Ponte Stretto, governo avanti su fondi da Sicilia-Calabria. Schifani: Si rischia conflitto

Il governo non cambia idea sulla compartecipazione di Sicilia e Calabria alle spese di realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. “E’ un piccolo contributo, mi sembra banale: che ci mettano una piccola fiche è normale”, conferma infatti il vicepremier, Matteo Salvini.

Ma, allo stesso modo, non si placa il dibattito che si è scatenato dopo la presentazione dell’emendamento alla legge di Bilancio che cambia destinazione a una parte dei fondi Fsc per le due regioni.

Anche i sindacati entrano in partita: “Mentre tutte le analisi, a partire da quella dello Svimez, confermano che senza l’utilizzazione massiccia di risorse aggiuntive il Mezzogiorno rischia la più cruda recessione, vengono sottratti alla Sicilia e alla Calabria 1.600 milioni del Fondo di Sviluppo e Coesione per dirottarli sul Ponte dello Stretto”, accusano il segretario confederale della Cgil nazionale, Pino Gesmundo, e i segretari generali di Calabria e Sicilia, Angelo Sposato e Alfio Mannino. Rincarando la dose: “Proprio come nel gioco delle tre carte, Salvini fa apparire e scomparire, a suo piacimento, le risorse”.

La Cisl, pur ritenendo “importante realizzare questa infrastruttura, considerandola un forte volano per la crescita economica, lo sviluppo e l’occupazione del Mezzogiorno”, considera “altrettanto importante che la dotazione dell’Fsc non venga decurtata nel suo ammontare”, essendo “uno degli strumenti principali per attuare la politica di coesione nel nostro Paese e per risollevare concretamente il Sud”. Dunque, “eventuali decurtazioni dovranno essere prontamente reintegrate”.

Sull’argomento torna anche il presidente della Siciliana, Renato Schifani. Già a caldo la Regione si era espressa negativamente sulla scelta dell’esecutivo, ora il governatore ribadisce che “il tema è delicato perché costituisce un precedente”. I fondi Fsc “prelevati d’autorità dal governo nazionale” sono 300 milioni, ma – lamenta l’ex presidente del Senato – “occorre sempre una concertazione tra i vari livelli dello Stato, lo prevede l’articolo 120 della Costituzione. Quindi mi auguro che questo fatto non abbia ulteriori ripetizioni, perché si aprirebbe un conflitto che nessuno vuole”.

A stemperare i toni ci prova il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Ai microfoni di Sky Tg24 dice di confidare che “parlandosi, Schifani, Fitto, che di fatto è il delegato per il Fondi di sviluppo e coesione, e il ministro Salvini che è responsabile del progetto, troveranno un accordo. Sono sempre stato per le mediazioni”.

L’opposizione, intanto, continua ad attaccare. “Salvini dà i numeri e sembra Totó, solo che De Curtis era un attore e faceva ridere, lui fa piangere”, punge Angelo Bonelli (Europa Verde). Che rincara la dose: “Le dichiarazioni sul costo del Ponte sullo Stretto di Messina sembrano cambiare come il vento: un gioco di cifre e affermazioni incostanti. Mai visto un ministro inattendibile come lui”. Il deputato di Avs non è solo nella partita contro l’infrastruttura che dovrebbe vedere il via ai lavori dall’estate 2024: “Il grande bluff del Ponte sullo Stretto di Messina si sta rivelando in tutta la sua evidenza”, colpisce duro Legambiente. Che insiste: “L’insostenibile opera continua a sottrarre le risorse destinate alle vere priorità del Sud Italia e dell’intero Paese“.

Rifiuti, Italia leader riciclo in Ue. Pichetto: E’ chiave transizione

Sul riciclo, l’Italia corre. E’ tra i Paesi europei con le migliori performance per la preparazione al riutilizzo e il riciclo sia dei rifiuti urbani che per quelli dei rifiuti di imballaggio.

Realizzare una vera economia circolare significa “salvaguardare il Paese“, evidenzia Gilberto Pichetto, perché consente di “consumare le risorse in modo responsabile e permette di risparmiare energia e ridurre le emissioni“. L’ambizione è, spiega, “fare da traino e condividere le competenze affinché il riciclo sia uno strumento di sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale”. Il riciclo è uno strumento chiave per “renderci indipendenti dai Paesi fornitori di materie critiche, è una nuova sfida“, afferma il ministro. Pensa al litio, al cobalto: “materiali preziosi per le auto elettriche e per le rinnovabili“.

