In Spagna proseguono le ricerche dei dispersi nell’alluvione, i morti sono 158. Sanchez a Valencia

Proseguono in Spagna le ricerche dei dispersi nella devastante alluvione che mercoledì ha colpito la regione di Valencia, causando almeno 158 vittime. Oltre mille soldati sono scesi in campo insieme a vigili del fuoco, agenti di polizia e soccorritori che stanno cercando di individuare eventuali sopravvissuti e di sgomberare le aree danneggiate.

Secondo gli ultimi dati diffusi dalle autorità, il bilancio delle vittime è di 158, la maggior parte nella comunità di Valencia, la più colpita. Altri due morti sono stati registrati nella vicina regione di Castilla-La Mancha e un terzo in Andalusia. Questa cifra, la più alta dall’alluvione che uccise 300 persone nell’ottobre 1973, “aumenterà” perché “molte persone sono ancora disperse”, ha avvertito Ángel Víctor Torres, ministro delle Politiche territoriali.

LUTTO NAZIONALE. Il primo ministro Pedro Sánchez, che ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale si è recato a Valencia per visiterà il centro di coordinamento dei soccorsi (Cecopi). “Vi chiedo di rimanere a casa – ha detto parlando con le comunità colpite – e di non spostarvi se potete perché questa area di depressione meteorologica continuerà. Per favore rispettate le istruzioni dei servizi di emergenza, aderite a tutte le richieste che fanno perché in questo momento la cosa più importante da fare è quella di salvare il maggior numero di vite possibile e tenervi al sicuro, è una crisi senza precedenti, assolutamente drammatica e tragica, quella che stiamo vivendo già da qualche giorno”.

Oggi bandiere a mezz’asta anche davanti al Palazzo Berlaymont, sede dell’esecutivo Ue a Bruxelles in solidarietà al popolo spagnolo. Piangiamo con voi. Insieme risorgeremo”, ha scritto su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

LA MACCHINA DEI SOCCORSI. All’alba di giovedì, secondo i servizi di emergenza, migliaia di persone erano ancora senza corrente nella regione di Valencia. Numerose strade sono rimaste interrotte, mentre innumerevoli auto distrutte erano disseminate sulle strade, coperte di fango e detriti. “Non avrei mai pensato di vivere tutto questo”, ha dichiarato all’AFP Eliu Sanchez, un residente di Sedavi, una cittadina di 10.000 abitanti devastata dal maltempo, raccontando un incubo. “Abbiamo visto un giovane uomo in una landa desolata, che si rifugiava sul tetto della sua auto”, ha detto il 32enne elettricista. “Ha cercato di saltare” su un altro veicolo, ma la corrente “lo ha portato via”. 

Sanchez ha assicurato che saranno messe a disposizione tutte le risorse che serviranno per cercare le persone scomparse e per aiutare i cittadini “di questa zona tanto colpita e c’è anche una totale collaborazione da parte del governo attraverso i diversi ministeri coinvolti attraverso il comitato di unità di crisi che abbiamo costituito per dare la sicurezza, la tranquillità, le risposte che in questo momento così difficile e complesso chiedono all’amministrazione pubblica”.

“La comunità valenciana si trova in una crisi, in una tragedia provocata da quella che adesso abbiamo imparato a conoscere come la Dana e abbiamo messo a disposizione moltissime risorse, sono oltre 110.000 le unità che abbiamo messo a disposizione della comunità di Valencia, del corpo dei vigili del fuoco, della polizia nazionale e della guardia civile – ha fatto sapere il premier -. Anche l’esercito è intervenuto e ha messo a disposizione 235 veicoli, elicotteri e aerei che possono essere necessari alle autorità competenti della protezione civile della comunità valenciana”.

Secondo le autorità, una delle località più colpite è stata Paiporta, nella periferia meridionale di Valencia, dove sono morte circa quaranta persone, tra cui una madre e il suo bambino di tre mesi, travolti dalla corrente.

Il presidente della regione di Valencia, Carlos Manzón, ha dichiarato che i servizi di emergenza hanno effettuato “200 operazioni di salvataggio via terra e 70 operazioni di salvataggio via aerea” utilizzando gli elicotteri durante la giornata. Ha inoltre riferito che i servizi di emergenza sono riusciti a raggiungere tutte le aree colpite, anche se diversi villaggi sono rimasti isolati dal resto del Paese per gran parte della giornata di mercoledì.

POLEMICA SULL’ALLARME IN RITARDO. Secondo l’agenzia meteorologica Aemet, martedì notte sono caduti più di 300 litri d’acqua per metro quadro in diverse città della regione di Valencia, con un picco di 491 litri nel piccolo villaggio di Chiva. Si tratta dell’equivalente di “un anno di precipitazioni”, ha aggiunto. La stampa spagnola, che descrive il maltempo come “l’alluvione del secolo”, ha iniziato a mettere in dubbio la reattività delle autorità: il messaggio di allerta del servizio di Protezione Civile ai residenti è stato inviato dopo le 20.00 di martedì, mentre l’Aemet aveva lanciato un “allarme rosso” in mattinata.

