Gas giù e con il vento caldo ripartono le rinnovabili nella Ue

Il prezzo del gas torna a scendere in corrispondenza del cambiamento meteorologico che sta interessando l’Europa, con alta pressione e meno freddo. Mentre è in arrivo un price cap a 180 euro/Mwh, il Ttf ad Amsterdam crolla del 7% a 107 euro/Mwh. A far calare le quotazioni sta contribuendo il cambio di clima degli ultimi giorni dopo l’ondata di gelo che aveva colpito il Vecchio Continente fino a metà mese. Il ritorno di condizioni ventose, umide e miti sta spingendo verso una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, riducendo dunque sia il consumo di gas che l’utilizzo degli stoccaggi. Ad esempio in Germania, in tarda mattinata, 1.720 Mw sono stati prodotti dal solare, 23.219 da eolico on shore (a terra), 5.646 da pale eoliche off shore, 13.088 da gas, 7.406 da carbone, 12.678 da lignite, 5.175 da biomasse, 3.650 da nucleare. Il 12 dicembre, quindi lunedì scorso, erano ben diverse le proporzioni delle fonti di energia: 4.925 Mw da solare, 2.458 da eolico on shore, 1.923 da eolico off shore, 17.520 da gas, 13mila da carbone, 16.832 da lignite e più meno stessa quantità di luce prodotta da biomasse e nucleare.
Completamente diverso il mix energetico italiano, dove il metano la fa sempre da padrone. Sempre questa mattina sono stati generati 5.971 Mw da fotovoltaico, 890 da eolico on shore, appena 12 megawatt da eolico off shore, ben 17.261 da gas, 3.504 da carbone e 2.209 dall’acqua. Situazione simile a quella di una settimana fa: la produzione elettrica era arrivata dal gas per 23.040 Mw, dal solare ne sono arrivati 5.130, dall’eolico on shore 1.821 e appena un Megawatt dall’eolico off shore.
Tralasciando il forte utilizzo di carbone e lignite da parte dei tedeschi, non proprio in linea con gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea verso la transizione energetica, appare però evidente che nel giro di una settimana è sceso il consumo di gas, mentre è ripresa con forza la produzione elettrica rinnovabili soprattutto da pale eoliche. Questo minor ricorso al gas si riflette per tanto sul prezzo del Ttf, che il 7 dicembre scorso aveva chiuso le contrattazioni a 149 euro/Mwh, quasi il 40% in più se confrontato con i 107 di queste ore.
La forte discesa del Ttf, con minore domanda di gas, ha evidenti ripercussioni anche sui prezzi della luce. Domani in Germania – con più rinnovabili – scende a185 euro per megawattora, in Italia invece – sempre metano-dipendenti – siamo sui 271,57.
In attesa di vedere se l’Unione Europea riuscirà effettivamente ad applicare un price cap sul gas, il mercato da solo si autoregola. E a decidere il prezzo non sono norme complicate, bensì il meteo.

Price cap, vittoria italiana ma non bisogna abbassare la guardia

Finalmente, dopo più di sei mesi di tira e molla, il price cap è realtà. Sopra il 180 euro a megawattora, scatterà (da febbraio) un meccanismo protettivo in grado di mettere al riparo imprese e famiglie da ulteriori sacrifici e creare un argine alla crisi energetica. La ratifica a livello europeo è stata salutata dal governo di Giorgia Meloni come una battaglia vinta perché, in effetti, tante sono state le resistenze da piegare tra i 27 che alloggiano a Bruxelles, in particolare Germania e Olanda, i meno teneri con noi e con gli altri.

Un successo italiano che porta anche la ‘griffe’ di Mario Draghi. L’ex premier, infatti, è stato il primo a insistere – assieme all’allora ministro Roberto Cingolani – sulla necessità di fissare un tetto al prezzo del gas. Non stupisce che al Cremlino l’abbiano presa malissimo e non dovrà stupire se, nelle prossime settimane, Vladimir Putin metterà in atto delle strategie ritorsive. Fa tutto parte di una storia abbastanza prevedibile. L’angosciante vicenda del gasdotto Nord Stream deve essere di insegnamento. Aver vinto, per citare la presidente del Consiglio e il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, non significa abbassare la guardia sul gas e, più in generale, sulla situazione energetica. Che resta ad altissimo rischio per una serie di congiunture negative. O, comunque, non positive.

Senza esagerare, la medaglietta del successo in chiave europea va giustamente appuntata al petto: è stato un braccio di ferro, quello italiano. E’ stata la goccia che, alla fine, ha scavato la pietra. Da un rinvio all’altro, da un proposito all’altro, da un discorso all’altro della presidente Ursula von der Leyen, si era persa la speranza che davvero potesse accadere qualcosa di positivo. L’Europa è stata sorda per tanti mesi, incapace di trovare un punto di gravità permanente, scossa dai ricatti della Russia e dagli interessi di ciascuno. Poi però ha ritrovato il senno e il senso di un operare comune. Così Bruxelles ha ritrovato la sua compattezza, così Bruxelles ha ritrovato la sua credibilità. Ma adesso dovrà trovare pari solidità per non prendere paura di fronte alle ripicche di Mosca. Facile a dirsi, più difficile a farsi.

