tessuti

Nasce a Biella l’hub per la sostenibilità del tessile: 4,9 milioni dal Pnrr

Elaborare soluzioni innovative per il settore tessile in ottica di economia circolare. E’ l’obiettivo di MagnoLab, nuova rete di imprese tessili del biellese – tutte con ruoli diversi e complementari nella filiera – la cui mission primaria è quella di collaborare in modo strutturato per sviluppare innovazione, ricerca e progetti legati alla sostenibilità e all’economia circolare. Il progetto è stato presentato nella sede dell’Unione industriale biellese. MagnoLab ha raggiunto il primo posto nella graduatoria definitiva delle proposte ammesse al finanziamento previsto dal bando del Pnrr per il riciclo tessile. Il bando, dedicato ai progetti faro di economia circolare, finanzia quelli giudicati altamente innovativi per il trattamento e il riciclo dei rifiuti provenienti dalle filiere strategiche individuate nel Piano d’azione per l’Economia circolare varato dall’Ue. Nel complesso sono 600 milioni di euro i contributi stanziati con risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e 192 progetti relativi agli investimenti faro di economia circolare a cui il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha dato il via libera.

Su un investimento di circa 11 milioni, ammonta a 4,9 milioni il contributo massimo erogabile per il progetto di MagnoLab, che è stata ammesso al finanziamento sulla base del massimo punteggio attribuito dall’apposita Commissione su 23 progetti ammessi a livello nazionale. “E’ particolarmente importante – ha detto il ministro Gilberto Pichetto in un messaggio di saluto inviato all’Unione Industriale Biellese – che sia proprio il tessile, il comparto che è l’anima storica e prestigiosa del tessuto produttivo biellese, a guardare avanti, ad affidarsi all’innovazione tecnologica per costruire, sul recupero e riciclo dei tessuti, nuovi spazi di mercato”.

L’iniziativa di MagnoLab prevede che entro quest’anno sia completata la realizzazione della rete fisica di impianti pilota, installati in un’unica sede a Cerrione, in frazione Magnonevolo, dove sarà possibile sviluppare in modo collaborativo prodotti e processi innovativi con cicli di sperimentazione rapidi e snelli. L’obiettivo del progetto, dunque, è realizzare un luogo, non solo fisico, dedicato all’innovazione nel settore tessile, condividendo obiettivi, intraprendenza e lungimiranza. Partendo da questi presupposti, la rete di MagnoLab è aperta a nuove realtà che vogliano partecipare. Attualmente sono otto le aziende partner del progetto: De Martini Bayart e Textifibra, De Martini, Marchi & Fildi, Filidea, Di.Vé, Pinter Caipo, Maglificio Maggia, Tintoria Finissaggio 200.

Sostenibilità, come e dove spendono gli altri Paesi per la transizione green

Sviluppo delle rinnovabili, edilizia sostenibile e mobilità pulita. Ventisette Stati membri dell’Ue, tre voci di investimento uguali per tutti, dove ciascuno interviene con modalità diverse. La definizione dei piani nazionali per la ripresa non è stata la stessa per tutti, non nello sforzo finanziario. C’è sicuramente una questione di differenti cifre, vale a dire quanto, in termini di risorse Ue, il meccanismo per la ripresa anti-pandemico ha destinato ai singoli Paesi. E poi c’è l’agenda politica, rispondente alle aspirazioni dei governi. Quelli di Cipro, Polonia e Repubblica ceca si distinguono per le politiche a sostegno dell’energia pulita. Sono questi i tre Paesi che intendono destinare oltre il 50% delle dotazioni per interventi in questi tipo. Per Cipro si tratta di 0,36 miliardi di euro, ossia l’80% dell’intero tesoretto a dodici stelle. Per la Polonia invece si tratta di impegni in Zloti per il corrispettivo di 13,4 miliardi (64,9%), per la Repubblica ceca invece interventi in Corone per l’equivalente di 2,25 miliardi di euro (68,3% del totale).

