Decarbonizzare i trasporti marittimi costa 3 trilioni di dollari. Si punta a idrogeno

Tre trilioni di dollari. A tanto ammontano gli investimenti necessari per arrivare alla totale decarbonizzazione dei trasporti marittimi. I tempi per la transizione green del settore, anche se si stanno facendo “importanti sforzi”, possono essere “lunghi e sono necessari enormi investimenti”. E’ quanto emerge dal decimo rapporto annuale ‘Italian Maritime Economy’ a cura di Srm (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo).

Il trasporto marittimo, infatti, produce il 2,19% di CO2. Un valore “che non sembra particolarmente elevato” se non fosse per tre elementi essenziali, che “hanno la capacità di condizionare il mercato e trasformarlo“: lo shipping a livello mondiale trasporta il 90% delle merci, è un settore capital intensive i cui investimenti di lungo periodo condizionano il futuro ed è fortemente concentrato, per cui le azioni dei big player hanno la possibilità di orientare i mercati. Nel medio termine, per gli analisti, si può prevedere una progressiva sostituzione del Gnl con il biometano, ammoniaca e, a lungo termine, con l’idrogeno “perché più sostenibili e dal minor impatto ambientale”.

E anche se “non è ancora definita la scelta del carburante alternativo del futuro”, il settore marittimo è sulla strada giusta. A luglio 2023 le navi in cantiere con carburante Gnl rappresentano il 39% del portafoglio ordini; quelle a metanolo il 5,4%, a Lpg il 2,1% e quelle ad altri carburanti alternativi (idrogeno, etano, biofuel, batterie), il 2,8%. Inoltre il 7,7% dell’orderbook riguarda navi ammonia ready (pronte cioè ad utilizzare l’ammoniaca non appena la tecnologia lo consentirà).

L’individuazione del carburante alternativo, spiega il rapporto, “è determinante anche per i porti che già stanno realizzando investimenti in infrastrutture che potranno consentire il bunkeraggio”. Diventa questo “un vantaggio strategico perché in tal modo i porti saranno in grado di attrarre nuovi traffici”.

Attualmente sono 169 i porti attivi per il bunkeraggio di Gnl e 95 le strutture in progetto. La spinta verso la transizione ecologica e l’utilizzo di fonti alternative, è l’analisi del rapporto, “contribuirà in futuro a ridurre la domanda di prodotti petroliferi a vantaggio di forme green”. Per il nostro Paese molte delle iniziative “devono tener conto dell’attività dei porti che possono diventare dei veri e propri hub energetici per lo stoccaggio e la produzione di Gnl, biocarburanti, idrogeno”.

Si stimano 5 anni per fare dell’Italia il ponte Mediterraneo del gas attraverso 7 rigassificatori in prossimità dei porti e 5 gasdotti da sud volti a far transitare circa 50 miliardi di metri cubi di Gnl e fino a 90 miliardi di gas (a pieno regime) per un totale di 140 miliardi. Ma c’è un altro strumento “essenziale” per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, che è, secondo il rapporto, “la digitalizzazione del settore“.

Il World Economic Forum ha stimato l’impatto nei prossimi 10 anni dell’applicazione della tecnologia digitale nell’industria logistica che si può quantificare nella creazione di 2 milioni di occupati e nella riduzione delle emissioni di carbonio pari a 10 milioni di tonnellate. Il mercato globale della digitalizzazione marittima è stato valutato in 157,4 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che raggiungerà i 423,4 miliardi di dollari entro il 2031, con una crescita del 10,7% dal 2022 al 2031. È questo lo strumento, spiegano gli esperti, “per ottimizzare i risparmi e migliorare tempi e qualità”.

Passi “necessari” per consentire il salto in ottica green di un settore, quello della Blue Economy italiana, che nel 2021 ha superato i 52,4 miliardi di euro, crescendo di oltre 10 miliardi in 10 anni. Un valore di una volta e mezzo quello dell’agricoltura e quasi l’80% dell’edilizia, con una base imprenditoriale di oltre 228 mila aziende e una occupazione di 914mila addetti.

Decarbonizzare il trasporto marittimo costerà 3 trilioni di dollari. Ma la strada è tracciata

Tre trilioni di dollari. A tanto ammontano gli investimenti necessari ad arrivare alla totale decarbonizzazione dei trasporti marittimi. I tempi per la transizione green del settore, anche se si stanno facendo “importanti sforzi”, possono essere “lunghi e sono necessari enormi investimenti”. E’ quanto emerge dal decimo rapporto annuale ‘Italian Maritime Economy’ a cura di Srm (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo). Il trasporto marittimo, infatti, produce il 2,19% di CO2. Un valore “che non sembra particolarmente elevato se non fosse per tre elementi essenziali, che hanno la capacità di condizionare il mercato e trasformarlo: lo shipping a livello mondiale trasporta il 90% delle merci, è un settore capital intensive i cui investimenti di lungo periodo condizionano il futuro ed è fortemente concentrato, per cui le azioni dei big player hanno la possibilità di orientare i mercati”.

