Pichetto esclude proroga secca mercato tutelato. E rilancia ruolo rigassificatori

L’energia torna centrale nel dibattito politico. Le tensioni tra Israele e Palestina fanno riaffiorare i dubbi su approvvigionamenti, anche se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ai microfoni di Rainews a margine del Med Energy di Ravenna, rassicura: “La situazione in Medio Oriente certamente non lascia tranquilli e va monitorata costantemente, però lo stoccaggio nel nostro Paese è tale per cui dovremmo mantenerci sulla quantità“.

Semmai, avverte, la questione mediorientale “rischia di avere degli effetti, purtroppo negativi, sul prezzo” dell’energia. Ecco perché il nuovo decreto che sarebbe dovuto andare ieri in Consiglio dei ministri, assume ancora più importanza in questa fase storica. Il testo è slittato alla prossima riunione del Cdm, che dovrebbe essere il 31 ottobre, ma sul punto più cruciale, ovvero la fine del mercato tutelato, l’orizzonte inizia a schiarirsi. “Dal 10 gennaio, per i non vulnerabili, sarà automatica la gara, nessuno ha mai pensato di spostarla – spiega infatti Pichetto -. La valutazione che si sta facendo, a livello tecnico, è quello di trovare un percorso affinché tutti siano bene informati e non sia traumatico il passaggio“. Ma alla domanda se ci sarà una proroga secca alla misura, la risposta è perentoria: “La escludo“.

La partita, comunque, si gioca su più campi. Con una sola certezza: con “i recenti fatti di Gaza, e in precedenza la crisi ucraina, il quadro energetico è completamente cambiato“, dice il responsabile del Mase al Med Energy.  Dunque, occorre “coniugare i termini di questo trilemma, perché non riusciamo a parlare di mitigazione” dei rischi dovuti al cambiamento climatico “senza considerare di energia: la questione ambientale va vista anche sul fronte sociale e sul fronte economico” e “questo vale per tutti i Paesi della sponda mediterranea“. In questo scenario, dunque, assumono grande rilevanza temi come la diversificazione delle forniture e l’infrastrutturazione. “Abbiamo le pipeline con il gas che arriva da Algeria, Libia e Azerbaijan, poi Tarvisio con il gas dalla Russia e Passo Gries dove attualmente arriva gas norvegese – elenca Pichetto -. Ma la sfida della sicurezza è data anche dai rigassificatori, che possono permetterci di garantire un approvvigionamento diversificato“. Ragion per cui conferma che dopo Piombino e Ravennac’è una valutazione sulla previsione di rigassificatori al sud Italia“. Sul progetto di Gioia Tauro, infatti, c’è grande attenzione. Così come Vado Ligure, che dovrà accogliere la nave Fsru ‘Golar Tundra’ una volta terminato il periodo di permanenza in Toscana. L’opera di diversificazione, comunque, non si ferma delle fonti e prosegue esplorando tutte le possibilità di collaborazione. Come quella con Cipro. Pichetto, infatti, a Ravenna incontra il ministro dell’Energia, del Commercio e dell’Industria della Repubblica di Nicosia, George Papanastasiou. Nel colloquio si è parlato di progetti infrastrutturali e del contributo che può venire nel campo della sicurezza energetica e della diversificazione dagli operatori interessati alle opportunità di sviluppo del settore “anche con l’obiettivo di rafforzare il ruolo di hub dell’Italia nella regione mediterranea“.

Piano Mattei avanti al di là del prezzo del gas. Urso: “Pensare rigassificatori a terra”

Il Piano Mattei andrà avanti “al di là del prezzo del gas“, perché è un progetto “centrale” che servirà a garantire “l’autonomia strategica dell’Europa come continente produttivo“. Sono le parole del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che aggiunge un’informazione in più sul dossier a cui lavora da mesi il governo, su imbeccata della premier, Giorgia Meloni, che punta molte delle fiches del suo mandato sull’idea di trasformare l’Italia in hub europeo del gas, ma non solo. Il piano sarà presentato ufficialmente il prossimo ottobre, in occasione della Conferenza Ue-Africa, dunque, è ancora work in progress. Ma Urso lascia anche anche spunti di riflessione. Partendo dalla strategicità dei rigassificatori galleggianti collocati a Piombino a Ravenna, il responsabile del Mimit dice che bisogna pensare “anche progetti per rigassificatori a terra“.