LA GOTA FRIA. In autunno, la regione di Valencia e la costa mediterranea spagnola in generale sono regolarmente colpite dal fenomeno noto come “gota fria” (la “goccia fredda”), un sistema di bassa pressione isolato in alta quota che provoca improvvisi e violentissimi acquazzoni, a volte della durata di diversi giorni.
Da diversi anni gli scienziati avvertono che gli eventi meteorologici estremi, come le ondate di calore e le tempeste, stanno diventando più frequenti e più intensi a causa dei cambiamenti climatici. “Queste alluvioni lampo in Spagna sono un altro terribile promemoria del cambiamento climatico e della sua natura caotica”, ha sottolineato in una nota Jess Neumann, professore di idrologia presso l’Università di Reading nel Regno Unito.

 

Valencia travolta dalle inondazioni, almeno 95 morti e molti dispersi. Tre giorni di lutto nazionale

E’ di almeno 95 vittime il bilancio delle nelle drammatiche inondazioni che hanno devastato la Spagna, con 92 morti nella regione di Valencia, due nella vicina regione di Castilla-La Mancha e un terzo in Andalusia. Una situazione “senza precedenti, che nessuno ha mai visto prima”, ha commentato il presidente della regione, Carlos Mazon. Tutta la zona è praticamente isolata dal resto del Paese, con alcuni villaggi inaccessibili. Si tratta delle peggiori inondazioni avvenute in Spagna dall’agosto 1996.

Diverse persone risultano disperse nella regione di Valencia e nella vicina provincia di Albacete (regione di Castilla-La Mancha), dove l’alluvione improvvisa ha invaso le strade, spazzato via le auto e allagato gli edifici. I servizi di emergenza, supportati da droni, hanno lavorato tutta la notte per cercarli. Le autorità hanno chiesto a tutti i residenti della regione di non viaggiare su strada.

SANCHEZ: “EMERGENZA NON E’ FINITA”. Il governo centrale – che ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale – ha istituito un’unità di crisi, che si è riunita per la prima volta martedì sera, e ha inviato nella regione di Valencia un’unità dell’esercito specializzata in operazioni di soccorso. Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha assicurato ai suoi connazionali colpiti dalle alluvioni mortali che hanno devastato il sud-est del Paese il pieno sostegno dello Stato, ma ha avvertito che questo episodio “devastante” potrebbe non essere finito. “Non vi lasceremo soli”, ha detto Sánchez in un breve discorso televisivo dal palazzo della Moncloa, esortando i residenti della regione a rimanere vigili perché ‘non possiamo considerare concluso questo episodio devastante’. Il re di Spagna Felipe VI ha dichiarato di essere “devastato” per quanto successo e si è impegnato a dare “tutto il sostegno necessario” alle famiglie delle vittime.

LA ‘GOTA FRIA’. L’agenzia meteorologica nazionale Aemet ha dichiarato un’allerta rossa nella regione di Valencia e il secondo livello di allerta più alto in alcune parti dell’Andalusia. Ha avvertito che la pioggia continuerà almeno fino a giovedì. Questa zona e la costa mediterranea spagnola in generale sperimentano regolarmente il fenomeno meteorologico della “gota fria” (la “goccia fredda”) in autunno, un sistema di bassa pressione isolato ad alta quota che provoca piogge improvvise ed estremamente violente, a volte della durata di diversi giorni.

CAOS TRASPORTI. I voli che dovevano atterrare all’aeroporto di Valencia sono stati dirottati verso altre città spagnole a causa delle forti piogge e dei forti venti, secondo l’operatore aeroportuale spagnolo Aena. Altri voli sono stati cancellati. L’operatore nazionale delle infrastrutture ferroviarie Adif ha dichiarato di aver sospeso i treni ad alta velocità tra Madrid e Valencia a causa degli effetti della tempesta sui punti chiave della rete ferroviaria. Un treno ad alta velocità che trasportava 276 passeggeri è deragliato nella regione meridionale dell’Andalusia, ma nessuno è rimasto ferito.

IL CORDOGLIO ITALIANO. Immediato il cordoglio italiano. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio a Re Felipe, nel quale esprime “il più sincero cordoglio degli italiani tutti e le espressioni della mia personale vicinanza”. “Desidero esprimere la mia solidarietà e quella del Governo italiano – ha scritto su X la premier, Giorgia Melonialla comunità spagnola duramente colpita dalle alluvioni che hanno messo in ginocchio interi territori, in particolare la città di Valencia. Rivolgo il mio pensiero di vicinanza ai familiari delle vittime”. “Il mio pensiero va in questo momento al popolo spagnolo – ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin – che in queste ore drammatiche piange un grande numero di vittime per le alluvioni nella zona di Valencia. L’Europa, in tutte le sue realtà, sta affrontando sfide climatiche enormi, nelle quali serve una solidarietà concreta e una forte capacità di adattamento sul territorio”. Vicinanza al popolo spagnolo anche da parte del ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, secondo il quale “eventi come questi, non più rari in Europa, ci ricordano l’urgenza di lavorare insieme per proteggere le nostre terre e le generazioni future”.

UE PRONTA A FORNIRE AIUTI. L’Europa “è pronta a fornire il suo sostegno”, ha assicurato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ringraziando le squadre di emergenza “per il vostro costante impegno nel salvare vite umane”. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha annunciato che “l’Europa è pronta ad aiutare: abbiamo attivato il nostro sistema satellitare Copernicus per aiutare a coordinare le squadre di soccorso e ci siamo già offerti di attivare il nostro riconoscimento di protezione civile”.

In Spagna scoppia la rabbia dei residenti per il turismo ‘insostenibile’

Dalle Isole Baleari alle Canarie, passando per Barcellona e Malaga, i movimenti contro il turismo si moltiplicano in Spagna, la seconda destinazione turistica al mondo, spingendo le autorità ad agire per conciliare il benessere dei residenti locali con un settore economico cruciale.