I CARBURANTI DEL FUTURO. Nel medio termine, per gli analisti, si può prevedere una progressiva sostituzione del Gnl con il biometano, ammoniaca e, a lungo termine, l’idrogeno “perché più sostenibili e dal minor impatto ambientale”. E anche se “non è ancora definita la scelta del carburante alternativo del futuro”, il settore marittimo è sulla strada giusta.

A luglio 2023 le navi in ordine (in termini di GT) con carburante Gnl rappresentano il 39% del portafoglio ordini; quelle a metanolo il 5,4%; a Lpg il 2,1%; ad altri carburanti alternativi (idrogeno, etano, biofuel, batterie), il 2,8%. Inoltre il 7,7% dell’orderbook riguarda navi ammonia ready (pronte cioè ad utilizzare l’ammoniaca non appena la tecnologia lo consentirà). L’individuazione del carburante alternativo, spiega il rapporto, “è determinante anche per i porti che già stanno realizzando investimenti in infrastrutture che potranno consentire il bunkeraggio”. Diventa questo “un vantaggio strategico perché in tal modo i porti saranno in grado di attrarre nuovi traffici”. Attualmente sono 169 i porti attivi per il bunkeraggio di Ggn (e 95 le strutture in progetto).

IN CINQUE ANNI ITALIA HUB MEDITERRANEO DEL GAS. La spinta verso la transizione ecologica e l’utilizzo di fonti alternative, è l’analisi del rapporto, “contribuirà in futuro a ridurre la domanda di prodotti petroliferi a vantaggio di forme green”. Per il nostro paese molte delle iniziative “devono tener conto dell’attività dei porti che possono diventare dei veri e propri “hub energetici” per lo stoccaggio e/o produzione di Gnl, biocarburanti, idrogeno”.  Si stimano 5 anni per fare dell’Italia il ponte Mediterraneo del gas attraverso 7 rigassificatori in prossimità dei porti e 5 gasdotti da sud volti a far transitare circa 50 miliardi di metri cubi di GNL e fino a 90 miliardi di gas (a pieno regime) per un totale di 140 mld.

LA DIGITALIZZAZIONE DEL SETTORE. Ma c’è un altro strumento “essenziale” per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, che è, secondo il rapporto, la digitalizzazione del settore“. Il World Economic Forum ha stimato l’impatto nei prossimi 10 anni dell’applicazione della tecnologia digitale nell’industria logistica che si può quantificare nella creazione di 2 milioni di occupati e nella riduzione delle emissioni di carbonio pari a 10 milioni di tonnellate. Il mercato globale della digitalizzazione marittima è stato valutato in 157,4 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che raggiungerà i 423,4 miliardi di dollari entro il 2031, con una crescita del 10,7% dal 2022 al 2031. È questo lo strumento, spiegano gli esperti, “per ottimizzare i risparmi e migliorare tempi e qualità”.

Dall’Europarlamento via libera alla riforma ‘green’ dei trasporti: colonnine ogni 60 km

Avanti con auto e camion elettrici, grazie al piano per l’intensificazione della rete dei punti di ricarica su strade e autostrade d’Europa. L’Aula del Parlamento europeo, a grande maggioranza (514 voti favorevoli, 52 contrari e 74 astensioni), stabilisce che entro il 2026 le colonnine elettriche per le autovetture, con una potenza minima di 400 kW, siano installate almeno ogni 60 chilometri lungo i principali corridoi della reti TEN-T (i grandi assi di mobilità inter-europei) e che la potenza della rete aumenti a 600 kW entro il 2028. Per l’Italia vuol dire investire nel corridoio Scandinavia-Mediterraneo (Palermo-Catania-Reggio Calabria-Salerno-Caserta-Frosinone-Roma-Arezzo-Firenze-Bologna-Reggio Emilia-Mantova-Verona-Trento-Bolzano) e nel corridoio Mediterraneo (La Spezia-Genoa-Cuneo-Torino-Modena-Venezia-Palmanova).

Per autocarri e autobus sono previste stazioni di ricarica ogni 120 chilometri. Queste stazioni dovrebbero essere installate su metà delle strade principali dell’Ue entro il 2028 e con una potenza di uscita da 1.400 kW a 2.800 kW a seconda della strada. I Paesi Ue devono garantire che, entro il 2031, le stazioni di rifornimento di idrogeno lungo la rete centrale TEN-T siano distribuite almeno ogni 200 chilometri.