Del resto si tratta di infrastrutture cruciali, vista la diversificazione del mix energetico operato dall’Italia a partire dallo scorso anno. Che diventa fondamentale se l’obiettivo del Piano Mattei è rifornire Germania, Ungheria, Svizzera e gli altri Paesi dell’Europa centrale con metano e Gnl che arriveranno nei terminali presenti sul nostro territorio dalle nazioni del Nord Africa. Per avere a disposizione una adeguata gamma di forniture è importante, però, raddoppiare la capacità delle infrastrutture già esistenti e sfruttare la tecnologia per la trasformazione della materia da liquida a gassosa, per poi essere trasportata tramite le pipeline. Termini a volte difficili da comprendere, ma che in sostanza vogliono dire prendere il Gas naturale liquido, riprocessarlo per poi mandarlo a chi vorrà comprarlo. Per fare questo, però, servono i rigassificatori e l’Italia, complice anche la crisi energetica di inizio 2022, acuita fortemente dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, è corsa ai ripari acquistando due navi Frsu che hanno proprio questo scopo. Una è ormeggiata a Piombino, l’altra entrerà in funzione entro qualche mese. Le due imbarcazioni, però, hanno un timing operativo limitato. Quella in Toscana, ad esempio, non potrà rimanere più di tre anni e al momento si è fatta avanti la Liguria per accoglierla. Al di là del gas e delle energie prodotte da fonti fossili, però, il nostro Paese non abbandonerà i progetti legati alle fonti alternative. “Assolutamente no“, ribadisce Urso, ricordando che il nostro è il Paese “che spende di più per le rinnovabili o per l’idrogeno verde”. Che dunque diventa un altro tassello fondamentale del mosaico energetico del nascente Piano Mattei.

Quell’indimenticabile “Cari amici di Gea, grazie per l’intervista”

Cari amici di Gea, un grazie cordiale per avermi chiesto questa intervista”.

Era settembre 2022, Gea aveva da poco compiuto i suoi primi sei mesi di vita, eppure Silvio Berlusconi si era posto con noi come se fossimo un’agenzia di stampa che di anni ne ha sessanta o forse più. Non aveva avuto la puzza sotto il naso, non aveva usato il bilancino dell’opportunismo per dire sì o no a una chiacchierata in clima pre-elettorale. L’aveva fatta e basta, dilungandosi sulle bollette – che allora più di adesso stavano opprimendo gli italiani -, sui rigassificatori di Piombino e Ravenna per arrivare più in fretta all’autonomia energetica, sull’ambiente e sulla necessità di salvare il Pianeta salvaguardando il clima. Un milione di alberi da piantumare, aveva confermato. E aveva anche tirato le orecchie alla Ue per le auto elettriche che mettevano in ginocchio un’intera filiera produttiva. Una lunga ed esaustiva videointervista, l’eredità politica in ambito ecologico ed energetico del senatore di Arcore che di lì a poco avrebbe prodotto Gilberto Pichetto Fratin ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Al di là e al di sopra di qualsiasi giudizio politico che lasciamo alla sensibilità di ciascuno, noi di Gea Silvio Berlusconi vogliamo ricordarlo così, con quel “grazie per avermi chiesto l’intervista” quando, in realtà, eravamo noi a doverlo ringraziare. Un comunicatore eccellente, il Cav, un affabulatore eccezionale fin da quando avemmo l’opportunità di conoscerlo a Milanello, nella sala del caminetto, divanetti bianchi, chiacchiere in libertà sul calcio di Arrigo Sacchi, Paolo Maldini e Marco van Basten. Una vita fa, assaiprima che decidesse di “scendere in campo” per giocare la partita politica. Un fuoriclasse della parola, questo è innegabile per tutti. E della disponibilità.