Nel caso, dovrà essere di nuovo l’Italia la capofila del buonsenso. L’abbiamo fatto, possiamo eventualmente rifarlo.

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Gas, Meloni: “Price cap grande vittoria”. Pichetto: “Ora disaccoppiamento”

L’accordo in Europa per il price cap al gas c’è: 180 euro a megawattora. Una svolta apparentemente lontana, che Giorgia Meloni registra come una “grande vittoria” italiana. Una battaglia, rivendica, che “molti davano per spacciata, e che abbiamo portato a casa“. Una mossa che rivaluta il peso di Roma, che dà respiro e allontana lo spettro di prezzi insostenibili.

La notizia infatti impatta subito sul prezzo del gas, in netto ribasso già dal mattino. Le quotazioni riducono il calo e al Ttf i future cedono il 3,2% a 111,8 euro/Mwh dopo essere scesi fino a un minimo di 105 euro a megawattora.

Un risultato, rimarca il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, di tutti i cittadini in Europa che “chiedono sicurezza energetica” e dell’Italia in particolare che “ha creduto e lavorato per raggiungere questo accordo“. Un primo passo, spiega, per una soluzione che possa calmierare il prezzo delle bollette. Il prossimo sarà affrontare il tema dell’energia elettrica, quindi il disaccoppiamento dei mercati. Quanto alle rinnovabili, l’obiettivo per il 2030 c’è e va attuato “con il rilascio delle concessioni”, fa sapere da Bruxelles, al termine dei lavori del consiglio Energia. “Lavoriamo proprio sulla rapidità”, assicura. “E’ una priorità di questo governo e del ministero che ho il privilegio di guidare”.

L’intesa premia Meloni e il lavoro ai fianchi fatto a Bruxelles nel consiglio europeo di giovedì, scandisce il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, confermando il “ruolo centrale dell’Italia“. Dopo mesi di stallo, il segnale di responsabilità da parte dell’Unione è “importante” per il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che parla di un “cambio di passo significativo in favore di famiglie ed imprese“: “Usciamo da una lunga fase di inerzia che rischiava di minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee. È una vittoria frutto della tenacia e della credibilità del governo Meloni e, in particolare, dell’ottimo lavoro svolto dal ministro Pichetto Fratin e da Roberto Cingolani, oggi consulente per l’energia del presidente Meloni”, ricorda.
Festeggiano anche le parti sociali.

Gran bella notizia il via libera europeo sul tetto al prezzo del gas“, scrive sui social Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl. “E’ necessario -spiega – per frenare speculazione e freddare le minacce di Gazprom“. Adesso la richiesta è quella di andare fino in fondo pure con un nuovo Recovery “per sostenere occupazione, riconversioni, sovranità energetica Ue“.

Bene anche per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Rappresenta il settore che più di tutti ha subito i rincari dell’energia, insieme a quelle dei fertilizzanti, uniti ai problemi derivanti dai cambiamenti climatici, con siccità estive e alluvioni autunnali: “Positiva – ammette con amarezza -, ma in ritardo di molti mesi”.

Price cap gas, l’Ue trova l’accordo: scatterà sopra i 180 euro/MWh

Accordo. Quasi otto ore dopo l’avvio dei lavori del Consiglio Ue a Bruxelles, i ministri dell’energia hanno raggiunto nel pomeriggio un’intesa politica per fare entrare in vigore da febbraio 2023 un meccanismo di correzione del mercato in caso di picchi di prezzo del gas, il ‘price cap’ tanto richiesto dai governi Ue quanto divisivo e a lungo rimandato.

L’accordo politico sul tetto al prezzo del gas ha permesso ai ministri di sbloccare oggi anche il via libera ufficiale ad altri due regolamenti di emergenza rimasti in ostaggio del Consiglio per il mancato accordo sul tetto al prezzo del gas: il regolamento per l’accelerazione delle autorizzazioni delle energie rinnovabili (proposto il 9 novembre) e il pacchetto anti caro-energia, che include acquisti congiunti di gas, il nuovo benchmark per il Gnl e le misure di solidarietà tra Stati membri (datato 18 ottobre). Dopo molte difficoltà e riunioni infruttuose, i ministri lasciano Bruxelles con un’intesa politica per attivare automaticamente il ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

Queste le due condizioni (‘trigger’) per attivare il meccanismo vero e proprio di correzione del mercato (che si attiverà in automatico con solo un “avviso di correzione del mercato” da parte dell’agenzia Acer), che avrà invece una componente dinamica, come richiesto da alcuni Paesi come l’Italia. Una volta soddisfatte le condizioni e attivato il meccanismo, in sostanza non saranno consentite transazioni sul gas al sopra di un cosiddetto “limite di offerta dinamica“, che si definisce come il prezzo di riferimento calcolato sulla base degli indici globali dei prezzi del Gnl, più un massimo di 35 euro/MWh. L’intesa prevede però che se il prezzo di riferimento del GNL è sotto ai 145 euro, il limite di offerta dinamica rimarrà comunque pari alla somma di 145 euro e 35 euro (per arrivare alla soglia di 180). Disattivazione e sospensione: Una volta attivato, il limite dell’offerta dinamico sarà applicato per almeno 20 giorni lavorativi, ma con la possibilità di disattivarlo o sospenderlo in ogni momento attraverso due procedure diverse. Quando il limite di offerta dinamica è inferiore a 180 euro/MWh per tre giorni lavorativi consecutivi, verrà automaticamente disattivato, così come di fronte a un’emergenza regionale o dell’intera Ue dichiarata dalla Commissione europea (ad esempio, in caso di razionamento del gas). Di fronte a rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la stabilità finanziaria, i flussi di gas all’interno dell’UE o rischi di aumento della domanda di gas, invece alla Commissione europea resta il potere di adottare un decisione di esecuzione e sospendere il meccanismo di correzione del mercato nell’immediato.

