Gentiloni: Italia dinamica, ora fondi Pnrr per investimenti necessari

L’economia europea avrà una situazione migliore del previsto e non avrà una recessione profonda come alcuni pensavano solo pochi mesi fa. E l’Italia ha dimostrato in questi due anni e continua a mostrare lo straordinario dinamismo delle proprie imprese straordinario e del mondo del lavoro e può usare le risorse Pnrr per avere lo spazio e per gli investimenti che sono necessari“. Lo afferma il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, a margine della conferenza stampa di presentazione dei risultati delle previsioni economiche d’inverno della Commissione europea.

 

Dal Mase ok a 160 progetti economia circolare per impianti di riciclo

Via libera dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a un contributo per realizzare 160 progetti ‘faro’ di economia circolare. In tre decreti il dicastero individua la lista dei progetti che beneficeranno del contributo massimo previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in linea con la normativa sugli aiuti di Stato: si tratta di aziende che hanno proposto interventi volti ad adeguare impianti esistenti o a realizzarli ‘ex novo’.

Per la linea A, che promuove l’ammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti per i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), comprese pale di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici, sono 67 i progetti finanziati. Settanta invece quelli selezionati per la linea B, riguardante l’impiantistica per la raccolta, logistica e riciclo dei rifiuti in carta e cartone. Ventitré, infine, i progetti che troveranno compimento attraverso la linea D, per l’infrastrutturazione della raccolta di frazioni tessili e la realizzazione di veri e propri hub del tessile.

E’ prevista invece nei prossimi giorni la pubblicazione del decreto di concessione dei contributi per gli operatori economici della linea C, per la realizzazione di impianti di riciclo della plastica, compreso il ‘marine litter’. Si completerà in questo modo l’elenco dei soggetti destinatari dei 600 milioni di euro (150 per ciascuna linea) che il Pnrr mette a disposizione nel settore del riciclo, che dovranno diventare realtà ed essere messi in funzione entro il primo semestre 2026.

Sostenibilità, come e dove spendono gli altri Paesi per la transizione green

Sviluppo delle rinnovabili, edilizia sostenibile e mobilità pulita. Ventisette Stati membri dell’Ue, tre voci di investimento uguali per tutti, dove ciascuno interviene con modalità diverse. La definizione dei piani nazionali per la ripresa non è stata la stessa per tutti, non nello sforzo finanziario. C’è sicuramente una questione di differenti cifre, vale a dire quanto, in termini di risorse Ue, il meccanismo per la ripresa anti-pandemico ha destinato ai singoli Paesi. E poi c’è l’agenda politica, rispondente alle aspirazioni dei governi. Quelli di Cipro, Polonia e Repubblica ceca si distinguono per le politiche a sostegno dell’energia pulita. Sono questi i tre Paesi che intendono destinare oltre il 50% delle dotazioni per interventi in questi tipo. Per Cipro si tratta di 0,36 miliardi di euro, ossia l’80% dell’intero tesoretto a dodici stelle. Per la Polonia invece si tratta di impegni in Zloti per il corrispettivo di 13,4 miliardi (64,9%), per la Repubblica ceca invece interventi in Corone per l’equivalente di 2,25 miliardi di euro (68,3% del totale).

Ungheria, Germania, Lussemburgo ed Estonia i tre Paesi che invece si distinguono per investire almeno la metà di tutte le risorse per la transizione verde per la mobilità a basse emissioni di carbonio o addirittura emissioni zero. In Ungheria colonnine di ricarica, potenziamento e incentivo di auto elettrica e ammodernamento  della flotta per i servizi di trasporto pubblico vedono lo stanziamento del corrispettivo di 1,81 miliardi di euro, pari al 56,3% di tutta la torta ‘green’. In Germania questa porzione è del 50,3%, per spese da 5,93 miliardi di euro, mentre in Estonia il 50%, per azioni da 0,2 miliardi di euro. Anche il Lussemburgo riserva la metà delle risorse per la transizione verde alla mobilità sostenibile, per un totale di 0,3 miliardi di euro (50% del totale).

La Francia si distingue per fare dell’edilizia sostenibile la priorità numero uno della propria agenda. Ristrutturazioni di case, palazzi, scuole e uffici in senso di minori dispersione di calore e meno consumi, valgono oltre un terzo dell’agenda per una transizione sostenibile. Il 36,4% delle risorse del piano nazionale per la ripresa finisce in quest’area, dove sono previsti interventi per 7,32 miliardi. Solo Grecia e Lettonia, in termini percentuali, investono di più: la prima il 43% del proprio Pnrr (valore complessivo: 2,82 miliardi), la seconda il 37,1% (totale: 0,2 miliardi).