Il Parlamento europeo stabilisce anche le modalità di pagamento. Chi è al volante di una quattro ruote pulita dovrà poter pagare con facilità presso tutti i punti di ricarica, con carte di pagamento o dispositivi contactless e senza necessità di abbonamento. Quanto ai listini, il prezzo alla colonnina dovrà essere indicato per kWh, kg o per minuto/sessione. Entro il 2027, poi, la Commissione dovrà creare una ‘banca dati’ dell’Ue sui carburanti alternativi per fornire ai consumatori informazioni sulla disponibilità, sui tempi di attesa o sui prezzi nelle diverse stazioni.

Il voto di Strasburgo riguarda un elemento del Fit for 55, il pacchetto di ampio respiro per politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. Soddisfatto il relatore del testo, il socialdemocratico bulgaro Petar Vitanov. “L’utilizzo di soluzioni energetiche più sostenibili, rinnovabili ed efficienti nel settore dei trasporti – dice – contribuirà a ridurre le emissioni di gas serra e l’inquinamento atmosferico, a migliorare la qualità della vita dei cittadini e a creare nuovi posti di lavoro di alta qualità”. Non solo. “Le nuove norme – aggiunge – contribuiranno inoltre a diffondere un maggior numero di infrastrutture di ricarica e a renderle facili da usare come le stazioni di servizio tradizionali”.

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Gentiloni

Le raccomandazioni dell’Ue all’Italia: Non sovvenzionare mezzi di trasporto che non siano green

Promuovere la mobilità green, eliminare le sovvenzioni per l’acquisto di mezzi di trasporto non sostenibili, accelerare sulle rinnovabili, ridurre i combustibili fossili e, al tempo stesso, aumentare la capacità di trasporto del gas. Lo scrive la Commissione europea nelle raccomandazioni specifiche per Paese, pubblicate oggi, in cui si chiede all’Italia di “intensificare gli sforzi politici volti a fornire e acquisire le competenze necessarie per la transizione verde”.

L’Italia, si legge nel documento presentato oggi a Bruxelles, deve “ridurre la dipendenza dai combustibili fossili”, e in questo contesto “snellire le procedure autorizzative per accelerare la produzione di energia rinnovabile aggiuntiva e sviluppare le interconnessioni elettriche per assorbirla”. Contestualmente, però, il nostro Paese deve “aumentare la capacità di trasporto interno del gas per diversificare le importazioni di energia e rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento”. Per l’Ue, inoltre, occorre “ridurre le misure di sostegno energetico in vigore entro la fine del 2023, utilizzando i relativi risparmi per ridurre il deficit pubblico”. E se i nuovi aumenti dei prezzi dell’energia richiederanno nuove misure di sostegno, allora è necessario “garantire che siano mirate a proteggere le famiglie e le imprese vulnerabili, fiscalmente sostenibili e preservare gli incentivi per il risparmio energetico”.

Bruxelles guarda anche con grande attenzione alla declinazione italiana del Pnrr. Intanto, spiega la Commissione, Roma deve “garantire una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per consentire un’attuazione continua, rapida e costante del Piano per la ripresa e la resilienza”. Al governo si chiede, però, di lavorare altrettanto bene, al fine di “preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e garantire l’effettivo assorbimento delle sovvenzioni del Recovery Fund. in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale”. Quindi, per il governo Meloni arriva l’invito a “completare rapidamente il capitolo REPowerEU” per l’indipendenza energetica al fine di avviarne rapidamente l’attuazione”.

“Gli Stati membri dovrebbero perseguire politiche fiscali prudenti che sostengano la crescita attraverso gli investimenti”, ha detto il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, presentando le raccomandazioni specifiche per Paese e in tale ottica “dovrebbero dare la priorità alla corretta attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza, il nostro strumento più potente per raggiungere una prosperità duratura e condivisa”. Tutti gli Stati membri dell’Ue, aggiunge, “dovrebbero continuare e, ove necessario, accelerare, la transizione dai combustibili fossili russi, che è un imperativo sia ambientale che geopolitico”.

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Fs, numeri da record: 13,7 miliardi di ricavi, 202 milioni di utile (+5%)

Numeri da record per il Gruppo Fs Italiane. Il Consiglio di amministrazione, infatti, approvato il progetto di Relazione finanziaria annuale, che include anche il bilancio consolidato di Gruppo, al 31 dicembre scorso. La società chiude il 2022 con un Risultato Netto di esercizio positivo, pari a 202 milioni di euro (+5% sull’anno precedente), in netta ripresa rispetto agli impatti economico-finanziari dell’emergenza sanitaria generati nei due esercizi precedenti e nonostante la pesante e negativa evoluzione del conflitto in Ucraina, che continua a rappresentare un fattore di forte instabilità socio-politica ed economico-finanziaria a livello non solo europeo, con le conseguenti significative criticità sul fronte dei costi dei materiali e delle commodities.