L’accordo raggiunto a fatica a Bruxelles è salutato dall’Ue con molta soddisfazione. Per il ministro ceco per il commercio e l’industria, Jozef Síkela, che ha presieduto la riunione in veste di presidente di turno l’accordo è un “bilanciato compromesso tra due fazioni opposte: da un lato, abbiamo concordato su un meccanismo efficace che proteggerà i cittadini e le imprese dagli eccessi che abbiamo visto quest’estate; dall’altro, abbiamo assicurato salvaguardie per far sì che il mercato europeo resti attrattivo per i fornitori di gas“. Per la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, le decisioni adottate oggi consentiranno all’UE “di prepararsi per il prossimo inverno in modo più efficace e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili“, ha scritto in un tweet.

Da Mosca, la reazione è stata tutto meno che di soddisfazione. “L’accordo dei ministri Ue sul tetto al prezzo del gas è inaccettabile”, ha riferito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che l’intesa “è contraria ai principi di mercato“. Si tratta di “una violazione del processo di determinazione dei prezzi di mercato, un’invasione del processo di mercato, qualsiasi riferimento al massimale non può essere accettabile“, ha detto Peskov. Ci vorrà del tempo, ha detto, per “soppesare a fondo i pro e i contro” per elaborare una risposta adeguata da parte della Russia. Per il ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, invece si tratta di una vittoria su tutta la linea e le “reazioni della Russia sono la dimostrazione che questo tetto serve ed è efficace”.

 

A Bruxelles tavolo ministri Energia: sul piatto price cap e mercato elettrico

Le prime idee della Commissione europea di riforma del mercato elettrico europeo potrebbero arrivare sul tavolo dei ministri dell’energia già oggi, lunedì 19 dicembre, al Consiglio che li vedrà impegnati a sbloccare lo stallo sul ‘price cap’. “Questo è un tema su cui stiamo lavorando molto intensamente ed è uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio Energia di lunedì prossimo”, ha chiarito il portavoce della Commissione Ue per l’energia, Tim McPhie, nel corso del briefing quotidiano con la stampa venerdì scorso, rispondendo a una domanda sulle tempistiche di presentazione del documento di consultazione sulla riforma del mercato, di cui una proposta è attesa entro il primo trimestre 2023.

A detta del portavoce, alla riunione dei ministri dell’energia, la commissaria Kadri Simson presenterà “alcune delle nostre idee iniziali su come potrebbe essere la futura riforma dei mercati dell’elettricità”. Dovrebbe essere presentato un non-paper (documento informale) dal momento che i documenti scritti “contribuiranno allo scambio di vedute con i ministri, come sempre. Ma in questa fase non posso dirvi se (il documento) è stato inviato agli Stati membri e non posso dirvi se è qualcosa che potremmo condividere”, ha precisato il portavoce. I documenti informali vengono trasmessi alle capitali per contribuire alle discussioni ma generalmente non vengono resi pubblici.

In un primo tempo scettica sull’argomento, è dalla scorsa primavera che Bruxelles ha pienamente “abbracciato” l’idea di una riforma del mercato elettrico europeo che non sia solo una risposta alle necessità immediate, ma una soluzione a lungo termine per ottimizzarne il funzionamento. Ha promesso una proposta legislativa a inizio 2023, ma con la prospettiva di pubblicare entro la fine dell’anno un documento di consultazione perché gli Stati membri possano contribuire a elaborarla. I quattro pilastri della riforma del mercato elettrico erano stati anticipati qualche settimana fa in una audizione all’Europarlamento da Mechthild Worsdorfer, vicedirettrice generale della DG ENER della Commissione europea, che ha confermato che nella proposta di riforma ci sarà disaccoppiamento dei prezzi del gas e dell’elettricità per evitare il cosiddetto ‘effetto contagio’.

Priorità sarà disaccoppiare il più possibile le bollette dei consumatori dal costo delle tecnologie inframarginali (come le rinnovabili e il nucleare, che costano di meno), dei prezzi dell’energia elettrica prodotta dal gas da quella prodotta da altre fonti di energia, per evitare l’effetto contagio dei costi. La seconda priorità indicata dalla funzionaria è quella di ridurre la volatilità dei prezzi, migliorare la liquidità del mercato. In terzo luogo, sarà necessario garantire “gli scambi commerciali (di energia) tra gli Stati membri”, per cui Bruxelles continua a guardare alle interconnessioni “ma dobbiamo anche assicurare che la nuova riforma sia integrata nel mercato interno”. In ultimo, c’è la necessità di introdurre “sistemi di regolamentazione per portare tutti i benefici della transizione energetica nel settore dell’elettricità’”, ha concluso.

