L’Italia chiede il pagamento della VII rata del Pnrr. Meloni: “2025 fondamentale per messa a terra”

18,3 miliardi di euro. E’ l’ammontare della settima rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza la cui richiesta di pagamento è stata trasmessa dall’Italia alla Commissione Europea. La richiesta segue i lavori della Cabina di regia del 29 novembre scorso, per la verifica del conseguimento dei 67 obiettivi collegati, distinti in 32 target e 35 milestone. L’Italia è la prima Nazione europea a presentare formale richiesta per il pagamento della settima rata del Pnrr, cosa per la quale festeggia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “È un primato – sottolinea – che ci consentirà presto di superare quota 140 miliardi di euro, oltre il 72% della dotazione complessiva del Piano. Il 2025 sarà un anno fondamentale per la fase 2 del Pnrr, cioè la messa a terra degli investimenti. È una fase cruciale, che non ammette ritardi e che vede il Governo e tutte le Amministrazioni coinvolte in prima linea per raggiungere l’obiettivo“.

Un buon segnale di esordio anche per il neo ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, che subentra così con successo all’attuale commissario europeo Raffaele Fitto, ma che guarda già al futuro: “Il Pnrr non ammette soste: a partire dai primi giorni del 2025 lavoreremo alacremente per il conseguimento degli obiettivi inseriti nelle ultime tre rate e per il monitoraggio rafforzato sullo stato di attuazione del Piano, al fine di individuare tutti gli aggiustamenti necessari per portare a compimento le riforme e gli investimenti programmati”.

Tra gli obiettivi della settima rata, gli investimenti per l’implementazione delle infrastrutture di trasmissione dell’energia elettrica (SA CO I.3 e Tyrrhenian link), il potenziamento della flotta di autobus e di treni a emissioni zero per il trasporto regionale, dei nodi metropolitani e dei principali collegamenti nazionali, la riqualificazione di molte stazioni ferroviarie, le misure per la cybersicurezza, l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali (COT) per rafforzare le prestazioni in materia di salute pubblica, gli investimenti per una migliore gestione delle risorse idriche, il conferimento di 55.000 borse di studio agli studenti meritevoli meno abbienti per l’accesso all’Università, di 7.200 borse di dottorato nei settori della ricerca, della PA e della cultura e di 6.000 borse di dottorato innovative dedicate alle imprese. Agli investimenti si aggiungono diverse riforme strategiche, come la legge sulla concorrenza, il completamento delle misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione, la revisione del servizio civile universale per favorire la partecipazione dei giovani e il provvedimento sulle rinnovabili, in linea con gli ambiziosi obiettivi della nuova missione REPowerEU del Pnrr dell’Italia.

In linea con quanto accaduto con le precedenti richieste di pagamento, il versamento della settima rata avverrà al termine del consueto iter di valutazione previsto dalle procedure europee, finalizzato a verificare il conseguimento delle milestone e dei target previsti.

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Pnrr, Commissione europea versa all’Italia la sesta rata da 8,7 miliardi

L’Italia è ancora in testa in Ue per importo di finanziamento del Pnrr. Oggi la Commissione europea versa la sesta rata, da 8,7 miliardi di euro, portando il finanziamento ricevuto da Roma a 122 miliardi, il 63% della dotazione complessiva del Piano italiano (194,4 miliardi di euro).
Il pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata lo scorso 26 novembre, connessa al conseguimento di 39 obiettivi, distinti in ventitré milestone e sedici target.

Un risultato positivo per la premier, Giorgia Meloni, che spiega “permetterà all’Italia di investire in molti settori strategici intensificando la produzione in attività in cui questo Governo ha creduto fin dal suo insediamento”. Il pagamento della sesta rata, riferisce la presidente del Consiglio, è “frutto di un intenso lavoro, svolto in sinergia anche con la Commissione europea, che ci spinge a proseguire in questa direzione per il benessere della nazione e dei cittadini”.

