Siccità, Musumeci: “Governo è su strada giusta ma Regioni non spendono i fondi”

Il contrasto alla siccitàè un processo lungo, nessuno si faccia illusioni“. Nello Musumeci presenta alla stampa il nuovo capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, che prende il posto di Fabrizio Curcio.

Inevitabilmente, viene interpellato sulla crisi che sta piegando il Sud Italia e la Sicilia in particolare. Il governo, assicura il ministro, ha imboccato la strada giusta: “Stiamo lavorando per dotare il territorio delle necessarie infrastrutture“, afferma. Ma ingaggia una polemica con le Regioni, che hanno a disposizione 1,2 miliardi, 400 milioni per progetti già in essere e 800 milioni per nuove iniziative da spendere entro il 2026. “Il ministro Fitto mi dice che solo circa il 30% risulta essere stato finora utilizzato“, evidenzia, augurandosi che il dato “non sia aggiornato o che ci sia un arretrato sul quale sapranno lavorare con grande impegno per recuperare il tempo perduto“.

La chiave è anche quella di iniziare a pensare di desalinizzare l’acqua di mare e purificare le acque reflue: “In alcune parti d’Italia si stanno adottando soluzioni in questo senso, anche se alcuni sono ancora diffidenti“, ricorda.

Nella cabina di regia del governo sono rappresentati cinque ministeri, per competenze dirette e indirette. “Abbiamo chiesto alle Regioni le priorità infrastrutturali per far fronte alle calamità“, spiega il ministro. Il programma di infrastrutture utili prevede circa 500 interventi in Italia da mettere a terra in 10 anni. Dalla Regione Sicilia sono arrivate 52 proposte: “Dovremo fare i conti con le risorse finanziarie, ma il primo passo bisogna compierlo“, ammette.

Intanto, come accade sempre più spesso, il Paese è spaccato. In soli due giorni, tra il 21 e il 22 luglio, l’Italia ha registrato 54 eventi meteorologici estremi, tra grandinate anomale, nubifragi, trombe d’aria e raffiche di vento, ma l’intero Sud è in ginocchio per l’assenza di piogge.

L’Osservatorio dell’Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia che in Sicilia, a fine giugno, le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state di un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002.
Sei bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri sei hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e quattro meno di due milioni. Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli; questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre a Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. Nell’Agrigentino, per i terreni irrigui di Ribera, si sta cercando di salvare gli agrumeti, operando trasferimenti di risorsa irrigua dal sistema Prizzi-Gammauta all’invaso Castello.
Nel Ragusano le sorgenti sono tutte quasi prosciugate e il gestore sta attivando turnazioni per l’erogazione idrica. Il comprensorio del Calatino è quello che sta subendo i disagi maggiori: rispetto al 2023 si registra un abbassamento della falda di circa 15 metri ed una riduzione della portata emunta da 1.200 litri al secondo. La soluzione adottata è l’abbassamento del livello di prelievo ed è stato richiesto ai Comuni di emettere ordinanze che vietino l’utilizzo d’acqua potabile per irrigazione e piscine, la riduzione delle portate durante le ore notturne. La sorgente Fiumefreddo fornisce acqua al 70% del territorio comunale di Messina attraverso due distinte captazioni: in una, il livello si è talmente abbassato da far ipotizzare che tra poco la sorgente non erogherà più acqua. L’acqua è razionata anche a Palermo. Le piogge dei giorni scorsi hanno solo lambito l’estremo lembo nord-orientale dell’isola, lasciando però a secco il resto dei territori siciliani.

La siccità sta causando un disastro economico, sociale e ambientale senza precedenti e la premier Giorgia Meloni continua nel suo silenzio“, denuncia il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. La richiesta è di adottare “politiche climatiche efficaci“. Il deputato di Avs parla però di “sabotaggio delle politiche di difesa del clima“: “La mancata esecuzione dei collaudi per le dighe porta alla dispersione di preziosa acqua dolce in mare, una vergogna“, tuona, domandando al governo di proclamare lo stato di emergenza per la siccità e di destinare i fondi necessari per affrontare la catastrofe. “Musumeci ha detto di voler realizzare 500 progetti in 10 anni, ma da presidente di Regione si è fatto bocciare 31 progetti su 31 per il contrasto alla siccità” ricorda, annunciando di aver segnalato l’”inazione del governo” in una lettera inviata alla Ue e all’Ipcc dell’Onu.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Il rischio di povertà in Italia: Regioni del Sud ai primi posti

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, gli indicatori di povertà o esclusione sociale per regione. Secondo Istat, nel 2023, il 22,8% della popolazione era a rischio di povertà o esclusione sociale: valore in calo rispetto al 2022 (24,4%) a fronte di una riduzione della quota di popolazione a rischio di povertà, che si attesta al 18,9% (da 20,1% dell’anno precedente). Rispetto al 2022 si osserva un aumento delle condizioni di grave deprivazione (la quota era del 4,5%) in particolare al Centro e al Sud e nelle Isole. A livello regionale, si osserva una riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale in particolare in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, e Campania, dovuto alla diminuzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Inoltre, il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisce in Lombardia con una riduzione marcata degli individui in famiglie a bassa intensità di lavoro ma con un aumento della grave deprivazione. In Calabria, invece, peggiorano i tre indicatori e aumenta soprattutto la grave deprivazione.