Il tasso di riciclo dei rifiuti, speciali e urbani, ha raggiunto il 72% (a fronte di una media europea del 58%), con punte di eccellenza per gli imballaggi: 10,5 milioni di tonnellate di imballaggi avviate nel 2022 a recupero di materia (erano 9,3 nel 2018), 2 punti sopra al target del 70% previsto dall’Ue al 2030.

Però restano ritardi in alcune filiere (come i Raee) e su nuovi settori (come il riciclo delle batterie e dei pannelli solari). Gli emendamenti alla proposta della Commissione di Regolamento sugli imballaggi approvati dal Parlamento Ue, pongono nuove sfide per rafforzare il riciclo puntando ad aumentare il riutilizzo di imballaggi riutilizzabili, quando il riutilizzo è fattibile e comporta un significativo vantaggio ambientale; non impongono come unico modello quello basato sul deposito cauzionale, ma consentono modelli diversi, con elevate performance, come quello del Conai-Consorzi di filiera, basato sul contributo ambientale pagato dai produttori e dagli utilizzatori.

Il quadro della situazione lo traccia la Conferenza Nazionale sull’Industria del riciclo, a Milano, che presenta il Rapporto ‘Il Riciclo in Italia 2023‘.

L’anno che si sta per concludere, osserva Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, “non è stato un anno facile“: i costi dell’energia alti, le difficoltà di mercato di diverse materie prime seconde e l’incertezza generata da alcune misure contenute nella proposta iniziale del Regolamento imballaggi hanno contribuito, sostiene, ad “alimentare preoccupazioni per molte imprese del settore“, avverte. Le iniziative in Europa, ad ogni modo, hanno inciso e si ritrovano in alcuni degli emendamenti approvati dal Parlamento europeo che, sostiene Ronchi, “ha fatto un buon lavoro“. Ecco perché il nuovo Regolamento “va sostenuto e applicato”.

Il riciclo degli imballaggi ha mantenuto un buon andamento e i tassi di recupero dei rifiuti d’imballaggio si sono assestati ormai su livelli di avanguardia in Europa: carta, vetro e acciaio primeggiano con un tasso di riciclo dell’81%. Gli imballaggi in legno hanno aggiunto un tasso di riciclo del 63%, più del doppio rispetto al 30% previsto dall’ Ue al 2030 e il 97% del materiale legnoso riciclato in Italia viene trasformato in pannelli truciolari utilizzati dall’industria- del mobile e dei complementi d’arredo. Gli imballaggi in alluminio hanno un tasso di riciclo del 74%, bel oltre il 60% previsto dall’Ue per il 2030 e in Italia si produce solo alluminio secondario da riciclo. Mentre il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è al 48,6% rispetto all’ obiettivo Eu al 2030 del 50% e il tasso di intercettazione delle bottiglie in Pet è del 68% lontano dal 77% previsto per il 2030. L’Italia detiene il primato nel riciclo di rottami ferrosi in Europa (18,6 mln ton nel 2022) con il quali produce l’85% del suo acciaio e gli italiani insieme ai tedeschi sono i più ricicloni d’Europa per gli imballaggi con 160Kg/anno a testa Per quanto riguarda altre filiere si registrano scenari differenti. Situazione ancora critica per i RAEE con un tasso di riciclo del 34% contre l’obiettivo del 65% al 2019. Mentre sono buone le performances per gli inerti da costruzione e demolizione che hanno raggiunto un tasso di recupero dell’80% ben superiore all’ obiettivo del 70%; sono state avviate a rigenerazione, inoltre, 178 kt di oli minerali usati, pari a circa il 98% del raccolto rispetto al 61% dell’Ue. Il tasso di riciclo di pile e accumulatori portatili è del 33,5% in lieve calo rispetto al 2021.

“Siamo già campioni nel campo del riciclo degli imballaggi, ma dobbiamo potenziare i risultati nazionali avendo la tutela ambientale come vero, unico obiettivo”, commenta Ignazio Capuano, presidente del Conai. “Credo sia il momento di unire le forze – afferma – e impegnarsi in questa direzione”.

