Studio Sace su export e innovazione: 100 mld opportunità per imprese italiane

Cento miliardi di opportunità di investimento per far crescere le imprese italiane, 85 provenienti dall’export e 15 dall’innovazione. “I due comparti, insieme, possono contribuire alla crescita per il 4%”. Ad assicurarlo è Alessandra Ricci, amministratrice delegata di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario partecipato dal ministero dell’Economia e delle Finanze che ha approfondito gli scenari di crescita delle nostre imprese in relazione alla Sace Growth map, il mappamondo interattivo che traccia le opportunità di mercato e dà accesso alle soluzioni di Sace.

E tra tutti i mercati da ‘attaccare’ ce ne sono 14 particolarmente interessanti e attrattivi per le nostre imprese. Si tratta dei 14 Paesi Gate, acronimo che sta per Growing Ambitious Transforming Entrepreneurial: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Marocco, Algeria, Sudafrica, Serbia, Turchia, Vietnam, Singapore, Cina, India, Messico-Brasile, Colombia.

Il gruppo assicurativo pone l’accento specialmente sull’innovazione, dove oggi le imprese italiane investono mediamente lo 0,8% del Pil, meno della media europea (1,5%). “E’ un differenziale che corrisponde esattamente a quei 15 miliardi su cui le imprese italiane devono investire”, precisa l’ad. Su questo si può fare dunque molto di più. Oggi, ad esempio, solo un’impresa su tre in Italia investe in innovazione tecnologica e digitale. Troppo poco, visto che ogni impresa che investe in innovazione, e rafforza la propria filiera lavorando in partnership con altre aziende, offre una spinta alla crescita del proprio fatturato di 2 punti percentuali, rispetto a chi non investe.

Tra i settori a maggior opportunità di intervento ci sono tessile e abbigliamento, legno e arredo, alimentari e bevande, carta e stampa. Mentre tra le filiere di frontiera spiccano space & blue economy ed economia circolare, dove l’Italia vanta un buon posizionamento.

Altri 85 miliardi di opportunità riguardano invece l’export, che secondo Sace tornerà a crescere del 3% dopo un biennio di continuità su livelli record di 625 miliardi di euro. Particolarmente positivi i numeri sui mercati che stiamo approcciando solo più recentemente, come i Paesi Asean dove le nostre esportazioni hanno registrato un incremento del 10,3%, con il Vietnam che ha visto una crescita al 25%. Ma anche l’Arabia Saudita (+28%), gli Emirati Arabi Uniti (+20%), la Serbia (+16%), il Messico e il Brasile (+8%). “Il 2025 è l’anno per fare investimenti e prepararsi al fatto che ora ci sono più mercati – ribadisce Ricci – da qui nasce il tema dei 14 Paesi Gate, dove riteniamo che il tasso di crescita dell’export sia superiore al tasso di crescita medio”. E’ un buon viatico per contrastare i dazi Usa, su cui Sace non ha ancora fatto stime. “Cambiano in continuazione le cifre e i Paesi che vengono messi sotto dazi”, replica l’ad, che per il 2025 non vede impatti, “si vedranno in caso dal 2026“. Per questa ragione, la mission di Sace rimane quella di aumentare le capacità di esportazione come numero di Paesi possibili. “Non puoi mettere sotto tariffe tutto il mondo ma in questo modo potremo controbilanciare gli effetti negativi. Fare scenari sui dazi – conclude Ricci – rischia di rimanere un esercizio di scuola, come Sace dobbiamo invece cercare di aprire mercati”.

Imprese, Frezza: “Con Sace Esg Hub transizione in ottica sostenibile per le pmi”

Siamo partiti da una sessione di Codesign che abbiamo organizzato lo scorso anno insieme ad alcune pmi per individuare le principali esigenze delle aziende per affrontare la trasformazione in chiave Esg. Da questa occasione di confronto è nata l’idea di creare una piattaforma vocata alla transizione in ottica sostenibile delle piccole e medie imprese. E a tal fine, abbiamo raccolto tutti i nostri strumenti e servizi d’accompagnamento nel Sace Esg Hub, che è online da oggi“. Lo dichiara a GEA il Chief Marketing & Sales Pmi & Property Management Solutions di Sace, Antonio Frezza, in merito alla piattaforma online dedicata alla sostenibilità a tutto tondo che offre soluzioni assicurativo-finanziarie (da Garanzie Green e Garanzia Futuro a Protezione Rischio Clima), servizi di accompagnamento, come incontri di business matching in settori strategici per la sostenibilità, e percorsi formativi specifici sul tema.

Questa prima wave sarà seguita da una seconda entro l’anno, nella quale includeremo anche prodotti di partner terzi, che siamo selezionando, e che andranno a completare l’offerta per le Pmi che navigheranno nella piattaforma – aggiunge -. Abbiamo individuato 20 priorità per le aziende e le abbiamo raccolte in quattro aree specifiche dell’Hub: una dedicata ai prodotti finanziari e assicurativi, una al rating da attribuire ai propri bilanci e alle proprie attività, una all’identificazione di partner che effettuano servizi di advisory su particolari temi della transizione Esg e in ultimo, una che supporterà le imprese nella ricerca dei marketplace“.