Per Bruxelles una riforma del mercato elettrico è necessaria perché va adattato alle condizioni di oggi, essendo “disegnato” sulle esigenze di 20 anni fa, quando le energie rinnovabili avevano un costo molto più elevato rispetto a oggi e rispetto al gas. Oggi il mercato è completamente diverso, sono le rinnovabili ad essere più convenienti a livello di prezzi, con il gas più costoso che però finisce per definire l’intero prezzo (dell’energia) sul mercato. Il disaccoppiamento dei prezzi dovrebbe intervenire proprio su questo. Gli Stati membri hanno mantenuto a lungo posizioni diverse sulla revisione del mercato elettrico in una situazione di estrema volatilità dei prezzi. Se sono diverse le delegazioni a essersi convinte della necessità di un intervento sul mercato, nei fatti si trovano su posizioni molto diverse tra di loro su come realizzarlo. Più restii all’idea su un intervento massiccio sul mercato (come anche sul tetto al prezzo del gas, il ‘price cap’) la Germania e i Paesi Bassi, contrari in generale a un intervento sul mercato.

Quello di oggi dovrebbe essere il primo scambio di pareri, con l’idea di arrivare poi alla proposta vera e propria a inizio 2023. Il punto sarà affrontato in maniera marginale dai ministri, essendo tra le “varie ed eventuali” dell’agenda. Saranno impegnati a strappare un accordo politico sul tetto al prezzo del gas, sbloccando a loro volta anche i regolamenti sull’accelerazione dei permessi alle rinnovabili e sugli stoccaggi di gas, legati al tetto al prezzo del gas in una logica ‘a pacchetto’.

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Gas, Aie allarmata su forniture Ue per 2023. Von der Leyen: “Resistito al ricatto russo”

L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo. Tutti gli sfrorzi ora sono concentrati sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Come evitare la carenza di gas nell’Unione europea nel 2023’, presentato dal direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Fatih Birol e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in vista della riunione straordinaria dei ministri dell’Energia dell’Ue del 13 dicembre e della riunione del Consiglio europeo del 15 dicembre.

Il rapporto, di fatto, delinea una serie di azioni pratiche che l’Europa può intraprendere per sfruttare gli straordinari progressi già compiuti nel 2022 nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas russe e riempire lo stoccaggio di gas in vista di questo inverno. A seguito delle misure adottate dai governi e dalle imprese europee nel corso dell’anno in risposta alla crisi energetica, nonché alla distruzione della domanda causata da enormi picchi di prezzo, la quantità di gas nei siti di stoccaggio dell’Ue è stata ben al di sopra della media quinquennale all’inizio di dicembre, fornendo un importante cuscinetto in vista dell’inverno. Anche le azioni dei consumatori, l’aumento delle forniture di gas non russo e il clima mite hanno contribuito a compensare il calo delle consegne russe nel 2022.
Le misure già adottate dai governi dell’Ue in materia di efficienza energetica, energie rinnovabili e pompe di calore dovrebbero contribuire a ridurre le dimensioni del potenziale divario tra domanda e offerta di gas nel 2023. Anche una ripresa della produzione di energia nucleare e idroelettrica rispetto ai livelli minimi decennali nel 2022 dovrebbe contribuire a ridurre il divario che, tra domanda e offerta di gas dell’Ue, potrebbe raggiungere i 27 miliardi di metri cubi nel 2023 in uno scenario in cui le consegne di gas dalla Russia scenderanno a zero e le importazioni di Gnl dalla Cina torneranno ai livelli del 2021.
“L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo”, ha commentato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. “Molte delle circostanze che hanno permesso ai paesi dell’Ue di riempire i loro siti di stoccaggio prima di questo inverno potrebbero non ripetersi nel 2023. La nuova analisi dell’Aie mostra che è vitale una maggiore spinta all’efficienza energetica, alle rinnovabili, alle pompe di calore e a semplici azioni di risparmio energetico per scongiurare il rischio di carenze e ulteriori violenti picchi di prezzo il prossimo anno”.

Il rapporto Aie raccomanda di ampliare i programmi esistenti e aumentare le misure di sostegno per la ristrutturazione delle case e l’adozione di elettrodomestici e illuminazione efficienti. Suggerisce inoltre di utilizzare tecnologie più intelligenti e di incoraggiare il passaggio dal gas all’elettricità nell’industria. Per accelerare le autorizzazioni per le energie rinnovabili, il rapporto propone di aggiungere risorse amministrative e semplificare le procedure. Propone poi un maggiore sostegno finanziario per le pompe di calore e modifiche alle leggi fiscali che penalizzano l’elettrificazione. Richiede inoltre maggiori e migliori campagne per convincere i consumatori a ridurre il loro consumo energetico e descrive in dettaglio vari programmi da un’ampia gamma di paesi che possono fungere da migliori pratiche.
“La Russia ha tagliato le forniture di gas all’Europa dell’80% e sappiamo tutti che questi tagli agli oleodotti hanno aggiunto una pressione senza precedenti sui mercati energetici globali, con gravi effetti a catena sul sistema energetico europeo. Tuttavia, siamo riusciti a resistere a questo ricatto energetico. Con il nostro piano REPowerEU per ridurre di due terzi la domanda di gas russo entro la fine dell’anno, con una mobilitazione fino a 300 miliardi di euro di investimenti. Il risultato di tutto questo è che siamo al sicuro per questo inverno”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Quindi ora ci stiamo concentrando sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. Per questo, l’Europa deve intensificare i propri sforzi in diversi campi, dalla portata internazionale all’acquisto congiunto di gas, all’aumento e all’accelerazione delle energie rinnovabili e alla riduzione della domanda”.