I Ricavi operativi salgono a 13,7 miliardi di euro, con un incremento complessivo di 1,4 miliardi di euro (+12%), rispetto all’esercizio 2021, dovuto essenzialmente al significativo recupero dei volumi di domanda di servizi di trasporto ferroviari e stradali. All’incremento dei Ricavi si accompagna la crescita del Margine Operativo Lordo di 324 milioni di euro, che arriva a 2,2 miliardi di euro verso gli 1,9 miliardi di euro dell’anno precedente (+17%). Il Gruppo ha dato, infatti, prova di una grande capacità di reazione sul fronte della ripresa della performance operativa nei diversi business, anche considerando che la contribuzione dei ristori Covid-19 sull’Ebitda è stata nel 2022 di soli 172 milioni di euro rispetto ai 958 milioni di euro nel 2021. L’Ebit si attesta a un valore positivo pari a 262 milioni di euro (con l’Ebit Margin che passa da 1,6% a 1,9%), in crescita del +36% (pari a +69 milioni di euro) rispetto 2021, ovvero del +112% vs 2021 (pari a +855 milioni di euro) al netto dei ristori Covid.

Lo scorso anno, poi, è stato gestito un livello complessivo di spesa per investimenti tecnici pari a 11,3 miliardi di euro, con particolare riferimento allo sviluppo e al rinnovo dei settori infrastruttura, trasporto e logistica. La crescita rispetto al 2021, escludendo dal confronto la componente delle anticipazioni finanziarie, è pari a oltre il 9%, contribuendo così al rafforzamento del Paese (il 98% investimenti è sul territorio nazionale e oltre 9 miliardi di euro in infrastrutture ferroviarie e stradali, tra le quali si segnalano, in particolare, le opere sulla rete ferroviaria del Terzo Valico dei Giovi e Nuovo Valico del Brennero e delle Linee Brescia-Verona-Vicenza, Napoli-Bari e Torino-Lione).

E anche in ambito Pnrr sono state raggiunte, in piena coerenza con il programma tutte le scadenze previste tra le quali si evidenziano l’affidamento lavori sull’infrastruttura ferroviaria Napoli-Bari per un valore di 370 milioni di euro, l’affidamento lavori Ertms per un valore di 3,27 miliardi di euro e l’affidamento lavori Palermo-Catania per un valore di 1,21 miliardi di euro. “I positivi risultati conseguiti nel 2022 confermano il ruolo chiave del Gruppo nel dotare il Paese di un sistema infrastrutturale, di mobilità e di logistica merci efficiente e integrato, nonché nel contribuire a rendere le nostre città più sostenibili“, dichiara l’amministratore delegato, Luigi Ferraris. “I risultati conseguiti e le attività avviate costituiscono una base solida per portare a completamento gli ulteriori obiettivi legati al Pnrr, le altre opere strategiche per il Paese e favorire lo sviluppo di una nuova mobilità integrata“.

Fs, inoltre, conferma il miglioramento del trend delle emissioni climalteranti, anche a fronte di un generalizzato aumento dei consumi energetici (2,01 mln di tonnellate di Co2 equivalente contro i 2,09 mln di tonnellate del 2021). Lo scostamento positivo è riconducibile prevalentemente al rinnovo della flotta ferroviaria con mezzi a più alta efficienza energetica, al miglioramento del mix di generazione elettrico e al decremento dell’uso di combustibili provenienti da fonti fossili. Ed è significativo anche il dato del recupero dei rifiuti speciali: oltre il 95% a fronte di una produzione relativa al 2022 diminuita rispetto agli anni precedenti. Infine, dall’analisi ‘Do No Significant Harm‘ risulta che l’84,2% delle spese in conto capitale, il 60,6% dei ricavi e il 44,5% dei costi operativi sono riferibili ad attività allineate alla Tassonomia europea.

auto elettrica

C’è accordo Ue su stazioni ricarica e rifornimento di carburanti alternativi

È arrivato nella notte l’accordo tra i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue sugli obiettivi nazionali obbligatori per la diffusione di infrastrutture per carburanti alternativi per auto e camion entro il 2050, all’interno del quadro del pacchetto sul clina ‘Fit for 55’. Nell’accordo provvisorio sono previste stazioni di ricarica elettrica per le auto almeno ogni 60 chilometri e per i camion ogni 120, stazioni di rifornimento di idrogeno almeno ogni 200 chilometri e prezzi chiari per chilowattora o chilogrammo per la ricarica e il rifornimento.