Ungheria, Germania, Lussemburgo ed Estonia i tre Paesi che invece si distinguono per investire almeno la metà di tutte le risorse per la transizione verde per la mobilità a basse emissioni di carbonio o addirittura emissioni zero. In Ungheria colonnine di ricarica, potenziamento e incentivo di auto elettrica e ammodernamento  della flotta per i servizi di trasporto pubblico vedono lo stanziamento del corrispettivo di 1,81 miliardi di euro, pari al 56,3% di tutta la torta ‘green’. In Germania questa porzione è del 50,3%, per spese da 5,93 miliardi di euro, mentre in Estonia il 50%, per azioni da 0,2 miliardi di euro. Anche il Lussemburgo riserva la metà delle risorse per la transizione verde alla mobilità sostenibile, per un totale di 0,3 miliardi di euro (50% del totale).

La Francia si distingue per fare dell’edilizia sostenibile la priorità numero uno della propria agenda. Ristrutturazioni di case, palazzi, scuole e uffici in senso di minori dispersione di calore e meno consumi, valgono oltre un terzo dell’agenda per una transizione sostenibile. Il 36,4% delle risorse del piano nazionale per la ripresa finisce in quest’area, dove sono previsti interventi per 7,32 miliardi. Solo Grecia e Lettonia, in termini percentuali, investono di più: la prima il 43% del proprio Pnrr (valore complessivo: 2,82 miliardi), la seconda il 37,1% (totale: 0,2 miliardi).

Considerando che a livello Ue la spesa destinata a interventi in edilizia è quella più ridotta rispetto ai tre macro-obiettivi, Francia, Grecia e Lettonia si mettono in mostra per essere in controtendenza e destinare quote considerevolmente più elevate al miglioramento del proprio parco immobiliare.
C’è anche un’altra voce che riguarda la transizione verde, quella di “altre spese verdi”. Queste includono interventi di diversa natura, quali la tutela della biodiversità, opere di rimboschimento, migliore gestione dei rifiuti, o anche migliore gestione delle risorse idriche. Chi investe di più qui è la Svezia. Quasi due terzi (65%) del piano di ripresa nazionale svedese è destinata è contraddistinta da “investimenti per clima”. Anche la Croazia ha deciso di investire su quest’altra voce: il governo di Zagabria mette 1,54 miliardi di euro (47,6% del totale) per gestione dei rifiuti e dell’acqua, e per il turismo sostenibile. Per la Slovenia, che dedica il 41% del totale del proprio piano per la ripresa ad “altre spese verdi”, una quota significativa va alla gestione dell’acqua e alla prevenzione delle inondazioni.

Energia, Pichetto: “Dipendenza è freno”. Confindustria: Più infrastrutture, 182 miliardi al 2030

Sicurezza e costi contenuti. E’ questa la strategia energetica del governo e non solo per superare la crisi, ma anche per gli anni a venire. Perché se c’è una cosa che le vicende geopolitiche recenti hanno insegnato è che la dipendenza energetica è il vero “freno a mano sulla crescita della nostra economia”, sottolinea Gilberto Pichetto Fratin. È cambiato il quadro di riferimento internazionale e questo esecutivo politico, assicura il ministro dell’Ambiente, “ha intenzione di affrontare seriamente la questione della sicurezza energetica“: “Non possiamo perdere un minuto“, insiste. Via i paraocchi ideologici e rispetto degli impegni internazionali assunti in materia di decarbonizzazione. La direzione presa è questa, anche se passa dai rigassificatori, dalle estrazioni di gas dai giacimenti già noti lungo le coste. Tutto per avere respiro che porti gradualmente ad abbandonare i fossili a vantaggio delle fonti rinnovabili. L’accelerazione sulla semplificazione per installare gli impianti lo dimostra.