Cop28, Pichetto chiede uno sforzo per risultati ambiziosi. Le opposizioni attaccano

L’Italia chiede alla Cop28soluzioni costruttive che non siano ostaggio di posizioni estreme e ideologiche”. Mentre i negoziati sul documento finale è ancora work in progress, il nostro Paese, assieme ai partner europei e internazionali, spinge “perché prevalga un approccio concreto e pragmatico che consenta di giungere a una soluzione condivisa sull’obiettivo della decarbonizzazione, che tenga conto a livello globale delle esigenze legate alla sicurezza energetica e alla sostenibilità economica e sociale“, trapela da fonti del Mase.

A capo della delegazione italiana ci sono il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con il suo vice ministro, Vannia Gava. “Si può e si deve fare di più. Stiamo lavorando con i partner europei per migliorare la proposta della Presidenza emiratina”, dice il responsabile del dicastero di via Cristoforo Colombo al termine della riunione di coordinamento dei ministri dell’Unione europea. Sottolineando, però, che rispetto alla bozza circolata a Dubai “serve uno sforzo ulteriore per un testo più ambizioso”.

L’obiettivo italiano è, infatti, quello di far prevalere un approccio concreto e pragmatico che consenta di giungere a una soluzione condivisa sull’obiettivo della decarbonizzazione, che tenga conto a livello globale delle esigenze legate alla sicurezza energetica e alla sostenibilità economica e sociale. Mentre negli Emirati Arabi si continua a lavorare su un compromesso, non mancano le reazioni nel dibattito politico italiano. Soprattutto dopo le notizie circolate sul documento finale, che non menziona l’uscita dalle fonti fossili. “E’ la vittoria dei petrolieri che, con oltre 2500 lobbisti, hanno invaso la conferenza sul clima, ma principalmente è la vittoria di Putin, che pur non avendo partecipato alla Cop28, il 6 dicembre si è recato ad Abu Dhabi e Riad per concordare con i sauditi il fallimento della conferenza“, commenta Angelo Bonelli (Europa Verde). Che poi accusa: “In questo contesto è imbarazzante la posizione dell’Italia: a parole si dice allineata con la Ue, ma nella pratica ha dimostrato di sostenere le posizioni dei paesi produttori di petrolio”. Dal M5S è il vicepresidente della Camera, Sergio Costa, ad augurarsi che il nostro Paese “non si discosti dall’ambizione europea, e non remi contro. Non possono esserci compromessi – ribadisce l’ex ministro dell’Ambiente – quando è in gioco il futuro dell’umanità. Il Pianeta senza i Sapiens sopravvive, ma il genere umano senza il Pianeta no“. Negativa anche la reazione delle associazioni, come il Wwf: “La nuova bozza di testo è deludente e molto meno ambiziosa di quelle precedenti, se passasse com’è sarebbe un disastro, un fallimento per i Governi chiamati ad affrontare, finalmente, la causa della crisi climatica, i combustibili fossili“, dice la Responsabile Clima ed Energia, Mariagrazia Midulla. Che avvisa: “Nessuno pensi di tornare a casa con un testo del genere, bisogna fare gli straordinari. Anche per la presidenza sarebbe uno smacco, visto che cercava risultati ambiziosi“.

Nucleare, Pichetto: “Non previste nuove centrali ma Smr. Nessun impegno diretto dello Stato”

Per introdurre il nucleare nel mix energetico italiano non si passa dalle centrali di terza generazione. Si ragiona sugli small modular reactor, i piccoli reattori modulari definiti di “quarta generazione”, che dovrebbero essere sul mercato tra una decina d’anni. E lo Stato non avrà un impegno diretto nella costruzione degli impianti, ma solo una funzione di regolazione e autorizzazioni. Saranno poi i privati, i poli industriali, le comunità locali a decidere l’uso e la localizzazione dei piccoli reattori. E’ la strategia di Gilberto Pichetto, che vede nel percorso un passaggio obbligato per la decarbonizzazione al 2050.

Il governo non ha preso in considerazione la costruzione di alcuna centrale“, conferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, dal palco di un evento dell’AIN. E’ rientrato da Dubai, dove ha preso parte all’inizio dei lavori della Cop28, ed è pronto a ripartire per gli Emirati Arabi venerdì, fino al 12 dicembre, giorno di chiusura della Conferenza delle parti. Nella città emiratina il premier belga ha annunciato che organizzerà a marzo 2024, insieme all’Agenzia internazionale per l’energia atomica, il primo vertice mondiale sul nucleare: “Non escludo che l’Italia possa partecipare al vertice da osservatore”, annuncia il ministro. L’obiettivo sarebbe quello di seguire da vicino il confronto istituzionale sulle evoluzioni di questa tecnologia, riconosciuta come ‘green‘ dalla tassonomia europea.

