Xi Jinping incontra Blinken a Pechino: “Usa e Cina dovrebbero essere partner, non rivali”

Photo credit: Afp

 

Un confronto “approfondito e costruttivo“. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, definisce così il faccia a faccia avuto a Pechino con il presidente cinese, Xi Jinping. Il capo della diplomazia di Washington vede il suo omologo, Wang Yi, col quale si trattiene per circa cinque ore e mezza.

Secondo quanto riferiscono i media statali Xi ha detto a Blinken che di sperare che “anche gli Stati Uniti possano avere una visione positiva dello sviluppo della Cina”, aggiungendo che “quando questo problema fondamentale sarà risolto le relazioni potranno veramente stabilizzarsi, migliorare e progredire”. Ma è anche un altro il punto focale del colloquio, che dovrebbe suonare quasi come un campanello d’allarme per l’Europa. Perché il presidente cinese ha detto all’esponente dell’Amministrazione Usa che Pechino e Washingtondovrebbero essere partner, non rivali“. Precisando, però, che “molti problemi devono ancora essere risolti e ulteriori sforzi sono ancora possibili“.

Se così fosse, soprattutto sul mercato delle materie prime critiche e dei semiconduttori, le aziende del Vecchio continente potrebbero avere notevoli problemi di competitività, in una fase storica in cui la rivalità Usa-Cina sta già creando diversi problemi.

Ho proposto tre principi fondamentali: il rispetto reciproco, la coesistenza pacifica e la cooperazione win-win”, ha aggiunto Xi Jinping. Ribadendo che “la Terra è abbastanza grande perché sia la Cina che gli Stati Uniti possano svilupparsi e prosperare“.

Da parte sua, il segretario di Stato americano ha dichiarato di aver espresso le sue preoccupazioni alla Cina per il suo sostegno alla Russia, affermando che l’invasione dell’Ucraina sarebbe stata “più difficile” senza l’appoggio di Pechino. Blinken ha inoltre messo in guardia la Cina dalle sue “azioni pericolose” nel Mar Cinese Meridionale: “Ho chiarito che i nostri impegni per la difesa delle Filippine rimangono incrollabili”.

Per quanto riguarda il Medio Oriente, invece, “le relazioni della Cina possono essere positive nel cercare di allentare le tensioni, prevenire l’escalation ed evitare la diffusione del conflitto”, ha detto il capo della diplomazia Usa, riferendosi all’influenza di Pechino sull’Iran. L’incontro è stato anche l’occasione per programmare “discussioni bilaterali iniziali nelle prossime settimane” sul tema dell’intelligenza artificiale e per chiedere ancora una volta a Pechino “misure aggiuntive” per contenere il traffico di fentanyl, una droga che sta creando scompiglio negli Stati Uniti.

Durante l’incontro con il suo omologo, poi, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha avvertito Blinken che le molteplici pressioni americane sulla Cina potrebbero portare a un “deterioramento” dei legami tra i due Paesi. Sottolineando, inoltre, che la questione di Taiwan, isola di 23 milioni di abitanti rivendicata da Pechino e sostenuta militarmente da Washington, è la “prima linea rossa da non oltrepassare nelle relazioni sino-americane.

La Cina critica gli Stati Uniti anche per le molteplici pressioni sul Mar Cinese Meridionale, su Taiwan, sul commercio e sulle relazioni con la Russia, intensificatesi dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. Pechino è in collera pure per le restrizioni statunitensi alle esportazioni in Cina di tecnologie avanzate, tra cui i semiconduttori. Un’altra fonte di attrito – più recente, però – è legata al social network TikTok, che rischia di essere bandito negli Stati Uniti se non taglia i suoi legami con la società madre cinese ByteDance. Washington sospetta che l’applicazione venga utilizzata per spiare gli americani, raccogliere informazioni personali e servire la propaganda cinese, mentre TikTok nega categoricamente e respinge le accuse.