Dal lato dell’offerta, il rapporto Aie afferma che mentre le opzioni dell’Europa per importare più gas naturale sono limitate, ci sono una manciata di Paesi con capacità di esportazione di riserva che potrebbero aumentare le esportazioni catturando il gas che è attualmente bruciato. Il rapporto descrive anche le opportunità per aumentare la produzione di biogas a basse emissioni.
Insieme, queste misure offrono un percorso per evitare picchi di prezzo, chiusure di fabbriche, un maggiore utilizzo del carbone per la produzione di energia e una feroce concorrenza internazionale per i carichi di Gnl, in modi coerenti con gli obiettivi climatici dell’Ue.
“Dobbiamo rendere gli acquisti congiunti – ha sottolineato Ursula von Der Leyen – una realtà, le discussioni con gli Stati membri, i partner e le compagnie energetiche sono in corso. Possiamo lanciare la prima gara per l’aggregazione della domanda (di acquisti comuni) entro la fine di marzo ma è necessario un accordo tra gli Stati membri sul regolamento di emergenza del 18 ottobre”.  Tra le misure di emergenza contro la crisi energetica, la Commissione europea ha proposto anche l’avvio degli acquisti congiunti di gas per abbassarne i costi. I ministri Ue dell’energia hanno già trovato un accordo politico, ma hanno ‘legato’ il via libera del pacchetto di emergenza al raggiungimento di un accordo sul ‘price cap’, che ancora non è stato trovato. Nel breve termine proporrà inoltre di potenziare finanziariamente il piano REPowerEu per gli investimenti in energia pulita. Un’azione che rappresenta “una parte della nostra risposta europea all’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti”, ha precisato la Presidente della Commissione europea. Concludendo che “nel lungo periodo dobbiamo andare oltre e stiamo valutando la creazione di un fondo di sovranità per continuare a essere leader delle tecnologie pulite”.

 

Estrazioni di gas in Adriatico, il governo ‘chiama’ Leonardo e Ispra

Il governo va avanti sulla strategia del gas release, ma non rinuncia al dialogo con il territorio. Al ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica, infatti, si riunisce il primo tavolo di confronto sul tema delle estrazioni di nuovo gas italiano in Adriatico, al quale partecipano i ministri Gilberto Pichetto Fratin e Adolfo Urso, la vice ministra Vannia Gava e il governatore del Veneto, Luca Zaia, con i tecnici della Regione. La discussione si è incentrata sulla la necessità di approfondire le problematiche emerse, in particolar modo quelle legate al rischio subsidenza, oltre alle criticità segnalate dalle comunità locali e dai sindaci rispetto alla nuova possibilità di estrazione del metano, specialmente in Alto Adriatico, con la necessità di ottenere in via prioritaria garanzie tecnico-scientifiche a tutela dell’ambiente.

Non solo, perché i responsabili di Mase e ministero delle Imprese e il made in Italy concordano con il presidente della Regione Veneto di coinvolgere, in via preliminare, alcune eccellenze italiane nel campo della ricerca: da Leonardo a Ispra, insieme alle Università del territorio, che andranno così ad affiancare tecnici e studiosi nel percorso di analisi e approfondimento del tema. Per avere un’angolatura più ampia possibile, inoltre, il tavolo istituzionale sarà affiancato anche da un tavolo tecnico prettamente, che sarà utile per fornire strumenti e studi a carattere scientifico nell’ambito delle estrazioni di gas.

Restando sulla questione energetica, durante la prosecuzione dell’audizione davanti alla commissione Ambiente del Senato, Pichetto è tornato sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Perché conta di “chiudere nelle prossime settimane” alcune misure per favorire lo sviluppo delle fonti alternative. Tra queste c’è “il decreto attuativo per l’individuazione delle aree idonee alla realizzazione di impianti di energia rinnovabile“, che ormai “è in fase di finalizzazione. Ma non è l’unica novità, perché “anche per quanto riguarda il Fer 2, la cui gestazione è stata particolarmente lunga, siamo alle battute finali“, assicura il ministro. Il decreto, su cui sono stati già acquisiti i pareri del ministero dell’Agricoltura e dell’Arera, è in continuità con il Fer 1 e ha come obiettivo “l’incentivazione della produzione di energia elettrica dalle fonti geotermiche tradizionali a ridotte emissioni, geotermia a emissioni nulle, eolico offshore, impianti fotovoltaici, floating, impianti a energia mareomotrice e altre forme di energia marina, biomasse, biogas, solare termodinamico che presentino caratteristiche di innovazione e ridotto impatto su ambiente e territorio“. In totale, saranno liberati “complessivamente, 4.590 megawatt di impianti, circa 4,5 gigawatt“.

