Cina e Russia investono 1,4 miliardi di dollari in due miniere di litio in Bolivia

Cina e Russia investiranno 1,4 miliardi di dollari per aprire due miniere di litio in Bolivia. Lo ha annunciato il governo del Paese sudamericano, che dispone di grandi quantità di questo metallo necessario per le batterie delle auto elettriche. La cinese Citic Guoan e la russa Uranium One Group, due gruppi con grandi partecipazioni statali, uniranno le forze con la società statale Yacimientos de Litio Bolivianos (YLB) per costruire due impianti di produzione di carbonato di litio, ha dichiarato il presidente boliviano Luis Arce durante un evento pubblico.

Secondo il piano presentato dal governo, Uranium One Group metterà sul piatto 578 milioni di dollari (532 milioni di euro) per un impianto nel deserto di sale di Pastos Grandes, mentre Citic Guoan investirà 857 milioni di dollari (789 milioni di euro) per un progetto simile nel deserto di sale di Uyuni. Entrambi i siti si trovano nel dipartimento sud-occidentale di Potosi. Il ministero boliviano degli Idrocarburi e dell’Energia ha dichiarato che “ogni complesso avrà una capacità produttiva di 25.000 tonnellate metriche all’anno“. I lavori inizieranno entro tre mesi. I rappresentanti delle tre parti erano presenti alla firma del contratto.

A gennaio, il governo boliviano ha firmato un altro accordo con il consorzio cinese CBC per due fabbriche di batterie al litio, per un valore di almeno un miliardo di dollari (920 milioni di euro). Il litio è un metallo essenziale per la produzione di batterie per veicoli elettrici e ibridi e per altri tipi di sistemi di accumulo di energia. È diventato una risorsa strategica in vista della necessità di rendere il settore automobilistico più ecologico, anche se il riciclaggio delle batterie usate è ancora un problema.

La Bolivia stima che nel deserto di sale di Uyuni siano disponibili 21 milioni di tonnellate di litio e sostiene che si tratti del più grande giacimento al mondo. Tuttavia, il Paese sudamericano fatica a sfruttare le sue immense riserve per ragioni geografiche e topografiche, ma anche per tensioni politiche e mancanza di know-how. Il ministero degli Idrocarburi e dell’Energia ha dichiarato a gennaio che prevede di esportare litio per un valore di 5 miliardi di dollari (4,6 miliardi di euro) entro il 2025, che supererebbe le entrate generate dal gas naturale, la principale fonte di reddito della Bolivia nel 2022 con 3,4 miliardi di dollari (3,1 miliardi di euro).

Gazprom

Bce: “Gas e petrolio a Cina e India, la Russia sfugge alle sanzioni Ue”

Le sanzioni dell’Unione europea contro la Russia funzionano, ma meno di quanto la stessa Unione potesse auspicare. Perché “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”. La Banca centrale europea fa il punto della situazione e il risultato di questa valutazione condotta dagli esperti di Francoforte mostra una Federazione russa molto attiva e con le casse ancora piene. Certo, il Cremlino ha dovuto modificare i listini vendendo il greggio scontato, a 48 dollari al barile (prezzi aggiornati a febbraio 2023) rispetto agli 83 dollari al barile per il Brent, ma vendendo di più a meno si riducono le perdite, che non sono poche.

Sulla scia dell’aggressione all’Ucraina e delle conseguenti sanzioni Ue “la Russia ha gradualmente ridotto i flussi di gas naturale verso l’Europa”. Il risultato è che a febbraio 2023 “le importazioni di gas dalla Russia verso l’Europa sono risultate inferiori del 90% rispetto alla loro media storica”. Un ‘vuoto’ commerciale colmato cambiando acquirenti. Mosca “ha reindirizzato i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in India, Africa e Medio Oriente”. Così facendo si continua a vendere quel greggio che gli europei hanno deciso di non chiedere più.

Diverso il capitolo relativo al gas naturale. Qui le esportazioni tramite gasdotto “si sono dimostrate più difficili da reindirizzare, poiché richiedono ampie infrastrutture per esportare verso destinazioni più lontane”. Per cui, a vendo chiuso i suoi gasdotti verso l’Europa, la Russia è stata “solo parzialmente” in grado di compensare le esportazioni di gas aumentando i flussi di gasdotto verso la Cina e vendendo più gas naturale liquefatto (Gnl) al mercato mondiale. “Complessivamente, le esportazioni di gas russo nel 2022 sono state inferiori di circa il 25% rispetto al 2021”. Emerge comunque un dato: le risorse naturali energetiche russe alimentano l’economia cinese, con ciò che ne deriva per la concorrenza internazionale e mondiale, oltre che per i finanziamenti della macchina da guerra di Putin.