#Salute24, Toti: “Autonomia darà la scossa”. Ma Lorenzin: “Legge inutile e dannosa”

L’autonomia differenziata, croce o delizia per il welfare italiano? Il tema resta ‘incandescente‘ e da mesi divide il dibattito politico. Scenario che si è ripetuto anche al convegno ‘#SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il supporto di Incyte.

Nel panel dedicato ai ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata‘, si sono confrontati governatori, assessori regionali e parlamentari sulla norma in discussione alla Camera, per avere una visione più completa possibile dell’argomento. Dal punto di vista degli enti locali è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a dare come si suol il dire ‘il titolo‘ alla discussione. “La scossa dell’autonomia penso non possa che fare bene all’Italia”, dice il governatore. Mettendo in cima ai possibili benefici che la riforma potrà portare, quello della “assunzione di responsabilità di una parte della classe dirigente del Paese che, come la notte hegeliana, troppo spesso tende a distribuire le cose che non vanno su vari strati di governo, non consentendo al cittadino di comprendere dove il meccanismo si inceppa”.

Non la pensa allo stesso modo la senatrice del Pd, Beatrice Lorenzin, che non usa giri di parole: “È una legge dannosa e inutile”. L’ex ministra della Salute, però, motiva dettagliatamente le sue opinioni: “Dannosa perché non risolve nessuna delle questioni aperte: diseguaglianze, sotto-finanziamento, personale, competitività e competenze, investimenti in ricerca, dati sanitari, che è un tema anche europeo”. Mentre è “inutile, perché non affronta le grandi questioni emerse con il Covid, come costruire reti della prevenzione con input veloci tra Stato e Regioni”. In sostanza, sintetizza Lorenzin, “invece di colmare i problemi, li accentua. Risponde a uno schema politico vecchio, giurassico e non ai reali bisogni dei cittadini, del sistema sanitario e delle stesse Regioni. Anzi, acuirà le fratture tra Nord e Sud e ne creerà di nuove anche all’interno dello stesso Nord”.

Indirettamente, nel videomessaggio inviato agli organizzatori, risponde il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che si definisce “uno tra i maggiori sostenitori dell’autonomia differenziata, specie in un ambito come quello della salute, di così grande impatto sulla vita delle persone”. Secondo il governatore “troppo spesso la questione si pone in termini antitetici, come se l’acquisizione di maggiore responsabilità e autonomia di gestione fossero in alternativa all’omogeneità delle prestazioni. Al contrario – continua -, credo che il livello di risposta ai bisogni più vicini ai cittadini e territori consenta di scegliere la strada più idonea, veloce ed efficace. Una programmazione della sanità che superi la logica dei tetti di spesa, delle contribuzioni a silos non può che aiutare l’equilibrio economico e finanziario degli stessi sistemi”.

Positivo anche il giudizio del governatore veneto, Luca Zaia: “L’Autonomia consentirà di essere più competitivi ed efficienti, più vicini alla gente, meno sprechi, la possibilità di gestire le risorse, anche quelle sanitarie, che ci vengono affidate, nel miglior modo possibile”. Per questo la sua Regione “è pronta per la scrittura dell’intesa, in cui si potrà dare una veste alla nostra idea di autonomia. L’Autonomia è un processo di modernità, valorizzazione delle competenze e piena assunzione di responsabilità, che non mancherà di solidarietà e sussidiarietà”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza anche il vice presidente e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini: “La differenziazione dei poteri regionali è questione antica ma è prevista da una riforma costituzionale voluta nel 2001 dalla sinistra”. Portando l’esempio dell’istituzione che rappresenta, spiega: “Se il Fondo nazionale sanitario viene redistribuito sul principio pro capite, e la mia Regione ha il bilancio in pareggio, potrò essere esonerato dal tetto di spesa, che è nazionale, e assumere medici e personale”. Altrimenti, conclude, “si blocca tutto il sistema sanitario sulla base della performance più bassa”.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, Marche regione più economica per la benzina

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,807 euro/litro), mentre le Marche superano il Veneto come regione più economica per la benzina (rispettivamente 1,750 e 1,751 euro/litro).

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, Veneto e Marche le zona più economiche

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,810 euro/litro), mentre Marche e Veneto restano le regioni più economiche (1,753 euro/litro).

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, l’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,815 euro/litro), mentre Marche e Veneto sono le regioni più economiche (1,757 euro/litro).

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, in Alto Adige benzina a 1,808 euro/litro

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. L’Alto Adige resta la zona più cara d’Italia (1,808 euro/litro), mentre le Marche sono la regione più economica (1,747 euro/litro).

INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante, benzina a 1,815 euro/litro in Basilicata

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. La Basilicata guida ancora la classifica delle regioni più care per la benzina, con 1,815 euro/litro.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Carburanti, in Basilicata e Alto Adige i prezzi più alti

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. Per la benzina e il gasolio i prezzi più alti si trovano rispettivamente in Basilicata e in provincia di Bolzano, quelli più bassi in Veneto.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA Prezzo del carburante: in Basilicata la benzina più cara

Nella mappa interattiva di GEA vengono mostrati i prezzi medi del carburante regione per regione. Si può scegliere quale tipologia di carburante visualizzare e fare così un confronto tra le varie regioni. I dati sono quelli del Ministero delle imprese e del Made in Italy che vengono rilasciati ogni giorno. La benzina più cara in media la troviamo in Basilicata a 1,848 euro al litro. La più economica è nelle Marche a 1,792 euro al litro.