In questo scenario, le infrastrutture hanno un ruolo centrale, “devono accompagnare la transizione ecologia, assecondarla, renderla possibile attraverso un sistema di distribuzione dell’energia che sia in linea con le mutate condizioni di generazione dell’energia stessa“, sostiene Pichetto. Parla della “sfida della generazione diffusa“, dove non c’è più un centro erogatore e una ramificazione verso la periferia ma molteplici fonti di energia che vanno messe in rete e “devono fare i conti con la discontinuità dell’accumulo di fonti come il solare o l’eolico“. Servirà creare infrastrutture in grado di sostenere l’affiancamento della mobilità elettrica a quella dei motori termici e sistemi di interscambio locale fra l’energia autoprodotta e quella diffusa in rete: “Sono tutti passaggi chiave per costruire un futuro di sostenibilità, indipendenza e sicurezza energetica“, ripete il ministro.

Lo scenario “sostenibilità integrata” elaborato da Confindustria Energia, per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore, valuta in 182 miliardi di euro gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, nell’impiego di 380 mila ULA (unità di lavoro annue) ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030. “Un piano integrato di investimenti che presenta benefici sul sistema Paese in termini di crescita economica, di ricadute ambientali e occupazionali con investimenti valutati secondo criteri di neutralità tecnologica, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di sicurezza energetica e di sostenibilità sociale, attraverso infrastrutture energetiche flessibili e resilienti”, osserva il presidente, Giuseppe Ricci. È la proposta di Confindustria Energia in vista dell’elaborazione del nuovo PNIEC e dell’adeguamento del PNRR al REPowerEU. Dal piano integrato, spiega il vicepresidente e coordinatore dello studio, Roberto Potì, emergono diverse “leve complementari tra di loro” che mirano ad una transizione sostenibile, a partire da una “posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas“. L’Italia, è convinto, “può contare su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili“.

Paul&Shark, dalle vele giacche che sanno di mare e vento

Vecchie vele riqualificate da esperti artigiani danno vita a pezzi unici per una collezione circolare e limitatissima. E’ Re-Sail, il progetto che Paul&Shark porta alla Milano per la Fashion Week Autunno/Inverno 2023-24. 

Un’installazione immersiva e dinamica, con riproduzioni multisensoriali di effetti di luce, suoni naturali e immagini dell’oceano, il brand guida i visitatori in un viaggio emotivo in mezzo al mare, spinti dal vento tra le onde, proprio come accade alle vele.

Giacche upcycled contemporanee e che si portano dietro una eredità esclusiva. Le vele in disuso vengono ripristinate per poi essere reinterpretate in modo creativo sotto una nuova forma.

Ognuna racchiude la storia delle vele con cui è stata realizzata, un racconto di artigianalità e libertà, che rievoca i colori del mare e i suoni del vento. Grandi etichette interne, numeri, loghi e  elementi di derivazione velisitica, celebrano l’universo da cui il capo proviene non perdendo la natura urban-casual della giacca.

Il progetto Re-Sail si colloca all’interno del percorso che Paul&Shark persegue da tempo a favore della sostenibilità, che in questo contesto prende la forma dell’upcycling. L’attività di recupero di materiale in disuso e la sua rivalutazione in chiave creativa “rappresenta un inno ai valori fondamentali del brand“, spiega l’azienda.

 

 

Photo credit: Paul&Shark

La Befana vien di notte… guida a una ‘calza’ sostenibile

Nella calza della Befana può far capolino…la sostenibilità. Sono sempre più numerose le famiglie che dimostrano infatti attenzione nei confronti di questa tematica. Attraverso semplici gesti, è possibile davvero fare la differenza in termini di impatto ambientale. Come? Ecco qualche piccolo consiglio per la ricorrenza che “tutte le feste si porta via”.

