Il G7 spinge su price cap a petrolio russo via mare, serve l’unanimità Ue

Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve l’unanimità tra i 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca e la palla passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán.

Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa a livello globale“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano“, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.

Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia“, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale“. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia“. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio del prossimo anno per i prodotti petroliferi.

Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione“, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente“. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via maresi baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti“, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva“.

L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo“, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari“. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia“.

Vannia Gava

Gava (Mite): “A settembre pronto Piano nazionale dell’energia”

Energia, price cap, emergenza, rinnovabili. La sottosegretaria al ministero della Transizione ecologica e capo dipartimento Ambiente della Lega, Vannia Gava, ha raccontato a GEA cosa sta succedendo sul fronte più caldo di questi mesi, annunciando per le prime settimane di settembre la presentazione del Piano nazionale dell’Energia, su cui si sta ancora lavorando insieme a Confindustria.

Onorevole Gava, tetto al prezzo del gas. Il Pd lo propone all’italiana, il centrodestra segue invece l’idea di Draghi per fissarlo a livello europeo, Scaroni sostiene invece che non è risolutivo. A che punto stiamo a livello europeo? Se ne tornerà a discuterne?

“L’Unione europea si è impegnata dietro nostro input ad introdurre il price cap per l’inizio dell’autunno. I tecnici del ministero della Transizione ecologica stanno lavorando da tre mesi. Il gruppo di lavoro del Mite, insieme a quello dell’Ue, presenterà tra poche settimane la proposta per il tetto europeo al prezzo del gas”.

Le imprese, piccole e grandi, si lamentano già delle bollette. C’è il rischio di un lockdown energetico?

Gli aumenti delle bollette “hanno conseguenze drammatiche sulle aziende, come sulle famiglie” e questo “è un problema che ci siamo posti per tempo, già quasi un anno fa. Noi siamo partiti molto prima degli altri a fare una diversificazione delle fonti di approvvigionamento e ad oggi siamo in una situazione migliore rispetto agli altri Paesi. Abbiamo gli stoccaggi quasi all’80%, vogliamo scongiurare qualsiasi lockdown energetico. Per quanto riguarda le bollette siamo partiti da subito stanziando risorse per famiglie e imprese attraverso i vari decreti e continueremo a farlo con ulteriori contributi per abbassare i costi dell’energia. Dobbiamo dare una mano alle aziende a superare questo momento”.

Il sottosegretario Garofoli ha detto che il governo sta monitorando la crisi energetica. Con questi prezzi bisognerà intervenire pochi giorni dopo le elezioni per sterilizzare gli aumenti. Al ministero avete delle stime su quanto costerà?

“Queste sono politiche fiscali che sta attuando il MEF. Una misura che continueremo a proporre e mettere in campo come Lega sarà quella di sterilizzare l’IVA”.

Si parla di un piano di razionamento del gas. C’è un piano?

“Il Governo ha già dato le linee generali (un grado in meno, meno giorni…) che dovrebbe essere una regola di buon comportamento in generale anche al di là del periodo emergenziale. Stiamo lavorando e a inizio settembre presenteremo un Piano nazionale al quale stiamo lavorando insieme con Confindustria con dei livelli di intervento che cresceranno all’aumentare dell’emergenza”.

Invece di pensare a razionamenti non era il caso di spingere di più sulla produzione nazionale? Anche a giugno è calata rispetto allo scorso anno, nonostante decreti e moral suasion del ministro Cingolani.

“È necessario farlo: dobbiamo valorizzare e incrementare le estrazioni dai giacimenti nel nostro Paese. Il gas nazionale va potenziato perché è a km0. PD e M5S purtroppo anche nell’ultimo decreto non hanno voluto seguire questa direzione… Loro sempre contrari, noi vogliamo valorizzare ciò che abbiamo per essere sempre meno dipendenti dall’estero. La politica dei no e l’ambientalismo ideologico sono la causa dell’eccessiva dipendenza italiana fonti straniere, sono la ragione per cui oggi ci troviamo in una condizione drammatica”.

Confindustria chiede la sospensione dei certificati Ets, cioè l’acquisto dei certificati verdi, perché in questo momento di prezzi alle stelle è necessario sostenere le aziende. Si può fare?