Considerando che a livello Ue la spesa destinata a interventi in edilizia è quella più ridotta rispetto ai tre macro-obiettivi, Francia, Grecia e Lettonia si mettono in mostra per essere in controtendenza e destinare quote considerevolmente più elevate al miglioramento del proprio parco immobiliare.
C’è anche un’altra voce che riguarda la transizione verde, quella di “altre spese verdi”. Queste includono interventi di diversa natura, quali la tutela della biodiversità, opere di rimboschimento, migliore gestione dei rifiuti, o anche migliore gestione delle risorse idriche. Chi investe di più qui è la Svezia. Quasi due terzi (65%) del piano di ripresa nazionale svedese è destinata è contraddistinta da “investimenti per clima”. Anche la Croazia ha deciso di investire su quest’altra voce: il governo di Zagabria mette 1,54 miliardi di euro (47,6% del totale) per gestione dei rifiuti e dell’acqua, e per il turismo sostenibile. Per la Slovenia, che dedica il 41% del totale del proprio piano per la ripresa ad “altre spese verdi”, una quota significativa va alla gestione dell’acqua e alla prevenzione delle inondazioni.

Pnrr, centrati i 20 obiettivi Mase per il 2022: investimenti per 6 miliardi

Raggiunti tutti e 9 gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di cui è responsabile il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), che ha ottenuto entro i tempi concordati con la Commissione europea tutte le misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza per l’anno 2022. “Con il conseguimento dei 9 obiettivi del secondo semestre, abbiamo raggiunto i 20 di questo anno”, esulta in una nota il ministro dell’Ambiente e della sicurezza, Gilberto Pichetto Fratin, precisando che il raggiungimento degli obiettivi sblocca circa 6 miliardi di euro in investimenti per l’ambiente e la sicurezza energetica. Dopo le 11 ‘milestone’ (le pietre miliari) e i target conseguiti nel primo semestre di quest’anno, entro dicembre 2022 sono stati raggiunti gli altri 9 obiettivi previsti dal Mase per quest’anno. Il raggiungimento degli obiettivi specifici del Mase si inquadra nel più ampio conseguimento annunciato ieri da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, di tutti e 55 gli obiettivi previsti dal Pnrr per il secondo semestre dell’anno.

Complessivamente, il piano italiano prevede 132 investimenti e 58 riforme, che saranno sostenuti da 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Il governo di Roma ha deciso di mobilitare il 37,5% del piano per sostenere gli obiettivi climatici, mentre il 25,1% del piano sosterrà la transizione digitale. Soddisfatta la premier, Giorgia Meloni, che parlando durante la conferenza stampa di fine anno organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione della Stampa parlamentare (la prima che la vede alla guida di Palazzo Chigi) si è detta “contenta che il governo sia riuscito a raggiungere i 55 obiettivi previsti per il 2022”. Ha poi puntualizzato che “quando siamo arrivati al governo dei 55 obiettivi ne erano stati conseguiti 25, penso che questa staffetta con il precedente governo abbia funzionato e sono contenta che si sia riusciti”. Ora però è il momento di entrare “nel vivo del piano, arriva la parte molto complessa in cui questi obiettivi devono diventare cantieri”. Mentre adesso l’Italia, come l’Unione europea, si trova ad affrontare le “difficoltà dettate dall’aumento dei costi delle materie prime e del caro energia e dettate dal fatto che il piano sia stato scritto prima della guerra”.

Nello specifico degli investimenti, per le isole verdi è stata approvata la graduatoria per 200 milioni di euro di progetti relativi al bando; per il rafforzamento delle smart grid sono stati aggiudicati progetti per 3,61 miliardi per l’aumento della capacità di rete per la distribuzione di energia rinnovabile e l’elettrificazione dei consumi energetici; poi ancora, sugli interventi per la resilienza climatica delle reti sono stati aggiudicati progetti per 500 milioni per migliorare la resilienza della rete del sistema elettrico; sulla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano è prevista la messa a dimora di oltre due milioni di specie arboree e arbustive, superando il target di un milione e 650 mila; per promuovere il teleriscaldamento efficiente: aggiudicati progetti per 200 milioni di euro per realizzare nuove reti o ampliamento di quelle esistenti. Quanto ai porti Verdi – precisa una nota del Mase – sono stati aggiudicati progetti per una prima componente di 115 milioni di euro alle Autorità di sistema portuale; è stato adottato il piano d’azione per la riqualificazione dei siti orfani. Quanto alle riforme, negli ultimi mesi sono state adottate: misure per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati e criteri Ambientali Minimi per eventi culturali finanziati con fondi pubblici. “La tutela ambientale è la priorità del Pnrr”.

“Sulla rivoluzione verde e sulla Transizione ecologica sono state destinate le maggiori risorse, 70 miliardi in tutto sui 235 del piano”, ha spiegato Pichetto. “Gli interventi hanno riguardato i grandi temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, mobilità sostenibile e rigenerazione urbana, fino ai provvedimenti in materia di risorse idriche e inquinamento, al fine di migliorare la sostenibilità del sistema economico e assicurare una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero. Come Mase e come Governo”, ha concluso il ministro, “abbiamo fatto un importante passo avanti lungo quello che è a pieno titolo la direttrice imprescindibile del nostro sviluppo futuro”. Il ministero fa sapere inoltre di aver accelerato negli ultimi mesi anche le altre misure Pnrr che non prevedevano scadenze europee a dicembre 2022, quali ad esempio quelle in materia di idrogeno verde e di economia circolare.