Il contributo che il nucleare potrebbe dare al Paese avrebbe dunque una finalità ambientale e di indipendenza energetica, consentendo una piena autonomia e, sostiene Pichetto, “mettendo l’Italia al riparo dalle turbolenze della geopolitica che negli ultimi anni abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo”.

Sulle rinnovabili nessun passo indietro, garantisce: “Ci stiamo puntando al massimo, anche con gli stanziamenti del Pnrr, ma certamente una quota di nucleare aiuterebbe molto a raggiungere l’obiettivo di neutralità carbonica nel 2050“. Proprio alla Cop28, l’Italia ha aderito all’impegno di triplicare entro il 2030 la produzione di energia verde. Anche nel Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) si prevede che il solare crescerà da 21.650 MW (2020) a 79.921 MW nel 2030, con un incremento del 369,15% mentre l’eolico crescerà da 10.907 MW (2020) a 28.140 MW nel 2030, con un incremento del 258%. In totale, l’incremento (da 32,5 a 108 MW) sarà quindi di oltre il 300%.

Il ritorno economico intorno al nucleare sarebbe non da poco. Uno studio stima in 45 miliardi di euro l’impatto della realizzazione degli small e degli advanced modular reactor, con la creazione di 52mila posti di lavoro stabili a tempo pieno: “Al di là delle stime in ogni caso è evidente la spinta anche economica e occupazionale che un ritorno al nucleare implicherebbe per il nostro Paese”, afferma il titolare del dicastero di viale Cristoforo Colombo. “L’innovazione tecnologica degli Smr promette di far diventare la generazione da nucleare più conveniente, sicura e con tempi di realizzazione più brevi rispetto a oggi“, gli fa eco il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

La sfida, ora, è anche sul pensiero. “Bisogna spiegare, spiegare, spiegare cos’è il nuovo nucleare, rispetto a quello oggetto del referendum”, scandisce Pichetto, osservando come fra i giovani l’avversione sia meno marcata: “Voglio ricordare come la stessa Greta Thumberg abbia criticato la chiusura delle centrali in Germania visto che l’alternativa era il ritorno al carbone che inquina e emette gas serra al contrario dei reattori”.

Legambiente, mappa i 112 cantieri della transizione: “Il Paese si muove, il governo faccia la sua parte”

La transizione ecologica passa anche dai cantieri. Lo sa bene Legambiente, che dedica al tema il suo congresso nazionale (da oggi 1 dicembre a domenica 3 dicembre a Roma) e mappa i 112 cantieri della transizione made in Italy.

Centododici storie e progetti, in 10 aree tematiche – rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università -, che puntano sempre di più su innovazione e sostenibilità ambientale, che creano nuovi posti di lavoro e che per Legambiente meritano di essere replicati, a partire dai quei primi venti cantieri che l’associazione ambientalista ha raggruppato sotto la voce “cantieri nazionali”.

Si va, ad esempio, dalla 3Sun gigafactory di Catania, che diventerà il più grande impianto di pannelli fotovoltaici d’Europa, all’impianto di biometano di Schiavon (VI), in Veneto, il più importante e grande d’Europa nel suo genere che, grazie ad un consorzio di 117 allevatori locali, trasforma i reflui zootecnici in energia rinnovabile e fertilizzante; da Cartiere di Guarcino Spa, in provincia di Frosinone, una delle aziende associate ad Assocarta, e che autoproduce energia elettrica, gestisce in maniera sostenibile l’acqua e il riciclo della carta, al parco tessile chierese – PACTH – di Torino, esempio di contrasto al consumo al consumo di suolo. Qui al posto di una scuola abbandonata da 15 anni, dove si dovevano realizzare nuovi edifici, è stata creata una nuova area verde di circa 6mila mq, che si collega con un altro parco, per un totale di 11mila mq di verde. Tra gli altri cantieri nazionali, c’è poi il repowering degli impianti eolici esistenti in provincia di Benevento in Campania, l’ex discarica di Matera “La Martella” dove sono stati ultimati da poco i lavori di bonifica che hanno consentito la chiusura della procedura di infrazione europea. E ancora dal lavoro avviato dal Consorzio Nazionale degli Oli minerali Usati (CONOU), con la raccolta e il riciclo di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale usato, al percorso di sostenibilità e innovazione della filiera bieticolo-saccarifera italiana avviato da COPRO-B, al nuovo sistema di collettamento fognario e depurazione di Gavardo, Villanuova sul Clisi e Vallio Terme, in provincia di Brescia, con A2A.