Gli esperti della Banca centrale europea continuano a ritenere che ad ogni modo le prospettiva di crescita di lungo periodo siano, per la Russia, “ridotte”. Ma fin qui il Paese ha saputo rispondere alla sanzioni dell’Ue grazie in particolare alla Cina e, in maniera minore, l’India.

Pichetto gioca d’anticipo sugli stoccaggi sfruttando la lezione di Cingolani

Per non farci prendere in contropiede e per non dover vivere un’estate con l’angoscia di non farcela, l’Italia ha cominciato con largo anticipo le procedute di ristoccaggio del gas. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha già allertato l’Arera e le aziende di stoccaggio per accelerare le pratiche. Si parla di controflusso e si è fissato un target a 1,4 miliardi di metri cubi. Intanto, al 12 marzo, lo stoccaggio italiano è al 56,90%, lievemente sopra la media Ue (56,50%), comunque nella parte bassa della classifica europea in cui la Francia occupa l’ultimo posto con poco più del 32%.

In attesa che cominci a funzionare il rigassificatore di Piombino (la Golar Tundra è in navigazione verso il Tirreno) e distribuisca il gnl, nella speranza che il Piano Mattei pubblicizzato dalla premier Giorgia Meloni passi dallo stadio della progettualità a quello della pratica (ma non può essere una soluzione immediata), continuiamo ad abbeverarci dai soliti osti: Algeria, Azerbaijan, Norvegia, Libia e Russia. Intanto il prezzo del gas è in lenta discesa ma, immaginiamo, appena tutti i paesi riprenderanno a stoccare un rincaro ci sarà. Lieve, pontificano gli esperti.

E’ per questo che, saggiamente, il governo ha pensato bene di anticipare le operazioni e mettere al sicuro il prossimo inverno. Va detto che il Mase ha potuto contare sull’esperienza e le buone pratiche introdotte da Roberto Cingolani, ex ministro della Transizione ecologica, e dall’esecutivo di Mario Draghi. Quel ministro e quel presidente del Consiglio, costretti a fronteggiare una emergenza grave ed improvvisa, si erano industriati per fare in maniera che l’Italia non rimanesse prima al caldo (già l’effetto condizionatori) e poi al gelo, fatto salvo che questo inverno – ormai all’epilogo – è stato particolarmente clemente con le temperature e non c’è stato il temutissimo termosifone selvaggio.

Cingolani – che del governo Meloni è un consulente esterno – ha tracciato la rotta sfruttando un bagaglio di competenze (nazionali e internazionali) enorme e una credibilità totale. Se adesso tutto funziona e la crisi energetica ci ha toccato ma non travolto, il merito è soprattutto suo, perché ha saputo guardare oltre ‘l’oggi per domani’. Gli va dato pieno merito, come va sottolineato il profilo basso scelto dall’ex ministro per non creare ingorghi istituzionali ed eventuali malumori. Pichetto Fratin, che è stato viceministro dello Sviluppo economico con Giancarlo Giorgetti, ha raccolto quella grassa eredità e, intelligentemente, non si è scostato dal solco ormai tracciato e performante. Esempi: è andato a Bruxelles e ha raccolto i mesi di lavoro ai fianchi fatto da Draghi & Cingolani sul price cap, poi si è posizionato sulla ‘vexata quaestio’ delle auto a motore endotermico e adesso ha agito in contropiede per gli stoccaggi. Gioco di squadra?

grano

Grano, Mosca: Estensione dell’accordo si complica. A Ginevra incontro con l’Onu

Il rinnovo dell’accordo sul grano si complica. Sergei Lavrov inizia a preparare il terreno per un nuovo braccio di ferro con la comunità internazionale a pochi giorni dalla scadenza del patto che ha permesso la ripresa delle esportazioni di cereali dai porti ucraini, nonostante l’offensiva di Mosca.
Se l’accordo è attuato a metà, allora la questione della sua estensione diventa piuttosto complicata“, è l’affondo del ministro degli Esteri russo, secondo il quale le clausole destinate a favorire la Federazione non sarebbero state attuate “affatto“.

