Trump: “Per pace nel mondo, Groenlandia deve andare agli Usa”. Vance sull’isola

Donald Trump non arretra sulla Groenlandia e rilancia: “E’ molto importante, per la sicurezza internazionale. Ne sbbiamo bisogno non per la pace per gli Stati Uniti, ma per la pace nel mondo”. Intanto il suo vice JD Vance è atterrato sull’isola per visitare l’unica base militare americana nel territorio, a Pituffik, un viaggio vissuto come una provocazione in Danimarca. “Il presidente è davvero interessato alla sicurezza dell’Artico, come tutti sapete, e questo argomento diventerà sempre più importante nei prossimi decenni”, commenta al suo arrivo.

Di fronte alla persistente bramosia degli americani, danesi e groenlandesi, sostenuti dall’Unione Europea, inaspriscono i toni. La prima ministra danese Mette Frederiksen denuncia “l’inaccettabile pressione” esercitata dagli Stati Uniti dopo l’annuncio, all’inizio della settimana, dell’arrivo senza invito di una delegazione statunitense che alla fine ha rivisto i suoi piani. “Venire in visita quando non c’è un governo in carica non è considerato un segno di rispetto verso un alleato”, afferma il primo ministro della Groenlandia Jens Frederik Nielsen. Nielsen presenta anche il nuovo governo di coalizione della Groenlandia, costituito per “far fronte alle forti pressioni esterne”. All’inizio di febbraio, il Segretario di Stato americano per l’America del Nord, John F. Kelly, aveva dichiarato che “la Danimarca non sta facendo il suo lavoro in Groenlandia e non è un buon alleato”. La signora Frederiksen ha prontamente replicato che la Danimarca è da tempo un fedele alleato degli Stati Uniti, combattendo al loro fianco “da molti decenni”, anche in Iraq e in Afghanistan.

La base americana di Pituffik costituisce un avamposto della difesa missilistica americana, in particolare contro la Russia, poiché la traiettoria più breve dei missili provenienti dalla Russia verso gli Stati Uniti passa attraverso la Groenlandia. Pituffik, che fino al 2023 si chiamava Thule Air Base, è servita da postazione di allerta contro eventuali attacchi dell’URSS durante il periodo della guerra fredda e rimane un anello essenziale dello scudo antimissile americano. È anche un luogo strategico per la sorveglianza dell’emisfero settentrionale e la difesa dell’immensa isola artica, che, secondo l’amministrazione americana, i danesi hanno trascurato. In questo contesto, il presidente russo Vladimir Putin ha giudicato “serio” il progetto di Donald Trump di assumere il controllo della Groenlandia e ha affermato di essere preoccupato che l’Artico si trasformi in “un trampolino di lancio per eventuali conflitti”. Secondo Marc Jacobsen, docente presso il Royal Danish Defence College, JD Vance “ha ragione nel dire che (la Danimarca) non ha risposto ai desideri americani di una maggiore presenza, ma abbiamo adottato misure per soddisfare questo desiderio”. A gennaio, Copenaghen ha annunciato che avrebbe stanziato quasi due miliardi di euro per rafforzare la sua presenza nell’Artico e nel Nord Atlantico. La brama di Trump per il territorio di ghiaccio, che affascina per le sue ipotetiche risorse minerarie e fossili e la sua importanza geostrategica, è vista come un deterrente per i suoi abitanti e la sua classe politica, così come per la potenza tutelare danese. Gli Stati Uniti “sanno che la Groenlandia non è in vendita. Sanno che la Groenlandia non vuole far parte degli Stati Uniti. Questo è stato loro comunicato in modo inequivocabile, sia direttamente che pubblicamente”, ha ribadito mercoledì Mette Frederiksen. Venerdì, re Frederik X di Danimarca ha rilasciato una dichiarazione rara, ricordando il suo attaccamento al territorio. “Non ci devono essere dubbi sul mio amore per la Groenlandia, e il mio legame con il popolo groenlandese è intatto“, ha detto a TV2.

