Meloni: “Per difesa no chiusura su prestiti ma valutiamo. Ventotene? Sconvolta dalla sinistra”

Dopo il primo giorno di Consiglio europeo, Giorgia Meloni rivendica già due vittorie dell’Italia: la neutralità tecnologica inserita nelle capitolo industria delle conclusioni (“una lunga battaglia italiana”) e, nella competitività, il riferimento alla proposta italiana legata ad InvestEU per il piano della difesa, per aggiungere un’iniziativa che possa mettere garanzie europee sugli investimenti privati. Non è una “chiusura totale” sui prestiti, assicura la premier, ma una scelta da valutare.

Meloni ricorda che l’Unione europea non ha una competenza esclusiva sulla difesa, quindi la materia è in capo agli Stati nazionali. Quello che l’Ue può fare è mettere a disposizione un ventaglio di strumenti, poi saranno i Paesi membri a valutare se e quali di questi strumenti utilizzare: “Alcuni dettagli sono ancora in discussione e finché non abbiamo chiarezza non capiamo neanche l’impatto che hanno”, spiega. Di sicuro, la difesa è una materia da rafforzare, in Italia come in Europa, per la presidente del Consiglio, per “contare di più”: “Il punto è che se chiedi a qualcun altro di difenderti poi rischi anche che sia qualcun altro a decidere per te e io credo che l’Italia debba decidere per se stessa e credo che anche l’Europa, quando ritiene, debba decidere e questo passa anche dalla sicurezza”, insiste.

“Lucida” per Meloni la scelta dell’Unione di rinviare di qualche giorno la reazione sui dazi di Trump. Se ne occuperà personalmente, tornando alla Casa Bianca, fa sapere, anche se non comunica una data. La premier richiama ancora una volta alla “prudenza” nella risposta, e cita le preoccupazioni di Christine Lagarde: i dazi producono una spinta inflattiva che può portare all’aumento dei tassi della Banca centrale europea, se aumentano i tassi la crescita si comprime. “Lagarde ha dato un dato che secondo me è molto interessante – ricorda -. Parlava di una stima di possibile contrazione della crescita in Europa con i dazi dello 0,3%, che arriverebbero 0,5% se noi rispondessimo. E quindi si conferma che dobbiamo fare attenzione al tipo di risposta da dare”.

“Sconvolta” si dice invece dalla bagarre in Aula alla Camera sul manifesto di Ventotene. La prima ministra considera quella delle opposizioni una reazione “totalmente spropositata”. Continua a dissociarsi dai passaggi del documento di Spinelli e Rossi, quando “sostengono che il popolo non è in grado di autodeterminarsi e che quindi va educato e non ascoltato”. Un’analisi “purtroppo abbastanza strutturata nella sinistra anche di oggi e ne abbiamo avuti moltissimi esempi”, chiosa, citando alcuni editoriali di Eugenio Scalfari, dove “spiegava che l’unica forma di democrazia è l’oligarchia”. E’ un concetto che non condivide, ribadisce. Ma accusa: “Sono arrivati sotto i banchi del governo con insulti e ingiurie”. La sinistra “sta perdendo il senso della misura, penso che stia uscendo fuori un’anima illiberale e nostalgica”, l’affondo. Poi rivendica: “Io non ho difficoltà a confrontarmi con le idee degli altri, ma sono molto convinta delle mie e penso che questa sia la base della democrazia e quindi il problema ce l’hanno altri”.

Meloni: L’Europa di Ventotene non è la mia. E’ bufera alla Camera

Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia”. Alla fine del suo intervento alla Camera, in una mattinata piuttosto tesa, Giorgia Meloni legge alcuni passaggi del manifesto di Ventotene, ne prende le distanze e nell’Aula si scatena l’inferno. Le opposizioni fischiano, urlano “vergogna”, i banchi diventano ring, a destra si applaude, a sinistra si grida. La seduta viene sospesa due volte.