Per il nucleare, invece, i tempi saranno ben più lunghi. Visto che “le competenze su ricerca e impiego restano in capo ad Enea“, ma l’auspicio è che “nell’arco di 10-15 anni possa essere implementata la tecnologia di quarta generazione, che sarà un vettore tecnologico di transizione, propedeutico all’approccio finale di fusione nucleare“. Quindi – spiega Pichetto -, “non è un’immediatezza ma dobbiamo tenere il passo con la ricerca, le competenze e le capacità“. Non sarà lo stesso, fortunatamente, sul clima: il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, infatti, “a giorni dovrebbe essermi consegnato a seguito di una lunga procedura di confronti e valutazioni“.

Presidenza Ue tenta compromesso: price cap gas a 220 euro

Un accordo politico sul tetto al prezzo del gas al prossimo Consiglio straordinario dell’energia del 13 dicembre. Difficile, ma non impossibile. E la presidenza della Repubblica ceca di turno al Consiglio Ue fino al 31 dicembre tenta il tutto per tutto e prova a far convergere gli animi divisi dei 27 con una nuova bozza di compromesso (datata 5 dicembre) che abbassa entrambi i criteri di attivazione (i ‘trigger’) del tetto: il ‘cap’ si attiverebbe quando il prezzo del gas supera i 220 euro per 5 giorni (l’ultima bozza di compromesso parlava di una soglia di 264 euro per 5 giorni) e quando la differenza del prezzo del mercato Ttf e il prezzo di riferimento del Gnl supera i 35 euro per 5 giorni (la precedente bozza parlava di 58 euro).

La seconda bozza fatta circolare tra le capitali è un nuovo tentativo di avvicinare le posizioni a livello tecnico (nelle riunioni tra ambasciatori) prima del confronto politico della prossima settimana al Consiglio energia del 13 dicembre. Il meccanismo di correzione del mercato proposto dalla Commissione europea lo scorso 22 novembre, anche detto ‘tetto al prezzo del gas’, si attiverebbe a due condizioni: quando la soglia di prezzo va oltre i 275 euro per 14 giorni consecutivi, nell’arco delle quali lo spread fra i mercati Ttf e Gnl devono superare i 58 euro per 10 giorni di scambi. Così come concepito dalla Commissione europea, il meccanismo è di difficile applicazione e su ammissione della Commissione stessa non si sarebbe attivato neanche durante i picchi di prezzo registrati in agosto, vicini ai 350 euro.

Nei giorni scorsi, l’Italia si è fatta promotrice insieme al Belgio, Grecia, Polonia, Slovenia, Lituania e Malta di un documento tecnico fatto circolare con proposte alternative, chiedendo un meccanismo di correzione dei prezzi che fosse dinamico al 75%, esteso alle transazioni fuori borsa. Una proposta di tetto tutto dinamico è stata avanzata anche dalla Spagna, in un documento separato e solo ieri anche i Paesi Bassi (che insieme alla Germania è il Paese che ha frenato di più a livello europeo sul price cap) hanno presentato un documento informale (non-paper) sul meccanismo di correzione del mercato, proponendo nella sostanza un tetto solo sul gas necessario a riempire gli stoccaggi europei (una quota limitata rispetto ai volumi di gas complessivamente acquistati).

La presidenza di Praga cerca di andare incontro a sensibilità diverse e oltre ad abbassare la soglia di attivazione del cap per renderlo effettivamente applicabile, ha proposto una serie di altre modifiche per rafforzare il ruolo degli Stati membri e introdurre riferimenti più espliciti alla dinamicità del prezzo (visto che la maggior parte degli Stati è favorevole a un cap dinamico). La bozza di compromesso di Praga estende il price cap non solo ai derivati del mese prima sul mercato olandese TTF ma anche a tutti gli altri derivati con scadenza fino a tre mesi. Sui derivati il limite di prezzo diventa un “limite di offerta dinamica“.

Quanto ai procedimenti per sospendere o disattivare il meccanismo di correzione del mercato, la Commissione Ue ha previsto che il meccanismo possa essere sospeso o disattivato a seconda dei casi attraverso due procedimenti diversi: può essere disattivato automaticamente quando la seconda condizione di attivazione (ovvero la differenza tra il prezzo TTF e il prezzo di riferimento del GNL) viene meno per dieci giorni; oppure, la Commissione europea propone che possa essere solo sospeso (dietro decisione della Commissione stessa) “quando ci sono rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione”. Sulla sospensione, Praga suggerisce che la Commissione possa sospendere il meccanismo attraverso una decisione di esecuzione, che prevede la consultazione con gli Stati membri; mentre sulla disattivazione, Praga propone che il meccanismo sia disattivato “dopo un mese, se il limite di offerta dinamica è inferiore a [220] euro per un certo periodo“, si legge nella bozza di cui GEA ha preso visione.