Se i principali partiti groenlandesi sono favorevoli all’indipendenza del territorio a più o meno lungo termine, nessuno sostiene l’idea di un’annessione agli Stati Uniti. Secondo un sondaggio pubblicato alla fine di gennaio, anche la popolazione, in maggioranza Inuit, rifiuta ogni prospettiva di diventare americana. Il governo uscente ha ricordato di non aver “inviato alcun invito per visite, sia private che ufficiali”. Il viaggio lampo del figlio del presidente americano, Donald Trump Jr, il 7 gennaio, era già stato vissuto come una provocazione.

Meloni si schiera: su critiche a Ue ha ragione Vance. E Salvini vara missione in Usa

In uno dei momenti più tesi tra le due sponde dell’Atlantico, Giorgia Meloni rilascia la sua prima intervista a una testata straniera, il Financial Times, e si schiera. Non apertamente, ma confessa di condividere l’attacco del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance all’Unione, per aver abbandonato il suo impegno a favore della libertà di parola e della democrazia: “Lo dico da anni, l’Europa si è un po’ persa“, commenta.

Torna a difendere, tra gli ultimi in Ue, Donald Trump. Le critiche del tycoon al vecchio continente non sono rivolte al popolo, spiega, ma alla sua “classe dirigente e all’idea che invece di leggere la realtà e trovare il modo di dare risposte alle persone, si possa imporre la propria ideologia alle persone“. L’Italia, per la presidente del Consiglio, non deve essere obbligata a “scegliere” tra Stati Uniti ed Europa, sarebbe “infantile” e “superficiale“. Non solo Trump non è un avversario, chiosa, ma è il “primo alleato” dell’Italia.

Mentre la Commissione europea si prepara a reagire ai dazi imposti dal presidente americano, Meloni invita l’unione alla calma. “A volte ho l’impressione che rispondiamo semplicemente d’istinto. Su questi argomenti devi dire, ‘State calmi, ragazzi. Pensiamoci’“, spiega, ricordando che “ci sono grandi differenze sui singoli beni” e chiedendo di “lavorare per trovare una buona soluzione comune“.

Tra Trump che lavora per la pace e l’asse Macron-Von der Leyen che parlano di guerra e armi, non abbiamo dubbi da che parte stare“, le fa eco Matteo Salvini, che torna però a ‘scavalcare’ presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, annunciando una missione con le imprese italiane per rafforzare la partnership con gli Stati Uniti, “come da dialogo con J.D. Vance“, che gli è già costato un round di scontri con Antonio Tajani.

Il chiarimento tra i tre, Meloni-Tajani e Salvini, si è rotto dopo 48 ore”, osserva il leader di Avs, Angelo Bonelli: “Salvini scommette sull’esenzione dai dazi per l’Italia da parte di Trump e su questo vuole arrivare prima della Meloni per commissariare Tajani“, afferma, denunciando di aver “venduto la dignità del popolo italiano e quindi europeo a chi ci ha definiti parassiti. È un governo in cui ognuno va per conto proprio“.

Per il Partito democratico, la presidente del Consiglio ha la “sindrome di Stoccolma“: “Sembra prigioniera, incapace di distinguere tra chi attacca e chi si difende”, scrive il capogruppo democratico nella commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano. “Ha scelto di indossare il cappellino Maga, ammainando di fatto da palazzo Chigi la bandiera italiana e quella europea“, denuncia la segretaria Elly Schlein. E’ agli italiani, sostiene Schlein, che Giorgia Meloni “dovrà spiegare perché ha scelto Trump come ‘primo alleato’, quando il prossimo 2 aprile entreranno in vigore i dazi Usa del 25% sulle nostre merci, sulle nostre eccellenze, che pagheranno le imprese, i lavoratori e le famiglie italiane. Giorgia Meloni vada dire a loro ‘state calmi, ragazzi, ragioniamoci‘”.

Meloni “doveva e poteva diventare la Merkel europea, trasformandosi in leader conservatrice moderna, ma rompe con l’Europa sul tema fondamentale della difesa europea e si ritrova ad essere una modesta Orban al femminile“, scrive sui social il vicepresidente di Italia Viva Enrico Borghi. A questo punto, insiste, “va detto con chiarezza che l’Italia non può sottrarsi da una iniziativa europea nel campo della sicurezza, della pace e della stabilità internazionale“.