Per quanto riguarda le stazioni di ricarica e rifornimento, l’accordo tra i co-legislatori stabilisce obiettivi nazionali minimi obbligatori e chiede ai Paesi membri di presentare i loro piani su come raggiungerli: entro il 2026 lungo la rete centrale Ten-T sarà prevista l’installazione di stazioni di ricarica elettrica per autovetture con una potenza di almeno 400 kW (con la potenza della rete che aumenterà a 600 kW entro il 2028). L’obbligo di stazioni di ricarica ogni 120 chilometri per camion e autobus (con una potenza da 1400 kW a 2800 kW, a seconda della strada) riguarda “metà delle strade principali dell’Ue” entro il 2028, si legge nell’accordo. Il testo sancisce anche l’installazione di due stazioni di ricarica per autocarri in parcheggi “sicuri e protetti” a partire dal 2028. Entro il 2031 lungo la rete centrale Ten-T sarà invece prevista l’installazione di stazioni di rifornimento di idrogeno almeno ogni 200 chilometri. Saranno concesse esenzioni per le regioni ultraperiferiche, le isole e le strade con traffico molto scarso.

Sulla ricarica e il pagamento, l’accordo tra i co-legislatori mette nero su bianco il fatto che gli utenti di veicoli a combustibile alternativo dovranno essere in grado di utilizzare carte di pagamento, dispositivi contactless o codice QR presso i punti di ricarica o di rifornimento. Il prezzo dovrà essere “ragionevole, facilmente e chiaramente comparabile, trasparente e non discriminatorio”, e indicato per kWh, per minuto/sessione o per kg. La Commissione europea dovrà creare una banca dati Ue sui dati relativi ai carburanti alternativi entro il 2027, per fornire ai consumatori informazioni sulla disponibilità, tempi di attesa e prezzi nelle diverse stazioni.

drone

Trasporti, sfida Ue per l’uso su larga scala dei droni entro il 2030

Una nuova linea d’azione per sviluppare l’uso su larga scala dei droni entro il 2030. Con la Strategia europea per i droni 2.0 presentata il 29 novembre dalla commissaria per i Trasporti, Adina Vălean, il gabinetto von der Leyen ha cercato di tratteggiare la visione per un ulteriore sviluppo del mercato europeo dei velivoli senza pilota, nel quadro di sicurezza “più avanzato al mondo” sia sul piano della sicurezza sia della definizione dei requisiti tecnici: “Con l’arrivo di una nuova generazione di velivoli a propulsione elettrica in grado di operare in ambiente urbano e regionale, dobbiamo garantire che la sicurezza delle operazioni nei nostri cieli e condizioni che soddisfino esigenze commerciali, di privacy e sicurezza”.

Il punto di partenza è il pacchetto U-space dall’aprile 2021, che ha armonizzato i requisiti minimi e la fornitura di servizi attraverso i droni (e che sarà implementato nel gennaio del prossimo anno), permettendo il volo per centinaia di migliaia di ore nei cieli europei per il rilievo di infrastrutture, il monitoraggio di fuoriuscite di petrolio o il campionamento del suolo. Dal 2003 l’Unione ha investito quasi 980 milioni di euro nello sviluppo o nell’utilizzo dei droni per applicazioni innovative, finanziando 320 progetti nell’ambito dei suoi programmi di ricerca e innovazione.
Ma attraverso il sistema già in atto per gestire il traffico di velivoli senza pilota in modo sicuro saranno ora gettate le basi per un aumento delle operazioni e per un mercato che “potrebbe valere 14,5 miliardi di euro e creare 145 mila posti di lavoro entro il 2030”, ha sottolineato con forza la commissaria Vălean. Lo sforzo coinvolge però non solo Bruxelles, ma anche comuni, regioni e Paesi membri Ue, per garantire che i servizi con i droni siano in linea con le esigenze dei cittadini, anche per quanto riguarda le preoccupazioni relative a rumore, sicurezza e privacy.

Nell’ambito della nuova strategia Ue si prevede che i droni diventeranno parte della vita europea, non solo come servizi di emergenza, mappatura, ispezione e sorveglianza “nell’ambito dei quadri giuridici applicabili”, ma anche per la consegna di piccole spedizioni (campioni biologici o medicinali) e l’introduzione di mobilità aerea innovativa, inclusi i taxi aerei: “Forniranno servizi di trasporto regolari per i passeggeri, inizialmente con un pilota a bordo, ma con l’obiettivo finale di automatizzare completamente le operazioni”, specifica la Commissione Ue.