“Ascolteremo, come abbiamo sempre fatto sin dallo scorso settembre solo noi della Lega, il grido di allarme di Confindustria e del mondo dell’imprenditoria che chiede la sospensione dei certificati Ets, cioè l’acquisto dei certificati verdi, perché in questo momento di prezzi alle stelle è necessario sostenere le aziende. Bisogna evitare che finiscano bruciati migliaia di posti di lavoro.
Bisogna fare di più e accelerare sulle fonti alternative e continuare a rilanciare, come stiamo facendo, la diffusione degli impianti di energia rinnovabile, semplificando e tagliando la burocrazia ideologizzata che da troppi anni tiene ostaggio lo sviluppo del settore”.

Al G7 focus sull’energia: Draghi ripropone price cap gas

L’energia al centro della seconda giornata del G7 in corso a Elmau, in Germania, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito ai leader l’importanza dell’attivazione di un tetto massimo al prezzo del gas. Secondo quanto si apprende, non è escluso che dal vertice possa arrivare un accordo sul price cap per il petrolio russo. L’invito a “limitare i prezzi del petrolio” esportato da Mosca è arrivato anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato: “Per noi è importante una presa di posizione coerente dei Paesi del G7 sulle sanzioni. Devono essere ulteriormente rafforzate”. Sul petrolio, dunque, si potrebbe arrivare a una conclusione, mentre è più difficile che venga trovata un’intesa sul tetto massimo al prezzo del gas, nonostante le richieste di Draghi.

Come annunciato, al G7 di oggi, uno dei temi affrontati sarebbe stato quello riguardante la sicurezza alimentare: “Siamo uniti e determinati a sostenere con forza l’Ucraina nella produzione e nell’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli e promuoveremo iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale e affrontino le cause dell’evoluzione della crisi alimentare mondiale“, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader. I Grandi hanno poi ricordato come la Russia abbia un’enorme responsabilità per le crescenti minacce alla sicurezza alimentare globale come risultato del conflitto.

(Photo credits: LUKAS BARTH / POOL / AFP)

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Draghi sferza scettici: “Con Kiev o Mosca, no alternative”

Questa volta Mario Draghi rinuncia all’aplomb e dice le cose pane al pane e vino al vino. Sulla guerra in Ucraina non ci sono vie di mezzo: o si sta con l’aggredito, Kiev, sostenendola economicamente, diplomaticamente e militarmente; oppure si sta con l’aggressore, la Russia, che per inciso non vuole sedersi al tavolo negoziale prima di aver annesso settori strategici dell’Ucraina.

Il premier ascolta tutti alla Camera, in religioso silenzio, poi dice la sua. Anche sulle sanzioni: “Quando dico che sono efficaci, ripeto quello che tutte le organizzazioni internazionali mi dicono. Io ho la sensazione, da tutti i dati, che siano molto efficaci. Anzi, che diventino ancora più efficaci quest’estate”. Non solo, perché l’ex Bce aggiunge anche un dettaglio sul tema, assolutamente non secondario: “Da tutti i segnali che si hanno da parte russa” c’è “l’evidenza di una grande preoccupazione che sta crescendo”.

L’aula di Montecitorio applaude, con calore, come non era forse mai accaduto finora. Segnale importante in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì, in cui non si discuterà però di tetto massimo al prezzo del gas. O meglio, l’argomento sarà trattato ma solo informalmente. Fonti Ue fanno sapere che si entrerà nel vivo solo all’Eurosummit, dunque ogni decisione di rilievo è rinviata a dopo l’estate. Un extra time per trovare quella quadra che ancora manca tra gli Stati membri. Ne resterà deluso Palazzo Chigi, visto che proprio Draghi nelle comunicazioni al Parlamento sottolinea quanto la misura del price cap sia diventata “ancora più urgente alla luce della riduzione delle forniture da parte di Mosca”.

Il capo del governo avverte anche di un altro fortissimo rischio: “Il conflitto rischia di creare una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie”. Perché “sui più poveri, su quelli che hanno di meno al mondo, sta per abbattersi quella che più volte ho definito come tragedia umanitaria derivante dalla crisi alimentare”. Ma di questo – tuona alzando anche i decibel della voce – “la colpa non è delle sanzioni o dell’Europa, ma della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina”.