La grande sfida è accelerare il passo: “La transizione ecologica non rappresenta un bagno di sangue per il nostro Paese come alcuni vogliono far credere. È invece innovazione e futuro, ed esiste già in centinaia di luoghi della nostra Penisola anche con importanti leadership internazionali“, osserva il presidente nazionale, Stefano Ciafani. Quello che chiede è “più concretezza e azioni tangibili per accelerare la decarbonizzazione”.

Un percorso che secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, è segnato: “Siamo nel mezzo di una tempesta mondiale che scuote il Pianeta, assistiamo a fatti drammatici che impattano pesantemente in reparti chiave. Il timore è che si rallenti sulla transizione ma sarebbe sbagliato, continuiamo sulla strada indicata dal Pniec“, garantisce in un videomessaggio inviato al Congresso, mentre è impegnato a Dubai con la Cop28. Proprio la conferenza delle parti, denuncia Ciafani, “sarà il primo banco di prova per il nostro Paese, che deve ancora eliminare i sussidi alle fonti fossili e si trova sempre impreparato di fronte alla crisi climatica“.

La crisi climatica, l’emergenza pandemica, le speculazioni dei produttori delle fossili, tra la ripresa dell’economia dopo le prime ondate del Covid-19, l’aggressione militare russa in Ucraina e la rapida e violenta ripartenza del conflitto israelo-palestinese che sta coinvolgendo anche altri Paesi del Medio-Oriente, hanno fatto entrare il tema della transizione energetica in modo prepotente anche nel dibattito politico degli ultimi anni ma “non nel modo che speravamo”, fa eco Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. Da qui, spiega, “l’idea di raccontare con la campagna sui cantieri della transizione ecologica le esperienze di chi ha deciso con concretezza di affrontare la crisi climatica e la transizione ecologica”.

rinnovabili

Via libera di Bruxelles a incentivo Comunità Energetiche Rinnovabili

La Commissione europea ha dato il via libera al decreto italiano di incentivazione alla diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. “Siamo di fronte a una svolta, a una nuova fase storica nel rapporto tra cittadini ed energia”, commenta il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.

Ora le Comunità energetiche rinnovabili – spiega – potranno diventare una realtà diffusa nel Paese, sviluppando le fonti rinnovabili e rendendo finalmente il territorio protagonista del futuro energetico nazionale. Grazie alle Comunità energetiche, infatti, ciascun cittadino potrà contribuire alla produzione di energia rinnovabile, e averne i benefici economici derivanti dall’autoconsumo, pur non disponendo direttamente degli spazi necessari alla realizzazione degli impianti FER”.

Per la sua unicità, il provvedimento italiano – aggiunge Pichetto – ha richiesto una forte attenzione della Commissione Europea, che ha comunque pienamente validato il modello italiano: oggi questo rappresenta dunque un apripista per altre esperienze nel Continente”. 

Il decreto italiano è incentrato su due misure: una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa e un contributo a fondo perduto. La potenza finanziabile è pari a cinque Gigawatt complessivi, con un limite temporale a fine 2027.

È inoltre previsto per le Comunità realizzate nei Comuni sotto i 5.000 abitanti, un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili in relazione all’investimento effettuato per realizzare un nuovo impianto o per potenziarne uno esistente. Questa misura è finanziata con 2,2 miliardi dal PNRR, con l’obiettivo di realizzare una potenza complessiva di almeno 2 Gigawatt. Il contributo a fondo perduto potrà di essere cumulato con la tariffa incentivante entro limiti definiti.

I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Per le CER, i destinatari del provvedimento possono essere gruppi di cittadini, condomìni, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi. La potenza dei singoli impianti non può superare il Megawatt.

Passaggio iniziale per la realizzazione di una CER, dopo l’individuazione dell’area interessata alla costruzione dell’impianto e della cabina primaria, è l’atto costitutivo del sodalizio, che dovrà avere come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali.

Il soggetto gestore della misura è il GSE, che valuterà i requisiti di accesso ai benefici ed erogherà gli incentivi e che, su istanza dei soggetti interessati, potrà eventualmente verificare l’ammissibilità in via preliminare.