W il riciclo! In commercio si trovano calze della Befana già confezionate e che spesso riproducono personaggi evergreen delle fiabe o dei fumetti, ma anche il beniamino del cartone animato in voga al momento. E che, pertanto, rischiano di passare di moda molto velocemente. Meglio optare per una calza di materiale sostenibile, magari realizzata con le proprie mani; si potrà riporre insieme alla scatola degli addobbi, pronta all’uso per le festività del prossimo anno. In questo modo, sarà possibile riempirla con oggetti che saranno veramente di gradimento al destinatario, che non sempre apprezza in toto il contenuto delle calze industriali in commercio. Inoltre, in questo modo ci sarà la possibilità di confezionare dolciumi artigianali e casalinghi, decisamente meno zuccherini di quelli che si trovano in commercio.

Regali ‘green’. Babbo Natale è stato particolarmente generoso, tanto da decidere di non mettere tutti i doni sotto l’albero? Bene, è il momento di inserirli nella calza della Befana! Meglio ancora se i giochi sono realizzati con materiale ecosostenibile come il legno o la plastica riciclata. Viceversa, si possono regalare anche libri, ingressi a Parchi naturali e fattorie didattiche, esperienze a contatto con la natura in generale magari equipaggiati con una borraccia nuova nuova. Passerà il messaggio, tra i piccoli scalpitanti e curiosi di conoscere il contenuto della calza, che anche la vecchina con le scarpe tutte rotte è attenta all’ambiente.

Appendere la calza all’albero…spento. È vero, se pensiamo ai film della tradizione natalizia, focalizziamo subito l’immagine della calza della Befana appesa al camino. Non tutti però lo possiedono, per cui meglio optare per l’albero di Natale. Il fatto di mantenerlo spento di notte può sembrare un consiglio banale e scontato, ma non lo è affatto. Meglio tenere a mente questo prezioso accorgimento, sia per una questione di risparmio energetico sia per una questione di sicurezza legata a eventuali corti circuiti delle luminarie.

Infine, perché non accompagnare bambini e bambine alla scoperta di iniziative sostenibili proprio dedicate alla Befana? Diverse biblioteche e spazi ricreativi, per esempio, organizzano laboratori per creare la bambola con stoffe e materiali di riciclo. Giocando, i piccoli di casa apprenderanno quanto sia importante il rispetto e l’attenzione nei confronti dell’ambiente, da praticare nel quotidiano.

 

 

Il 2023 è l’anno di Tallinn, capitale verde europea attenta al digitale e alla sostenibilità

Una capitale verde circondata dal blu del Mar Baltico. Con l’inizio del 2023 si apre anche l’anno di Tallinn come Capitale verde europea. Una città che ha fatto della digitalizzazione e della neutralità climatica una scommessa prima dell’acuirsi della crisi energetica e che sta guidando il continente con l’esempio di politiche ambiziose a favore dei propri cittadini. Non è un caso se il Premio Capitale verde europea è stato concepito proprio nella capitale dell’Estonia nel maggio del 2006 su iniziativa di un suo ex-sindaco, Jüri Ratas.

Situata sulla costa del Golfo di Finlandia, Tallinn ha una popolazione di 447.032 abitanti e la sua posizione centrale nel Baltico ha reso la capitale estone uno dei più importanti porti fin dal X secolo e una delle principali città commerciali della regione. La lunga storia mercantile di Tallinn e dell’Estonia non hanno frenato le ambizioni di rinnovamento nel nuovo millennio, al punto che oggi il Paese è considerato la Silicon Valley del Mar Baltico e il punto di riferimento in Europa sul piano delle tecnologie informatiche: a Tallinn è nata Skype e hanno sede l’Agenzia Ue per i sistemi informatici su larga scala (eu-Lisa) e il Centro di eccellenza per la difesa informatica della Nato.