Stefano Ciafani

Stefano Ciafani: “Liberarsi dal gas? Con le rinnovabili possibile in 10 anni”

Liberarsi dalla dipendenza del gas in 10 anni spingendo sulle rinnovabili. Stefano Ciafani (nella foto), presidente nazionale di Legambiente, giura che non è un sogno, ma un fatto. Lo dimostrano i numeri degli anni 2009-2011, quando ogni anno in Italia si installavano impianti per 10 gigawatt di energia verde. “Avessimo continuato così, avremmo ridotto la dipendenza dalla Russia del 65% in una decade”, commenta, intervistato da GEA. Ecco perché di rigassificatori aggiuntivi, oltre a Piombino e Ravenna, non vuol sentir parlare. “Con l’aumento dell’uso delle infrastrutture esistenti, abbiamo già ridotto la necessità di importare gas dalla Russia, con i due rigassificatori galleggianti riduciamo ulteriormente. Per quelli fissi ci vorranno altri 10 anni, noi se investiamo bene in rinnovabili, possiamo compensare”.

Sta dicendo che i rigassificatori di Gioia Tauro e Porto Empedocle non servono effettivamente al Paese?
“Non servono e aggiungo che abbiamo riaperto le trivellazione di idrocarburi nei tratti di costa tra le 9 e le 12 miglia. Dopo Piombino e Ravenna, che almeno saranno galleggianti, ora si parla anche di rigassificatori fissi. Ma noi vogliamo decarbonizzarlo il Paese o no? Tutti questi rigassificatori mi sembrano più utili a chi compra e vende gas, mi sembrano più un favore all’Eni che una necessità del Paese”.

La premier Giorgia Meloni parla del Sud Italia come grande hub dell’energia per il Mediterraneo e occasione da non sprecare proprio per le rinnovabili. Ci crede?
“Credo intanto che il governo debba decidere cosa fare sulle rinnovabili. La premier ha detto: il Sud deve diventare hub, per Pichetto bisogna predisporre impianti per 70 Gw entro i prossimi 6 anni. È questa la posizione dell’esecutivo o è quella del ministero della Cultura, in cui il sottosegretario Vittorio Sgarbi si oppone all’eolico ed è per il fotovoltaico al massimo sui tetti? Le due cose sono confliggenti. I tetti vanno riempiti, ma le soprintendenze devono dare l’ok e non bastano i tetti, bisogna fare anche l’eolico, a terra e a mare, e l’agrivoltaico. Su questo non abbiamo capito la direzione del governo”.

La commissione via-vas per le concessioni è stata quasi raddoppiata…
“Questo è un ottimo segnale del ministro dell’Ambiente, che ha anche accorcianto tempi per il decreto ministeriale sulle comunità energetiche. Speriamo che chiuderà entro i primi mesi dell’anno. Ora occorre dare l’indirizzo alle soprintendenze, il ministero della Cultura dovrebbe aggiornare le nuove linee guida, del 2010, perché facilitino la realizzazione degli impianti. E il governo deve spingere le Regioni a potenziare gli uffici che danno le autorizzazioni”.

Promuove Pichetto quindi? Il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è stato pubblicato prima dell’anno, come promesso.
“Bisogna dargli atto di essere stato di parola. Dopo la tragedia di Ischia, il ministro aveva detto che l’avrebbe reso pubblico entro la fine dell’anno. Questo governo ha fatto quello che nessuno dei tre governi precedenti e dei due ministri dell’Ambiente precedenti (Sergio Costa e Roberto Cingolani, n.d.r.) aveva mai fatto”.

Sergio Costa sostiene che il Piano andava completamente riscritto.
“Ricordo che è stato ministro per due anni e mezzo, poteva pubblicarlo lui durante il suo mandato. Ha fatto bene il ministro Pichetto Fratin ad aggiornare il poco che si poteva aggiornare in un mese. Ora però il piano va approvato presto e l’approvazione è la fine del primo tempo di una partita che dura due tempi, il secondo è quello in cui si individuano le risorse per fare quello che c’è scritto. Le produzioni agroalimentari, nel tempo, si ridurranno. Come aiutare il settore? Si prevede che i flussi turistici cambieranno, perché il Sud diventerà torrido. Come sostenere i territori? Cosa fare per fronteggiare le ondate di calore che causano tante morti premature? Per tutto questo servono risorse, che vanno individuate. La seconda parte della partita va giocata velocemente”.

Le è piaciuta la manovra?
“Per due terzi era vincolata alla vicenda bollette, però ci sono cose che si sarebbero potute fare. Mi riferisco ai 41 miliardi di euro che l’anno scorso abbiamo dato come sussidi alle fonti fossili. Si potevano trasformarne alcuni in aiuti per convertire le produzioni. Invece anche questa legge di bilancio non affrontava il tema dei sussidi. E poi c’è una cosa inutile e dannosa ed è la riattivazione della società Ponte sullo Stretto. Chi vive e lavora in Sicilia e Calabria ha bisogno di altre infrastrutture, il ponte non cambierà nulla nella loro vita. C’è da aprire migliaia di cantieri in queste due regioni”.