Tra gli obiettivi conseguiti con il pagamento della sesta rata ci sono investimenti strategici come il potenziamento dei collegamenti ferroviari del Mezzogiorno e del centro Italia, la realizzazione di nuove infrastrutture per il trasporto del gas (Linea Adriatica) e per l’autonomia energetica dell’Italia, il rinnovo della flotta per il Comando nazionale dei Vigili del Fuoco, i crediti d’imposta per la transizione ecologica 4.0 e l’attivazione della misura per la transizione ecologica 5.0, rispetto alla quale sono in corso modifiche normative per renderla più accessibile e vantaggiosa per le imprese, il rafforzamento della dotazione organica dei tribunali penali, civili e amministrativi, l’avvio degli interventi per nuovi impianti sportivi nei plessi scolastici e la formazione delle competenze tecniche, digitali e manageriali per efficientare le prestazioni del sistema sanitario nazionale. Agli investimenti si aggiungono riforme in favore degli anziani non autosufficienti e delle persone con disabilità, le azioni per prevenire e contrastare il lavoro sommerso, lo sfruttamento dei lavoratori e le altre forme di lavoro irregolare, oltre alla definizione di uno standard nazionale per la professione di guida turistica.

Il lavoro del governo non si ferma. Il ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, che ha preso il posto di Raffaele Fitto, nuovo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, garantisce l’impegno del Governo per formalizzare, entro fine anno, anche la richiesta di pagamento della settima rata, da 18,3 miliardi di euro, “prestando la massima attenzione all’attività di monitoraggio del Piano e delle misure inserite nelle ultime tre rate, alle risultanze delle Cabine di coordinamento presso le Prefetture e ai conseguenti piani di azione, all’allineamento della piattaforma ReGiS con l’Italia reale degli investimenti in corso, al fine di individuare i necessari correttivi per la piena e puntuale attuazione del Piano nei tempi previsti”.

Pnrr, Italia risale. Corte conti: Nel 2024 centrati tutti gli obiettivi, migliora spesa

La Corte dei conti certifica l’accelerazione dell’Italia sul Pnrr nel 2024. La magistratura contabile, infatti, approva la relazione semestrale al Parlamento sullo stato dell’arte e mette in fila alcuni dei dati principali sul Piano di ripresa e resilienza. Primo tra tutti quello sui target. Secondo i magistrati contabili “risultano tutti conseguiti i 39 obiettivi europei in scadenza al primo semestre 2024, raggiungendo così un tasso di avanzamento del 43% nel percorso complessivo” che fanno registrare un incremento di 6 punti rispetto al semestre precedente. Così come arriva all’88% la percentuale sugli step procedurali nazionali con finalità di monitoraggio interno.

Migliora anche la spesa, che allo scorso 30 settembre supera i 57,7 miliardi, dunque il 30% delle risorse del Pnrr e circa il 66% di quelle programmate entro l’anno. “L’incremento registrato nel corso dei primi 9 mesi del 2024 è di 12,6 miliardi, il 30% di quanto previsto per l’anno nel cronoprogramma finanziario e circa il 60% delle stime più contenute del DPB di ottobre”, sottolinea la Corte dei conti. Mentre “la procedura di rendicontazione della spesa si trova ancora in uno stadio iniziale” con tempi medi richiesti per l’approvazione dei primi rendiconti da parte delle Amministrazioni centrali titolari delle relative misure, che finora si attestano a circa tre mesi, “in prevalenza dovuti alle verifiche di tipo formale (circa 73 giorni) e per la quota restante ai controlli sostanziali esercitati su base campionaria (oltre 19 giorni)”, spiegano ancora i magistrati contabili. Aggiungendo comunque che le tempistiche allo stato sono “coerenti con le esigenze, da un lato di assicurare il rispetto dei principi di legalità e regolarità della spesa, dall’altro di consentire una celere erogazione di liquidità ai soggetti attuatori per l’ulteriore avanzamento delle iniziative”.

Anche sulle riforme il bilancio è positivo, visto che al 30 giugno 2024 risulta completato il percorso degli obiettivi europei “per il 63% delle 72 misure di riforma (a fronte del dato del 6% degli investimenti)”. Ma la quota “salirà al 66% con il conseguimento degli ulteriori 17 obiettivi europei associati a riforme del II semestre 2024”. L’analisi della Corte spiega che questo progresso “riguarda il complesso delle missioni: tutte presentano una quota di riforme completate superiore al 45%”. Resta, invece, “più contenuto l’avanzamento finanziario delle 7 riforme con dotazione di fondi”: al 30 settembre 2024 “rispetto al totale delle risorse associate, la spesa sostenuta si attesta al 4% (circa 278 milioni su 6,9 miliardi). In 3 casi su 7 la spesa sostenuta è stata pari a zero, mentre nei restanti casi il dato si è attestato a valori inferiori al 31%”.