L’agrivoltaico nuova frontiera dell’agricoltura, ma occorre maggiore conoscenza

La crisi energetica ha dato una spinta notevole, ma il dibattito sulle nuove fonti di approvvigionamento energetico in agricoltura è in piedi da anni. Di sicuro tra le nuove tecniche che mostrano prospettive più fruttuose c’è l’agrivoltaico, anche se, come ogni novità, la sperimentazione è d’obbligo, al pari di una adeguata divulgazione delle informazioni necessarie.
L’approccio è innovativo, perché permette di far convivere e interagire la produzione di energia proveniente dal sole con le tecniche di coltura agricola. Non solo, perché questo tipo di rinnovabile può risultare molto utile anche nel settore della zootecnia.

Inoltre, il Pnrr stanzia circa 1,5 miliardi di euro, per gli anni dal 2022-2026, sulla Missione 2, Componente 1, Investimento 2.2 ‘Parco agrisolare’. Proprio negli ultimi giorni dello scorso anno è stato emanato il decreto direttoriale con l’elenco dei destinatari ammessi a finanziamento per la misura, facendo così conseguire al ministero dell’Agricoltura e Sovranità alimentare e forestale il primo target europeo in scadenza a fine 2022. Il Decreto assegna risorse per un valore di 451 milioni di euro circa, pari al 30% della dotazione finanziaria totale della misura, che ammonta a 1 miliardo e mezzo di euro. “Per il Masaf e per il governo Meloni questa è senz’altro una buona notizia – ha commentato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida -, al tempo stesso però ci sono degli aspetti su cui occorre un cambio di prospettiva. In seguito al conflitto russo-ucraino, infatti, sono emerse carenze energetiche che ci devono indurre a ripensare il vincolo di autoconsumo. Ciò dipende dal fatto che nella fase in cui il Pnrr venne progettato le condizioni erano radicalmente diverse da quelle attuali”.
Per il responsabile del dicastero “oggi l’esigenza è concentrarsi sulla massima produzione possibile da immettere nella rete. Per questo motivo, il Masaf ha proposto un meccanismo per consentire alle imprese agricole o agroalimentari dotate di impianti fotovoltaici di conservare ‘virtualmente’ l’energia prodotta in eccesso riutilizzandola nei periodi di maggiore richiesta energetica delle proprie attività”.

Dal punto di vista degli agricoltori, però, la strada da percorrere è ancora lunga, ma non impraticabile. Anzi. “L’agricoltaico in Italia è ‘questo grande sconosciuto’, perché non ci sono tante esperienze. È chiaro che si tratta di un’opportunità per la transizione ecologica e soprattutto per cercare di dare un contributo, da parte degli agricoltori, alla transizione energetica sempre più green”, ha detto a GEA il presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia), Cristiano Fini. Spiegando che “deve diventare una vera e propria opportunità per gli agricoltori e non per altri soggetti che stanno cercando di intervenire per accaparrarsi terreni, avere a disposizione la possibilità di fare investimenti non per l’agricoltura, non per gli agricoltori ma per gli interessi legati a multinazionali piuttosto che ad altri soggetti. Per noi l’Agrivoltaico diventerà (e deve diventare) un’opportunità nel momento in cui viene calato su misura per le aziende agricole.

Fini, però, punta l’attenzione su un aspetto importante: “Abbiamo bisogno di fare maggiore divulgazione rispetto a questa tecnica, di dare maggiori garanzie e certezze all’agricoltore altrimenti non riusciranno o non potranno fare gli investimenti e abbiamo bisogno anche di un sostegno creditizio adeguato nei confronti di agricoltori che hanno intenzione di percorrere questa strada”. In questo senso il Pnrr è una spinta importante, perché si tratta di risorse assolutamente importanti che non dobbiamo disperdere ma utilizzare e investire”, ha avvisato il numero uno di Cia. Sottolineando allo stesso tempo che “lo possiamo fare solo se c’è un sostegno creditizio che ci consenta di fare gli investimenti; e se ci sarà una migliore e maggiore conoscenza di questa tecnica, che è assolutamente condivisibile. Perché riesce a coniugare la transizione energetica con le tecniche colturali agricole e, quindi, può dare un’ulteriore possibilità di reddito anche alle aziende agricole”.

Il Pnrr e la missione ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’

Il 30 aprile 2021 il governo italiano ha presentato alla Commissione europea il Pnrr, ovvero il Piano nazionale di ripresa e resilienza per proiettare il Paese fuori dalle sacche della pandemia e attuare una vera e propria strategia di rilancio. Il Piano ha alcuni obiettivi dichiarati e importanti per il futuro dell’Italia che dovranno essere completati – salvo eventuali revisioni sulle tempistiche, già annunciate dal Governo Meloni – entro il 2026.

LO STANZIAMENTO COMPLESSIVO. L’Unione europea ha stanziato complessivamente 672,5 miliardi, 191,5 dei quali sono stati assegnati all’Italia: 122,6 miliardi sotto forma di prestiti e 68,9 a fondo perduto, da ‘spendere’ attraverso 63 riforme e 134 investimenti. A questa cifra vanno sommati i fondi stanziati dal React-EU e dal Pnc (Piano nazionale investimenti complementari) per un totale di 235 miliardi.