“Le Canarie non ne possono più”: con questo slogan è stato lanciato un appello a manifestare sulle isole di questo arcipelago al largo della costa nord-occidentale dell’Africa, apprezzato per i suoi paesaggi vulcanici e il sole costante. L’obiettivo è fermare la costruzione di due complessi alberghieri a Tenerife, l’isola principale dell’arcipelago, e fare in modo che i residenti locali e l’ambiente siano tenuti in maggiore considerazione di fronte a quello che viene visto come un boom incontrollato del turismo. “Le nostre isole sono un tesoro che deve essere difeso”, afferma ‘Canarias se agota’ (‘Le Canarie sono esauste’), il collettivo che sta dietro a questo movimento, alcuni dei cui membri hanno iniziato uno sciopero della fame la scorsa settimana per fare pressione sulle autorità.

L’anno scorso le Canarie hanno ricevuto 16 milioni di visitatori, sette volte di più dei suoi 2,2 milioni di abitanti. Victor Martin, portavoce del collettivo, ha deplorato la situazione durante un briefing con la stampa, denunciando uno “sviluppo suicida”.

Questa rabbia non è isolata, poiché nelle ultime settimane sono emersi diversi movimenti “anti-turisti”, ampiamente diffusi sui social network, in altre parti del Paese. A Malaga, centro del turismo “sol y playa” (sole e spiaggia) dell’Andalusia (sud), sono spuntati adesivi con slogan ostili sui muri e sulle porte degli alloggi turistici (“Questa era la mia casa”, “Puzza di turista”, “Torna a casa”…).

Lo stesso vale per Barcellona e le Isole Baleari, dove gli attivisti hanno affisso finti cartelli all’ingresso di alcune spiagge per avvertire, in inglese, del rischio di “caduta massi” o di punture di “meduse pericolose”, al fine di spaventare i potenziali visitatori. Tra le lamentele dei residenti ci sono le pressioni sulla proprietà, con la proliferazione di affitti turistici che costringono molti residenti a lasciare i centri urbani, e l’inquinamento acustico e ambientale.

In Catalogna, che da tre anni sta affrontando una storica siccità, la pressione esercitata sulle riserve idriche dagli hotel della Costa Brava sta causando fastidio, anche se le autorità hanno posto quasi tutta la regione in stato di emergenza all’inizio di febbraio.

“Ci sono destinazioni turistiche che sono al limite della loro capacità”, ha ammesso recentemente José Luis Zoreda, vicepresidente dell’organizzazione dei datori di lavoro Exceltur. “È un problema che si presenta occasionalmente in alta stagione e in alcune zone del Paese, ma sta peggiorando”.

Già negli anni 2010 i residenti locali si erano mobilitati contro l’overtourism, soprattutto a Barcellona. Ma dopo la pausa causata da Covid-19, l’esasperazione sembra essere aumentata di una tacca, visto che l’anno scorso la Spagna ha accolto un record di 85,1 milioni di visitatori stranieri.

Per evitare il sovraffollamento, diverse città hanno preso alcune iniziative, come San Sebastian, nei Paesi Baschi, che a fine marzo ha deciso di limitare i gruppi di turisti nel suo iper-centro a 25 persone dopo aver vietato l’uso di altoparlanti durante le visite guidate. Alla fine di marzo, invece, Siviglia ha annunciato che potrebbe far pagare ai non residenti l’accesso alla sua famosa Plaza de España. Barcellona, da parte sua, ha deciso di rimuovere da Google Maps un percorso di autobus molto frequentato dai turisti per restituirlo ai residenti.

Per le autorità, tuttavia, queste decisioni non sono facili da prendere. In Spagna, il turismo rappresenta il 12,8% del Pil e il 12,6% dei posti di lavoro: innumerevoli famiglie dipendono da questo settore e il Paese non farebbe bene ad allontanarsi dalla sua tradizione di accoglienza.

Le conseguenze dell’eccessivo turismo sul mercato immobiliare implicano la necessità di “intervenire per limitare il numero di appartamenti turistici”, ma il governo è anche “consapevole dell’importanza del settore”, come ha ribadito il ministro dell’edilizia abitativa Isabel Rodríguez, difendendo un approccio equilibrato in un’intervista al quotidiano El País.

Raddoppiata l’installazione impianti solari in Italia: ingresso nella top 3 europea

Nel 2023 l’energia solare nell’Unione Europea ha registrato un altro record, raggiungendo 55,9 GW installati, una crescita del 40% rispetto all’anno precedente e addirittura un raddoppio del mercato in soli due anni. Un risultato che vede per il terzo anno consecutivo il settore del Vecchio Continente superare il picco precedente, mantenendo un costante trend di crescita annuale di almeno il 40%. I numeri escono dall’ultimo European Market Outlook di SolarPower Europe, l’associazione che rappresenta gli operatori fotovoltaici.

A livello di singoli Paesi, la Germania riemerge come il principale mercato solare, installando 14,1 GW e superando il record italiano stabilito nel lontano 2012. A seguire, la Spagna con 8,2 GW e, in una sorprendente ascesa, l’Italia entra nella top 3 con l’installazione di 4,8 GW. La Polonia (4,6 GW) e i Paesi Bassi (4,1 GW) chiudono la top 5, mentre la Francia esse dalle migliori cinque proprio a causa dell’eccezionale performance italiana. Nel dettaglio, ben 20 Stati membri dell’UE hanno sperimentato il loro miglior anno solare nel 2023 e 25 hanno installato più energia solare rispetto all’anno precedente. Salgono a 14 i Paesi che hanno superato la soglia di 1 GW di installazioni annuali, contrapponendosi ai 10 del 2022, spiega il report.