Ma non è solo il settore informatico a rendere la capitale estone un punto di riferimento nell’Ue. Sul piano ambientale Tallinn è caratterizzata dalla diversità dei suoi paesaggi, habitat per specie rare: l’esempio più evidente è il Baltic klint, una scarpata calcarea che ha il suo punto più alto di 48 metri dentro i confini della città stessa. È per tutelare questa ricchezza che le autorità estoni hanno recentemente adottato la strategia di sviluppo ‘Tallinn 2035’, un piano climatico ambizioso che affronta i temi della neutralità del carbonio, dell’adattamento al clima, dell’innovazione, della salute, della mobilità, della biodiversità, dell’economia circolare, dell’energia sostenibile e della produzione alimentare. A questo si somma l’impegno di lunga durata nell’adattamento al clima, con sistemi di gestione delle acque piovane e la rimodellazione delle strade.

Ed è proprio la questione delle infrastrutture e della mobilità urbana uno degli aspetti più pionieristici di Tallinn a tutela del clima. L’obiettivo fissato è quello della ‘città di 15 minuti’, in cui i cittadini possono raggiungere tutte le infrastrutture necessarie entro 15 minuti attraverso modalità di trasporto ‘morbide’ (a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici). È dal 2013 che l’accesso ai mezzi pubblici è gratuito, grazie all’esito di un referendum cittadino in cui oltre il 75% dei residenti ha votato a favore. La capitale estone è diventata così la prima in Europa a offrire il trasporto pubblico gratuito, un esempio di promozione della sostenibilità per tutte le città europee. È per tutte queste ragioni che la Giuria della Capitale Verde Europea ha riconosciuto in Tallinn un approccio sistemico nella transizione verso la sostenibilità, con obiettivi strategici interconnessi per il 2035 e legati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Dalle rinnovabili all’idrogeno, il 2023 del Parlamento Ue

Il 2022 ha visto il Parlamento europeo protagonista di voti utili ai fini del Green Deal e dell’agenda politica di sostenibilità dell’Ue, e il 2023 riserva altri appuntamenti fondamentali per la traduzione in pratica del Fit for 55, la strategia per la riduzione delle emissioni di CO2 per un sistema economico-produttivo votato alla neutralità climatica entro il 2050. L’agenda di lavoro per il nuovo anno ormai alle porte, vede diversi dossier legati alle transizioni verde e sostenibile, per un’attività che intende far progredire il lavoro a dodici stelle nella direzione ormai stabilita.

Gli europarlamentari torneranno al lavoro il 9 gennaio, con attività di gruppo in vista poi della sessione plenaria di Strasburgo della settimana successiva. Sarà quella l’occasione per iniziare un ragionamento, con dibattito, sulle nuove regole sullo spostamento dei rifiuti tra Stati membri dell’Ue. Interventi di modifica normativa a regolamenti esistenti che intendono coniugare tutela della salute umana e salvaguardia dell’ambiente. È questo il primo tassello di un’attività parlamentare che, in tema di rifiuti, avrà anche altri dossier su cui doversi esprimere.
Il 2023, per il Parlamento europeo, sarà contraddistinto anche da voti su eco-design e rifiuti tessili. L’eco-design comprende l’insieme dei nuovi requisiti di progettazione ecocompatibile per specifici gruppi di prodotti, come elettrodomestici da cucina, computer e server, motori elettrici e pneumatici. In nome dell’economia circolare, che vuole la riduzione degli scarti per un riutilizzo continuo e completo nel ciclo produttivo, si intende avere prodotti più durevoli, riutilizzabili e meno dannosi per l’ambiente. Non solo. I deputati lavoreranno anche sugli obiettivi dell’Ue per ridurre gli sprechi alimentari e su una nuova strategia per rendere i tessuti più riutilizzabili e riciclabili, per affrontare il problema dei rifiuti tessili.