IL PIANO NAZIONALE COMPLEMENTARE AL PNRR. L’Italia ha approvato un Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr, con una dotazione complessiva di circa 30,6 miliardi di euro dal 2021 al 2026, destinato a finanziare specifiche azioni che integrano e completano il Piano.

LE SEI MISSIONI. Il Pnrr si articola in 16 componenti, raggruppate in 6 missioni. Ogni missione ha ricevuto un finanziamento ad hoc: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (40,29 miliardi), Rivoluzione verde e transizione ecologica (59,46 miliardi), Infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,40 miliardi), Istruzione e ricerca (30,88 miliardi), Inclusione e coesione (19,85 miliardi), Salute (15,63 miliardi).

LA TRANSIZIONE ECOLOGICA. La seconda missione del Pnrr è la cosiddetta ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ e, complessivamente rappresenta il 31,05% dell’importo totale del Piano. Il suo obiettivo è quello di traghettare l’economia e la società verso un territorio ‘green’, per rendere il sistema sostenibile e garantire comunque la competitività.

I FONDI PER LE COMPONENTI. La missione dedicata alla transizione ecologica si divide in quattro componenti, ciascuna delle quali ha ricevuto un preciso stanziamento di fondi nell’ambito del Pnrr, ma anche dal Fondo complementare e dal React EU. La componente più sostanziosa è la seconda, dedicata a ‘Transizione energetica e mobilità sostenibile’ con 23,78 miliardi di euro. Seguono la terza, ‘Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’ con 15,36 miliardi di euro (a cui si aggiungono 6,56 miliardi del Fondo complementare), la quarta ‘Tutela del territorio e della risorsa idrica’ (15,05 miliardi di euro) e la prima ‘Agricoltura sostenibile ed economia circolare’ (5,27 miliardi).

QUALCHE ESEMPIO. I progetti previsti dalla Missione 2 sono tantissimi e riguardano interventi per l’agricoltura sostenibile e per migliorare la capacità di gestione dei rifiuti, programmi di investimento e ricerca per le fonti di energia rinnovabili, investimenti per lo sviluppo delle principali filiere industriali della transizione ecologica e la mobilità sostenibile. Prevede, inoltre, azioni per l’efficientamento del patrimonio immobiliare pubblico e privato, iniziative per il contrasto al dissesto idrogeologico, per salvaguardare e promuovere la biodiversità del territorio e per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile ed efficiente delle risorse idriche. Rientrano nella Missione 2, ad esempio, i Parchi agrisolari (1,5 miliardi di euro), lo sviluppo del biometano (1,92 miliardi di euro), il rinnovo delle flotte di bus e treni verdi (3,36 miliardi), interventi per l’efficienza energetica dei Comuni (6 miliardi), misure per la gestione del rischio di alluvione (2,49 miliardi).

Zaia: Le rinnovabili sono il futuro, ma vanno tutelati paesaggio e turismo

Dal futuro dell’energia al turismo, passando per agroalimentare, Pnrr e inflazione. E’ a tutto campo l’intervista concessa dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, a GEA nella quale analizza la situazione attuale del suo territorio e dello sviluppo del Paese.

Presidente, “I pessimisti non fanno fortuna” è il suo nuovo libro però con guerra e bollette alle stelle è difficile non essere pessimisti. Si parla di possibile recessione, qual è la temperatura delle aziende venete?

Lo scrivo anche nel libro che parlare di ottimismo in questo momento storico non è facile. Stiamo vivendo le conseguenze di due cigni neri, come il matematico libanese Nassim Nicholas Taleb definisce gli eventi eccezionali ed imprevedibili dalle grandi ripercussioni sulla vita umana. Con una grave pandemia non ancora conclusa, da alcuni mesi ci dobbiamo misurare con una terribile guerra alle porte d’Europa, le cui conseguenze non sono solo umanitarie ma anche economiche e finanziarie toccando direttamente le tasche e la vita della gente. Ma nel bagaglio di memoria del nostro popolo ci sono altre e numerose esperienze che sembravano insormontabili e sono state sempre superate anche quando sembrava impossibile: due cigni neri non sono il black out dell’umanità. Gli stessi dati ci disegnano per il Veneto un tessuto produttivo che sta affrontando grandi difficoltà ma ancora sano. Nonostante le dinamiche negative, che frenano la vitalità produttiva a causa dell’aumento della bolletta energetica, infatti, i bollettini di dicembre delineavano una crescita del Pil veneto del 3,4%, prevedendo un sostanziale equilibrio nell’anno appena iniziato.

Per ridurre le bollette si punta sempre di più sulle rinnovabili. In estate la sua Regione ha approvato una legge per il fotovoltaico a terra. Prevede un aumento di impianti solari o eolici in Veneto?