E’ “sostanzialmente in linea con il cronoprogramma aggiornato” pure l’avanzamento dei 13 investimenti ferroviari, “con il conseguimento dei due target previsti nel semestre in corso lo stato di avanzamento si collocherà al 39%”, sottolinea la magistratura contabile. Mettendo in luce che “un tasso di attuazione simile emerge anche sul piano della spesa” che al 30 settembre 2024 “era pari a poco meno di 8,9 miliardi, circa il 39% della dotazione complessiva”. Il documento è approfondito: circa il 77% dei progetti avviati sono in fase di esecuzione lavori, l’11% è in attesa delle autorizzazioni o della progettazione, l’8% è in fase di aggiudicazione e stipula del contratto e solo il 4% è arrivato al collaudo. “Guardando alla data prevista di chiusura delle diverse fasi, circa il 20% dei progetti appare mostrare ritardi – proseguono i magistrati contabili -. L’esigenza di contrastare il divario infrastrutturale si riflette nell’articolazione territoriale dei progetti che, per il 48,2%, riguardano le Regioni del Sud e le isole. Tuttavia, se si rivolge l’attenzione alla distribuzione per importi, cresce fortemente il peso dei progetti dislocati al Nord (circa la metà delle dimensioni finanziarie complessive)”.

Corposo il capitolo sull’efficientamento energetico degli edifici. La Corte dei conti cita i dati ancora parziali dell’Enea, secondo i quali “è possibile stimare che gli obiettivi della misura, in termini di risparmio energetico e di emissioni di Co2, siano stati ampiamente superati”. Il problema sta nell’analisi costi-benefici, perché “restituisce un tempo di ritorno dell’investimento del Superbonus abbastanza elevato (circa 35 anni), non coerente con l’orizzonte di vita utile degli interventi incentivati”. Stessa lettura considerando “un costo per lo Stato al netto delle maggiori entrate fiscali generate dalla misura (circa 24 anni). Dati – viene sottolineato – che fanno guardare con favore alla scelta del Governo di rivedere, in netta riduzione, la portata agevolativa della misura”. Resta, sullo sfondo dei numeri in miglioramento, un unico nodo ancora irrisolto: l‘ammodernamento delle infrastrutture energetiche, che ha risorse per 5,5 miliardi. “Risulta attivata la ripartizione per 53 progetti, che segnano un grado di avvicinamento ai target assegnati pari al 5,7%”, segnalano i magistrati contabili. Spiegando, però, che questo valore ancora basso è frutto “del cronoprogramma del Piano che prevede la chiusura della fase di selezione dei progetti entro il 2024, per poi concentrarne la fase esecutiva nel biennio 2025-26”.

Le sfide del neoministro Foti: per Bce rischio ritardi per due terzi dei cantieri Pnrr aperti

Tommaso Foti ha giurato da ministro nelle mani del presidente Mattarella e a lui desidero rivolgere le più sentite congratulazioni, mie personali e di tutto il Governo”, commentava questa mattina la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Il ministro Foti raccoglie il testimone di Raffaele Fitto, neo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, e io sono certa che saprà lavorare con la sua stessa determinazione e la sua stessa meticolosità. Per il bene dell’Italia e degli italiani”.