L’analisi di SolarPower Europe sottolinea che l’Italia è stata uno dei protagonisti di questa crescita, con un aumento significativo da 2,5 GW nel 2022 a notevoli 4,9 GW nel 2023. Questo exploit, quasi il doppio delle installazioni dell’anno precedente. Non tutto però è filato liscio. Il segmento residenziale, tradizionalmente un motore trainante del mercato grazie agli incentivi Superbonus, ha subito una flessione. Le installazioni residenziali sono scese da un picco di 200 MW a marzo a 153 MW a ottobre, anche se mantengono una significativa quota di circa il 40% nella crescita complessiva. E’ il settore C&I (commercio e industria) ad aver assunto un ruolo preponderante, contribuendo con circa il 43% della capacità installata nel 2023. Una tendenza che suggerisce una trasformazione nella dinamica di crescita del mercato solare italiano. E guardando al futuro, le prospettive prevedono un ulteriore aumento della capacità solare, passando da 29,5 GW nel 2023 a 56,7 GW nel 2027, con un tasso medio di crescita annua dell’18% nettamente superiore alla media europea.

Infatti “secondo il nostro scenario medio – sottolinea l’European Market Outlook di SolarPower Europe – il solare continuerà la sua traiettoria ascendente nel 2024, raggiungendo i 62 GW ma con un aumento annuo dell’11%. Questo tasso di crescita moderato è influenzato da una diminuzione della domanda residenziale, che era aumentata nei due anni precedenti a causa della crisi energetica. Allo stesso tempo, si prevede che i miglioramenti legislativi richiederanno 1 o 2 anni o più prima che gli impatti sugli sviluppi di impianti di pubblica utilità possano diventare evidenti. La nostra ricerca – prosegue il report – mostra che l’energia solare su tetto dominerà il mercato, anche se evolverà gradualmente nei prossimi 4 anni”.

C’è poi un ultimo aspetto non incoraggiante per l’Europa, sottolineato dall’associazione europea del fotovoltaico. Mentre la produzione di celle solari e moduli ha registrato un incremento significativo nel 2023, con un aumento del 59% rispetto al 2022, si evidenzia che meno del 2% della domanda europea di energia solare potrebbe essere soddisfatto dalla produzione europea di solare fotovoltaico. Questo solleva interrogativi sulle dinamiche della produzione e sulla dipendenza dal mercato globale per soddisfare la crescente domanda di energia solare nell’Unione Europea.

Madrid presenta strategia competitività: priorità della presidenza di turno dell’Ue

Energia, tecnologie digitali, della salute e dell’alimentazione. Il premier ad interim della Spagna e presidente di turno dell’Ue, Pedro Sanchez, ha presentato oggi la sua proposta per rafforzare l’autonomia strategica e la leadership globale dell’Unione europea. Una roadmap (‘Resilient EU2030’) in nove punti per rafforzare la resilienza e la competitività dell’Unione europea, che era stata annunciata quando Madrid ha presentato le priorità del suo semestre di turno alla guida dell’Ue e che sarà al centro del vertice informale dei capi di Stato o di governo che si terrà a Granada, in Spagna, il prossimo 6 ottobre.

Rafforzare la competitività dell’Unione europea, soprattutto attraverso la dimensione industriale e tecnologica, era stata indicata da Madrid tra le priorità del semestre di presidenza di Madrid alla guida dell’Ue dal primo luglio fino alla fine di dicembre. Reindustrializzazione, transizione energetica, giustizia sociale ed economica ma soprattutto unità dell’Unione sono le quattro priorità che domineranno la presidenza della Spagna alla guida dell’Ue per la quinta volta dopo il 1989, il 1995, il 2002 e il 2010.

Dal Covid-19 alla guerra energetica della Russia, passando per la competizione con gli Usa sui sussidi verdi. I 27 Stati membri Ue hanno ammesso la necessità di affrontare le vulnerabilità delle catene di approvvigionamento europee evidenziate da tutte le tensioni degli ultimi anni. Da allora, negli ultimi dodici mesi la Commissione europea ha lanciato l’idea di un Piano industriale per il Green Deal, che conta di tre iniziative: la Legge per l’industria a zero emissioni (Net-Zero Industry Act’), la Legge sulle materie prime critiche (Critical Raw Material Act) e la riforma del mercato elettrico dell’Ue. Con la strategia presentata oggi da Sanchez, la Spagna intende contribuire al dibattito.

Questa proposta è il risultato di un pionieristico progetto di ricerca previsionale durato quasi un anno, che ha coinvolto oltre 250 esperti e 80 ministeri dei 27 Stati membri, della Commissione europea e del Consiglio dell’Ue, sotto il coordinamento dell’Ufficio nazionale di previsione e strategia del governo spagnolo. Inoltre, sono stati chiamati a consultarsi circa 100 accademici e rappresentanti del settore privato. Il documento individua una serie di vulnerabilità strategiche concrete che l’Ue dovrebbe affrontare entro il 2030, tra cui la dipendenza per materie prime e altri beni semilavorati in quattro settori critici: energia, tecnologia digitale, salute e alimentazione.