Pichetto alla Pre-Cop28: “Politiche climatiche e scelte energetiche sono facce della stessa medaglia”

La parola d’ordine è realismo. Alla pre-Cop28 di Abu Dhabi il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, porta la posizione italiana. Ribadendo che è un “dovere di tutti noi contribuire all’attuazione dell’Accordo di Parigi con la massima ambizione possibile, agendo con risolutezza entro il 2030 per ridurre le emissioni globali e procedere verso una traiettoria chiara di neutralità climatica”. Ma, allo stesso tempo, “un’azione ambiziosa per il clima è una azione equa, poiché riduce i rischi associati al riscaldamento globale, proteggendo i più vulnerabili dagli impatti peggiori”. Dunque, portare avanti la sostenibilità ambientale, ma anche quella economica e sociale. Sebbene, puntualizza Pichetto, “Tutti dobbiamo contribuire, e certamente in particolare quelli che attualmente emettono quote elevate di emissioni globali”.

Il responsabile del Mase esorta a sfruttare le occasioni che la scienza mette a disposizione dei governi e degli Stati, fornendo “soluzioni realizzabili per affrontare questa sfida globale”, anche se “la finestra di opportunità per agire per limitare gli effetti del cambiamento climatico – avverte – è molto stretta e non possiamo perdere altro tempo”.

Serve pragmatismo nelle scelte, quindi una delle basi di discussioni da cui l’Italia suggerisce di partire è quella di considerare politiche climatiche e scelte energetiche sul medesimo binario: “Sono facce di una stessa medaglia, non si può parlare delle prime senza affrontare il tema della riduzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili e al contempo assicurare la sicurezza energetica”, sottolinea Pichetto. Che poi aggiunge: “In questo contesto, riteniamo che la Cop28, attraverso il Global stocktake, possa e debba dare indicazioni chiare verso percorsi realistici che portino ad obbiettivi tangibili”.

Tra questi cita “triplicare la capacità di energia rinnovabile globale e raddoppiare il tasso di efficienza energetica attuale, ridurre drasticamente le emissioni di metano, eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili e adottare misure di mitigazione ambiziose in tutti i settori economici”. Obiettivi che definisce “tutti alla nostra portata”. Per questo “è evidente che il successo della Cop28 sarà misurato anche se saremo in grado di definire e contestualizzare l’obbiettivo globale per l’adattamento”.

Ma Pichetto avvisa i partner internazionali anche su altri fattori da tenere bene a mente: “Il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi richiede una trasformazione fondamentale di tutte le economie e un grande cambiamento nella struttura dell’economia globale, dei mercati finanziari e degli investimenti”. Ragion per cui, ammonisce, “dobbiamo lavorare insieme per rimuovere le barriere che ostacolano l’accessibilità e la sostenibilità dei Paesi vulnerabili e indebitati nell’attrarre finanziamenti per la transizione energetica e rafforzare la resilienza”.

Infine, altra parola d’ordine è sostenibilità. “La mitigazione e l’adattamento devono essere integrati in ogni decisione economica e finanziaria a livello nazionale e globale, oltre che nei bilanci nazionali”, ribadisce ancora Pichetto. Che conclude: “Solo in questo modo possiamo realmente coniugare la lotta al cambiamento climatico con le esigenze di sviluppo che i nostri cittadini ci richiedono”.

 

Photo credit: Mase

Pichetto esclude proroga secca mercato tutelato. E rilancia ruolo rigassificatori

L’energia torna centrale nel dibattito politico. Le tensioni tra Israele e Palestina fanno riaffiorare i dubbi su approvvigionamenti, anche se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ai microfoni di Rainews a margine del Med Energy di Ravenna, rassicura: “La situazione in Medio Oriente certamente non lascia tranquilli e va monitorata costantemente, però lo stoccaggio nel nostro Paese è tale per cui dovremmo mantenerci sulla quantità“.

Semmai, avverte, la questione mediorientale “rischia di avere degli effetti, purtroppo negativi, sul prezzo” dell’energia. Ecco perché il nuovo decreto che sarebbe dovuto andare ieri in Consiglio dei ministri, assume ancora più importanza in questa fase storica. Il testo è slittato alla prossima riunione del Cdm, che dovrebbe essere il 31 ottobre, ma sul punto più cruciale, ovvero la fine del mercato tutelato, l’orizzonte inizia a schiarirsi. “Dal 10 gennaio, per i non vulnerabili, sarà automatica la gara, nessuno ha mai pensato di spostarla – spiega infatti Pichetto -. La valutazione che si sta facendo, a livello tecnico, è quello di trovare un percorso affinché tutti siano bene informati e non sia traumatico il passaggio“. Ma alla domanda se ci sarà una proroga secca alla misura, la risposta è perentoria: “La escludo“.