Nonostante le tensioni, le relazioni tra le due potenze hanno comunque “iniziato a stabilizzarsi” dopo il vertice Xi-Biden di novembre, ha spiegato Wang Yi, mettendo in guardia sulla persistenza di “elementi negativi”. Perché “i legittimi diritti di sviluppo della Cina sono stati indebitamente oppressi e i nostri interessi fondamentali sono stati messi in discussione”, ha sottolineato riferendosi alle restrizioni statunitensi nel settore tecnologico. Da parte sua, Blinken, come riferisce il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha comunicato al ministro cinese le sue preoccupazioni per il presunto sostegno della Cina “alla base industriale russa della difesa”. Sebbene le aziende cinesi non forniscano armi direttamente alla Russia, Washington le accusa di fornire alla Russia attrezzature e tecnologie a doppio uso che facilitano i suoi sforzi di riarmo.

Gli Stati Uniti e la Cina devono essere il più possibile “chiari nelle aree in cui abbiamo delle differenze, almeno per evitare malintesi e errori di calcolo”, ha dichiarato il segretario di Stato Usa. Il viaggio di Blinken in Cina è, però, il segno di una relativa diminuzione degli attriti tra Pechino e Washington, che si erano acuiti durante gli anni dell’Amministrazione Trump. Biden promette ancora una volta di adottare una linea dura nei confronti della Cina se vincerà le elezioni presidenziali di novembre. Pur cercando una maggiore stabilità tra le due maggiori economie del mondo, il presidente degli Stati Uniti vuole comunque mantenere alta la pressione sul gigante asiatico.

Xi Jinping

Terzo mandato per Xi Jinping: sfida ‘green’ cinese al 2030

Dallo scorso ottobre è segretario del Pcc per la terza volta consecutiva. Ora, Xi Jinping, sempre per la terza volta di fila, è anche presidente della Repubblica popolare cinese e capo delle forze armate. Lo ha eletto il Parlamento di Pechino con una votazione unanime: 2.952 voti favorevoli, zero contrari, zero astenuti).  Il leader 69enne aveva già ottenuto a ottobre una proroga di cinque anni ai vertici del Partito Comunista e della commissione militare del Partito, le due posizioni di potere più importanti in Cina. L’unico candidato, Xi Jinping, è stato riconfermato per lo stesso mandato a capo dello Stato.
Le sue sfide rimangono numerose alla testa della seconda economia mondiale, tra il rallentamento della crescita, il calo della natalità e anche l’immagine internazionale della Cina che si è fortemente deteriorata negli ultimi anni. Non da ultima, resta la sfida della transizione green di uno dei Paesi più inquinati e inquinanti del mondo.

I rapporti tra Pechino e Washington sono ai minimi termini, con molte controversie, da Taiwan al trattamento dei musulmani uiguri, alla rivalità tecnologica Anche questa settimana Xi Jinping ha condannato la “politica di contenimento, accerchiamento e repressione contro la Cina” messa in atto da “Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti”. Una tensione che si riverbera anche sui reciproci impegni a difesa del clima e nella riduzione delle emissioni.
Sulla scena energetica globale, la Cina dipende pesantemente dalle importazioni energetiche di petrolio e gas. A livello nazionale, in poco più di un anno la Cina ha subito due gravi interruzioni di corrente: una volta a causa di stranezze nella progettazione del mercato energetico locale e un’altra la scorsa estate a causa della siccità e delle ondate di calore legate ai cambiamenti climatici. Il carbone è ampiamente visto come una risposta a breve termine a tali problemi.

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, la Cina è stata a lungo il più grande produttore di energia idroelettrica, eolica e solare fotovoltaica. Anche di fronte alle preoccupazioni sulla loro variabilità, l’accumulo di energia eolica e solare in Cina è in fase di accelerazione: nel 2021 sono stati aggiunti oltre 100 GW di energia eolica e solare, molto più di quanto ottenuto da qualsiasi altro paese. Di fatto, il 40 percento della nuova energia solare immessa a livello globale nel 2021 proviene dalla Cina. L’obiettivo dichiarato dal paese per il 2030 per quanto riguarda l’eolico e il solare è di un totale di 1.200 GW, cifra che supera di gran lunga la capacità di generazione elettrica totale dell’Europa odierna. Già alla fine del 2020 disponeva di oltre 500 GW di energia prodotta da queste fonti e i piani quinquennali provinciali in materia intendono aggiungere oltre 850 GW entro il 2025.