Draghi non si tira indietro nemmeno davanti alle dita puntate dalle opposizioni. Anzi, dagli ex Cinquestelle che oggi sono nella componente Alternativa. Oggetto del contendere i concimi. Il premier si rivolge al deputato Alvise Maniero, sottolineando con forza di aver “sollevato la questione tre mesi e mezzo fa con la Commissione europea e sto aspettando una risposta”. Ma assicura che la questione non è affatto chiusa: “La riproporrò ancora nel prossimo Consiglio Ue” di domani e venerdì. Al quale Draghi si presenterà con una maggioranza più frammentata, dopo l’uscita di Luigi Di Maio e oltre 60 parlamentari dal M5S per dare vita al gruppo Insieme per il futuro, ma sicuramente meno esposta ai rischi di possibili colpi di testa. I numeri ci sono, l’appoggio del Parlamento anche: la partita europea può ricominciare.

Draghi

Draghi: “Con price cap inflazione meno pericolosa”

Non abbiamo scuse per tradire i nostri obiettivi climatici. L’emergenza energetica in atto deve essere un motivo per raddoppiare i nostri sforzi. Con questo avvertimento il presidente del Consiglio, Mario Draghi, intende diffondere un messaggio forte e chiaro: “Dobbiamo continuare a facilitare l’espansione delle energie rinnovabili – sia nei Paesi ad alto che a basso reddito – e promuovere ulteriormente la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni energetiche pulite”. Ciò significa, ad esempio, rafforzare l’architettura verde dell’idrogeno e sviluppare reti intelligenti e resilienti.

All’apertura del meeting ministeriale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), il premier ha ripercorso le tappe degli ultimi sviluppi riguardanti il tema dell’energia e della sempre più ‘imminente’ crisi alimentare. Innanzitutto, “accelerare la transizione energetica è essenziale per passare a un modello di crescita più sostenibile e, allo stesso tempo, ridurre la nostra dipendenza dalla Russia“, ha detto Draghi.

Per sciogliere il legame con Mosca una delle vie d’uscita più concrete, al momento, è l’imposizione del tetto ai prezzi delle importazioni del gas. Secondo il presidente del Consiglio, infatti, limiterebbe l’aumento del tasso di inflazione, sosterrebbe i redditi disponibili e ridurrebbe i nostri flussi finanziari verso la Russia“. Esiste anche un’ipotesi molto valida per l’impiego di trasferimenti statali diretti, mirati ai più poveri, mantenendo la sostenibilità delle finanze pubbliche. “Responsabilità e solidarietà devono andare di pari passo, a livello nazionale ed europeo”, ha raccomandato Draghi.

In merito alla crisi alimentare, soggetta a numerosi dibattiti nel corso dei giorni scorsi, il premier ha ribadito che dobbiamo affiancare la stessa determinazione nell’aiutare i nostri cittadini e quelli delle zone più povere del mondo, in particolare l’Africa. “I nostri sforzi per prevenire una crisi alimentare devono partire dai porti ucraini del Mar Nero. Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di cereali che sono bloccati lì a causa del conflitto“, la sottolineatura. “L’interruzione delle catene di approvvigionamento alimentare – in particolare del grano – ha fatto lievitare i prezzi e rischia di provocare una catastrofe umanitaria“, ha avvertito Draghi, consapevole che la collaborazione internazionale possa essere l’unico strumento per sollevarsi da questa emergenza globale.

gasdotto

Via libera Ue al tetto gas per Spagna e Portogallo

‘Sì’ di Bruxelles a un tetto al prezzo del gas naturale usato per la produzione di energia nelle centrali elettriche. Ma solo per Spagna e Portogallo. È arrivato mercoledì 8 giugno in serata il via libera definitivo della Commissione europea al ‘cap’ proposto da Madrid e Lisbona per ridurre i prezzi all’ingrosso dell’elettricità nel mercato della penisola iberica, affrontando così il rincaro energetico trainato anche dalla guerra in Ucraina (la Russia è il primo fornitore di energia all’UE).