La partita, comunque, si gioca su più campi. Con una sola certezza: con “i recenti fatti di Gaza, e in precedenza la crisi ucraina, il quadro energetico è completamente cambiato“, dice il responsabile del Mase al Med Energy.  Dunque, occorre “coniugare i termini di questo trilemma, perché non riusciamo a parlare di mitigazione” dei rischi dovuti al cambiamento climatico “senza considerare di energia: la questione ambientale va vista anche sul fronte sociale e sul fronte economico” e “questo vale per tutti i Paesi della sponda mediterranea“. In questo scenario, dunque, assumono grande rilevanza temi come la diversificazione delle forniture e l’infrastrutturazione. “Abbiamo le pipeline con il gas che arriva da Algeria, Libia e Azerbaijan, poi Tarvisio con il gas dalla Russia e Passo Gries dove attualmente arriva gas norvegese – elenca Pichetto -. Ma la sfida della sicurezza è data anche dai rigassificatori, che possono permetterci di garantire un approvvigionamento diversificato“. Ragion per cui conferma che dopo Piombino e Ravennac’è una valutazione sulla previsione di rigassificatori al sud Italia“. Sul progetto di Gioia Tauro, infatti, c’è grande attenzione. Così come Vado Ligure, che dovrà accogliere la nave Fsru ‘Golar Tundra’ una volta terminato il periodo di permanenza in Toscana. L’opera di diversificazione, comunque, non si ferma delle fonti e prosegue esplorando tutte le possibilità di collaborazione. Come quella con Cipro. Pichetto, infatti, a Ravenna incontra il ministro dell’Energia, del Commercio e dell’Industria della Repubblica di Nicosia, George Papanastasiou. Nel colloquio si è parlato di progetti infrastrutturali e del contributo che può venire nel campo della sicurezza energetica e della diversificazione dagli operatori interessati alle opportunità di sviluppo del settore “anche con l’obiettivo di rafforzare il ruolo di hub dell’Italia nella regione mediterranea“.

Dl Energia slitta al 31/10: ‘extra-time’ per eolico, idroelettrico e mercato tutelato

Un pit stop tecnico. Il nuovo decreto Energia slitta di una settimana (il 31 ottobre dovrebbe essere la prima data utile), un tempo extra che servirà per limare i dettagli di un provvedimento che, nelle intenzioni del governo, dovrà imprimere una svolta nell’installazione di impianti rinnovabili per autoproduzione, facendo fronte ai rincari, ma soprattutto rinviare di almeno un anno lo stop alla fine del mercato tutelato.

Norma che nel week end è entrata e uscita dalle bozze del decreto, ma che sembra destinata a essere inserita nella versione definitiva, che dovrebbe essere portata in Consiglio dei ministri il prossimo 31 ottobre. Secondo quanto trapela, l’ulteriore check è dovuto anche alla volontà di perfezionare le misure su idroelettrico ed eolico offshore, su cui il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha preferito prendersi una settimana in più di lavoro per “rivedere le virgole“, per citare una sua espressione usata al convegno di Confindustria su ‘Le competitività nelle tecnologie verdi: una nuova politica industriale per le imprese italiane‘.

Occasione in cui il responsabile del Mase, parlando proprio del dl, ha spiegato che “avrà elementi rilevanti e alcuni punti riguardano correzioni di percorso“. Ad esempio quella sul gas release, la norma che consente l’estrazione di gas sul territorio nazionale, “è una messa a punto importante che riguarda le energivore“. Perché vengono avviate procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale a prezzi ragionevoli. Anche nel tratto di mare compreso tra il 45esimo parallelo e il parallelo distante 40 chilometri a sud e che dista almeno 9 miglia dalle linee di costa, a condizione che i giacimenti abbiano un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi e i titolari di concessioni esistenti o i soggetti che richiedono nuove concessioni aderiscano alle procedure per l’approvvigionamento di lungo termine.

Allo stesso modo, con l’electric release viene concessa in via prioritaria alle imprese energivore iscritte nell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica (istituito presso il Csea), su superfici di proprietà di soggetti pubblici, la possibilità di realizzare impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolici e idroelettrici) di potenza minima pari a 1 MW, oltre al potenziamento o rifacimento di impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici esistenti per portarli a raggiungere almeno 1 MW.