Per decenni, la Repubblica popolare cinese, scottata dal caos politico e dal culto della personalità durante il regno (1949-1976) del suo leader e fondatore Mao Tse-tung, aveva promosso un governo più collegiale ai vertici del potere. In virtù di questo modello, i predecessori di Xi Jinping, ovvero Jiang Zemin e poi Hu Jintao, avevano rinunciato ciascuno al proprio posto di presidente dopo dieci anni in carica. Xi ha posto fine a questa regola abolendo il limite di due mandati presidenziali nella Costituzione nel 2018, consentendo allo stesso tempo di sviluppare intorno a lui un nuovo culto della personalità. Xi Jinping diventa così il leader supremo a rimanere al potere più a lungo nella recente storia cinese.

Binde-Xi

Dialogo storico Biden-Xi al G20: verso ripresa colloqui su clima

Trovare aree di convergenza senza evitare gli argomenti più spinosi: è durato tre ore l’incontro tra il presidente americano Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping alla vigilia del G20 di Bali, in Indonesia. Una stretta di mano storica (si è trattato infatti del primo faccia a faccia tra i due leader dall’elezione di Biden nel 2020) e una primordiale apertura sulla ripresa dei colloqui sul clima.

Dopo il mancato incontro alla Conferenza sul clima, la Cop27, in corso a Sharm el-Sheikh, Biden e Xi hanno cercato di allentare le tensioni tra Stati Uniti e Cina, i due Paesi più inquinanti del mondo. Al termine della Cop26 di Glasgow, Pechino e Washington si erano impegnate a collaborare dal punto di vista delle tecnologie innovative, quelle relative all’utilizzo di energie rinnovabili, del risparmio energetico, dei sistemi innovativi di accumulo. Sulle pratiche illegali di deforestazione, su politiche per l’istituzione di standard di riduzione delle emissioni, su politiche per la decarbonizzazione. Un dialogo interrotto sulla scia delle tensioni legate a Taiwan, soprattutto dopo la visita sull’isola della speaker della Camera, Nancy Pelosi. Ancora oggi, la questione dell’indipendenza o meno di Taiwan è stata definita “la linea rossa” delle relazioni tra Usa e Cina. Sul resto, i due leader hanno cercato di “prevenire che la competizione diventi qualcosa che anche solo si avvicini a un conflitto” tra Pechino e Washington, come ha detto Biden, che intende “mantenere aperte le linee di comunicazione” con Xi. Cina e Usa devono dunque “trovare la corretta direzione di sviluppo per le relazioni e promuovere il miglioramento delle relazioni“, ha precisato Xi.

Punto di partenza sembra essere la ripresa della cooperazione sulla lotta al cambiamento climatico, definita una delle “sfide transnazionali” su cui collaborare, insieme a riduzione del debito, sicurezza sanitaria e sicurezza alimentare globale. “E’ quello che la comunità internazionale si aspetta”, ha ricordato Biden. Usa e Cina sono le due maggiori potenze globali, i leader lo sanno e lo rivendicano. Ricordando anche la loro responsabilità a difesa dell’ambiente. Biden e Xi hanno infatti concordato che “le squadre diplomatiche delle due parti manterranno una comunicazione strategica e condurranno consultazioni regolari“, che “i team finanziari dei due Paesi condurranno un dialogo e un coordinamento sulle politiche macroeconomiche, sulle questioni economiche e commerciali e su altre questioni” e che “collaboreranno per promuovere il successo” della Cop27.

Sullo sfondo la guerra in Ucraina, che sembra rappresentare un punto di contatto tra Cina e Stati Uniti, su posizioni tradizionalmente lontane rispetto all’invasione russa del Paese. Biden e Xi, sottolinea una nota della Casa Bianca, “hanno reiterato il loro accordo che una guerra nucleare non dovrebbe essere mai combattuta e che non si puo’ mai vincere e hanno sottolineato la loro opposizione all’uso, o alla minaccia dell’uso, di armi nucleari in Ucraina“. La Cina e’ “estremamente preoccupata” per la situazione in Ucraina, ha detto Xi, e rimane a favore della pace e della ripresa dei colloqui tra Mosca e Kiev.