La misura sarà provvisoria e durerà fino al 31 maggio 2023. Nello specifico, il tetto è fissato a 40 euro per megawattora durante i primi sei mesi dall’entrata in vigore e aumenterà di 5 euro al mese per arrivare a 70 euro a partire dal dodicesimo mese. In linea con gli aiuti di stato dell’UE, entrambi i regimi hanno un valore complessivo di 8,4 miliardi di euro (6,3 miliardi di euro per la Spagna e 2,1 miliardi di euro per il Portogallo) e serviranno per ridurre i prezzi all’ingrosso dell’elettricità nel mercato iberico abbassando i costi di input delle centrali elettriche alimentate a combustibili fossili.

Il sostegno, spiega la nota, assumerà la forma di un contributo diretto ai produttori di energia elettrica (in sostanza alle centrali elettriche a gas e carbone) per finanziare parte dei loro costi. “Anche se il nostro obiettivo finale è ridurre l’impatto sui prezzi dell’energia per i consumatori”, ci spiega un funzionario dell’Ue. “La misura temporanea consentirà a Spagna e Portogallo di abbassare i prezzi dell’elettricità per i consumatori che sono stati duramente colpiti dall’aumento dei prezzi dovuto all’invasione russa dell’Ucraina”, ha spiegato la vicepresidente responsabile per la concorrenza, Margrethe Vestager. La misura eccezionale sarà finanziata in parte dal cosiddetto ‘reddito di congestione‘ (vale a dire il reddito ottenuto dal Gestore del sistema di trasmissione spagnolo a seguito degli scambi transfrontalieri di energia elettrica tra Francia e Spagna), e in parte da una tassa che sarà imposta dai due governi agli acquirenti che beneficiano della misura.

Il periodo di tempo di un anno, spiegano ancora fonti, dovrà essere usato dai governi (soprattutto quello di Madrid) per “adottare altre misure che siano in grado di abbassare i prezzi”, ad esempio la revisione della tariffa regolamentata. Al Vertice europeo del 24 e 25 marzo i premier di Spagna, Pedro Sánchez, e Portogallo, António Costa, erano riusciti a ‘strappare’ agli altri capi di stato e governo il via libera informale alla possibilità di un “trattamento speciale” nel mercato energetico dell’UE per aiutarli a combattere l’impennata dei prezzi dell’energia. La ragione è che la penisola iberica ha una situazione molto particolare a livello energetico, gode di “pochissime interconnessioni” con il mercato centrale dell’Ue e un alto carico di energie rinnovabili. Per questo Bruxelles ha acconsentito a lavorare bilateralmente con i due governi per riconoscere la cosiddetta ‘eccezione iberica’, trovando un accordo di principio lo scorso 26 aprile.

cingolani

Cingolani: “La guerra avrà forte impatto su transizione ecologica”

Quando la guerra in Ucraina è esplosa, l’Italia si è accorta che la dipendenza energetica dalla Russia era letale per l’economia. Nelle ultime 12 settimane abbiamo, purtroppo, appreso molte cose nuove”. Parola del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani che, intervenendo al Festival dell’Economia di Torino, ha ribadito quanto la necessità di ricevere forniture di energia dall’estero abbia causato un’incredibile debolezza del mercato energetico globale.

Nonostante sia stata accolta in modo più che positivo, la notizia relativa all’accordo politico sullo sblocco del sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, desta non poche preoccupazioni. “Questa decisione rischia di farci male. È necessario sostituire il gas che arriva dalla Russia con forniture naturali”, ha detto il Premio Nobel per l’Economia, Michael Spence nel corso dell’evento. “La turbolenza nel mercato dell’energia probabilmente contribuirà a fare entrare l’Europa in recessione, anche se forse non ovunque”, la sottolineatura dell’economista.

In realtà, secondo il ministro Cingolani, non si tratta più di una ‘previsione’. Per lui, infatti, “siamo già in recessione”. Sul fronte della transizione energetica, per esempio, “è chiaro che stiamo rallentando. Dobbiamo considerare gli enormi investimenti che serviranno per ricostruire l’Ucraina. Gli eventi degli ultimi mesi porteranno conseguenze a lungo termine“. Oltretutto, specifica il titolare del Mite, sono stati fatti diversi errori, come quello di “non aver prestato la dovuta attenzione ai problemi ambientali negli ultimi 20 anni, anche sul mix energetico e sul fronte ideologico”.