La bozza di decreto, inoltre, prevede l’istituzione, presso il Mase, di un Fondo di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale da ripartire tra le Regioni e le Province autonome per incentivare l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, dunque misure per la decarbonizzazione e lo sviluppo sostenibile, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032, per un totale di 1,8 miliardi.

Per quanto riguarda l‘eolico, infine, il governo ha tutta l’intenzione di rispettare i target Ue della Strategia per lo sviluppo delle rinnovabili off-shore, che punta a incrementare la propria capacità ad almeno 60 GW entro il 2030 e a 300 GW entro il 2050. Il dl si concentra soprattutto sul sostegno agl investimenti nelle aree del Mezzogiorno, con la costituzione di un polo strategico per l’eolico galleggiante in mare. Motivo per cui, nelle previsioni del nuovo documento, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile assegna al Mase un totale di 420 milioni di euro (80 milioni per il 2024, 170 milioni per il 2025 e altri 170 per il 2026) per la realizzazione del progetto. Prima, però, serve il via libera del Cdm, che slitta di qualche giorno.

Eolico

Pichetto accelera su eolico offshore: Entro 2030 impianti per 1,4 Gw in Sicilia

La situazione esplosiva in Medio Oriente si riverbera, inevitabilmente, su tutta la comunità internazionale. Anche sull’Europa e, dunque, sull’Italia. L’energia è uno dei temi più caldi dall’inizio del 2022: quasi due anni vissuti letteralmente sulle ‘montagne russe’, sia per gli effetti su prezzi e stoccaggi, sia per la corsa alla diversificazione delle fonti. In questi mesi, infatti, è emersa con forza la necessità di non affidarsi solo alle fonti tradizionali, ma di guardare finalmente, e concretamente, anche alle rinnovabili. Anche per non rischiare di bucare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050. Il governo, però, oltre alle conseguenze della guerra in Ucraina adesso deve fare i conti pure con le tensioni tra Israele e Palestina che coinvolgono una regione fondamentale per gli approvvigionamenti.

Altra ragione per accelerare altre forme di energia. Sulle Fera livello europeo si sta supportando e sviluppando la tecnologia innovativa degli impianti eolici galleggianti, sia su acque interne sia offshore” e “in Italia l’interesse verso tale tecnologia è molto forte“, assicura il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Che in audizione davanti alla commissione sull’Insularità, ricorda che “secondo le previsioni del gestore di rete, in Sicilia al 2030 saranno installati 1,4 giga di impianti di produzione di energia elettrica da eolico off-shore“.

Servono comunque le norme per favorire questo settore e il responsabile del Masaf ribadisce che il decreto sulle aree marine idonee a installare gli impianti sarà emesso a breve, anche se dalle opposizioni è soprattutto il M5S a chiedere che il ministro parli “solo quando avrà i provvedimenti in mano”, facendo riferimento anche al dl sulle Comunità energetiche rinnovabili. Il problema sull’eolico, però, è che “bisogna raccordarsi con gli altri Paesi, dal Nordafrica fino al Portogallo, per definire le aree di competenza – spiega Pichetto -. Servono porti attrezzati (occorrono almeno due anni) e navi attrezzate”, poi “per avere cavi adeguati ci vogliono da 2 a 4 anni. Poi bisogna costruire le piattaforme”, dunque “è un percorso per cui ci va qualche anno“.

In questo scenario non è fuori contesto nemmeno l’operazione per provare a ridurre le criticità sull’approvvigionamento di acqua potabile nelle isole minori, dove ancora oggi è “un bene limitato e le soluzioni per accedervi sono ad alto impatto ambientale“. Ecco perché il ministro rivela che è allo studio un progetto per un “dissalatore marino mobile“.
Tutti temi che saranno utili in vista della Cop28, in programma a Dubai tra la fine del prossimo mese di novembre e la metà di dicembre. Dell’appuntamento Pichetto ha parlato anche nella giornata conclusiva della Youth4Climate che si è svolta a Roma questa settimana. “Oggi è ancora più forte l’impegno dell’Italia a sostegno dei giovani nella lotta alla crisi climatica“, dice. Garantendo: “Andremo alla Cop28 per sostenere le soluzioni presentate e lì lanceremo il bando per i progetti del prossimo anno”.