Si apre il G20 a Bali: oggi incontro Biden-Xi, Zelensky in video, Putin grande assente

I capi di Stato e di governo delle maggiori economie mondiali si riuniscono domani e mercoledì, sull’isola indonesiana di Bali per il vertice del G20. Sullo sfondo, la guerra in Ucraina. I leader attesi:

JOE BIDEN – Il Presidente degli Stati Uniti arriva al vertice con l’obiettivo di riaffermare la leadership degli Stati Uniti e di riunire gli occidentali dietro gli sforzi di Washington per isolare la Russia in risposta alla guerra. Oggi ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping per la prima volta da quando è entrato alla Casa Bianca. Tra i due, una serie di questioni da discutere, dopo un aumento delle tensioni sul commercio, sui diritti umani nella provincia cinese dello Xinjiang e sullo status di Taiwan. L’assenza della Cina alla Cop27 ha pesato, l’impegno per il clima dei leader dei due più grandi Paesi inquinatori è un nodo da sciogliere.

XI JINPING – Il vertice del G20 è un gradito ritorno sul palcoscenico diplomatico per Xi Jinping, che inizia il suo terzo mandato a capo della seconda economia mondiale. Oltre all’incontro con la controparte americana, è previsto anche un incontro con il presidente francese Emmanuel Macron, meno di due settimane dopo aver accolto il cancelliere tedesco a Pechino.

SERGEI LAVROV – Il ministro degli Esteri russo guiderà la delegazione di Mosca dopo la decisione di Vladimir Putin di non partecipare a un vertice che lo avrebbe esposto a una valanga di critiche da parte delle sue controparti.Il Cremlino ha spiegato l’assenza di Vladimir Putin come una questione di agenda. A luglio, Sergei Lavrov ha abbandonato una riunione dei capi delle diplomazie del G20 dopo i pesanti attacchi sull’invasione dell’Ucraina.

VOLODYMYR ZELENSKI – Il presidente ucraino, il cui Paese non è membro del G20, parteciperà virtualmente al vertice su invito dell’Indonesia. Si prevede che chiederà alle grandi potenze di intensificare la loro risposta all’invasione del suo Paese da parte della Russia. I leader dell’UE – L’Italia sarà rappresentata dalla nuova premier Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron parteciperà al vertice, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel rafforzeranno la presenza europea.

RISHI SUNAK – Il Primo Ministro britannico, entrato a Downing Street a ottobre, parteciperà al suo primo G20 e avrà l’opportunità di incontrare diversi leader, tra cui Joe Biden. Narendra Modi – Il Primo Ministro dell’altro gigante asiatico, l’India, incontrerà molti leader, tra cui Biden, Macron e Sunak, il primo leader britannico di origine indiana. L’India assumerà la presidenza del G20 dall’Indonesia.

JOKO WIDODO – Il padrone di casa del vertice sull’Isola degli Dei incontrerà privatamente la maggior parte dei leader presenti in rappresentanza del Paese che presiede il G20 di quest’anno. Giacarta sperava di ri-orientare il vertice sulla cooperazione internazionale per favorire la ripresa economica dopo lo shock della pandemia da Covid. Ma l’offensiva russa in Ucraina di febbraio ha riportato l’attenzione su questioni geopolitiche e di sicurezza.