C’è poi il capitolo energie pulite. La Commissione europea ha proposto di aumentare drasticamente la produzione di elettricità da fonti rinnovabili offshore. La sola capacità eolica offshore passerebbe dagli attuali 12 GW a 300 GW entro il 2050. Il Parlamento è chiamato a esprimersi in merito, e il 2023 è il momento per prendere questa posizione. Qui si preannuncia battaglia. In materia di rinnovabili, l’esecutivo comunitario mira ad aumentare la quota di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia al 40% entro il 2030 al fine di raggiungere il suo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il Parlamento ha chiesto di alzare la soglia al 45% e dovrà negoziare su questo.
Non è questo l’unico negoziato inter-istituzionale che attende il Parlamento europeo. C’è ancora tutta la trattativa per il fondo climatico sociale, lo speciale strumento finanziario a sostegno della transizione. Al fine di non gravare su famiglie e imprese e garantire una trasformazione verde dell’economia equa per tutti, l’Ue vuole istituire il Fondo sociale per il clima, con un budget stimato di 16,4 miliardi di euro fino al 2027, raggiungendo potenzialmente 72 miliardi di euro entro il 2032. Il Fondo includerebbe incentivi per il passaggio alle energie rinnovabili, nonché misure per ridurre le tasse e le tasse sull’energia, incentivi per il rinnovamento degli edifici e il car-sharing e lo sviluppo di un mercato dell’usato per i veicoli elettrici. Il Parlamento sta negoziando con i governi dell’UE sul fondo, e il 2023 dovrebbe essere l’anno di svolta.

Manca poi il negoziato con il Consiglio dell’Ue sulla mobilità sostenibile. A giugno la Plenaria ha votato in favore di un taglio delle emissioni di CO2 del 55% per auto e del 50% per furgoni entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Manca l’accordo inter-istituzionale con il Consiglio, e nell’agenda 2023 del Parlamento rientra anche questo file. In nome delle sostenibilità, i deputati europei saranno chiamati al voto su un nuovo quadro per un mercato interno dell’idrogeno, la riduzione delle emissioni di metano e l’effetto serra fluorurato gas. Infine, ma non per questo meno importante, per il prossimo anno è atteso il voto sul Chips Act, la strategia dell’Ue per i semiconduttori, fondamentali per le transizioni verde e sostenibile. L’obiettivo di questa strategia è garantire che l’Ue disponga delle competenze, degli strumenti e delle tecnologie essenziali per diventare un leader nel settore.

In Francia arriva il cinema sostenibile: si ricicla tutto, anche la pipì

Struttura in legno, isolamento in paglia, wc a secco, proiettori a basso consumo, un regalo di Natale al pianeta. Ha aperto nei pressi di Troyes (Aube), in Francia, il primo cinema totalmente sostenibile e autosufficiente dal punto di vista energetico. Nella sala dalle pareti viola, i primi visitatori scrutano lo spazio. Qui scoppietta un camino davanti a comode poltrone a fiori. Lì, uno spettatore seduto nella sala ‘tisaneria’ sfoglia il programma, sotto un lampadario di cristallo scovato su Leboncoin. “Benvenuti a Utopia Pont-Sainte-Marie“, spiega la regista Anne Faucon durante l’inaugurazione. “Niente cibo durante il film – avverte – ma non esitate ad arrostire delle castagne” prima della proiezione. Questo cinema è il più recente della rete Utopia, che comprende sette sale organizzate in cooperative.

Lo “spirito Utopia” è “un modello a misura d’uomo, amichevole, che evita di illuminare e riscaldare il vuoto, naturalmente più durevole” dei multiplex, spiega Faucon, figlia dei fondatori della rete. “Ma questa volta, volevamo andare molto oltre“. In questo cinema da 300 posti e quattro sale – di cui una riservata alla didattica – “solo il basamento è in cemento“, racconta indicando la “struttura in legno” e “l’efficiente coibentazione in paglia compressa“.

Il riscaldamento arriva da una stufa a pellet a biomassa e decine di pannelli solari sul tetto consentiranno di “essere autosufficienti dal punto di vista energetico“, assicura. Oltre le “accoglienti” sale di proiezione con pareti rivestite di velluto, un’innovazione attira i curiosi: i bagni asciutti. In una sala interrata la materia solida viene compostata per “almeno due anni“, e l’urina immagazzinata per essere utilizzata come fertilizzante, consentendo un “enorme risparmio idrico“.