Gli ostacoli da superare non sono pochi. “Al 2030 dobbiamo ridurre i combustibili fossili, aumentare le rinnovabili e separare i costi delle fonti pulite dal prezzo del gas. Non c’è motivo per cui queste ultime vengano pagate in base alle quotazioni del gas”, ha insistito Cingolani, specificando che queste sono politiche nel breve termine. Ma a lungo termine va pensato l’accesso universale all’energia e all’energia illimitata. “Quella rinnovabile, però, non è pianificabile. Si produce energia green per 1500-2000 ore all’anno, mentre il gas produce energia per 8mila ore all’anno. È difficile vedere un futuro in cui un mondo come il nostro può crescere in modo continuativo solo con l’energia green”, la riflessione del ministro. Per quanto riguarda il nucleare moderno, si tratterebbe di un’opzione a zero impatto che potrebbe essere molto utile nella fase di transizione. “È un bene investire in questo tipo di tecnologia. È una strada che va esplorata e considerata in questo periodo“, ha puntualizzato il titolare del Mite.

Anche sul tema del caro-prezzi, Cingolani ha voluto dire la sua. La proposta – portata a Bruxelles dall’Italia – relativa al price-cap ha avuto successo, tuttavia non può risolvere tutti i danni causati dal conflitto. Infatti, ha ragionato Cingolani: “Si tratta solo di una misura temporanea che dovrebbe agire come qualcosa che riduce il picco“.

Dal Consiglio Ue apertura per il tetto al prezzo del gas

Non solo embargo sul petrolio russo. Il Vertice Ue straordinario che si è tenuto a Bruxelles lunedì e martedì si chiude con la richiesta alla Commissione Europea di esplorare tutte le opzioni per affrontare l’impennata dei prezzi dell’energia di fronte alla crisi in Ucraina. Tra queste, i leader chiedono all’Esecutivo comunitario di studiare “la fattibilità” di imporre a livello europeo “tetti temporanei dei prezzi all’importazione” dell’energia, che dovrebbero essere esplorati anche in “coordinamento i partner internazionali”, si legge nelle conclusioni.

L’invito a studiarne la fattibilità, non significa che sarà introdotto un tetto temporaneo al prezzo del gas. Ma di fatto è una apertura da parte dei leader Ue a studiare in modo più approfondito a livello europeo la richiesta di fissare un tetto temporaneo ai prezzi del gas e dell’elettricità nel mercato dell’Ue, analizzandone i potenziali effetti negativi e positivi nel quadro del rincaro energetico che l’Europa vive dallo scorso autunno e che si è intensificato a causa delle tensioni geopolitiche con la Russia. Ora una apertura c’è, anche da parte dei Paesi del Nord Europa, come Germania e Paesi Bassi, che fino a ora si erano detti contrari a un intervento massiccio sul mercato.

Rispetto all’ultima bozza di conclusioni circolata a Bruxelles alla vigilia del Vertice, la versione finale delle conclusioni aggiunge un riferimento all’energia “importata”, ma non c’è un accenno specifico al gas importato dalla Russia, su cui invece aveva spinto Draghi. La richiesta portata a Bruxelles dal premier italiano era infatti molto specifica per fissare un prezzo al tetto importato solo dalla Russia e attraverso i gasdotti. La differenza è di sostanza, perché la proposta italiana era mirata a far valere il potere d’acquisto dell’Ue come principale acquirente dei combustibili russi e imporre in questo modo una sanzione indiretta al Cremlino.

Alla due giorni di Vertice Ue a Bruxelles, i capi di stato e governo hanno “compreso l’importanza di lavorare anche con i nostri partner e esplorare la possibilità di fissare un tetto ai prezzi” energia “sulle importazioni”, ha sintetizzato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in conferenza stampa al termine del Summit. I leader dell’Ue hanno discusso di energia come una “sfida fondamentale per tutti noi” da affrontare uniti come “Unione europea”, ha aggiunto. I capi di stato e governo hanno avuto un primo “scambio di idee” sul piano presentato dalla Commissione Ue ‘REPowerEU’ per dire addio ai combustibili fossili russi entro il 2027, attraverso la spinta sulle energie rinnovabili, efficienza energetica e maggiori investimenti nelle infrastrutture energetiche.