La ‘Black Sea Grain Initiative’, il nome ufficiale dell’accordo, deriva da un patto siglato il 22 luglio che ha contribuito ad alleviare la crisi alimentare globale causata dall’attacco russo all’Ucraina. Vitale per le forniture alimentari globali, l’accordo è stato rinnovato a metà novembre per i quattro mesi invernali e scade il 18 marzo.

Il prossimo 13 marzo a Ginevra si tengono nuove consultazioni sull’accordo, al quale parteciperà anche la delegazione interdipartimentale russa, con i rappresentanti delle Nazioni Unite. Ieri il segretario generale, Antonio Guterres, ha lanciato un nuovo monito da Kiev: estendere l’accordo è “cruciale“, ha ricordato, invitando a “creare le condizioni per utilizzare al meglio l’infrastruttura di esportazione“. L’intesa ha permesso di sbloccare 23 milioni di tonnellate di grano dai porti ucraini. L’accordo “ha contribuito ad abbassare il costo globale del cibo e ha fornito un’assistenza cruciale alle persone che stanno pagando un prezzo pesante per questa guerra, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo“, ha precisato il capo delle Nazioni Unite.Il grano e i fertilizzanti ucraini e russi sono “essenziali per la sicurezza alimentare globale e per i prezzi dei prodotti alimentari“, in un contesto di inflazione diffusa in molti Paesi del mondo.

Martedì l’Ucraina ha invocato l’impegno della comunità internazionale per mantenere aperte le rotte marittime del Mar Nero e, al vertice del G20 di inizio marzo, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha cercato la mediazione con la Russia nel tentativo di far andare avanti i negoziati. Mosca, da parte sua, sostiene che la parte dell’accordo che avrebbe dovuto consentirle di esportare fertilizzanti senza le sanzioni occidentali non viene pienamente rispettata. “I nostri colleghi occidentali, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, dicono pateticamente che non ci sono sanzioni su cibo e fertilizzanti, ma questa non è una posizione onesta“, scandisce Lavrov. Di fatto, spiega, “le sanzioni vietano alle navi russe che trasportano Grano e fertilizzanti di entrare nei porti appropriati e vietano alle navi straniere di entrare nei porti russi per prendere questi carichi”. “Il prezzo dell’assicurazione per le navi – fa sapere – è quadruplicato a causa delle sanzioni“.

Un anno di guerra in Ucraina: le conseguenze fra energia e inflazione

Il primo colpo, il primo sparo, e l’inizio di un periodo fatto non solo di aggressione, morti e distruzione, ma pure di crisi delle materie prime, shock energetici, crisi alimentare mondiale, inflazione a doppia cifra, rincaro dei generi alimentari. 24 febbraio 2022-24 febbraio 2023, un anno di guerra russo-ucraina che ha ridisegnato anche l’agenda europea per la sostenibilità. Da un punto di vista a dodici stelle l’ha fatto imprimendo un’accelerazione verso la realizzazione di una vera green-economy, ma innescando all’interno della stessa Unione un dibattito tutto nuovo sul nucleare tradizionale considerato come necessità, in tempi di corsa alla ricerca di alternative al gas per decenni pompato da Gazprom. Un dibattito che non ha lasciato indifferente l’Italia, dove il cambio di governo avvenuto a settembre ha visto riproporre la questione dell’energia prodotta da atomo. La Lega di Matteo Salvini torna a insistere su questo punto.

Le sfide nella sfida. L’Unione europea che ha saputo varare nove pacchetti di sanzioni contro la Russia, in questo anno di attività militare su suolo ucraino ha dovuto cercare soprattutto di trovare un’unità non scontata. Perché sull’energia i 27 modelli economici, interconnessi ma non identici, sono andati in difficoltà. Eppure in nome dell’obiettivo di privare le casse di Mosca di risorse utili al finanziamento della guerra, la Germania ha saputo liberarsi dei gasdotti NordStream e Nordstream 2, l’Ue ha prima messo una moratoria al carbone russo, poi al petrolio, quindi trovato il meccanismo per calmierare i listini del gas naturale. Una richiesta posta sul tavolo da Mario Draghi, ai tempi in cui sedeva a palazzo Chigi, e che ha richiesto mesi prima di una realizzazione pratica e condivisa. Adesso scatterà automaticamente un ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporanee: quando il prezzo del la risorsa sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

