le principali economie mondiali. Ma l’eurozona è più esposta, soprattutto per l’andamento del settore energetico”. È questo che determina la fragilità e la debolezza dei membri Ue con la moneta unica rispetto ad altri attori, e il rischio di una nuova recessione dopo quelle del 2008 e quella prodotta dalla crisi sanitaria, con lo spegnimento dell’economia seguito alla pandemia di Covid-19. “Quello che sta accadendo, soprattutto sul fronte energetico, ha una impatto sull’economia”, ammette la fonte. Per questo “non si può escludere il rischio di una recessione”. Esattamente quando detto da Gentiloni alla platea del Bruegel Annual Meeting.

Il commissario per l’Economia non si rivolge solo al pubblico presente a Bruxelles. Si rivolge innanzitutto agli Stati membri, con un’attenzione particolare al proprio. L’Italia al voto il 25 settembre avrà a breve un nuovo governo, ed sembra rivolto soprattutto a questo l’invito a non spendere. Perché è vero che il patto di stabilità con le sue regole è sospeso e si hanno maggiori libertà di manovra, ma “dobbiamo fare in modo che le politiche di bilancio non aumentino la pressione inflazionistica”, altrimenti il rischio di recessione potrebbe automaticamente tradursi in stagflazione. Tutti temi su cui si confronteranno i ministri dell’Economia e delle finanze questo venerdì, quando l’Eurogruppo si riunirà a Praga, nel doppio formato regolare a 19 e in quello allargato a 27, con gli Stati membri dell’Ue senza l’euro. La parola d’ordine è e vuole essere “coordinamento”, una risposta europea, a ventisette, invece di tante ricette nazionali singole, diverse e differenziate. È in contesto che lo impone. “La situazione è motivo di preoccupazione, riferiscono degli addetti ai lavori. Per questo motivo “cerchiamo di focalizzarci sul coordinamento della risposta”. A Bruxelles si è convinti che questo sia il solo modo possibile per far fronte alla recessione alle porte.

Gentiloni intanto invita tutti a lavorare per “l’accelerazione dell’adozione di misure di efficienza energetica e l’aumento dell’adozione delle energie rinnovabili”. Si tratta di misure che servono a “ridurre il consumo di combustibili fossili”, a patto che si proceda “a pieno ritmo”. Quindi assicura che la Commissione è al lavoro per risolvere i problemi legati ai mercati dell’energia. Per far fronte al caro-energia, conferma, si stanno superando le divisioni. E ora “è anche possibile intervenire per limitare il prezzo del petrolio e del gas russo e trovare modi per intervenire sul mercato energetico per disaccoppiare i prezzi dell’elettricità e del gas”.

internet

Italia maglia nera in Ue per Internet ad alta velocità

Il terzo peggior Paese nell’Unione Europea, meno di una famiglia su due connessa alla rete Internet ad alta velocità, mentre Stati come Malta, Lussemburgo e Spagna volano avvicinandosi – o addirittura raggiungendo – il 100%. I dati pubblicati da Eurostat sulla copertura Internet ad alta velocità sul territorio comunitario certificano che per l’Italia la strada verso gli obiettivi Ue 2030 è ancora molto lunga e che sul fronte digitale c’è bisogno di uno sforzo politico e tecnico eccezionale. O, come ha scritto su Twitter il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, che “anche per questo il Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) è così importante“.

Solo un anno fa la Commissione Ue fissava con la Bussola Digitale 2030 l’obiettivo di raggiungere entro la fine del decennio la connettività gigabit in tutte le case sul suolo comunitario e la copertura 5G in tutte le aree popolate. Nonostante i “notevoli progressi” nella diffusione delle connessioni di rete fissa ad altissima capacità e di quelle Internet ad alta velocità tra il 2013 e il 2021 (rispettivamente dal 4 al 37% e dal 16 al 70,2%), il rapporto Eurostat segnala livelli di accesso “significativamente” variabili tra gli Stati membri Ue – di cui l’Italia occupa l’estremità negativa – ma anche all’interno degli stessi Paesi, se si scorpora il dato secondo la densità di popolazione.