Cosa erediterà Foti lo ha ricordato la Bce proprio oggi, in un documento che fa il punto sugli effetti dei piani nazionali di ripresa e resilienza nell’eurozona e ovviamente in Italia, Paese che beneficia della cifra più alta tra gli Stati che hanno ottenuto fondi Pnrr, ovvero 191,5 miliardi di euro. “Fino a giugno 2024, il Paese aveva completato 269 traguardi e obiettivi, inclusi importanti provvedimenti di riforma. Alla fine di dicembre 2023, oltre l’85% dei fondi disponibili era stato assegnato agli enti di attuazione, con circa 120 miliardi destinati alle amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda l’implementazione dei progetti di investimento che richiedono una procedura di gara, più della metà del finanziamento (circa 56 miliardi) è stato messo a gara. Questo importo è iniziato a crescere nel 2022 e ha accelerato nel 2023 – si legge nel report pubblicato sul blog della Banca centrale europea – quando sono stati messi a gara più di 28 miliardi, principalmente legati a contratti di valore medio (tra 1 e 5 milioni di euro) e ad alto valore (oltre 5 milioni di euro) per progetti infrastrutturali di grande portata”.

Andando un po’ più nel dettaglio, l’analisi sottolinea che “il monitoraggio del Pnrr con microdati mostra che l’Italia ha compiuto significativi progressi nell’esecuzione delle opere pubbliche. Tra il primo trimestre del 2023 e il secondo trimestre del 2024, la percentuale di gare Pnrr che hanno attivato un cantiere è aumentata da meno del 10% a più del 35%. Questa quota corrisponde a più della metà dell’importo complessivo già messo a gara, indicando che le gare più grandi sono entrate nella fase di esecuzione. La maggior parte delle gare per le quali i lavori non sono ancora iniziati (quasi i due terzi) sono comunque state aggiudicate. In termini di avanzamento dei lavori, il 18% dei progetti è stato completato. Tuttavia – evidenzia la Banca centrale europeadei cantieri aperti e in corso, circa i due terzi sono a rischio di ritardi nei tempi previsti. Esistono differenze nell’esecuzione delle opere pubbliche in tutto il paese, con il sud Italia che fatica a tenere il passo con le altre aree. Ciò è dovuto a una maggiore congestione e all’avvio di opere pubbliche relativamente più complesse”.

Guardando avanti e guardando l’intero continente, secondo la Bce le spese pubbliche e le riforme strutturali legate al Recovery and Resilience Facility (Rrf) hanno il potenziale di aumentare il prodotto interno lordo dell’area dell’euro dello 0,4-0,9% entro il 2026 e dello 0,8-1,2% entro il 2031, a seconda della produttività del capitale e del grado di assorbimento dei fondi. Tuttavia, si prevede che l’impatto delle riforme strutturali aumenterà nel tempo, mentre l’effetto delle spese pubbliche inizialmente prevalenti svanirà. Per quanto riguarda l’Italia e la Spagna, l’impatto sul Pil fino al 2026 è significativo, con stime comprese tra l’1,3% e l’1,9% per noi e tra l’1,2% e l’1,7% per Madrid. In merito invece al debito pubblico, la Bce stima che l’impatto complessivo del Rrd sull’Italia e la Spagna ridurrà il rapporto debito/PIL di circa 7-8 punti percentuali entro il 2031, assumendo una produttività del capitale media e un alto assorbimento dei fondi nei prossimi due anni.

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Fitto a Parlamento Ue: “Impegno per attuazione Pnrr entro il 2026”

Cresciuto in un’Europa profondamente divisa, la mia formazione è stata ispirata dal rispetto per i valori e i principi sanciti nei Trattati europei”. Esordisce così Raffaele Fitto, designato vice presidente esecutivo della Commissione europea a Coesione e riforme, nelle sue risposte alle 13 domande che la commissione per lo sviluppo regionale (Regi) del Parlamento europeo gli ha presentato in forma scritta in vista dell’audizione del 12 novembre in cui verrà ulteriormente esaminato. Questo accade, in base al processo di valutazione dell’Eurocamera, a tutti i commissari e vice presidenti designati dalla presidente Ursula von der Leyen: un vero e proprio esame, scritto e orale.

L’audizione del candidato italiano si presenta come una delle più tese dato che l’ala progressista del Parlamento europeo non vede di buon occhio l’inclusione di un membro di Fratelli d’Italia nel prossimo esecutivo Ue. E sarà forse per questo motivo che Fitto, nel presentarsi, in risposta alla prima domanda, spiega di aver iniziato la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana ma non menziona il suo passaggio a FdI. E precisa: “Sono sempre stato un fermo sostenitore del progetto europeo, nonché dei principi e dei valori fondamentali dello Stato di diritto che lo sostengono”.