E’ questo uno dei successi dell’Ue, non immediato né semplice. Ma doveroso. Perché l’aumento dei prezzi dell’energia ha trainato l’inflazione, rendendo complicata la vita di famiglie e imprese, e facendo paventare rischi di una nuova recessione per l’Eurozona. Rischi scongiurati, ma solo alla fine del 2022, quando la contrazione data per scontata non si è materializzata. Merito della sospensione delle regole europee di finanza pubblica e dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato che hanno permesso di contrastare il caro-bollette. Merito anche di un accordo trovato grazie alle mediazione della Turchia che ha permesso la partenza delle navi cariche di grano ferme nel porto di Odessa.

Uno dei mantra ripetuti è quello per cui la guerra innescata il 24 febbraio di un anno fa offre l’opportunità di accelerare la transizione verde, e il passaggio ad un’economia davvero a prova di surriscaldamento del pianeta. In questo non semplice esercizio l’Italia può giocare un ruolo da protagonista. La sostituzione del gas naturale con quello liquefatto (Gnl) rimette in moto i cantieri, crea occupazione, e può permettere al Paese di diventare il terzo hub dell’Ue per capacità. Qui, la sfida nella sfida è fare presto e bene. Presto e bene è anche la condizione numero uno per l’attuazione dei piani di ripresa, divenuti centrali per la Commissione Ue e anche per l’insieme degli Stati riuniti in Consiglio. Con l’Europa a caccia di materie prime necessarie per realizzare pannelli fotovoltaici, batterie elettriche, turbine eoliche, e alla ricerca di fornitori più affidabili di energia, si ridisegna anche la cartina geopolitica, con l’Italia anche qui protagonista. Da Draghi a Meloni il governo ha iniziato a scrivere una nuova pagina di relazioni con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Fondamentali, in tempi in cui gli Stati Uniti hanno deciso di sostenere massicciamente la propria industria tecnologica pulita.

La Casa Bianca produce l’Inflation Reduction Act, piano da circa 369 miliardi di dollari per rispondere all’aumento generalizzato dei prezzi. Sovvenzioni e sgravi fiscali per rilanciare l’industria, quella al centro dell’agenda dell’Ue, che sulla scia delle conseguenze della guerra vede anche lo spettro della concorrenza del partner transatlantico, e i dubbi che non sia leale. Non si vuole lo scontro, ma l’Ue si trova comunque a dover correre e rispondere in un contesto che resta di incertezza e instabilità.

Vale anche per il piano ambientale. L’occupazione delle centrale nucleare di Zaporizhzhia , con combattimenti tutt’attorno tiene col fiato sospeso non solo l’Unione europea, per i rischi di incidenti dalle conseguenze irreparabili per natura e salute. I pacchetti di sanzioni dell’Ue includono personalità ritenute responsabili anche di questo atto. Il blocco dei Ventisette vorrebbe annunciare il decimo pacchetto di misure restrittive nelle prossime ore, per ragioni simboliche: un anno dall’inizio della guerra.

Dopo le auto elettriche la Cina diventa leader anche nel gas liquefatto

La Cina è leader nella transizione elettrica, possedendo la maggior quantità di materie prime necessarie per produrre le batterie, ma sta diventando anche il Paese numero uno nei trasporti e nei contratti di gas liquefatto, quello che passa dai rigassificatori, che si propone come la soluzione al crollo delle forniture russe via gasdotto. Pechino inoltre è esportatore di diesel verso l’Europa, soprattutto dopo le pesanti sanzioni alla Russia. Le mosse dell’Europa, tra blocco all’import energetico di Mosca e accelerazione verso le auto elettriche, sembrano così individuare nell’ex celeste impero il nostro prossimo primo fornitore, con relativi pro e contro.

La Cina continua a dominare la classifica globale della catena di fornitura di batterie agli ioni di litio di BloombergNEF (BNEF), terzo anno consecutivo, sia per il 2022 che per le sue proiezioni per il 2027, grazie al continuo supporto alla domanda di veicoli elettrici e investimenti in materie prime. La Cina ospita attualmente il 75% di tutta la capacità di produzione di celle della batteria e il 90% della produzione di anodi ed elettroliti. L’aumento dei prezzi del litio ha anche portato a maggiori investimenti nelle raffinerie di carbonati e idrossidi nel Paese, rendendolo il principale raffinatore di metalli per batterie a livello globale, quanto mai necessari per la diffusione di veicoli elettrici. E sempre i dati di BNEF mostrano che è ancora la Cina ad aver attratto più fondi della transizione energetica con 546 miliardi di dollari, circa la metà del totale del 2022.