Per fare tutto questo è necessario identificare i blocchi tecnologici critici, come l’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, i servizi spaziali e le telecomunicazioni mobili transfrontaliere, per costruire un settore competitivo e strategicamente indipendente. Ecco perché la Strategia 2.0 mira sia a individuare aree di sinergia tra droni civili e da difesa, sia ad avviare i lavori su 19 azioni-chiave operative, tecniche e finanziarie per creare un ambiente normativo e commerciale su misura per lo spazio aereo e il mercato dei droni del prossimo futuro. In questo contesto si inserisce l’adozione di norme comuni per l’aeronavigabilità e di nuovi requisiti di formazione per i piloti di velivoli remoti, il finanziamento di una piattaforma online per supportare aziende e parti interessate e la definizione di una tabella di marcia per la tecnologia dei droni: dovranno essere identificate le aree prioritarie per la ricerca e l’innovazione e i criteri per un’etichetta volontaria per la cybersicurezza.

Ferruccio Resta

Il Centro nazionale mobilità sostenibile del PoliMilano: fino al 2026 e oltre

Il Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile? Risponde a una delle missioni chiave del Pnrr, ma non si fermerà al 2026. Anzi, “I primi tre anni saranno per noi una fase di startup, nella quale investire in progetti flagship, ma la prospettiva è continuare a sviluppare innovazione valorizzando le competenze sul territorio per dare una risposta concreta ai bisogni del paese”. Ne è convinto Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, ente proponente del Centro: un progetto di ampio respiro che potrà intervenire nell’ambito della decarbonizzazione, della decongestione delle reti di trasporto, fino alla sicurezza, l’accessibilità e l’inserimento di nuove competenze e professionalità nel mercato.

Siglato a giugno l’atto costitutivo, vede coinvolte 25 università e centri di ricerca, con quasi 700 ricercatori dedicati, e 24 grandi imprese. Un investimento da 394 milioni di euro (nel triennio 2023 – 2025) per contribuire a sviluppare un settore che raggiungerà un valore complessivo di 220 miliardi di euro nel 2030, e assorbirà il 12% della forza lavoro.

L’attività del Centro Nazionale si concentrerà su cinque aree strategiche, nell’ottica di renderle più green e digitali: la mobilità aerea, i veicoli stradali, il trasporto per vie d’acqua, il trasporto ferroviario, oltre all’ambito dei veicoli leggeri e della mobilità attiva. Per tutti questi vettori saranno poi considerate tecnologie trasversali (ne sono state individuate nove) sulle quali intervenire: dai materiali innovativi, fino alle smart infrastructures, servizi, urban mobility o sistemi alternativi di propulsione.

La nostra idea è che non esista una tecnologia unica per la mobilità” dice Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano. Sistemi di propulsione basati su biocombustibili, sull’energia elettrica, o sull’utilizzo di idrogeno, rivestono insomma pari importanza per il futuro dei trasporti. “È evidente, per esempio, che non si può parlare di idrogeno soltanto pensando a mezzi ferroviari, navi o mezzi pesanti” continua Ferruccio Resta, “Così come l’elettrico, fino ad oggi associato quasi esclusivamente ai mezzi terrestri, sta già incontrando ragionamenti per un passaggio su acqua a air mobility”.

Un altro esempio importante nel percorso che dovrà portarci a un sistema di mobilità sostenibile è poi il tema della connessione. Da realizzare prima di tutto a livello di infrastruttura: “Un’infrastruttura connessa porta con sé importanti tematiche relative alla capacità delle reti e alla sicurezza” continua il rettore Ferruccio Resta, requisito fondamentale per arrivare poi all’introduzione, per esempio, di veicoli a guida autonoma sulle nostre strade. “Ma passare da una mobilità tradizionale a una mobilità autonoma non sarà come accendere un interruttore” continua Ferruccio Resta, “sarà invece un processo continuo. Già oggi le nostre automobili stanno lentamente assumendo funzioni sempre più autonome, e sempre di più ci aiuteranno durante la guida. Fra 10/20 anni di fatto potranno rendere possibile una mobilità nuova”.

Il lavoro del Centro sarà allora sviluppare competenze per accompagnare una transizione di lungo respiro. “La sfida” commenta il rettore, “sarà implementare un modello di business per dare continuità al Centro Nazionale”, consolidandosi e aiutando il paese ad avere un ruolo sempre maggiore in questo ambito. “E sono convinto che ciò possa avvenire” conclude, “vedo sempre maggiore esigenza da parte di comuni, regioni, istituzioni locali, ad avere un interlocutore a supporto dello sviluppo di una mobilità adatta alle specifiche condizioni”. Un punto di partenza incoraggiante per un progetto che punta ad accompagnare la transizione green e digitale in un’ottica sostenibile, garantendo la transizione industriale del comparto e accompagnando le istituzioni locali a implementare soluzioni moderne, sostenibili e inclusive nelle città e nelle regioni del paese.

strade

Trasporti responsabili di un quarto delle emissioni di CO2

Viaggiare inquina. Secondo i dati pubblicati dall’Emissions Database for Global Atmospheric Research (EDGAR), nel 2020 il mondo dei trasporti è stato responsabile di circa un quinto del totale delle emissioni di CO2 a livello globale, arrivate a sfiorare i 36 miliardi di tonnellate. Dai numeri emerge anche il peso preponderante dei trasporti su strada in termini di inquinamento: auto, mezzi pesanti, autobus, veicoli commerciali e moto/scooter arrivano assieme al 78% delle emissioni generate dal settore. A seguire ci sono i mezzi marittimi (11%), gli aerei (8%) e i mezzi su rotaia (appena il 3%).