Senza l’attuazione di misure forti “l’ecosistema energetico europeo potrebbe avere una dipendenza dalla Cina entro il 2030 di natura diversa, ma con una gravità simile, a quella che aveva dalla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina”, mette in guardia il documento. Sul fronte energetico, attualmente le capacità interne dell’Ue sarebbero in grado di soddisfare solo una piccola parte della domanda di tecnologie pulite. Il resto dovrebbe provenire da fonti esterne, principalmente dalla Cina, “che concentra la maggior parte delle materie prime necessarie e detiene quote di mercato dominanti nelle fasi intermedie della filiera”. Ad esempio, si legge ancora, produce tra il 35% e il 55% dei componenti per pannelli solari e turbine eoliche e il 90% dei magneti permanenti necessari per la produzione di pompe di calore e motori elettrici. L’Unione europea occupa una posizione di rilievo solo nell’assemblaggio di turbine eoliche e pompe di calore, con una quota di mercato mondiale superiore al 30%.

Il documento mette in guardia da un scenario simile anche nel settore delle tecnologie digitali. Le previsioni indicano che la domanda di dispositivi come sensori, droni, server di dati, apparecchiature di archiviazione e reti di trasmissione dati aumenterà notevolmente in questo decennio. L’Ue ha una posizione relativamente forte in quest’ultimo settore, ma mostra significative debolezze negli altri: produce solo il 6% dei droni del mondo e l’1% dei server e delle apparecchiature di archiviazione dati. Entro il 2030, conclude il rapporto, questa dipendenza dall’estero potrebbe “ostacolare seriamente gli aumenti di produttività di cui l’industria e il settore dei servizi europei hanno urgentemente bisogno”. Inoltre, mette in guardia, l’arretratezza potrebbe ostacolare la modernizzazione dei sistemi agricoli, che sarà essenziale per affrontare il cambiamento climatico, e la digitalizzazione dei sistemi sanitari, che faranno affidamento su nuovi dispositivi indossabili, protesi e altri nuovi dispositivi medici per far fronte all’invecchiamento della popolazione.

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Crisi climatica e attività umana: Spagna in lotta contro la ‘desertificazione’

Suoli aridi, senza microrganismi, senza vita: in Spagna ripetute siccità e sovrasfruttamento industriale o agricolo fanno temere un’irreversibile progressione di “terre sterili“, capaci di trasformare l'”orto d’Europa” in un territorio inospitale. “La Spagna non diventerà un deserto, con dune come nel Sahara, è morfologicamente impossibile“, spiega Gabriel del Barrio, ricercatore presso la Stazione sperimentale delle zone aride (Eeza) ad Almeria, in Andalusia. Ma la desertificazione, segnata da un intenso “degrado del suolo”, non è meno “preoccupante”, insiste lo specialista della desertificazione.
Sul banco degli imputati: il riscaldamento globale, all’origine di un innalzamento delle temperature che favorisce l’evaporazione dell’acqua e il moltiplicarsi di incendi devastanti, ma anche e soprattutto l’attività umana – e in particolare l’agricoltura intensiva.
Nonostante il suo clima ultra-arido, la provincia di Almeria si è trasformata negli anni nell’orto d’Europa, sviluppando immense coltivazioni in serra: un’area conosciuta come il ‘mare di plastica’, da cui migliaia di tonnellate di pomodori, peperoni e cetrioli vengono prodotti sia d’inverno sia d’estate. Tuttavia, questi 40.000 ettari, irrigati grazie a una falda di diverse migliaia di anni, aggravano il problema “esaurendo le falde acquifere”, spiega Gabriel del Barrio.

Sebbene estremo, questo scenario non è un’eccezione in Spagna. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione, il 75% del territorio spagnolo è ora soggetto a un clima che può portare alla desertificazione. Il che lo rende il paese europeo più colpito da questo problema. “Questo ci pone in una situazione complessa, dove la combinazione di temperature estreme, siccità e altri fattori aggrava il rischio di erosione, perdita di qualità del suolo”, ha avvertito di recente la ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera. Secondo il Consiglio superiore spagnolo per la ricerca scientifica (Csic), da cui dipende Eeza, il degrado attivo del suolo è triplicato negli ultimi dieci anni. Un fenomeno tanto più problematico in quanto spesso “irreversibile a misura d’uomo”, insiste.

Incapacità del suolo di trattenere acqua e materia organica, di sostenere colture e bestiame… Per la Spagna, che ha fatto dell’agricoltura un pilastro economico, con quasi 60 miliardi di euro di esportazioni all’anno, questa situazione è motivo di preoccupazione. “L‘erosione del suolo è oggi il problema principale per la maggior parte degli agricoltori in Spagna“, ha affermato l’Unione dei piccoli agricoltori (UPA), parlando di una situazione “grave” che potrebbe avere un “costo economico” significativo.

In Andalusia, questa situazione ha convinto alcuni a rimboccarsi le maniche. “Dobbiamo agire al nostro livello quando possibile” e non “cedere al destino“, esorta Juan Antonio Merlos, proprietario di una fattoria di mandorle di 100 ettari sulle alture di Velez-Blanco, a nord dell’Almería. Con un pugno di allevatori riuniti all’interno dell’associazione AlVelAl, ha avviato nuove pratiche, dette “rigenerative”, rilevando tre anni fa l’azienda agricola dei suoi genitori, ora convertita al biologico. Sperando di “fermare l’erosione” in corso nella regione. Tra queste pratiche: l’uso del letame al posto dei concimi chimici, l’abbandono dei pesticidi “che uccidono gli insetti”, un uso limitato dell’aratura “che danneggia il suolo” e l’uso di coperture vegetali costituite da cereali e leguminose per conservare l’umidità quando la cadono rare piogge.
Al di là di queste nuove pratiche, le associazioni ambientaliste invocano, da parte loro, un cambio di modello, con una riduzione delle superfici irrigate e l’utilizzo di colture a minore intensità idrica. “Dobbiamo adattare le nostre richieste alle risorse effettivamente disponibili“, insiste il WWF.