Pechino sta rapidamente diventando anche la forza dominante nel mercato del gas naturale liquefatto, con gli acquirenti cinesi che rappresentano il 40% dei recenti contratti di GNL a lungo termine tra gli attori globali, come scrive il quotidiano giapponese Nikkei. Il principale gruppo energetico cinese Sinopec Group ha raggiunto un accordo di 27 anni con QatarEnergy di proprietà statale alla fine dello scorso anno per acquistare 4 milioni di tonnellate di GNL all’anno e le importazioni dovrebbero iniziare intorno al 2026. In qualità di cliente chiave, la Cina sta anche negoziando per investire in un imponente progetto del Qatar per espandere la produzione di gas liquefatto. Una società energetica cinese del settore privato, ENN Group, ha firmato un contratto lo scorso anno con Energy Transfer, con sede in Texas, per l’acquisto di 2,7 milioni di tonnellate di GNL all’anno per 20 anni. ENN ha aumentato il suo accordo di acquisto con NextDecade, anch’esso con sede in Texas, a 2 milioni di tonnellate all’anno per 20 anni. Inoltre – sottolinea Nikkei – NextDecade ha accettato di fornire 1 milione di tonnellate di GNL all’anno a China Gas Holdings, il cui principale azionista è un veicolo di investimento controllato dalla città di Pechino. Le importazioni inizieranno negli ultimi anni ’20. Nel corso del 2021 e del 2022, la Cina ha chiuso contratti di acquisto di GNL a lungo termine per un valore di quasi 50 milioni di tonnellate all’anno, riferisce la società di ricerca europea Rystad Energy. Pechino ha triplicato la portata degli acquisti attraverso contratti a lungo termine in soli due anni, rispetto al volume annuale di circa 16 milioni di tonnellate dal 2015 al 2020.

In attesa della transizione, l’Europa intanto continua a correre col diesel. E proprio l’embargo sui prodotti russi sta spingendo Mosca a svendere il proprio gasolio soprattutto a India e Cina, i quali esportano a loro volta in Europa a prezzi più bassi.

Gas, accordo Italia-Libia da 8 miliardi. Meloni: “Passaggio storico”

Tenuto nascosto per motivi di sicurezza, il viaggio in Libia di Giorgia Meloni – accompagnata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello dell’interno Matteo Piantedosi – si è materializzato in un gelido sabato di fine gennaio, pochi giorni dopo la missione in Algeria. Al centro di questo viaggio il tema energetico e la volontà di accelerare i tempi per fare diventare l’Italia l’hub energetico del Mediterraneo. A tripoli, infatti, la premier ha consolidato una partnership che, in concreto, poterà all’Italia circa 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Si tratta di un’intesa che è stata sottoscritta dall’Eni e dalla Noc (National Oil Corporation), ufficializzata da un comunicato della stessa Eni: “L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’amministratore delegato della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara, hanno siglato oggi un accordo per avviare lo sviluppo delle ‘Strutture A&E’, un progetto strategico volto ad aumentare la produzione di gas per rifornire il mercato interno libico, oltre a garantire l’esportazione di volumi in Europa. L’accordo è stato firmato alla presenza del Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, e del primo ministro del governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Al-Dbeibah”.

L’accordo con la Libia, oltre che in chiave hub Mediterraneo, va inquadrato nella strategia della diversificazione dei fornitori energetici e dell’indipendenza dalla Russia. Ci vorranno circa tre anni perché le estrazioni di gas dal sito a 140 chilometri da Tripoli possano diventare ‘concrete’ ma l’intesa ha durata venticinquennale e quindi a lungo spettro: interessa due pozzi di gas off shore, chiamati rispettivamente “Struttura A” e “Struttura E”, scoperti nel 1970. Era dal 2000 che Italia e Libia non sviluppavano un progetto insieme e questo legame contribuirà alla stabilizzazione del Paese che faticosamente sta cercando un equilibrio dopo la scomparsa del colonnello Gheddafi avvenuta nel 2011.