Non è chiaro se la proposta di mediazione di Praga sarà sufficiente a trovare la quadra politica. Ci “sono discussioni molto difficili tra gli Stati membri Ue, su cosa fare per evitare i prezzi così elevati che abbiamo sperimentato in agosto”, ha ammesso la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, riferendo di “opinioni diverse sui rischi” del meccanismo. Ad ogni modo, per Paesi come l’Italia la questione energetica “ha bisogno di essere affrontata immediatamente e riguarda il tema di come fermare i costi della speculazione. La proposta della Commissione non mi pare sufficiente, perciò continuiamo a lavorare“, ha detto la premier Giorgia Meloni, a margine del Vertice dei leader Ue-Balcani Occidentali a Tirana.

A quanto si apprende, è stata convocata per sabato 10 dicembre anche una riunione straordinaria degli ambasciatori al Coreper per discutere di tetto al prezzo del gas e spianare la strada a un accordo la prossima settimana. Un accordo che – essendo da raggiungere in un Consiglio straordinario – non potrà essere formalizzato dai ministri, ma dovrà essere seguito da procedura scritta (a livello di ambasciatori Ue) oppure formalizzato al prossimo Consiglio energia ordinario in programma il 19 dicembre. La proposta della Commissione fa leva sull’articolo 122 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dunque prevede l’approvazione a maggioranza qualificata degli Stati membri al Consiglio (quando il 55% degli Stati membri vota a favore, ovvero 15 paesi su 27; e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue).

Ma insomma, gli Stati vogliono un accordo sul price cap del gas?

La storia del price cap, ovvero di porre un limite europeo al prezzo del gas, ha iniziato a puzzare pesantemente quando il 9 novembre il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha attaccato frontalmente la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in Parlamento. Il belga accusava la tedesca di non essersi data da fare a sufficienza per presentare una proposta ai ministri dell’Unione.

Von de Leyen l’ha presa con filosofia, ha taciuto per una giornata, poi ha risposto. Ed ha risposto ricordando che abbondantemente prima dell’estate la Commissione, spinta anche da Mario Draghi, aveva espresso la necessità di un provvedimento del genere, proposta caduta però nel pressoché totale silenzio dei governi. Poi il 18 ottobre arrivò una prima idea scritta dai funzionari di von der Leyen, anche quella, vista e accantonata senza alcun seguito. Il 9 novembre bel bello Michel prende e attacca. Era iniziato lo scaricabarile (per non dire che il Belgio, Paese del quale Michel è stato primo ministro è tra i governi capofila a favore di un price cap).

La proposta della Commissione alla fine è arrivata di nuovo sul tavolo dei ministri. C’è voluto tempo per conoscerla tutta, è arrivata a pezzi e bocconi, prima estremamente vaga, poi sempre più dettagliata, fino al testo finale, sostanzialmente respinto dal Consiglio energia del 24 novembre. Ma non respinto del tutto, perché una nuova riunione per discuterne è alle viste il 13 dicembre, in un vertice convocato lì per lì, su due piedi (ed infatti manca ancora l’invito ufficiale). La Commissione ha già fatto sapere che non ci sarà una nuova proposta: “si mettessero d’accordo loro, a questo punto”.

Che gioco stanno giocando i governi? Un gioco di rinvio ad oltranza, scaricando però la responsabilità non sulla loro incapacità, forse anche impossibilità, a fare sintesi, ma sulla presunta o “vaghezza” o “timidezza” o “inutilità”, o “eccessività” della proposta della Commissione.

Il testo uscito dagli uffici della commissaria Kadri Simson è in effetti complesso, pieno di condizionalità, potrebbe anche non essere una buona proposta. Ma la verità è che è oggettivamente impossibile fare una proposta perché gli Stati ad ogni passo che vien fatto oppongono nuove resistenze, nuovi “ma”, nuovi giudizi di insufficienza. Si capisce dunque che la Commissione sia riluttante a presentare un testo che certamente verrà impallinato, anche perché dai governi non è venuta alcuna indicazione univoca per lavorare in una direzione o in un’altra.

Anche il fronte della quindicina di Stati favorevoli è in realtà ben poco compatto, con Paesi come il Belgio che già stanno lavorando a forme di price cap nazionali, o come l’italiano che nella totale incertezza del nuovo ministro Pichetto Fratin sembrano non aver un’idea chiara di dove stanno, perché e di dove vogliono arrivare.

I tedeschi son lì che difendono ad ogni prezzo (è il caso di dirlo) la loro interpretazione di sicurezza delle forniture, gli olandesi che non vogliono veder smontato il mercato del gas che ospitano ma che per praticamente univoca opinione oramai non funziona più e non si può più aggiustare.

Per una volta si può dire che la Commissione è impotente, di fronte alla oramai quasi evidente volontà degli Stati di non avere un price cap.