La legge approvata è una norma di buon senso, come la ho definita appena varata. Ha lo scopo di condurre la nostra Regione verso la transizione energetica, raggiungendo l’obiettivo di decarbonizzazione fissato entro il 2050. Per farlo, va a determinare quali sono le aree idonee e non per l’installazione di impianti fotovoltaici, specificando in modo approfondito quali sono gli indicatori necessari per distinguere un’area destinabile all’installazione da un’altra; questo con l’obbiettivo di produrre energia rinnovabile ma senza stravolgere il paesaggio che contraddistingue il Veneto e i nostri preziosi terreni agricoli. Ritengo che le energie rinnovabili sono il futuro e soprattutto una necessità imprescindibile ma la sfida si gioca non solo sui numeri delle installazioni ma anche sulla capacità di darsi regole equilibrate in modo da conciliare lo sviluppo con l’evidente necessità di tutela della bellezza del territorio; non solo dal punto di vista ambientale ma anche come patrimonio che contribuisce a fare del Veneto la regione più turistica d’Italia con 70 milioni di presenze all’anno.

Altro tema legato alle rinnovabili è quello legato alla siccità. Si parla da tempo del piano invasi. A che punto siamo?

Una rete appropriata di invasi è fondamentale per disporre di un serbatoio che sia una vera riserva idrica. Per farla puntiamo sullo sfruttamento di un sistema di microinvasi, approfittando di cave non più in attività oltre che di quelli già esistenti. Questa estate ci siamo trovati di fronte a difficoltà oggettive con il cuneo salino che ha risalito i fiumi, arrivando come nel caso di Caorle, a minacciare le riserve di acqua potabile. La stessa situazione ne Po’ e nell’Adige può configurarsi una gravissima minaccia per l’irrigazione della produzione agricola. La soluzione della rete di invasi è quindi fondamentale, affiancata ad altre azioni anche affidate al singolo. La dispersione idrica è enorme, arrivando in alcuni casi al 70%. Le riserve sono indispensabili e strategiche ma anche le accortezze che ognuno può prendere sono più che utili.

Il Pnrr. Secondo lei va sempre cambiato come sostiene anche il governo?

Torno a citare il Cigno nero di Nassim Nicholas Taleb. La guerra in Ucraina ha cambiato la storia e, purtroppo, anche la vita di tutti i giorni. Pensavamo che il covid fosse stato un punto estremo nella nostra vita ma, invece, ci siamo visti costretti a misurarci con le ripercussioni di un conflitto che ci coinvolge estremamente da vicino. La ripresa dalla pandemia è stata ragionata con una visione che oggi dovrà essere ricalibrata sulle esigenze che si sono sommate di conseguenza ai nuovi scenari internazionali”.

Sempre restando in ambito Pnrr, secondo lei si riuscirà a spendere tutti gli oltre 200 miliardi o c’è il rischio di aumentare il debito pubblico e di non utilizzare le risorse?

Duecentotrenta miliardi di euro sono un’occasione irripetibile. Sarebbe poco piacevole, nelle condizioni di questo paese, ritrovarsi che non si riescono a pendere. Come Veneto abbiamo presentato 16 progetti per un valore di oltre 7 miliardi di euro. Siamo certi del fatto nostro e stiamo parlando un quadro che potrebbe creare 110.000 posti di lavoro.

Fra 3 anni ci sono le Olimpiadi di Milano-Cortina. Come procedono le opere?

Di pochi giorni fa è la notizia che la variante di Longarone è stata inserita in un elenco di opere Anas per le quali a gennaio partiranno gli appalti. È un ulteriore passo avanti verso le Olimpiadi invernali 2026 di Milano-Cortina perché l’arteria è un nodo centrale dell’infrastrutturazione olimpica in Veneto. Si tratta di un investimento di quasi 400 milioni di euro, una struttura viaria che accoglierà, poco dopo l’uscita dall’A27, nel miglior modo possibile squadre, atleti, sportivi e turisti diretti a Cortina e provenienti dalla pianura via gomma. Un’opera che resterà in eredità dopo i Giochi, facilitando e rendendo più sicuro l’accesso alle nostre montagne. È prevista anche la variante di Cortina che qualora non dovesse essere pronta per l’evento olimpico resterà comunque come opera successiva, senza contare numerose altre opere che giorno dopo giorno prenderanno forma. Realizzeremo poi la nuova pista bob, dimettendo quella vecchia risalente al 1928, recupereremo il trampolino e faremo il villaggio olimpico, che rimarrà in eredità al territorio.

Ogni tanto spuntano polemiche ambientalistiche sui Giochi invernali. Lei però ribatte dicendo che saranno Olimpiadi sostenibili. In che senso?

I giochi olimpici, a Cortina, si svolgeranno in un ambiente Patrimonio dell’Umanità Unesco. Questo ci impone un’attenzione particolare al territorio che per definizione è unico e di valore. Questo significa che quindi qualsiasi intervento dovrà essere improntato con il mantenimento dell’ambiente, anche perché oltre a quello green c’è pure un interesse turistico nella tutela del paesaggio. Per comprendere sostenibilità finanziaria e ambientale, è stato condotto uno studio specifico. È stato dato particolare risalto alle opere per più consono inserimento dell’opera nell’ambiente boschivo della zona. Verranno piantate molte essenze, mirate al recupero di un ciclo delle piante che dovranno essere abbattute o a quelle che già erano giunte al limite della vita utile. Per gli spostamenti saranno prediletti mezzi a basso impatto ambientale.