L’apertura, spiega Faucon, ha richiesto quattro anni di “corsa ad ostacoli“. Nel 2018, Anna Zajac, consigliera comunale, ha contattato Utopia per suggerire di stabilirsi nell’Aube, un dipartimento con poche sale cinematografiche. Il municipio, però, non ha sostenuto il progetto. “Con il nostro collettivo di sostegno – dice la fondatrice – abbiamo attirato l’attenzione della stampa, fino a quando si è fatto avanti il sindaco di Pont-Sainte-Marie“, una città vicina.

Sedotto da un progetto che considera “esemplare“, il sindaco Pascal Landreat ha offerto a Utopia “un deserto militare, nel cuore di un nuovo eco-distretto“, in questa cittadina “già impegnata in un approccio ecologico“, pioniera in particolare nella raccolta dei rifiuti a cavallo. Aiutata da un project manager, “pochi funzionari e poche altre mani“, Faucon ha raddoppiato i suoi sforzi, per “dimostrare che un altro cinema è possibile“. Dei 2,6 milioni di euro necessari ha ottenuto 300.000 euro da fondi europei, 200.000 dal consiglio dipartimentale, 100.000 dal CNC e 100.000 dal crowdfunding. Integrati da capitale proprio e “più di un milione di prestiti“. Il team alla fine avrà cinque dipendenti, tre dei quali sono già stati assunti.

Torna MFW uomo. Nuove Maison nel consorzio green

Riflettori puntati sulla Milano Fashion week men’s collection, al via dal 13 al 17 gennaio. Cambia il mood. La guerra alle porte d’Europa pesa sullo spirito, ma lo show continua.

Ventuno sfilate, 31 presentazioni, cinque presentazioni su appuntamento, quattro contenuti digitali e 11 eventi.  Un totale di 72 appuntamenti.

Gucci apre e torna sulle passerelle milanesi dedicate alla moda maschile dopo tre anni di assenza. Chiude le sfilate fisiche Zegna, il 16 gennaio alle 15. Alcuni nomi nuovi: Add, Bonsai, Charles Philip, Iuter, Sestini, Tagliatore e Valstar. Al centesimo anniversario, Colmar lancia la collezione Colmar Revolution. Il 14 gennaio verrà presentata la prima collaborazione tra Marni Carhartt WIP. Il 16 l’evento di presentazione ‘The Added Element’ durante il quale The Woolmark Company & Luna Rossa Prada Pirelli sveleranno le novità della technical partnership: la lana merino arriva nell’abbigliamento e nelle divise del team e dell’equipaggio.

Sfilano le “eccellenze italiane“, rivendica il presidente di Camera Nazionale della moda Italiana, Carlo Capasa. La conferma è Milano, capitale della moda maschile. Non mancano progetti e attori internazionali “innovativi e all’avanguardia“, commenta.

Creatività, innovazione, qualità e sostenibilità le leve del sistema. Spazio anche ai giovani: la Camera lancia il bando per l’assegnazione dei Fashion trust grant 2023, per sostenere e promuovere la nuova generazione dei marchi indipendenti del made in Italy, che per la prima volta apre anche ai brand menswear.

Il fatturato cresce, sfiorando i 100 miliardi di crescita, con una percentuale del 6% rispetto all’anno scorso. Regge anche al caro energia e materie prime, perché sale del 19% rispetto al terzo trimestre del 2021. Crescono anche i prezzi di consumo, del 3%. Nonostante le difficoltà, il 2022 si rivela un anno positivo per la moda.