La presidente del Consiglio ha definito questo accordo “storico” e consentirà di “diversificare le fonti energetiche, lavorare sulla sostenibilità, garantire energia ai libici e maggiori flussi all’Europa”. Per Meloni “La Libia è un partner fondamentale, che può contare sull’Italia nel processo di stabilizzazione politica, per il sostegno all’economia, per le infrastrutture. Una cooperazione a 360 gradi tra due nazioni che da sempre sono amiche”.

In arrivo una nuova ondata di gelo, attese bufere di neve

Freddo in arrivo dalla zona del Volga. Dalla Russia meridionale correnti artiche scenderanno verso la Romania ed i Balcani poi gradualmente entreranno in Italia causando un calo delle temperature di almeno 5-6 gradi rispetto agli ultimi giorni. Andrea Garbinato, responsabile redazione del sito www.iLMeteo.it, conferma che il ‘colpevole’ di questa irruzione polare è ancora l’Anticiclone delle Azzorre che, pigramente, staziona sulle Isole Britanniche e favorisce l’affondo di un’altra bordata gelida di Attila. In sintesi, con lo spostamento meridiano dell’Anticiclone delle Azzorre verso Inghilterra e Danimarca, la porta orientale verso la Russia rimarrà spalancata e permetterà l’ingresso alle correnti gelide della steppa.
Nelle prossime ore inizierà ad affluire questa massa d’aria fredda e secca da Nord-Est interessando in particolare il versante adriatico dove potrebbe attivare anche il famoso effetto ASE (Adriatic Snow Effect): questa configurazione meteorologica, in italiano ‘Effetto Nevoso causato dal mare Adriatico’ vede una massa d’aria fredda e secca in discesa dalle vallate delle Alpi Dinariche acquisire calore ed umidità durante l’attraversamento del Mare Adriatico. La massa d’aria in questo modo si trasforma da ‘molto fredda e secca’ a ‘fredda ma anche umida’, capace di scaricare nevicate intense sui contrafforti appenninici e spesso anche fin sulle spiagge adriatiche.
Da questa sera con l’Ase potremo quindi incontrare nevicate fino a quote collinari in Abruzzo e Molise, poi gradualmente durante il weekend non sono escluse spruzzate di neve fin sulle spiagge. Insomma l’ennesima bordata gelida di Attila, questa volta dalla regione del Volga, causerà un ulteriore peggioramento dalle Basse Marche fino al Sud. Anche sul Nord Italia e sul medio Tirreno ritroveremo un calo significativo delle temperature ma in genere il tempo resterà asciutto ed in prevalenza soleggiato.
In sintesi, nelle prossime ore, sono attese precipitazioni su Basse Marche, Abruzzo, Molise e al Sud; la quota neve al Centro sarà intorno ai 300-400 metri mentre al Sud i fiocchi scenderanno fino ai 700 metri della Campania e i 900 metri di Calabria e Sicilia.
Venerdì la situazione sarà simile ma più fredda ed instabile con la neve che potrebbe scendere fino a bassa quota sul versante adriatico del Centro e fino a circa 600 metri al Sud.
Nel weekend avremo due giornate simili ma un po’ diverse: sabato sono previste temperature decisamente basse su tutto lo Stivale con valori circa 6-8°C inferiori alle medie del periodo, mentre da domenica è attesa una temporanea spinta da parte dell’Anticiclone con qualche schiarita e temperature massime in leggero aumento.
La tendenza però vede un’altra discesa polare da Nord per i Giorni della Merla prima di un inizio di febbraio decisamente più mite e soleggiato: ma è solo una tendenza, vedremo cosa ci dirà la ‘Merla’ dal suo camino, durante i giorni che secondo la tradizione sono i più freddi dell’anno.

Arriva il Capodanno con l’anticiclone africano: picchi di 23° al Sud e sulle isole

La presenza di un grosso anticiclone di matrice sub-tropicale sta diventando anno dopo anno una costante, segno evidente dei cambiamenti climatici in atto. Le vacanze di questo periodo invernale saranno quindi ancora caratterizzate dal caldo anomalo per questa stagione. Per Lorenzo Tedici, meteorologo de ilmeteo.it, questa grossa struttura di alta pressione abbandonerà il Paese con molta fatica e subirà un temporaneo cedimento soltanto tra giovedì e venerdì, dopo di che tornerà più forte che mai.