Le frasi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi richiamano a una rivoluzione europea “socialista“, in cui “la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”. Ogni frase scandita tra sguardi e pause. “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente – prosegue la premier leggendo il testo -. Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni”. Tra gli scranni risuona l’ira delle opposizioni, Meloni si interrompe, il presidente della Camera Lorenzo Fontana richiama all’ordine, tutto viene spostato di qualche ora, al primo pomeriggio, per rimettere in ordine le idee e il bon ton istituzionale.

E comunque, prima della bufera, in sede di replica, la premier accarezza già l’argomento dell’Europa, che deve occuparsi di “meno cose” e “meglio”. Meloni si prepara al Consiglio europeo di domani bollando come un errore la “pretesa” di affidare a Bruxelles “qualsiasi materia di riferimento”, comprese quelle sulle quali gli stati nazionali sarebbero un valore aggiunto. La prima ministra cerca una via d’uscita per rispondere ai dazi di Donald Trump senza apparire debole o suddita di certe dinamiche.

Ma se, a cascata, l’ombrello della difesa degli Stati Uniti dovesse chiudersi definitivamente per il Vecchio Continente, non ci troverebbe ancora pronti. Per questo, l’invito è quello di riflettere su una risposta che non danneggi noi, prima che gli americani. “Non c’è dubbio che per noi siano un problema”, ribadisce. L’Italia è una nazione esportatrice, la quarta al mondo. Al momento, c’è un surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti nei beni e gli Stati Uniti hanno nei nostri confronti un surplus commerciale nei servizi. Potrebbe essere una carta da giocare per cercare una soluzione che eviti una guerra commerciale.

Sulla difesa, il punto è capire come pagare gli 800 miliardi per il Piano proposto da Ursula von der Leyen. L’Italia ha chiesto e ottenuto lo scorporo delle spese della difesa dal calcolo del patto di stabilità. Ma Meloni va oltre e domanda l’intervento dei privati. “Non possiamo non porre il problema che l’intero piano si basa quasi completamente sul debito nazionale degli Stati”, chiosa in Aula. E’ la ragione per la quale con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sta elaborando una proposta che ricalca quello che accade attualmente con InvestEU: “garanzie europee per gli investimenti privati”.

I fondi di Coesione, in Italia, non saranno toccati, garantisce. Resta da chiarire cosa si intenda per spese di difesa. Per questo il governo ha posto la questione: “Io penso che Rearm Europe confonda i cittadini”, sottolinea. La maggioranza sull’investimento nelle armi è spaccata. Oggi da Bruxelles lo stesso Matteo Salvini lancia un avvertimento chiaro alla premier: “Giorgia Meloni ha mandato per difendere l’interesse nazionale italiano, punto. Non penso che quello di cui sta parlando qualcuno a Bruxelles corrisponda all’interesse nazionale italiano, e neanche all’interesse dei cittadini europei”, mette in chiaro. Ma la presidente del Consiglio allarga il perimetro del dominio della sicurezza, “molto più ampio del banale acquisto di armi”, spiega. “Nel tempo in cui viviamo – ripete – riguarda le materie prime critiche, riguarda le infrastrutture strategiche, riguarda la cyber sicurezza, riguarda la difesa dei confini, riguarda la lotta ai trafficanti, riguarda la lotta al terrorismo, sono spesso materie che non si fanno, che non si affrontano comprando armi. Quando mi occupo di cyber sicurezza non lo faccio con le armi, lo faccio per esempio con l’intelligenza artificiale”.

isola di Ventotene

L’isola di Ventotene e la sua comunità energetica ispirazione per l’Europa

Ventotene sta tracciando la strada per l’Europa. L’isola pontina è infatti la prima nel Vecchio Continente ad aver accettato l’idea di ospitare una comunità energetica: si tratta di un nucleo composto da servizi, cittadini e strutture ricettive che producono, consumano e condividono energia proveniente da fonti rinnovabili, che siano impianti solari o mini eolici. Il progetto ha preso il via nell’ottobre del 2021 e intende mettere la comunità al centro del percorso di transizione ecologica: la comunità di Ventotene è partita con un hotel, un supermercato, un caffè e cinque residenti.