Oltre ai rincari energetici ci sono quelli alimentari. Lei è un sostenitore, anche quando era ministro dell’Agricoltura, dell’indipendenza alimentare. Cosa intende? Il governo ha creato un fondo per la sovranità alimentare, sta andando nella giusta direzione?

Ero ministro a via XX Settembre, quando parlai io per la prima volta di ‘Sovranità alimentare’. Trovo inconcepibile che, fino ad oggi, un paese come il nostro non abbia mai compiutamente e approfonditamente guardato in faccia la materia. In un momento storico dove la guerra in Ucraina sta mettendo in difficoltà le grandi produzioni e la catena attraverso la quale arrivano agli utenti è necessario dare una risposta. Non ricercare la via per l’indipendenza alimentare significa dover essere sempre dipendenti dagli altri totalmente”.

Rimanendo in ambito agro-alimentare, non si può non sottolineare comunque il record storico di fatturato del vino, in particolare del Prosecco. È una tendenza che continuerà? Quali conseguenze potrà avere anche nel turismo?

Il Prosecco è per noi l’emblema di una viticoltura eroica. Il fatturato raggiunto possiamo definirlo un traguardo storico per la nostra terra che si accompagna ad altre grandi realtà enologiche come, ad esempio, l’Amarone. Sono immagini di un successo produttivo che si configura non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Quando nel mondo si parla di bollicine si associano subito al Prosecco in tutti i continenti. Certamente, il settore enologico è anche un grande richiamo turistico per la nostra regione, confermato anche dal riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco delle Colline del Prosecco. Un territorio simbolo della nostra storia e della nostra cultura rurale, vero anello di congiunzione tra un altro patrimonio Unesco come le Dolomiti e la pianura con le città d’arte e il litorale, di grandissimo richiamo, con Venezia e la sua Laguna. Dove si mangia e si beve ci si torna; se poi anche l’arte e il paesaggio sono vere eccellenze…

Ultima domanda: la Regione Veneto ha creato la fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità. Lei l’ha definita “un nuovo rinascimento”. Dopo pandemia, guerra e crisi energetica, può nascere veramente un nuovo mondo sostenibile?

Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità è un progetto innovativo che coinvolge le istituzioni amministrative e culturali attorno a un piano condiviso di rilancio della città e del suo territorio per fare di Venezia un modello che guarda al futuro. È un momento importante per la storia del Veneto che si consacra un modello internazionale di sinergia tra enti pubblici, istituzioni accademiche e forze imprenditoriali a beneficio del territorio e della sua gente. Il lavoro svolto fino ad ora conferma che in tutta questa emergenza pandemica non abbiamo mai smesso di pensare al domani della nostra regione, anzi. Noi crediamo in questo processo perché la Regione assegna la massima importanza al futuro di Venezia come Capitale Mondiale della Sostenibilità e l’obbiettivo. La sostenibilità è l’unico futuro plausibile per la città più bella del mondo ma anche più fragile. Per preservarla e valorizzarla servirà fare un grande lavoro di squadra, e la squadra c’è ed è ai massimi livelli.

Meloni: “L’Italia deve diventare la porta d’ingresso in Europa per le forniture di gas dall’Africa”

“Con risorse spese bene dall’Europa, si può ragionare prevalentemente con il Nord Africa per produrre l’energia che serve, diversificando e l’Italia può diventare la porta d’ingresso in Europa dell’energia prodotta in Africa”. La premier Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa di fine anno, tocca la questione energetica e ritorna sulla definizione di ‘Piano Mattei per l’Africa’: “Ho citato Enrico Mattei non solo perché si parla di energia, ma perché l’atteggiamento che deve avere l’Italia nei confronti dell’Africa deve essere non predatorio. Noi non andiamo di solito in un’altra nazione per portare via qualcosa, ma per lasciare qualcosa e per costruire rapporti in cui c’è pariteticità. Il tema dell’energia offre l’occasione all’Italia e all’Europa di tornare a essere presente in Africa, in passato abbiamo indietreggiato. Ora abbiamo la possibilità di fare da Nazione capofila di questo nuovo approccio all’Africa, che ha interesse a investire in alta tecnologia in termini di approvvigionamento  energetico”. Rispetto a questo, la premier evidenzia che “il Sud Italia ha un potenziale enorme di produzione di rinnovabili, un pannello fotovoltaico può produrre il 30% di energia in più rispetto a uno puntato nel Nord” e ricorda che l’Italia sta “lavorando per risolvere i colli di bottiglia nelle forniture di gas nei nostri gasdotti all’altezza del centro Italia, azione che permetterebbe di valorizzare anche il Meridione”, senza dimenticare il procedimento – avviato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – autorizzativo per la nuova interconnessione elettrica di Terna tra l’Italia e la Tunisia, il ponte energetico sottomarino da 600 MW in corrente continua che collegherà Europa e Africa. Non ci sono sviluppi, invece, rispetto all’investimento “importante e strategico” che la Intel potrebbe fare in Italia per un impianto di assemblaggio di semiconduttori in Italia: “Si tratta di un dossier che devo ancora concretizzare parlandone con le persone interessate. Stiamo seguendo, conosciamo il lavoro pregresso sul potenziale investimento strategico di Intel in Europa e in Italia. Da parte nostra c’è la massima disponibilità. Sto cercando di calendarizzare un incontro con i rappresentanti dell’azienda per capire come facilitare la decisione e favorire l’investimento. Tutto il resto dipende da questo. Bisogna capire se è confermata la volontà e quali sono i presupposti. Sarà una delle prime cose su cui lavorerò nei prossimi giorni”.