In entrambi i casi, l’Italia si posiziona in fondo alla classifica europea. Per quanto riguarda la copertura generale, si ferma al 44% delle famiglie coperte, rispetto alla media Ue del 70,2%. Fanno peggio solo Cipro (41%) e Grecia (20%), mentre Malta segna il 100%, incalzata da Lussemburgo (96%), Danimarca (95%) e Spagna (94%). Per quanto riguarda invece le aree a bassa densità abitativa, in Italia solo il 17,3% della popolazione è coperta da Internet ad alta velocità, mentre la media Ue è pari al 37,1%. Anche in questo caso il Paese occupa il terzultimo posto, davanti solo a Croazia (14%) e Austria (15,7%), mentre in cima alla classifica c’è sempre Malta con il 100%: alle sue spalle Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi ex aequo con il 79,1% di copertura.

Questa volta nel nuovo clima italiano ci avevano creduto anche a Bruxelles

Pochi giorni fa ero in un palazzo storico a Roma, in una splendida sala decorata con arazzi. Tutto splendido ma… faceva, per me, un gran caldo. “Mi spiace, ma sai, qui seguiamo le indicazioni del governo sull’uso dell’aria condizionata, anche per l’ambiente è meglio“, mi ha spiegato un amico che lì lavora. La sala era al palazzo del Quirinale, dove l’Ad della nostra società editoriale stava per essere ricevuto dal presidente Sergio Mattarella, ed io ero stato inserito nella lista degli ospiti dell’incontro. Io ho sudato, ma Mattarella no. Sono partito da qui perché una frase detta giovedì scorso dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, mi ha confermato in un’idea che ho in testa. Parlando della crisi di governo in Italia, Gentiloni ha detto, tra l’altro che “è il momento di fare fronte comune […] se lavoriamo insieme possiamo evitare la tempesta“.

Ecco, Gentiloni sarà pure italiano, ma la posizione che ha espresso è quella grazie alla quale l’Unione europea, superando storiche ed enormi divisioni, ha deciso uno slancio comune per superare la crisi creata dalla pandemia e, sulla scia dei principi del Green Deal, ha lanciato quello che in Italia chiamiamo ‘Pnrr’, il piano di ristrutturazione e rilancio delle economie dei Ventisette, che è partito, guarda caso, proprio per uno slancio fornito dall’allora “pensionato” Mario Draghi, che chiese con determinazione un intervento di questo tipo, prima con un intervento sul Financial Times e poi in un evento pubblico.

L’idea passò, come è noto, e passò anche per l’impegno che si prese Mattarella a far sì che il piano avesse successo anche in Italia, Paese al quale è stata destinata quasi la metà delle risorse complessive, perché il più in difficoltà, il più indietro su molti fronti del Green Deal, perché troppo grande per poter andare a gambe all’aria senza portarsi dietro buona parte del resto d’Europa.
La “Transizione verde” italiana poi è partita, ed è partita proprio con Draghi alla guida del governo. Mattarella e Draghi, un binomio che per i nostri partner è una garanzia di affidabilità, ed una buona ragione per sperare in un successo.

Restando alle parole di Gentiloni dunque a Bruxelles si segue “con preoccupato stupore” quel che sta accadendo in Italia. La preoccupazione è che una crisi “al buio” possa fermare il grande progetto del Next Generation EU (nel quale nasce il Pnrr), che la Transizione italiana possa subire una battuta d’arresto pericolosa, proprio quando si è vicini al rilascio della seconda tranche di finanziamenti, proprio quando i progetti devono essere “messi a terra“, devono iniziare ad essere realizzati.

La Transizione italiana non riguarda solo noi italiani, riguarda tutta l’Unione. Questa volta non si stratta di una crisi “normale” di quelle che a Bruxelles sono abituati a vedere in Italia, tanto che per la crisi in sé “non abbiano neanche tanta sorpresa“, ci dice un alto funzionario della Commissione. L’esito di questa fase è decisivo per il Green deal italiano, e un blocco, un rinvio sine die, una rimessa in discussione dei piani faticosamente discussi con la Commissione ed accettati dai partner, questa volta potrebbe costarci molto caro, potrebbe essere la fine per la crescita, sostenibile (o meno) del Paese che già ora si presenta come maglia nera in troppe classifiche.

(Photo credits: John MACDOUGALL / AFP)