In caso di shock nell’approvvigionamento di gas – dopo che Mosca ha tagliato le forniture a Polonia, Bulgaria e Finlandia, e ancora Danimarca e Paesi Bassi – i leader hanno convenuto di dover migliorare la preparazione a eventuali interruzioni delle forniture e la resilienza del mercato del gas dell’UE, attraverso accordi bilaterali di solidarietà e un piano di emergenza coordinato a livello europeo per far fronte a eventuali tagli. “Il riempimento dello stoccaggio prima del prossimo inverno dovrebbe essere accelerato”, scrivono i leader accogliendo “con favore l’accordo sullo stoccaggio del gas e chiedendone la rapida attuazione”. La Commissione Ue vuole che gli Stati abbiano entro l’inverno le riserve di gas piene al 80% della propria capacità, una quota che salirà al 90% a partire dal 2023. Secondo le stime fornite dalla presidente Ursula von der Leyen le “nostre riserve di gas sono già piene al 41% della propria capacità, 5 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, ha assicurato.

Parte centrale del Vertice che si chiude a Bruxelles è però l’accordo politico raggiunto nella notte tra lunedì e martedì dai leader dell’Unione europea per un embargo sulle importazioni di petrolio russo che entrerà in vigore verso la fine dell’anno. L’accordo per ora prevede una esenzione sulle importazioni di petrolio attraverso gli oleodotti che trasportano il greggio in Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca, Paesi dipendenti dalla Russia e senza sbocco sul mare. Il via libera di massima – che andrà dettagliato mercoledì dagli ambasciatori – raggiunto a tarda notte è arrivato “quando la Russia ha deciso di tagliare le forniture a ormai cinque Paesi dell’Ue: dopo Finlandia, Bulgaria e Polonia ora anche Paesi Bassi e Danimarca. La nostra risposta deve essere chiara su come realmente ci libereremo dalle importazioni dalla Russia e questa risposta è il piano ‘REPowerEU’”, ha detto ancora von der Leyen in conferenza stampa. Il piano che potenzialmente potrebbe mobilitare fino a 300 miliardi di euro si basa su tre pilastri: rinnovabili, abbattimento consumi energetici e investimenti in nuove infrastrutture e interconnessioni.

Frans Timmermans

Da price-cap per emergenze a aiuti di Stato: le misure Ue contro caro-prezzi

Aiuti di Stato, ma a certe condizioni, contratti di lungo termine, compensazioni. E poi piattaforma comune di acquisti e, soprattutto, tetto ai prezzi, ipotesi quest’ultima che comunque richiede tempo per modificare regole in vigore e i relativi accordi politici. La Commissione europea viene incontro alle esigenze degli Stati indicando le possibili soluzioni al problema del caro-energia, con le proposte di interventi utili a calmierare listini e mettere in sicurezza famiglie e imprese. Lo fa con una comunicazione, documento non legislativo, ma utile a dare indirizzi e chiarimenti interpretative del quadro normativo a dodici stelle.

L’assunto di partenza è che l’andamento dei prezzi è ormai fuori controllo e gli interventi si rendono non più rinviabili. Gas ed elettricità hanno raggiunto livelli record nel 2021 e hanno registrato i massimi storici dopo l’invasione russa dell’Ucraina nelle prime settimane di marzo 2022. I prezzi del gas, storicamente inferiori a 30 euro per Megawattora, hanno recentemente raggiunto i 100 euro per Megawattora, con picchi anche oltre i 200 euro. Le prospettive non lasciano intravedere miglioramenti. Anzi. “A breve termine, l’eliminazione graduale della dipendenza dalle importazioni russe di gas naturale comporterà adeguamenti delle condizioni di domanda e offerta e volatilità dei prezzi”, con questi ultimi che “continueranno ad essere elevati” per effetto della diversificazione che “eserciterà una pressione al rialzo”.