A livello internazionale, Giorgia Meloni afferma che il piano contro l’inflazione varato dal governo statunitense, l’Inflation Reduction Act (Ira), “rischia di produrre assenza di competitività per le nostre imprese. Di fronte a questi strumenti e a una concorrenza con Stati Uniti e Cina, non possiamo continuare con le norme che abbiamo oggi anche a livello europeo, ad esempio in termini di aiuti di stato”, ricordando che il dibattito a livello europeo su una risposta all’Ira statunitense è stata avviato all’ultimo Vertice Ue che si è svolto a Bruxelles il 15 dicembre “e deve continuare”. Sarà sul tavolo dei capi di stato e governo al prossimo Consiglio europeo del 9-10 febbraio. Per Meloni la situazione in cui l’Europa si trova “costringe a un cambio di passo, all’accelerazione e a una visione totalmente diversa, anche sul tema aiuti di stato”, dal momento che “siamo in un’Europa nella quale non abbiamo il controllo di niente”.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, Giorgia Meloni fa riferimento anche al price cap: “Siamo in una situazione di grande emergenza. Oggi siamo in una realtà nella quale i provvedimenti a sostegno dell’energia costano 5 miliardi al mese. Con il price cap e con altre misure cambia il quadro, se dovesse effettivamente cambiare parte delle risorse potrebbe liberarsi per altri provvedimenti. Lavoreremo sempre – aggiunge – sulla priorità del saldo di bilancio. Mettere risorse da una parte significa toglierle da altre parti. Noi abbiamo scelto spostare il grosso delle risorse sul futuro: sui giovani, sulla nuova occupazione e sulle imprese, sulla capacità di produrre nuova ricchezza e occupazione. E abbiamo scelto da dove prendere: dall’indicizzazione delle pensioni molto alte, per spostarlo su famiglie, giovani e natalità. È una scelta politica che io considero di visione”.

Risorse che, per l’importo maggiore della legge di bilancio, sono state destinate alla priorità del caro bollette energia, con oltre 20 milioni, “ma siamo riusciti a mantenere gli impegni che avevamo preso; abbiamo messo tutte le risorse sulle grandi misure alle quali volevamo dedicarci e abbiamo fatto una manovra che è stata approvata con un giorno di anticipo rispetto agli ultimi anni”.  E fa un affondo sul mondo imprenditoriale: “Penso che gli industriali lo abbiano pienamente compreso, mi pare ci sia la piena consapevolezza di un governo amico di chi produce e delle aziende. Per quanto riguarda Carlo Bonomi, è portatore di un interesse legittimo e particolare, ma noi dobbiamo tenere insieme il quadro. Vogliamo spostare i soldi dell’energia dall’energia al cuneo fiscale? Sono disposta a parlarne, ma a me pare che a condizioni date certo non si possa dire che in questa manovra non ci sia niente per le imprese”. A proposito di risorse, un milione e mezzo di euro è invece stato destinato alla famiglia, in un’ottica di sostegno alla genitorialità e alla natalità.

Nel corso della conferenza, c’è spazio anche per affrontare il tema del PNRR“I 55 obiettivi raggiunti e previsti – dichiara Giorgia Meloni – dovranno tradursi in cantieri. Ora si entra nel vivo del piano, arriva la parte molto complessa e questo però comporta delle difficoltà dettate dal caro materie prime e dal caro energia, oltre al fatto che il Piano era stato scritto prima del conflitto ucraino per cui le priorità erano diverse”. E sottolinea con soddisfazione che “quando siamo arrivati al Governo gli obiettivi raggiunti erano 25, la staffetta con il Governo Draghi ha funzionato e il traguardo per richiedere la tranche di 19 miliardi di euro è stato raggiunto”.

Rispetto invece allo stop alla vendita di diesel e benzina entro il 2023, Giorgia Meloni lo etichetta come “irragionevole, lo considero profondamente lesivo del nostro sistema produttivo. E’ una materia su cui vedo che c’è una convergenza trasversale e intendo utilizzare questa convergenza per porre la questione con forza”.

Tra le altre tematiche affrontate durante l’incontro – durato tre ore – con i giornalisti, il conflitto in Ucraina, dove la premier ha intenzione di andare prima del 24 febbraio, il punto sulla situazione sanitaria relativa al Covid, “sotto controllo”, e il tema dei condoni “che non ci sono nella legge di bilancio; abbiamo invece fatto una norma che chiede a tutti di pagare il debito, maggiorato, dando la possibilità di rateizzarlo. Le uniche cartelle  che saranno stralciate sono quelle vecchie di oltre 7 anni e non superiori ai mille euro, perché allo Stato conviene di più rispetto alla riscossione” e l’aver mantenuto l’ergastolo ostativo.
Giorgia Meloni, infine, sostiene che tra le priorità di questa legislatura – “che mantiene l’obiettivo temporale dei cinque anni” – ci sarà la riforma delle istituzioni per “garantire ai cittadini servizi più efficienti e politici che siano davvero l’espressione della volontà popolare”.