Fitto ricorda che “nei prossimi cinque anni, l’Unione europea dovrà affrontare sfide importanti”, come la transizione verde e digitale e il rilancio della competitività, e “sarà essenziale garantire risorse adeguate e lavorare insieme per un bilancio solido”. Ed è qui che puntella le sue competenze, cioè l’esperienza come ministro responsabile dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, “il più grande in Europa per dimensioni”. In questo contesto Fitto si attiene alle regole concordate e non annuncia alcun cambiamento sulla scadenza del Recovery: “Se sarò confermato, intendo mettere a frutto questa esperienza collaborando con il commissario per l’Economia e la produttività per realizzare, come indicato nella mia lettera di missione, le riforme e gli investimenti concordati nel Piano di ripresa e resilienza degli Stati membri, entro il termine di spesa del 2026”. E assicura che – nel caso di difficoltà dei governi a rispettare gli impegni – lavorerà con gli Stati per “modificare i loro piani e garantire che i fondi siano concentrati su investimenti alternativi altrettanto ambiziosi che possano essere completati entro la durata dello strumento”. Ma se “alcune delle ultime tappe od obiettivi saranno ancora considerati non soddisfatti”, “la corrispondente erogazione non verrà effettuata”.

Fitto precisa che “la politica di coesione deve essere in grado di adattarsi alle sfide emergenti” e che, nonostante “innegabili progressi”, “le disparità regionali persistono e ne sorgono di nuove”. E qui, “gli investimenti e le riforme della politica di coesione dovrebbero andare di pari passo per affrontare le sfide di lunga data, accelerando la convergenza verso l’alto dei nostri territori e la fornitura di investimenti sul campo”. Per questo motivo, “è necessaria un’ulteriore semplificazione, la riduzione degli oneri amministrativi e la possibilità per i beneficiari, in particolare le piccole e medie imprese e le comunità locali, di accedere ai fondi in modo più efficiente”.

Infine, Fitto rassicura sulla gestione dei fondi di Coesione in rapporto al rispetto dello Stato di diritto: “Il Regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto si applica a tutti i fondi dell’Ue, inclusa la politica di coesione. Sono pienamente impegnato a rispettare questi principi”, scrive.

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Pnrr, Corte dei Conti Ue: Governi a rilento, obiettivi entro 2026 a rischio

Il governo Meloni non è messo male. Al contrario, il percorso che conduce all’attuazione del piano per la ripresa (Pnrr) appare uno dei più brillanti: per risorse erogate dal meccanismo per la ripresa post-pandemico è il terzo Stato membro dell’Ue, con il 46% di quanto spetta già messo a disposizione delle autorità competenti.

Anche sul lavoro svolto, l’Italia è sul podio di quanti hanno completato in modo completo e soddisfacente gli impegni assunti. Il tasso tricolore è del 34%, un terzo del percorso di riforme. Eppure tutto questo potrebbe non bastare. Palazzo Chigi, al pari degli altri governi europei, deve agire con senso di urgenza e senza ritardi, perché in Italia come altrove si fa fatica a utilizzare le risorse del Recovery Fund messe a disposizione per finanziare i piani nazionali per la ripresa. A Roma come nella altre capitali si procede “a rilento”, avverte la Corte dei conti Ue, il che implica che gli Stati membri “potrebbero non essere in grado di attingere ai fondi o assorbirli per tempo”, e quindi “non completare” le misure e le riforme previste entro il 2026, scadenza fissata per l’utilizzo di tutte le risorse europee. La speciale relazione dei revisori di Lussemburgo accende un vero e proprio campanello d’allarme. In sintesi “rimangono a rischio il completamento delle misure e, quindi, il conseguimento degli obiettivi del dispositivo stesso”.

Sul Recovery Fund e il primo strumento di debito comune si rischia dunque il fallimento, dunque. A meno di concedere più tempo agli Stati, come già chiesto dall’Italia e peraltro già suggerito dalla Banca centrale europea nelle scorse settimane. Precisazione d’obbligo: la situazione di difficoltà riguarda tutti, non si tratta di una realtà solo italiana. Anzi, fin qui il Paese sta facendo bene: alla fine del 2023 sono state presentate tutte le richieste di pagamento previste. Ma è la fase operativa che un po’ ovunque preoccupa la Corte dei Conti dell’Ue. “I prefinanziamenti hanno facilitato inizialmente l’erogazione dei fondi, ma l’assorbimento de Recovery Fund sta subendo ritardi e non è necessariamente detto che i fondi abbiano raggiunto i destinatari finali“.