Tutto questo rischia di ripercuotersi negativamente sulle economie dei Ventisette. La lista di quello che si può fare da subito è ampia. Per rispondere al problema del caro-energia i governi possono ricorrere ad aiuti di Stato, purché “limitati, proporzionati, trasparenti e mirati per evitare distorsioni eccessive”. Ancora, gli Stati membri, “nella misura in cui non l’abbiano già fatto”, potrebbero fornire misure di compensazione limitate nel tempo e sostegno diretto agli utenti finali poveri di energia, compresi i gruppi a rischio. Altra via da seguire, quella di contratti di acquisto di energia “a lungo termine”, considerati come determinanti per garantire prezzi stabili almeno per determinate categorie di consumatori. E poi gli Stati membri possono estendere la regolamentazione dei prezzi al dettaglio per il gas naturale per tutelare in particolare le piccole e medie imprese. “Ciò è ancor più rilevante quando il gas svolge un ruolo particolare nel riscaldamento e nelle materie prime industriali”. Sempre per rispondere al problema del caro-energia, la Commissione ritiene che “possano essere giustificate misure fiscali o regolamentari volte a rimuovere i canoni infra-marginali di alcuni generatori di elettricità di carico di base creati dall’attuale situazione di crisi”. A livello nazionale, ancora, la possibilità di destinare i cosiddetti ‘guadagni inaspettati’ a sostegno dei consumatori è estesa alla copertura della prossima stagione di riscaldamento.

C’è poi l’invito a ricorrere ad acquisti comuni al posto di tanti accordi singoli. Si tratterebbe di utilizzare la piattaforma energetica dell’Ue per aggregare la domanda di gas, garantire prezzi del gas competitivi tramite acquisti congiunti volontari e ridurre la dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi. “La piattaforma è una buona idea”, il suggerimento velato di Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per il Green Deal.

Diversa la questione di un tetto ai prezzi. Questa misura non è immediatamente disponibile. Per un price-capservirà un cambiamento legislativo”, con tutte le incognite delle tempistiche che ne derivano. Inoltre servirà un accordo politico tra i Paesi membri, e l’esecutivo comunitario non esclude che la questione sarà oggetto di confronto tra i capi di Stati e di governo in occasione del prossimo vertice del Consiglio europeo di fine mese. Si può fare, ma non sarà immediato. E dovrà essere fatto bene, perché si teme che questo possa compromettere il funzionamento del mercato unico.

La Commissione europea prevede comunque un dispositivo di emergenza, nel caso in cui Mosca dovesse decidere per uno stop immediato e totale delle sue forniture. In quel caso “potrebbe essere necessario un massimale amministrativo del prezzo del gas a livello dell’Ue”. Se introdotto, questo limite dovrebbe essere “limitato alla durata dell’emergenza dell’Ue e non dovrebbe compromettere la capacità dell’Ue di attrarre fonti alternative di gasdotti e forniture di Gnl e di ridurre la domanda”.
Ci sono anche riforme e investimenti, nella comunicazione della Commissione. Veri e propri compiti per casa, e non solo per i governi. “L’energia più economica è quella che non si consuma” , ricorda Timmermans. Vuol dire da una parte spingere per l’efficienza energetica in edilizia, dall’altra rivedere abitudini. “Abbassare la temperatura del riscaldamento in inverno e non azionare troppo presto l’aria condizionata in estate è un modo di togliere soldi dalle tasche di Putin e questa è una cosa buona”, scandisce Timmermans. La butta in politica, ma vista in chiave economica un diverso utilizzo degli apparecchi di climatizzazione contribuisce a ridurre le bollette. Qui spetterà al singolo decidere come comportarsi. Le autorità invece non hanno scelta. Devono lavorare per “accelerare la nostra transizione verso le rinnovabili”, insiste Timmermans. “C’è grande potenziale per utilizzo di eolico off-shore e pannelli fotovoltaici”. Così facendo “possiamo ridurre di un terzo la nostra dipendenza dalla Russia già quest’anno” solo attraverso interventi in questo senso.