Inflazione più alta in Germania, +2% Pil Usa: Bce e Fed decise su aumento tassi

L’inflazione torna sotto il 2%, la percentuale più nominata dalla Bce, in Spagna, ma risale al 6,4% in Germania, oltre le attese. Due dati che non faranno cambiare idea a Christine Lagarde, intenzionata ad aumentare i tassi altre due volte portandoli così almeno al 4,5% per settembre.

La stima iberica, se confermata, rappresenterebbe una diminuzione di più di un punto del suo tasso annuo, dato che a maggio eravamo al 3,2%. Questo andamento è dovuto principalmente al fatto che in questo mese l’aumento dei prezzi dei carburanti, dell’elettricità e dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche è stato inferiore a quello di giugno dell’anno precedente. Anche l’inflazione core, che esclude cibo ed energia, è scesa di due decimi di punto percentuale, attestandosi al 5,9%. Paradosso: l’indice di base è superiore a quello generale di 4 punti percentuali.

In Germania invece, secondo la stima preliminare di Destatis, a giugno il carovita è salito dello 0,3% mensile e del 6,4% annuale. Numeri superiori a quelli di maggio, quando i prezzi erano calati dello 0,1% a livello congiunturale ed erano cresciuti del 6,1% a livello tendenziale, e più alti delle stime: +0,2% mensile e +6,3% annuale. I prezzi dei prodotti alimentari hanno continuato a salire a un tasso maggiore alla media del +13,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Al contrario, anche l’aumento dei prezzi dell’energia del +3% è stato inferiore al tasso di variazione dell’indice complessivo dell’anno precedente. Anche le misure del terzo pacchetto di aiuti del governo federale, che si riflettono nell’indice dei prezzi al consumo, hanno contribuito all’indebolimento dell’andamento dei prezzi dell’energia. Per contro, l’andamento dei prezzi nell’area dei servizi ha aumentato il tasso di inflazione (+5,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente). In questo ambito c’è però un effetto base a seguito dell’introduzione del biglietto da 9 euro valido da giugno ad agosto 2022. L’inflazione core comunque è cresciuta del +5,8% (rispetto al +5,4% di maggio).

Chi invece vede rosa sull’inflazione è il cittadino medio europeo. L’indice che misura le aspettative di inflazione per i consumatori nell’Eurozona è sceso a 6,1 a giugno, il minimo dal 2016, dal 12,1 rivisto al ribasso del mese precedente.

I tassi comunque non saliranno solo in Europa. La crescita del Pil degli Stati Uniti è stata rivista nettamente al rialzo e ha aggiunto un margine per la Federal Reserve di poter aumentare il costo del denaro ancora. Da gennaio a marzo l’economia americana è cresciuta del 2% rispetto al trimestre precedente. Sulla carta, benché i dati siano riferiti a tre mesi fa, Jerome Powell potrebbe permettersi di continuare a inasprire la politica monetaria senza causare una forte contrazione. Un concetto ribadito dal presidente della Federal Reserve ieri al forum Bce in Portogallo e oggi al Banco de España: possibili altri due ritocchi per portare così i tassi di interesse a sfiorare il 6%.

Mercato elettrico e industria verde: le priorità della Spagna alla guida Ue

Reindustrializzazione, transizione energetica, giustizia sociale ed economica ma soprattutto unità dell’Unione. Quattro le priorità che domineranno il semestre di presidenza della Spagna che sarà alla guida di turno del Consiglio Ue dal prossimo primo luglio fino al 31 dicembre, per la quinta volta dopo il 1989, il 1995, il 2002 e il 2010.

Sul piano politico e legislativo, la presidenza di Madrid dovrà confrontarsi con la sfida di rendere verde l’industria europea e non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche oltre che cercare di sbloccare un’intesa con l’Eurocamera su alcuni dossier rimasti in sospeso con l’attuale presidenza di Svezia, dal pacchetto per decarbonizzare il mercato del gas alla riforma del mercato elettrico su cui ancora non è chiaro se Stoccolma riuscirà a trovare un accordo a 27. “Promuoveremo una riforma del mercato dell’elettricità che acceleri la diffusione delle energie rinnovabili, riduca i prezzi dell’elettricità e migliori la stabilità del sistema”, è l’impegno affidato al sito web della presidenza.

A Stoccolma restano meno di dieci giorni di tempo per portare il Consiglio Ue ad adottare il mandato sulla riforma per poter avviare i negoziati con l’Eurocamera che adotterà a sua volta la posizione a settembre. Ad ogni modo, Madrid – la cui presidenza sarà segnata dalle elezioni generali anticipate il 23 luglio – dovrà avviare i negoziati con gli europarlamentari sulla riforma, nell’ottica di arrivare a trovare un accordo entro la fine dell’anno (e del suo semestre di presidenza).