Intanto, altre quattro maison del Made in Italy sono pronte a firmare l’ingresso nel consorzio Re.Crea, fondato dalla camera della Moda con Dolce&Gabbana, MaxMara, Moncler, OTB, Prada ed Ermenegildo Zegna per gestire il fine vita dei capi di moda. Lo anticipa lo stesso Capasa al Corriere Economia. Il Consorzio gestisce collettivamente i rifiuti del tessile e moda a fine vita, promuoverà anche investimenti di ricerca e sviluppo su soluzioni di riciclo innovative. Nel 2021 i rifiuti tessili smaltiti ammontavano a 480mila tonnellate. Ora si attende la normativa italiana di adozione della Direttiva Ue: “Pensiamo il nuovo governo possa fornirla entro fine anno“, fa sapere il numero uno della camera della moda. Le maison si portano avanti: nel 2025 ognuna di loro dovrà dar conto dell’intero ciclo di vita dei capi prodotti, impegnandosi ad assicurare la circolarità.

Paolo Gentiloni

Manovra, ok dalla Commissione europea: “Bene gli investimenti per la transizione verde”

Il governo Meloni incassa l’ok alla legge di Bilancio. Il giudizio della Commissione europea “è complessivamente positivo”, come ha modo di sintetizzare il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, che sottolinea “la positività degli investimenti a sostegno della transizione verde e tecnologica”. Per quanto riguarda le ambizioni che rispondono al Green Deal e all’agenda innovativa a dodici stelle, il documento recapitato a Bruxelles “prevede di finanziare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica”. Inoltre, sul fronte dei conti pubblici, “l’Italia limita la crescita della spesa primaria corrente finanziata a livello nazionale”. Per cui la Manovra del governo italiano “nel complesso è in linea” con le raccomandazioni del Consiglio.

Il risultato politico della coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia è dunque il via libera a una legge di Bilancio planata sul tavolo del collegio di commissari in ritardo rispetto alle scadenze previste per le elezioni anticipate e i tempi necessari per formazione di Camere ed esecutivo. Nonostante sia stata fatta “molto rapidamente”, il governo incassa il risultato con i riconoscimenti del caso. “Bisogna dare atto – sottolinea Gentiloni – al lavoro svolto per tempi, impegni e strategia. La Commissione europea, che fa della sostenibilità di deficit e debito uno dei fattori di massima attenzione, rileva anche il contributo che deriva dalle scelte sul sostegno ai rincari dell’energia”.
La legge di Bilancio del governo Meloni contribuisce a ridurre il livello di deficit in relazione al Pil, che si prevede in discesa al 3% nel 2025. “Il disavanzo pubblico – si legge nel testo delle valutazioni – dovrebbe scendere al 3,7% del Pil nel 2024, il che si spiega principalmente con la scadenza delle misure energetiche temporanee, e al 3,0% nel 2025″. Dunque si prende atto delle misure emergenziali, temporanee e mirate nella natura, e l’attenzione per quando queste saranno rimosse.

Ma se l’ambizione verde e sostenibile della Manovra passa a pieni voti il vaglio Ue, non altrettanto si può dire per quelle che sono le misure fin qui chiave del nuovo governo. La riforma delle pensioni e i pagamenti elettronici sono oggetto di critiche. Nello specifico, la Commissione contesta la disposizione che aumenta il massimale per le operazioni in contanti dagli attuali 2.000 euro a 5.000 euro nel 2023.
Altra misura che viene considerata “non linea” con quanto chiede l’Europa, quella “equiparata al condono fiscale” che consente la cancellazione di debiti tributari pregressi relativi al periodo 2000-2015 e non superiori a mille euro. Inoltre, finisce nel mirino la possibilità di rifiutare pagamenti elettronici inferiori a 60 euro senza sanzioni. Ancora “non sono coerenti” con le raccomandazioni Ue “in particolare nel settore delle pensioni”. Il governo tira dritto, e guarda a ciò che contava di più, politicamente: l’approvazione della legge di Bilancio. “La commissione ha promosso la nostra manovra giudicandola ‘in linea’ – esulta il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti -. L’Italia è inserita nella metà dei Paesi europei che sono dalla parte giusta”, e questo è motivo di “grande soddisfazione”.