In Europa è stallo sul price cap. Verso Consiglio Energia il 13/12

Permessi alle rinnovabili, price cap e solidarietà sul gas. Per i ministri europei riuniti a Bruxelles al Consiglio energia straordinario l’adozione formale dei due regolamenti di emergenza sull’accelerazione dei permessi alle rinnovabili (presentato dalla Commissione europea lo scorso 9 novembre) e il regolamento sulla solidarietà del gas (proposto lo scorso 18 ottobre) deve andare di pari passo con un accordo politico sul ‘meccanismo di correzione del mercato’, proposto dalla Commissione in forma di tetto temporaneo al prezzo del gas. Solo che un accordo politico sul controverso ‘price cap’ proposto dalla Commissione europea questa settimana non c’è ancora e dunque i ministri europei hanno deciso di rimandare la decisione formale anche sui due regolamenti di emergenza.

La riunione straordinaria dell’energia (il quarto sotto la presidenza dell’Ue in mano alla Repubblica ceca) si è chiusa dopo circa quattro ore di discussione con una intesa informale sul “contenuto dei due regolamenti“, ma senza un accordo di fatto. L’idea è quella di arrivare ad adottarli formalmente al prossimo Consiglio straordinario dell’Energia che si terrà probabilmente il 13 dicembre (deve ancora essere ufficializzata la data), quando la presidenza di Praga spera di raggiungere un accordo politico sulla proposta di meccanismo di correzione del mercato, che sbloccherà il via libera anche sugli altri due pacchetti. Nessuno si sarebbe aspettato un accordo politico oggi sulla proposta di price cap, appena due giorni dopo la presentazione dei dettagli sul tetto da parte della Commissione europea. La presidenza ceca aveva “messo le mani avanti” su questo, spiegando che un accordo era improbabile ma che ci sarebbe stato un primo scambio di opinioni sulla questione. Ma in pochi si sarebbero aspettati che gli Stati avrebbero deciso di rimandare anche la decisione sulle altre due misure di emergenza, su cui un accordo politico già c’è e “su cui non serviranno ulteriori negoziati”, ha assicurato il ministro ceco per l’industria e il commercio, Jozef Sikela, in conferenza stampa.

Nei fatti, c’è una maggioranza di Paesi Ue – tra cui l’Italia, la Spagna, la Polonia – a cui i termini della proposta della Commissione europea non piacciono. Bruxelles propone di fissare un prezzo massimo “di sicurezza” da applicare in automatico sulle transazioni di gas sul mercato olandese di fronte a picchi di prezzo. Il meccanismo, nell’idea di Bruxelles, scatterebbe in automatico quando sono soddisfatte due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul TTF supera i 275 euro per megawattora (MWh) per un periodo di due settimane e quando i prezzi del gas sul TTF sono superiori di 58 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL per 10 giorni consecutivi nelle due settimane di scambi. Le condizioni per attuarlo in automatico sono talmente difficili da realizzare, che il meccanismo potrebbe non entrare in funzione mai e lo ha ammesso la stessa Commissione europea.

Gli Stati – come ha ricordato la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, in conferenza stampa – hanno il potere di cambiare le cifre contenute nella proposta, possono emendare il regolamento del Consiglio. Ma gli Stati stessi rimangono divisi su come impostare il tetto al prezzo del gas contro speculazione e volatilità dei prezzi. Per il momento la discussione dei ministri è stata molto superficiale, tanto che non si è pensato ancora a una vera e propria contro-proposta ma il lavoro tecnico dovrebbe iniziare nei prossimi giorni.

A Bruxelles resta l’ottimismo sul fatto di riuscire a trovare un accordo al prossimo Consiglio energia su tutte e tre le misure. Sul price cap “la discussione è stata accesa, ci sono posizioni diverse ma è stata una discussione aperta che funzionerà da punto di partenza per trovare un accordo” a dicembre, ha assicurato il ministro ceco. I tempi sono stretti, ma dalla presidenza di Praga c’è ottimismo che si possa arrivare all’accordo il 13, senza dover rimettere la questione sul tavolo dei capi di stato e governo che si riuniranno al Vertice Ue a Bruxelles il 15 e 16 dicembre.

Ne è convinto anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui dal clima registrato oggi al Consiglio un’intesa il 13 è verosimile, “perché c’è tutta la volontà da parte di tutti i paesi di raggiungere l’obiettivo di un accordo”. Rispondendo a una domanda su quale potrebbe essere una soglia di tetto accettabile per l’Italia il ministro ha chiarito che la convergenza tra i ministri deve essere trovata non solo sulle cifre del tetto, quanto sui criteri per attivarlo. “Si tratta di trovare un punto di convergenza, possiamo anche fare a meno di fissare un prezzo ma se i criteri sono chiari per raggiungere il nostro obiettivo, ovvero quello di intervenire evitando una speculazione“. Per la ministra spagnola per la transizione, Teresa Ribera, l’impressione è che “all’interno del Consiglio ci sia stata un’ampia maggioranza sul fatto che, per quanto riguarda la fissazione di un tetto al prezzo del gas, dovrebbe essere un riferimento dinamico e non statico“. Le parole di Ribera confermano che più che su un tetto fisso gli Stati membri potrebbero orientarsi su un corridoio dinamico ai prezzi del gas, come nei fatti chiede il mandato politico alla Commissione Ue dell’ultimo Consiglio europeo del 20-21 ottobre. Una banda di oscillazione dei prezzi, non un tetto fisso, potrebbe mettere d’accordo anche i Paesi che mostrano di avere ancora diverse riserve, come Germania e Olanda.