 

Meloni: “Italia porta d’ingresso in Europa per forniture di gas dall’Africa”

“I 55 obiettivi raggiunti e previsti dal PNRR dovranno tradursi in cantieri. Ora si entra nel vivo del piano, arriva la parte molto complessa e questo però comporta delle difficoltà dettate dal caro materie prime e dal caro energia, oltre al fatto che il Piano era stato scritto prima del conflitto ucraino per cui le priorità erano diverse”. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso della conferenza di fine anno , ricorda con soddisfazione che “quando siamo arrivati al Governo gli obiettivi raggiunti erano 25, la staffetta con il Governo Draghi ha funzionato e il traguardo per richiedere la tranche di 19 miliardi di euro è stato raggiunto”. Nel rispondere alle domande dei giornalisti, la premier è ritornata sulla definizione di Piano Mattei per l’Africa: “Ho citato Enrico Mattei non solo perché si parla di energia, ma perché l’atteggiamento che deve avere l’Italia nei confronti dell’Africa deve essere non predatorio. Il tema dell’energia offre l’occasione all’Italia e all’Europa di tornare a essere presente in Africa, in passato abbiamo indietreggiato. Ora abbiamo la possibilità di fare da Nazione capofila di questo nuovo approccio all’Africa, che ha interesse a investire in alta tecnologia in termini di approvvigionamento  energetico. Con risorse spese bene dall’Europa, si può ragionare prevalentemente con il Nord Africa per produrre l’energia che serve, diversificando e l’Italia può diventare la porta d’ingresso in Europa dell’energia prodotta in Africa”.  Guardare all’idrogeno verde e alle rinnovabili significa, per l’Italia, “lavorare per produrre fonti alternative, diventando la porta di ingresso di questa energia”, senza dimenticare “la situazione dei gasdotti specie nel centro Italia dove si presenta una strozzatura che, se risolta, può permettere di valorizzare e implementare anche diverse città del sud Italia”, precisa.

 

 

 

Contro il caro-mangimi la risposta dalle sanse di olive

Ricerche che tornano d’attualità. Un anno fa si concludeva un lavoro dell’Università di Firenze che testava l’utilizzo delle sanse di olive come mangime animale per migliorare la sostenibilità della filiera del latte: l’idea era sfruttare la presenza di polifenoli nei residui della spremitura per moderare le escrezioni azotate e le emissioni di metano degli allevamenti. “Oggi, con i prezzi dei mangimi che hanno subito un rincaro elevatissimo” – spiega Arianna Buccioni, professoressa del dipartimento di agraria dell’ateneo – “l’utilizzo di sottoprodotti come le sanse denocciolate può giocare un ruolo anche economico”.
L’inclusione delle sanse nella razione giornaliera dell’animale, in pratica, permette di sostituire una parte del mangime convenzionale con uno scarto di una filiera dell’agroindustria. Combinando le diverse materie prime, si ottiene quindi un prodotto a costo inferiore rispetto agli alimenti tradizionali che – complice la guerra in Ucraina e rincari energetici – hanno subito importanti oscillazioni dei prezzi.
Il tutto con benefici ambientali. I polifenoli presenti nella pratica studiata dall’Università di Firenze permettono, complessando le proteine, di equilibrare nella razione alimentare il rapporto energia/proteina. Così facendo si limitano le escrezioni azotate e diminuisce l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche.
La messa a punto di una nuova strategia alimentare che preveda l’introduzione delle sanse di oliva nelle diete per le bovine da latte – spiega poi la ricerca – può essere inoltre uno strumento per la modulazione del metabolismo lipidico ruminale per aumentare la quota di acidi grassi funzionali che vengono trasferiti al latte o dei loro precursori. In altre parole: si può ottenere un prodotto arricchito in alcune componenti funzionali come l’acido oleico e l’acido linoleico coniugato, interessanti per le attività cardiocircolatorie e anti-carcinogeniche, e impiegarlo per la realizzazione di un nuovo prodotto lattiero-caseario ad elevato valore nutrizionale.
Certo, non mancano gli ostacoli per trasferire questo know how nella pratica. Primo fra tutti, la stagionalità della produzione delle sanse che, seguendo il ciclo della spremitura, hanno un picco concentrato intorno al mese di novembre: “Dovremo quindi capire come poterle conservare nel modo migliore”, afferma Arianna Buccioni. Oltre a dare la possibilità per i produttori di dotarsi di strumenti per conservare e miscelare i nuovi alimenti e allo stesso tempo sensibilizzare gli allevatori sull’importanza di queste pratiche.
La leva del Pnrr potrebbe accelerare il trasferimento tecnologico”, conclude Arianna Buccioni, e fare così in modo che ci sia un ritorno anche nell’economia degli allevatori. Ma non sarà veloce. “Vista l’urgenza di questo periodo di difficoltà sui prezzi delle materie prime sarebbe utile accelerare gli investimenti su questo tema”.