Accedendo a Sace Esg Hub, le imprese possono trovare molti strumenti per orientare le proprie scelte relative ai cambiamenti climatici e alla transizione energetica, come la Mappa Esg, realizzata in collaborazione con Enel Foundation, che offre una fotografia del mondo riguardo a transizione energetica, rischio climatico e uguaglianza. Un grande potenziale che si espanderà ulteriormente nei prossimi mesi con l’apertura dell’Hub anche a partner del settore Esg.

Le ‘donne della transizione’ rompono il soffitto di cristallo

La parità di genere, quella vera, è ancora lontana. Ma negli ultimi anni la società civile ha fatto comunque dei passi avanti notevoli, così come la politica e il mondo dell’impresa. Dalle istituzioni alle grandi aziende, oggigiorno ci sono molte più donne ai posti di vertice rispetto a un passato anche recente, ma il percorso è lungo. E chissà se il processo che dovrà portare al compimento delle transizioni, ecologica, energetica e digitale, possa dare quella spinta che serve per frantumare definitivamente il soffitto di cristallo. Non solo perché Greta Thunberg è diventata ormai un simbolo mondiale dell’attivismo per il clima e la decarbonizzazione.

La riflessione emerge se, con santa pazienza, si prova a scorrere negli elenchi di Camera, Senato, Palazzo Chigi, management delle imprese chi sono attualmente i vertici. L’esempio più concreto è sicuramente quello del governo, dove Giorgia Meloni è entrata a far parte della storia del Paese come prima donna presidente del Consiglio. Nelle sue mani passano tutti i dossier più importanti, compresi quelli del Green Deal ovviamente. Oltre alla premier, tra le ‘donne della transizione‘ c’è di sicuro Vannia Gava, che per la seconda volta ricopre il ruolo di vice ministro dell’Ambiente, dicastero al quale da questa legislatura viene affiancata anche la delega alla Sicurezza energetica.

In Parlamento, invece, Chiara Braga, capogruppo del Partito democratico alla Camera, e Luana Zanella, presidente dei deputati di Avs, portano avanti la bandiera dell’ambientalismo nelle istituzioni. Tra i banchi di Montecitorio siede anche Elly Schlein, prima segretaria del Pd, sempre in prima linea sulle battaglie per il clima.

In Europa, poi, entra di fatto e di diritto nel pantheon la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Non foss’altro perché, anche nel suo caso, la responsabilità dei temi passa comunque tutta dalle sue mani. Nella squadra di Bruxelles, poi, ci sono la vicepresidente esecutiva, Margrethe Vestager, che si occupa di Digitale, Kadri Simson, che ha il compito di gestire la delega all’Energia, e Iliana Ivanova, commissaria a Innovazione, ricerca, cultura, istruzione e gioventù.

Nel mondo economico e finanziario è Christine Lagarde, attuale presidente della Banca centrale europea ed ex direttrice del Fondo monetario internazionale, il volto più conosciuto sul palcoscenico mondiale. Mentre sta iniziando a ritagliarsi il suo spazio anche Nadia Calvino, nominata lo scorso 1 gennaio presidente della Banca europea per gli investimenti: prima donna a ricoprire questo ruolo dalla fondazione della Bei, nel 1958.

Tornando in Italia, la situazione inizia a cambiare anche nei board delle principali società partecipate. Sebbene la strada sia ancora faticosamente lunga, visto che la prima e unica donna (della storia) a capo di una delle più grandi aziende italiane è l’amministratrice delegata e direttrice generale di Terna, Giuseppina Di Foggia, nominata il 9 maggio di un anno fa. Nel gruppo Eni, invece, Rita Marino è presidente di Plenitude, mentre tra i manager figurano Chiara Ficeti per l’Energy Management, Giorgia Molajoni per Digital, Information Technology & Communication, Giovanna Bianchi Health, Safety, Environment and Quality e Simona Napoli Internal Audit.

Rimanendo nel campo energetico, Francesca Gostinelli è Head of Enel X Global Retail, Silvia Fiori direttrice della funzione Audit di Enel, Elisabetta Colacchia è Head of People and Organization, Margherita Mezzacapo, Marina Lombardi e Donata Susca rispettivamente responsabili di Audit, Innovazione e Health, Safety, Environment and Quality di Enel Green Power & Thermal Generation, la business line di Enel che si occupa della generazione di energia elettrica.

Spostando l’obiettivo verso la parte più economica, Silvia Maria Rovere è presidentessa di Poste Italiane dal maggio 2023, Alessandra Ricci è amministratrice delegata e direttrice generale di Sace, che molto spesso investe in progetti relativi alla transizione ecologica e la sostenibilità. Altro nome di rilievo è quello di Silvia Massaro, presidentessa di Sace Srv, la società specializzata nel recupero dei crediti e gestione del patrimonio informativo. Regina Corradini D’Arienzo, inoltre, è ad e dg di Simest e Alessandra Bruni presidentessa di Enav.

Spostando l’attenzione sul mondo associazionistico, le donne con ruoli apicali diventano ancora di meno. Perché tra le grandi sigle ricoprono incarichi di vertice Annamaria Barrile, direttrice generale di Confagricoltura, Maria Letizia Gardoni, presidentessa di Coldiretti Bio, Maria Grazia Mammuccini, presidentessa di FederBio, Barbara Nappini e Serena Milano, rispettivamente presidentessa e direttrice generale Slow Food Italia, e Nicoletta Maffini, presidentessa di AssoBio. Infine, c’è molto da rivedere nel mondo sindacale, se solo Daniela Piras ha un incarico di vertice come segretaria generale della Uiltec.