Ma perché è stata scelta proprio l’isola pontina? Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Micangeli, docente dell’Università La Sapienza e punto di riferimento a livello internazionale quando si parla di ‘mini-grid’, reti di distribuzione elettrica basate su una produzione di energia su piccola scala. “Noi come Università La Sapienza, dipartimento di Meccanica, da decenni lavoriamo su sistemi energetici basati su comunità che per tanti anni sono stati situati in Paesi extra europei. Le mini-grid di energie rinnovabili sono state necessarie in Africa, Asia e America Latina. Già da anni ci chiedevano di trovare il modo di esportare questo sistema anche in Italia. Dicemmo chiaramente che stava arrivando una legge europea, la Red 2, che ci avrebbe permesso di farcela: è arrivata, è stata recepita dal governo italiano e anche nelle nostre regioni, in particolare presso la Regione Lazio, che ci ha dato lo slancio per avviare la prima comunità energetica laddove fosse chiaro che si trattasse, come in questo caso, di una comunità isolata, con una propria generazione in mini-grid. Questo perché Enel lì ha i suoi generatori diesel, che andavano affiancati a una comunità facilmente identificabile che fosse un esempio molto chiaro del fatto che su un’isola si può generare energia rinnovabile e utilizzarla tra i vari cittadini”.

Una volta individuata Ventotene come soluzione ideale a livello ‘geografico’, il progetto ha visto alcuni passaggi obbligati: “Abbiamo dovuto innanzitutto capire quali fossero i fondatori e i primi interessati a costituire la comunità energetica, poi si sono evidenziati gli spazi e gli impianti pubblici che saranno messi in funzione nei prossimi mesi e che potrebbero già essere un nucleo di generazione fotovoltaica importante e aggregante per gli altri associati. Quindi si è dovuta costituire l’associazione comunità energetica e adesso si stanno man mano realizzando altri impianti, di altri soci, per riuscire ad andare a regime con la comunità energetica entro la fine del 2022”.

Per una realtà come Ventotene, arrivare a essere un’isola totalmente autosufficiente in termini di energia rinnovabile non è detto che rappresenti la soluzione ideale da percorrere, come ci spiega il professor Micangeli: “Bisogna innanzitutto ricordare che Ventotene è già un’isola autosufficiente dal punto di vista energetico. L’autosufficienza da energie rinnovabili è difficile, bisogna rispettare l’ambiente anche da un punto di vista paesaggistico e da un punto di vista storico, quindi oltre al fotovoltaico devono essere messe in campo altre tecnologie: penso all’eolico e all’energia ricavata dalle onde del mare. A quel punto si potrà arrivare a una totale autosufficienza in chiave rinnovabile. Puntare subito al 100% non ha neanche pienamente senso e non è detto che abbia un impatto ambientale minimo: noi stiamo svolgendo questo studio e continueremo a supportarlo volentieri. Rimane un traguardo, ma certamente non immediato”.

A livello nazionale, il percorso deve obbligatoriamente accelerare il passo, anche sull’onda dello sforzo europeo in merito: “L’Italia deve attuare una politica e uno sviluppo che oggi non si può neanche più chiamare coraggioso: il costo dell’energia e il valore prodotto dalle rinnovabili non è solo economico e ambientale, ma anche geopolitico. Si sta vedendo ora quanto sia importante. L’ostacolo sta nella produzione di grandi quantità di energie non programmabile e nella capacità di dotarsi di varie forme di accumulo: non soltanto batterie, penso anche all’idrogeno e ad accumuli meccanici e idrici. La vera risposta sono le comunità energetiche, non immettere tutta questa energia su grandi reti nazionali, ma utilizzarla quanto più possibile localmente”.