Il quadro si conferma simile, se non peggiore, restringendo l’analisi alla sola Unione europea. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), attualmente i trasporti sono la fonte di circa un quarto delle emissioni di CO2 e la quota legata a veicoli su strada arriva a toccare il 71,7%, precedendo la navigazione (14,1%) e l’aviazione (13,4%). Non solo: a preoccupare è il trend legato al comparto mobilità, opposto a quello di tutti gli altri principali macrosettori. L’Eea, nel suo Transport and environment report 2021 evidenzia come le politiche in materia di clima ed energia nell’Ue hanno portato, tra il 2000 e il 2019, a riduzioni significative delle emissioni di gas serra in campi come la produzione di energia, l’industria manifatturiera, l’edilizia e l’agricoltura. Nei trasporti invece le emissioni totali di gas serra sono aumentate di oltre un terzo nello stesso lasso di tempo, mentre considerando soltanto i veicoli su strada il balzo è del 28%.

La situazione è senza dubbio destinata a migliorare nei prossimi anni, anche se con un ritmo quasi certamente non sufficiente per raggiungere i target di decarbonizzazione fissati da Bruxelles. In particolare, secondo la Commissione Ue le emissioni di CO2 dei trasporti saranno ancora superiori del 3,5% nel 2030 rispetto al 1990 e diminuiranno solo del 22% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Cifre ben lontane da quanto previsto nel Green Deal europeo dove, pur non essendo fissati obiettivi specifici per settore, si parlava della necessità di una riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra dai trasporti entro il 2050 (rispetto al 1990) per arrivare al traguardo complessivo della neutralità climatica nell’Ue. Non stupisce quindi la messa al bando, dopo mesi di trattative, in tutta l’Ue delle automobili a combustione a partire dal 2035. Anche perché, sempre secondo i dati dell’Eea riferiti al 2019, le automobili sono il mezzo di mobilità meno pulito, arrivando a produrre il 60,6% di tutte le emissioni del comparto trasporti.

La situazione italiana collima solo in parte con quella comunitaria, mostrando alcune peculiarità significativa del nostro paese. La quota dei trasporti sul totale di emissioni di gas serra si è attestata nel 2019 (dati dell’Ispra) al 25,2%, in linea quindi con il contesto complessivo dell’Ue. In Italia però si nota l’ancora più netta preponderanza del trasporto su strada dal quale deriva addirittura il 92,6% dell’inquinamento. Decisamente ridotto l’impatto della navigazione (4,3%) e dell’aviazione (2,3%), praticamente inesistente quello dei mezzi su rotaia (0,1%). Numeri che fotografano perfettamente l’eccessiva dipendenza dell’Italia nei confronti del trasporto su gomma e l’attuale arretratezza in tema di intermodalità gomma-ferro. Con un problema in più: il peso preponderante, rispetto a altri Paesi, dei carburanti fossili, con i consumi di gasolio e benzina che rappresentano circa l’88% del consumo totale su strada.

Per quanto riguarda il trend, le emissioni di gas serra dei trasporti in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 1990 e il 2019, mentre quelle del trasporto su strada sono salite leggermente di più (+3,9%). Anche nel nostro Paese però sono attesi miglioramenti significativi, favoriti sia dalle politiche più green in tema di trasporti sia dall’evoluzione tecnologica. Secondo Ispra, nel 2030 le emissioni di CO2 da trasporto su strada diminuiranno del 39% rispetto al 1990, passando da circa 97 a 59 milioni di tonnellate: una tendenza, questa, nettamente migliore rispetto a quella complessiva dell’Ue. Entro il 2050 il calo proseguirà fino a raggiungere i 22 milioni di tonnellate.

Meno biglietti di carta più ticket contactless, la svolta digitale Atm

Negli ultimi anni Atm, l’azienda di trasporti di Milano, ha intrapreso un piano di ‘digital transformation’, che prevede l’integrazione di sistemi informatici e l’adozione di tecnologie all’avanguardia. “L’obiettivo – spiega a GEA l’ufficio comunicazione di Atm – è quello di migliorare sempre di più la travel experience dei passeggeri, incentivando l’utilizzo dei mezzi pubblici e offrendo un servizio sempre più facile e veloce: la tecnologia infatti per Atm rappresenta la congiunzione tra domanda e offerta, che mette a disposizione gli strumenti necessari a compiere uno spostamento nel modo più semplice possibile“.