Roberto Cingolani

Caro energia, Europa paga il gas russo 1 miliardo al giorno

Ridurre la dipendenza dal gas russo che ai prezzi di oggi costa all’Europa un miliardo al giorno”, questione che “implica anche altri aspetti”. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non dice apertamente che stiamo finanziando indirettamente la guerra ma apre la riflessione sugli effetti a cascata della dipendenza energetica. I numeri li fornisce durante l’informativa al Senato: i flussi di gas dalla Russia sono aumentati in dieci anni da 21 agli attuali 29 miliardi di metri cubi l’anno pari a circa il 40 per cento dei volumi importati. Ciò avviene a consumi sostanzialmente invariati.

Per Cingolani le soluzioni per limitare questa dipendenza nel breve e medio termine ci sono, tanto da garantire una ragionevole sicurezza energetica anche in previsione del prossimo inverno. In questo caso il problema riguarda però gli stoccaggi: per farvi fronte “al prezzo attuale di un euro e mezzo per metro cubo, ci servirebbero 15 miliardi di euro”. Il ministro è tornato anche sulla polemica nata dalle dichiarazioni su possibili speculazioni: “Forse un’affermazione un po’ dura ma non è possibile che oggi il gas costi cinque volte di più. Sappiamo che gli hub non lavorano sulla materia prodotta ma sugli scambi” e altri meccanismi di mercato ma questo fenomeno sta “causando problemi non solo in Italia ma in tutta Europa”.

Nei recenti incontri a Bruxelles anche con il presidente del Consiglio Mario Draghi, il titolare del Mite, ricorda la proposta di un ‘price cap’. “Se venisse adottato un tetto al prezzo del gas sarebbe una grande notizia, questo porterebbe benefici non solo ai consumatori ma avrebbe effetti anche sui prezzi del mercato elettrico all’ingrosso”. Ciò andrebbe ovviamente negoziato, tuttavia ha ricordato che “l’Europa compra i tre quarti del gas mondiale in tubazione”, un rapporto domanda e offerta che è possibile fare pesare. Al price cap andrebbe aggiunto anche “lo sganciamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas“.

Entrando nel merito dell’esplosione dei prezzi dei carburanti, ha annunciato che il Governo interverrà già nel prossimo Consiglio dei ministri sull’Accisa mobile, con un meccanismo da agganciare al maggiore gettito dell’Iva per coprire riduzioni di prezzo alla pompa. I rincari dei carburanti da autotrazione, per Cingolani sono causati in parte dai costi energetici sostenuti dalle raffinerie e in parte da un incremento del “costo del brent che ha toccato punte di oltre 130 dollari a barile dagli iniziali 78 dollari”. Ciò in seguito a un calo della disponibilità di circa l’8 per cento di prodotto come conseguenza del conflitto in corso.

Sulle misure a breve termine per ridurre la dipendenza energetica da Mosca, il ministro spiega che oltre alla diversificazione delle rotte con l’aumento delle forniture da Algeria, Libia e Azerbaijan, si dovrà potenziare la capacità di gassificazione del gas naturale liquefatto nei tre impianti di La Spezia Rovigo e Livorno. Per favorire il riempimento degli stoccaggi, per il ministro “è necessario ricorrere a strumenti regolatori come il contingentamento della domanda, l’accelerazione dell’efficientamento energetico e con misure di flessibilità sui consumi”. In pratica c’è la possibilità di interruzioni programmate nel settore industriale per brevi periodi in caso di picchi della domanda.

Nel lungo periodo il Governo conta di uscire totalmente dalla dipendenza dal gas della Russia entro due-tre anni. Per raggiungere l’obiettivo, aumenteranno i terminali di gassificazione con nuove unità galleggianti. Inoltre, sarà possibile anche il raddoppio della capacità del gasdotto TAP. Dal “rilancio dell’estrazione di gas nazionale dai giacimenti esistenti” è previsto un “incremento di 2,2 miliardi di metri cubi e arrivare ad una produzione nazionale fino a circa 5 miliardi di metri cubi”. Sul fronte delle energie rinnovabili, il ministro Cingolani ha sollecitato lo sviluppo dei progetti off shore e on shore, partendo dagli “oltre 40 gigawatt di richieste con gli interventi di semplificazione e accelerazione”.