Diversi i motivi alla base dei ritardi, cause che differiscono da uno Stato membro all’altro. Tra i più frequenti però circostanze esterne quali inflazione o carenze di approvvigionamento, la sottovalutazione del tempo necessario per attuare le misure, e le sfide connesse alla capacità amministrativa degli Stati membri. Una sfida, quest’ultima, vera soprattutto per l’Italia. La Corte dei Conti, nella relazione di oltre 60 pagine, rileva come nel marzo 2023 l’istituzione superiore di controllo italiana ha rilevato “difficoltà relative all’elevato avvicendamento del personale assunto” e ha sottolineato anche che le procedure per l’attuazione del Pnrr “erano complesse e molte autorità non disponevano ancora dell’organico necessario“.

C’è però un dato generale che non sfugge ai revisori di Lussemburgo e che mette gli stessi in apprensione, ed è la tabella di marcia. Un’analisi dei singoli Stati membri rivela che 16 Stati membri prevedevano di completare i traguardi e gli obiettivi relativi ad almeno il 30 per cento dei propri investimenti solo nel 2026, con valori che andavano dal 30 per cento nel caso della Spagna al 62 per cento nel caso dell’Italia e al 70 per cento in quello della Polonia.

Emerge dunque una difficoltà generale nel fare le riforme nei tempi che pure l’Ue si è data, e la necessità dei correttivi del caso per evitare che il Recovery Fund fallisca. “Lanciamo un segnale d’allarme“, riconosce Ivana Maletić, il membro della Corte responsabile della relazione, “perché a metà percorso i paesi Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30 per cento verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”. Da qui l’invito alla Commissione aiutare gli Stati a far sì che l’assorbimento delle risorse del Recovery Fund sia tempestivo ed effettivo, al fine di “evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e ridurre il rischio di spese inefficienti e irregolari“, come già emerso in Italia, con le frodi da 600 milioni di euro registrate dalla Procura europea, che ad aprile ha disposto l’arresto di 22 persone.

Pnrr, Commissione Ue versa all’Italia quinta rata da 11 miliardi

La Commissione europea versa all’Italia la quinta rata del Pnrr, 11 miliardi di euro. ll pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata formalmente lo scorso 2 luglio, connessa al conseguimento di 53 traguardi e obiettivi della quinta rata del Pnrr italiano.

L’Italia è al primo posto in Europa per numero di obiettivi raggiunti e importo complessivo ricevuto“, rivendica la premier, Giorgia Meloni, ricordando che Roma è stata anche prima a richiedere il pagamento della quinta rata e il pagamento della sesta. “I recenti dati Istat sul PIL, che stimano una crescita acquisita nel primo semestre 2024 pari allo 0,7% e gli ultimi dati del rapporto Svimez, che nel 2023 evidenziano la decisa accelerazione del PIL nel Mezzogiorno, con un incremento di nuova occupazione pari al 2,6%, sono la riprova dell’efficace lavoro portato avanti dal Governo e dalle Amministrazioni titolari per il conseguimento degli obiettivi programmati e per l’attuazione di misure virtuose per la crescita economica strutturale dell’Italia”, spiega Meloni.

Con l’incasso della quinta rata, l’ammontare complessivo di finanziamento ricevuto sale a 113,5 miliardi di euro, corrispondente al 58,4% delle risorse del Piano. I traguardi e gli obiettivi conseguiti con questo pagamento riguardano quattordici riforme e ventidue investimenti in settori “strategici per la modernizzazione del Paese”, sottolinea Palazzo Chigi, tra cui la concorrenza, gli appalti pubblici, la giustizia, la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, l’istruzione secondaria e terziaria, le infrastrutture, la sanità, la cultura, l’università e la pubblica amministrazione, con la messa a terra degli interventi per la transizione al digitale.