La svolta maggiore riguarda l’uso dei biglietti, sempre meno fisici (quindi con una minore produzione di carta) e più dematerializzati. Ad oggi Atm ha già raggiunto il 60% dei ricavi tramite supporti digitali. L’obiettivo è raggiungere l’80% entro il 2023. Nel dettaglio sono più di 7,5 milioni i biglietti venduti tramite contactless in metropolitana dall’inizio del 2022 a oggi.

Atm è stata la prima azienda di trasporto pubblico in Italia ad implementare, nel 2018, questo servizio in tutte le 113 stazioni della metropolitana – spiegano dall’azienda -. Il contactless permette di pagare il biglietto direttamente agli appositi tornelli arancioni appoggiando la propria carta bancaria. La tecnologia 5G calcola la tariffa di viaggio migliore: ad esempio, dopo il quarto viaggio viene automaticamente applicato il giornaliero da 7 euro“.

Ma il sistema contactless c’è anche sui mezzi di superficie (bus). In questo caso sono più di 45 mila i biglietti venduti con questo servizio in superficie dall’inizio del 2022 a oggi. La sperimentazione è partita a dicembre 2020 su tre linee (56, 70, 73) dove sono stati installati i dispositivi elettronici per il pagamento del titolo di viaggio con carte contactless. Questi ultimi verranno installati su tutti i mezzi di superficie ed entreranno progressivamente in funzione a partire dal 2023. Come in metropolitana, anche il contactless in superficie è dotato di tecnologia 5G oltre che di localizzazione GPS, ed è in grado di scegliere la tariffa più conveniente da applicare al passeggero, anche in caso di interscambio con la metro.

Per evitare poi lunghe code agli Atm Point, per fare la tessera di abbonamento o per il suo rinnovo, Atm ora punta su ‘Tessy’, colonnine per fare abbonamenti in autonomia. “Da inizio anno ad oggi sono più di 15 mila le tessere emesse da Tessy – spiega Atm -. Si tratta di 14 postazioni self-service posizionate nelle stazioni di interscambio e in alcuni capilinea (Loreto M1, Cadorna M1, Centrale M2-M3, Molino Dorino M1, Bisceglie M1, Sesto F.S. M1, Famagosta M2, Cologno Nord M2, Gessate M2 e San Donato M3) che permettono di stampare e ritirare in pochi secondi la tessera Atm direttamente nelle stazioni della metropolitana, acquistata precedentemente online. L’emissione della tessera diventa così immediata, senza più la necessità di andare agli Atm Point o attendere 15 giorni per la spedizione a casa dell’abbonamento“.

Non va poi dimenticata l’app di Atm, introdotta ormai quasi dieci anni fa. In questo caso sono più di 2 milioni i biglietti acquistati tramite App dall’inizio del 2022 a oggi. “Introdotta nel 2014, permette oggi di acquistare tutti i tipi di abbonamenti ordinari e biglietti ordinari, giornalieri e carnet – dice Atm -. Gli abbonati hanno la possibilità di salvare la propria tessera elettronica, ricevere le notifiche sulle scadenze e rinnovare l’abbonamento in pochi passaggi. Oltre a questo permette di localizzare su una mappa virtuale le fermate dei mezzi Atm, stazioni ferroviarie, parcheggi, Atm Point, parcometri, BikeMi e piste ciclabili, calcolare il proprio percorso e visualizzare lo stato delle linee metropolitane“.

Infine il digitale ‘si impossessa’ anche delle pensiline alle fermate, che diventano smart e sostenibili. Atm infatti sta sviluppando una serie di altri progetti altamente tecnologici per offrire ai passeggeri un servizio sempre più all’avanguardia e sostenibile. “La digital revolution è arrivata anche alle fermate con le nuove 20 pensiline LiveTouch che vedono installato un maxi-tablet da 43”, a disposizione di cittadini e turisti per un’informazione in tempo reale sul servizio di metro, bus, tram e filobus. “Grazie a un tool sviluppato e progettato da IGPDecaux – conclude Atm – è possibile, ad esempio, scorrere il canale Twitter @atm_informa ed essere aggiornati sulle modifiche al servizio del trasporto pubblico, consultare la mappa delle linee metropolitane e verificarne lo stato. Le nuove pensiline sono inoltre dotate di prese Usb per la ricarica degli smartphone, e si aggiungono alle 60 con tetti fotovoltaici già in funzione dal 2020, alimentate completamente ad energia solare ed autonome dal punto di vista energetico“.