Impegno anche ad accelerare l’attuazione dei fascicoli legislativi rimasti in sospeso del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ – proposto a luglio 2021 come tabella di marcia per abbattere le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 -: tra questi, il pacchetto presentato a dicembre 2021 per decarbonizzare il mercato del gas e dell’idrogeno, con cui la Commissione europea ha proposto una revisione dell’attuale legislazione sul mercato interno del gas che risale al 2009 (direttiva 2009/73 / CE e regolamento sull’accesso alle reti di trasporto) e poi promuoverà un’accelerazione sulle misure per la riduzione dei rifiuti e delle microplastiche, la progettazione di prodotti sostenibili e la generazione di combustibili ecologici.

Sul fronte della reindustrializzazione, la presidenza prende atto di dover lavorare per attrarre nuove imprese e posti di lavoro sul territorio europeo, riducendo pericolose dipendenze esterne. L’intento è quello di lavorare su due fronti: da un lato, promuovere quei file che consentiranno lo sviluppo di industrie e tecnologie strategiche in Europa e il rafforzamento delle catene di approvvigionamento, dando particolare importanza al vertice Ue-Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) che si terrà il 17 e 18 luglio a Bruxelles. La presidenza dovrebbe inoltre proporre una strategia comune per garantire la sicurezza economica e la leadership globale dell’UE entro il 2030.

Dopo le proposte della Commissione europea delle ultime settimane, la Spagna alla guida dell’Ue avrà altri due fascicoli legislativi decisivi da parte avanti e possibilmente entro la fine dell’anno: da un lato, la riforma del patto di stabilità e dall’altro, del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP 2021-2027). Madrid si impegnerà per una riforma delle regole fiscali “che consenta di superare l’austerità, aumentare la trasparenza e coniugare la sostenibilità delle finanze pubbliche con il corretto finanziamento del verde e del digitale”.

Spagna alle prese con la siccità: si ‘disseta’ con acque reflue

Come irrigare i campi quando le piogge sono sempre più scarse? In Spagna, la regione di Murcia si affida da anni alle acque reflue, riutilizzandone quasi il 100%. È un modello che si sta rivelando interessante in molti altri Paesi. “L’acqua qui è ancora sporca… Ma alla fine sarà limpida, senza batteri”, dice Carlos Lardin, direttore operativo di Esamur, l’ente pubblico responsabile della gestione delle acque reflue in questa regione del sud-est della Spagna, in piedi accanto a un bacino rettangolare. Ai suoi piedi, l’acqua color cachi ribolle in una vasca di sgrassatura, agitata da un potente soffiatore. Questa è la prima fase prima della setacciatura, della filtrazione, del trattamento biologico e della decantazione, tutti necessari per dare alle acque reflue “una seconda vita”, secondo l’ingegnere 45enne.

La Murcia, che sostiene di essere il principale produttore di frutta e verdura dell’Unione Europea nonostante il suo clima estremamente arido, 23 anni fa si è posta una grande sfida per compensare la sua cronica carenza di risorse idriche: riutilizzare le acque reflue per irrigare i suoi frutteti e orti. A tal fine, è stata costruita una rete di 100 impianti di trattamento delle acque reflue. Come in altre parti d’Europa, questi impianti recuperano e trattano l’acqua delle fognature, ma con un’ulteriore fase di disinfezione per consentirne la reimmissione nei campi. Questo trattamento, che utilizza filtri a sabbia e raggi ultravioletti, garantisce che l’acqua “non sia contaminata” e non trasmetta batteri, “come l’E.coli”, ai prodotti ortofrutticoli, spiega il responsabile di Esamur.

Grazie a questa strategia, il 98% delle acque reflue della regione viene ora riutilizzato, rispetto a una media del 9% in Spagna, del 5% nell’Ue… e dell’1% in Francia, secondo i dati del governo spagnolo. Si tratta di un contributo fondamentale in un momento in cui Madrid ha recentemente ridotto i trasferimenti di acqua dal fiume Tago, che rischia di prosciugarsi, alla regione di Murcia. Secondo Esamur, il 15% dell’irrigazione agricola della regione proviene dalle acque reflue. “Non è sufficiente” per coprire il fabbisogno, ma “è comunque importante”, afferma Feliciano Guillen, responsabile dell’associazione che si occupa della distribuzione dell’acqua tra gli agricoltori della regione.

Questa opinione è condivisa da José Peñalver, che possiede 10 ettari di terreno sulle colline sopra il villaggio di Campos del Rio. “Qualsiasi risorsa idrica è buona”, “indipendentemente dalla sua provenienza“, afferma il 52enne coltivatore di albicocche. Nel suo campo, un sistema automatico a goccia limita l’irrigazione allo stretto necessario, irrigando per due ore al giorno. Senza l’acqua riciclata, “qui sarebbe tutto secco”, insiste il cinquantenne, per il quale “ogni goccia è importante”. Consapevole di questa sfida e desideroso di proteggere l’agricoltura minacciata dal riscaldamento globale, a metà maggio il governo spagnolo si è impegnato a incrementare il tasso di riutilizzo delle acque reflue a livello nazionale, stanziando 1,4 miliardi di euro per costruire infrastrutture simili a quelle di Murcia. “L’acqua è una risorsa preziosa che può essere riciclata… Ne vale la pena“, ha insistito la ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera, all’inizio di giugno, affermando che è necessario sostenere “i piccoli comuni”, “che hanno più difficoltà a realizzare questi investimenti“.