C’è chi dice che il ponte serva soprattutto in funzione dell’Alta Velocità.
“È una falsità. Le nuovi navi traghetto Ro-Ro, previste nel Pnrr, potranno trasportare anche i Frecciarossa, quindi il prolungamento dell’alta velocità in Calabria e Sicilia non deve essere subordinata alla costruzione del ponte. Queste due Regioni devono essere ribaltate dal punto di vista delle infrastrutture. Noi vorremmo dare priorità di spesa a quelle opere trasportistiche che servono davvero. Poi, se vogliamo usare il ponte per far conoscere il Paese nel mondo, questo è un altro discorso. Ma la verità è che le opere trasportistiche che servono sono altre”.

Pichetto: “Nel 2030 due terzi energia da rinnovabili, servono rigassificatori”

Il Mase prosegue sulla via della transizione energetica. L’obiettivo al 2030 resta produrre un terzo dell’energia da fonti fossili e due terzi da rinnovabili. Intanto però, i rigassificatori sono necessari per raggiungere l’indipendenza dalla Russia, Piombino sarà temporaneo, in uso per non oltre tre anni. “C’è l’impegno mio e del governo“, assicura il ministro, Gilberto Pichetto Fratin. In cambio, la città toscana riceverà compensazioni. Lo Stato si farà carico delle esigenze delle comunità che “offrono un servizio così importante al Paese“, afferma Pichetto. Si tratta di realizzare opere di riqualificazione ambientale importanti e in tempi rapidi.

Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo risponde alle domande delle commissioni Ambiente e Attività produttive e fa il punto sulle sue linee programmatiche. “Il conseguimento degli obiettivi di autonomia energetica, rende indifferibile un percorso di importante sviluppo di fonti rinnovabili“, ribadisce. Il Pnrr prevede uno stanziamento di 60 miliardi di euro con l’aumento della quota di produzione di energia verde, il potenziamento delle infrastrutture di rete, la promozione dell’efficienza e della produzione e dell’utilizzo dell’idrogeno.

Ambiente e sicurezza energetica sono strettamente interconnesse, il cambio del nome del ministero non è un caso: “E’ volto a rimarcare le due grandi missioni, che sono tutt’altro che antitetiche“. Un esempio è il Piano nazionale integrato energia e clima, che ha il compito di pianificare le politiche di decarbonizzazione e di contrasto alle emissioni climalteranti. In altre parole, spiega: “E’ teso al contrasto al cambiamento climatico, ma al tempo stesso punta ad implementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il mercato interno dell’energia, la ricerca, l’innovazione e la competitività“.

Le trasformazioni e i cambiamenti del sistema energetico, dunque, costituiscono un elemento fondamentale per la riuscita della transizione ecologica. Quanto alle Comunità energetiche rinnovabili, annuncia, “sono in corso interlocuzioni in Europa, credo di poter dire che c’è l’assenso a trasformare il prestito in sovvenzione. Questo ci permette di superare alcuni nodi, spero a giorni o a ore di avere formale risposta da parte dell’Unione europea“.

A Bruxelles l’Italia continuerà a giocare un ruolo da protagonista, garantisce, con lo stesso approccio che l’ha portata al negoziato sul cap al prezzo del gas. “E’ stato il nostro Paese a portare un numero considerevole di altri Stati membri a chiedere una soluzione condivisa a livello europeo“, rivendica e precisa che il price cap “non è la definizione del prezzo, ma una misura anti-speculazione. Funziona come in borsa, quando viene sospeso un titolo per eccesso di ribasso o di rialzo“.

In prospettiva, nessuna preclusione sul nucleare, torna a ripetere. Anzi, incalza, “mi sembra possa rispondere in maniera efficace al raggiungimento degli obiettivi di neutralità tecnologica“. Lo stato delle competenze resta comunque in capo all’Enea e l’auspicio è che si arrivi a implementare la quarta generazione nell’arco di 10-15 anni: “Sarà un vettore tecnologico di transizione propedeutico all’approccio finale alla fusione nucleare“.