Nei prossimi mesi, insieme all’attività di assessment propedeutica al pagamento della sesta rata, annuncia il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, “il Governo intensificherà il monitoraggio sull’attuazione del Piano, in costruttiva collaborazione con la Commissione europea e con tutte le Amministrazioni titolari, finalizzato al conseguimento degli obiettivi della settima rata, riservando particolare attenzione alle misure inserite nelle ultime tre rate, all’allineamento della piattaforma ReGiS, all’incremento della spesa e all’avanzamento procedurale e finanziario del Piano”.

Pnrr, aperto sportello domande Net zero, rinnovabili e batterie

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha stabilito le modalità di accesso ai fondi disponibili nell’ambito del Pnrr, specificatamente per la Missione 1, Componente 2, Investimento 7 volto a supportare il sistema di produzione nella transizione ecologica e nelle tecnologie a zero emissioni nette.

“I contratti di sviluppo devono riguardare programmi di sviluppo industriale o programmi di sviluppo per la tutela ambientale euro – spiega Gianluca Buselli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – ma anche progetti di investimento che possano includere anche progetti di ricerca, sviluppo e innovazione connessi e funzionali tra loro”.

Lo sportello è aperto a nuove domande di contratto di sviluppo e a domande di contratto di sviluppo già presentate ad Invitalia e sospese per carenza di risorse finanziarie.

I dispositivi ammissibili comprendono batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori, dispositivi per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCUS)

Le domande possono essere presentate ad Invitalia secondo le modalità e i modelli disponibili sul sito www.invitalia.it.

Invitalia avvierà le attività istruttorie in ordine cronologico, accertando la sussistenza delle condizioni previste per il sostegno finanziario del Pnrr.

“L’Agenzia verificherà il rispetto del divieto del doppio finanziamento ai sensi dell’art.9 del Reg. (UE) 2021/241 – conclude Buselli – ed il rispetto del principio DNSH e degli orientamenti tecnici della Commissione europea di cui alla comunicazione 2021/C58/01”.

Pnrr, cabina regia su VII rata: trasporti net zero e reti elettriche tra 69 goal

Trasporti a emissioni zero, potenziamento delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, istallazione di oltre 16mila colonnine stradali di ricarica per veicoli elettrici, 480 Centrali cliniche Operative Territoriali, 55mila borse di studio per studenti meritevoli meno abbienti e 7.200 borse di dottorato. Sono solo alcuni dei 69 obiettivi contenuti nella settima rata del Pnrr, che vale 18,2 miliardi.

Dentro anche le maxi-opere. Come il Tyrrhenian Link, che con Terna collegherà la Sicilia alla Sardegna e alla penisola italiana attraverso un doppio cavo sottomarino: un nuovo corridoio elettrico al centro del Mediterraneo lungo 970 chilometri che tra l’altro favorirà lo sviluppo delle fonti rinnovabili.

Salendo più a Nord, tra gli obiettivi della settima rata c’è anche il ‘Sa.Co.I.3’, progetto che prevede il rinnovo, l’ammodernamento e il potenziamento dello storico elettrodotto in corrente continua a 200 kV tra Sardegna, Corsica e Toscana (Sa.Co.I.2), attivo dal 1992 e giunto al termine della sua vita utile.

Dopo l’ok della Commissione europea al pagamento della quinta rata e l’invio della richiesta della sesta (da 8,5 miliardi), a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Pnrr presieduta da Raffaele Fitto fa il punto su monitoraggio e verifica dello stato di attuazione dei 69 obiettivi della settima rata del Piano. Con il ministro per gli Affari europei, i ministri e i sottosegretari responsabili, l’Anci, l’Upi e la Conferenza delle Regioni. Le istituzioni devono coordinarsi sull’aggiornamento sulla piattaforma ReGiS dei dati di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure previste.

Un incontro di “particolare importanza” spiega Fitto, rivendicando il primato in Europa sulla richiesta di pagamento della quinta rata e della sesta, sugli obiettivi raggiunti e l’importo complessivo ricevuto. Roma, finora, ha ricevuto l’importo maggiore, 113 miliardi e mezzo di euro a fronte dei 194 miliardi quasi e mezzo previsti, ovvero il 58,4% del totale.