Secondo l’Associazione spagnola per la desalinizzazione e il riciclaggio delle acque reflue (Aedyr), il 27% dei 2.000 impianti di trattamento delle acque reflue spagnoli è attualmente in grado di fornire un trattamento che renda possibile il riutilizzo dell’acqua. Una cifra che potrebbe aumentare rapidamente. Meno costoso della desalinizzazione dell’acqua di mare, il riciclo delle acque reflue sta attirando l’interesse anche di altri Paesi, come la Francia, dove il presidente Emmanuel Macron ha annunciato a fine marzo di voler portare il riutilizzo dell’acqua al 10%, sulla base del modello spagnolo.
Tutto ciò si aggiunge all’interesse mostrato per l’esempio di Murcia. Negli ultimi mesi, “numerose delegazioni straniere sono venute a visitare i nostri impianti”, tra cui “dal Libano”, “dall’Argentina”, “dalla Germania” e “dalla Francia”, confida Carlos Lardin, che si rallegra di questo interesse. È un’occasione per evidenziare i vantaggi di questa risorsa idrica, che secondo lui diventerà indispensabile: “non dipende dal clima e garantisce una quantità stabile per l’irrigazione“.

Corsa ai prestiti del Recovery per finanziare l’indipendenza energetica

E’ iniziata la corsa dei Paesi europei a richiedere i prestiti ancora non utilizzati del NextGenerationEu, prima che questi siano reindirizzati agli obiettivi di indipendenza energetica dell’Ue. Il governo di Spagna ha comunicato nei giorni scorsi l’intenzione di richiedere alla Commissione europea di poter usufruire degli 84 miliardi di euro in prestiti e ulteriori 7,7 miliardi di euro in sovvenzioni non ancora richiesti nell’ambito del NextGenerationEU, il piano da quasi 800 miliardi di euro varato per la ripresa economica dalla pandemia.
La richiesta di Madrid dovrà essere approvata da Bruxelles entro due mesi e l’esborso delle risorse sarà vincolato a nuove riforme e pietre miliari. Questo significa che la Spagna impiegherà tutte le risorse che le spettano nel quadro del Next Generation, ma significa anche che ci saranno meno risorse fresche con cui finanziare il ‘REPowerEu’ il piano varato a maggio per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi al più tardi entro il 2027.

Nell’idea della Commissione Europea, il piano potrebbe essere finanziato con quasi 300 miliardi di euro, di cui però le uniche risorse fresche in senso proprio saranno 20 miliardi di euro che i co-legislatori dell’Ue hanno deciso di finanziare per il 60% con risorse dal Fondo per l’innovazione (12 miliardi di euro) e per il 40% dall’anticipazione delle quote del mercato del carbonio, il sistema Ets (8 miliardi), che oggi sono ferme nella riserva di stabilità del mercato. Altre risorse in sovvenzioni potrebbero arrivare in sostanza dalla possibilità concessa ai governi (facoltativa) di dirottare fino a 26,9 miliardi di euro dai fondi di coesione e fino a 7,5 miliardi di euro dalla Politica agricola comune (Pac). Sul piatto, Bruxelles ha proposto infine di mettere a disposizione i 225 miliardi di euro di prestiti non spesi dai governi dal ‘Next Generation Eu’ e redistribuirli tra tutti i Paesi, compresi quelli come anche l’Italia che hanno già speso tutta la loro quota di prestiti.

Per ora non è possibile fare un calcolo preciso di quante risorse potrebbero spettare all’Italia da REPowerEu con una redistribuzione dei fondi. Se dovesse essere accettata da Bruxelles, la richiesta del governo spagnolo porterebbe a 141 miliardi la quota dei prestiti utilizzabili e, secondo una fonte diplomatica, la Spagna non sarà l’unico Paese in Ue a richiedere la sua quota. Dopo l’entrata in vigore del regolamento REPower su cui Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo a metà dicembre (presumibilmente da gennaio), i governi avranno fino a 30 giorni di tempo per dichiarare se intendono utilizzare la loro quota di prestiti non utilizzati. Per ora ad averne fatto richiesto insieme all’Italia, solo Grecia, Portogallo, Cipro e Romania.
Una volta avanzate tutte le richieste, Bruxelles potrà calcolare quanti di questi 225 miliardi di prestiti annunciati potranno essere in concreto utilizzati allo scopo. Secondo le stime preliminari di Bruxelles, l’Italia potrebbe usufruire di 2,7 miliardi dalla quota dei 20 miliardi di euro di fondi aggiuntivi e per ora è l’unica cifra definita. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha suggerito nelle scorse settimane che circa 9 miliardi di euro saranno mobilitati in Italia a sostegno degli obiettivi di REPower, ma senza chiarire nel dettaglio da dove arriveranno le risorse.

Un quadro più chiaro sulle risorse effettive che REPower potrebbe mobilitare si avrà solo dopo la scadenza dei 30 giorni. I governi avranno poi tempo fino ad agosto 2023 per definire un piano d’azione per indicare in che modo i prestiti potrebbero contribuire agli obiettivi di indipendenza energetica. Il fatto che buona parte dei prestiti di Next Generation verosimilmente non sarà utilizzabile per finanziare ‘REPowerEu’, apre la strada all’idea che la Commissione Ue sarà presto costretta a trovare nuove vie di finanziamento aggiuntive del piano. La presidente della Commissione von der Leyen ha sostenuto l’idea a più riprese nel corso degli ultimi mesi, promettendo per il 2023 una proposta per potenziare finanziariamente ‘REPowerEU’ anche se non si conoscono ancora i termini.