Fino a mercoledì quindi la situazione atmosferica non subirà cambiamenti. Continuerà il cielo spesso grigio sulla Pianura Padana, con qualche schiarita in più; molte nubi (meno diffuse nel pomeriggio) anche in Toscana, Umbria e lungo le coste del Centro, mentre il sole sarà prevalente al Sud.
Tra giovedì e venerdì invece, il passaggio di una modesta perturbazione atlantica riporterà qualche pioggia dalla Liguria verso bassa Lombardia, Emilia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il tempo peggiorerà anche in Toscana e Umbria, ma solamente venerdì. Sempre soleggiato al Sud. Successivamente, l’anticiclone africano acquisterà sempre più forza facendoci vivere la notte di San Silvestro e il giorno di Capodanno con un tempo stabile. Il cielo sarà sereno o poco nuvoloso al Centro-Sud e con le solite nubi basse sulla Pianura Padana.
In questo contesto, le temperature tenderanno prima a rimanere stazionarie, poi nuovamente ad aumentare proprio nei giorni di passaggio al nuovo anno. Se al Nord i valori massimi toccheranno punte di 12-13°C, soprattutto a est e in Liguria, al Centro-Sud si raggiungeranno picchi di 18°C al Centro e 22-23°C al Sud e sulle Isole Maggiori.

Per concludere, l’anticiclone africano non avrà alcuna voglia di abbandonare il Paese, per cui dovremo fare i conti con la sua ingombrante presenza anche nei primi giorni del 2023. Soltanto verso l’Epifania sembrerebbe che masse di aria fredda dalla Russia possano raggiungere l’Italia entrando sia dalla porta della Bora (Alpi Giulie) sia dalla valle del Rodano (Francia sudorientale). Se questa previsione dovesse essere confermata, ci attenderebbe un periodo decisamente più freddo e dinamico.

gas russia

Gas, prezzo scende sotto i 100 euro per Megawattora. Non accadeva da giugno

Dopo sei mesi – non accadeva dal 13 giugno – il prezzo del Gas sul mercato di Amsterdam scende nuovamente al di sotto della soglia dei 100 euro per Megawattora. Alle 9.30 di mercoledì 21 dicembre ha infatti segnato un calo del 6,9%, posizionandosi a 98,4 euro/Mwh. Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di raggiungere questo risultato, anche se rimane ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni.

Lunedì i ministri dell’energia riuniti a Bruxelles, dopo mesi di confronto, hanno finalmente raggiunto l’accordo sul price cap  che potrà essere applicato dal 15 febbraio 2023 in presenza contemporanea di due condizioni: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi. Il raggiungimento dell’accordo è stato accolto come “una grande vittoria italiana” dalla premier Giorgia Meloni che ha rivendicato una “battaglia che molti davano per spacciata e che invece abbiamo portato a casa”. Com’era prevedibile, l’accordo ha scatenato la rabbia di Mosca. Il Cremlino ha definito il tetto al prezzo del gas una decisione politica e non economica, spiegando che “questa misura può solo portare a una carenza di gas nella regione. Se i colleghi vogliono che l’Europa non abbia gas, in modo che venga reindirizzato su altri mercati, allora impongono limiti di tetto, quindi vediamo come si evolve la situazione. C’è molta incertezza”.

Il regolamento sul price cap è in attesa dell’adozione formale con procedura scritta questa settimana da parte dei Ventisette stati membri. I governi dovranno indicare formalmente se sostengono, si astengono o si oppongono all’accordo (in forma scritta); in linea di principio, la procedura scritta si dovrebbe concludere domani. Nelle negoziazioni che si sono tenute al Consiglio energia, solo l’Ungheria avrebbe espresso opposizione al regolamento, che ha visto poi l’indicazione di astensione di Paesi Bassi e Austria. L’adozione formale dell’accordo non dovrebbe riservare sorprese e quindi dovrebbe chiudersi questa settimana.

Intanto, fonti di mercato hanno riferito a S&P Global Commodity Insights che il prezzo massimo del Gas a 180 euro/MWh in Europa non avrebbe un impatto sul flusso commerciale di Gnl asiatico nel breve termine, ma potrebbe restringere le forniture all’Europa nel 2023 poiché alcuni fornitori asiatici potrebbero scegliere di vendere ad altri mercati.