Alle misure legate agli investimenti si aggiungono diverse riforme, che sono al centro di un confronto con la Commissione europea, come quelle legate alla legge sulla concorrenza, all’entrata in vigore del Testo unico delle rinnovabili, all’efficientamento energetico degli edifici che ospitano le famiglie più vulnerabili, al completamento delle misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione, alla revisione della disciplina del servizio civile universale per agevolare la partecipazione dei giovani.

Il Piano, evidenzia il ministro, “nella fase più delicata” di messa a terra delle misure programmate e della verifica dei cronoprogrammi vede impegnato il governo nel progetto di “rilancio economico e sociale dell’Italia, volto a ridurre strutturalmente i divari territoriali di produttività“. Un impegno congiunto che, scandisce, “ne sono certo, consentirà all’Italia di essere all’altezza delle sfide dei prossimi anni”.

Il lavoro prosegue domani, con altre due cabine di regia tematiche, la prima per gli insediamenti abusivi in agricoltura e la seconda collegata agli studentati.

Pnrr, ok Commissione a pagamento V rata. Meloni: “Smentito chi puntava sul fallimento”

Due obiettivi e 400 milioni in più. Il governo italiano festeggia un “altro record” in Europa sul Pnrr, con il pagamento della quinta rata, che vale nel complesso 11 miliardi di euro.

La richiesta inviata a dicembre era per 10 miliardi e 600 milioni. Avendo raggiunto 53 e non 51 obiettivi, una parte è quindi l’anticipo della sesta rata. I due goal aggiuntivi riguardano il contrasto all’evasione fiscale e si riferiscono in modo particolare all’aumento del 40% rispetto al 2019 delle lettere di conformità inviate dall’amministrazione fiscale ai contribuenti e all’aumento del 30% rispetto al 2019 del gettito fiscale derivante da queste lettere di conformità.

Una “ottima notizia” per la premier Giorgia Meloni che, tiene a ribadire, “smentisce quanti avevano scommesso sul fallimento di questo governo, quanti speravano in cuor loro che l’Italia potesse perdere i soldi dell’Europa per ottenere magari un vantaggio elettorale“. Il lavoro di questi mesi ha pagato, rivendica, dimostrando “che stiamo facendo quello che sappiamo fare meglio”, e cioè “studiare i dossier, lavorare, portare a casa i risultati concreti”. La messa a terra del Pnrr “rimarrà una priorità assoluta dell’intero governo“, assicura Meloni, perché ogni obiettivo raggiunto è “un passo avanti per rendere la nostra nazione più forte, più moderna, più attenta ai bisogni delle famiglie e delle imprese“.

A questo punto, l’Italia è al primo posto in Europa per “obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario”, sostiene la presidente del Consiglio. Roma, finora, ha ricevuto l’importo maggiore, 113 miliardi e mezzo di euro a fronte dei 194 miliardi quasi e mezzo previsti, ovvero il 58,4% del totale. Pochi giorni fa, inoltre, è stata inoltrata la sesta richiesta di pagamento da 8 miliardi e mezzo di euro e “anche su questo siamo i primi in Europa“, ricorda la premier, che per domani ha convocato un’altra cabina di regia per verificare lo stato d’attuazione degli obiettivi previsti per chiedere il versamento della settima rata da 18,2 miliardi di euro. Giovedì invece ci saranno due cabine di regia tematiche, una per gli insediamenti abusivi in agricoltura e la seconda collegata agli studentati.

E’ stato un iter complesso“, spiega il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, che ha visto una “proficua collaborazione tra la Commissione europea e il governo italiano“. Sono stati compiuti, ricorda il ministro per gli Affari europei, “importanti progressi nell’attuazione di 14 riforme e 32 investimenti“: digitalizzazione uffici pubblici, costruzione di nuovi edifici scolastici, trasporti pubblici, telemedicina, l’ efficientamento energetico di tribunali e dei luoghi della cultura. Il via libera della Commissione europea alla quinta rata, insieme alla richiesta inviata per la sesta, “mette il nostro Paese in una condizione positiva di approccio rispetto all’avanzamento del Piano“, ribadisce, sottolineando la sua “piena soddisfazione“.