Resto del mondo – Canada, Australia e Giappone saranno rappresentati dai rispettivi primi ministri Justin Trudeau, Anthony Albanese e Fumio Kishida. Anche il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol sarà a Bali, nonostante le tensioni con la Corea del Nord. Il principe ereditario Mohammed bin Salmane rappresenterà l’Arabia Saudita. Anche il Presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyane, “MBZ”, il cui Paese non è membro del G20, parteciperà come ospite. Saranno presenti il leader turco Recep Tayyip Erdogan e il capo di Stato dell’unico Paese africano rappresentato al G20, il Sudafrica, Cyril Ramaphosa. Il Brasile sarà rappresentato dal ministro degli Esteri Carlos Franca, perché il presidente in carica Jair Bolsonaro ha deciso di non partecipare al viaggio dopo la sconfitta elettorale. Il Messico invierà il suo capo della diplomazia Marcelo Ebrard, mentre il presidente argentino Alberto Fernandez guiderà la delegazione da Buenos Aires. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres parteciperà come osservatore.

Al G20 faccia a faccia Biden-Xi dopo il mancato incontro alla Cop27

È una storia che il presidente Joe Biden racconta in quasi ogni occasione: l’anno scorso, incontrando i suoi nuovi omologhi al suo primo vertice internazionale, li ha informati con orgoglio: “L’America è tornata”. Ed è con questo spirito che il leader americano arriva al G20 di Bali, in Indonesia, forte di aver arginato la marea rossa repubblicana nelle elezioni di midterm, e dopo aver illustrato i piani della sua amministrazione a difesa del clima alla Cop27 di Sharm el-Sheik.

I temi internazionali sul piatto sono scottanti, dalla guerra in Ucraina al contenimento della Corea del Nord dopo un nuovo test missilistico, e le aspettative sono alte: lunedì è infatti previsto il primo faccia a faccia tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping, a margine del G20. I due, dall’inizio della pandemia da Covid, si sono parlati al telefono più volte ma il loro primo incontro ufficiale avviene in un momento in cui le relazione cino-americane sono particolarmente tese. I temi di attrito sono numerosi: il commercio, il trattamento dei musulmani uiguri o anche lo status dell’isola di Taiwan, stretto alleato di Washington, su cui Pechino ne ha rivendicato il controllo. I rapporti hanno raggiunto il minimo storico soprattutto dopo la visita della speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi sull’isola, ad agosto.

Biden ha dunque intenzione di capire quale sia la “linea rossa” di Xi, sperando di costruire una base per le relazioni future tra i due Paesi. Ma non ha intenzione di sorvolare sulle preoccupazioni Usa rispetto ai dossier Taiwan e diritti umani. Mercoledì il presidente Usa ha fatto sapere di aver già messo in chiaro con Xi che sta “cercando la competizione, non il conflitto”, affermando che discuterà di Taiwan rimanendo fermo sul fatto che la posizione degli Stati Uniti sull’isola “non è cambiata per niente rispetto all’inizio”. Dal canto suo, la Cina “ha sempre sostenuto la convivenza con gli Stati Uniti, difendendo fermamente la propria sovranità, sicurezza e interessi di sviluppo”, ha affermato Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Affari esteri cinese. Xi aveva invitato più volte Biden a “non giocare col fuoco” ed è probabile che tale messaggio sarà ribadito nell’incontro di lunedi’, a maggior ragione dopo aver dichiarato, in apertura del Congresso che lo ha incoronato per la terza volta, che la Cina è pronta a usare la forza per imporre la propria sovranità sull’isola.

Pesa poi la questione ucraina, con il governo Biden che ha preso nota della “importante” opposizione da parte di Pechino all’utilizzo di armi nucleari nel conflitto ma che non intende cedere sugli aiuti statunitensi a Kiev ribadendo che qualsiasi compromesso territoriale tra i due paesi spetta all’Ucraina. Obiettivo è poi quello di cercare di isolare sempre di più la Russia, approfittando dell’assenza di Vladimir Putin “per impegni interni”, come confermato dal Cremlino. Con il ritiro delle forze russe da Kherson, gli Stati Uniti appaiono oggi più convinti della possibilità’ di avviare un negoziato, come dichiarato in questi giorni alla “Cnn” dal capo di Stato maggiore congiunte delle forze armate, generale Mark Milley. Biden potrebbe tornare a chiedere a Xi di usare l’influenza cinese per convincere la Russia a trattare.

Sul tavolo vi sarà poi la questione dei test missilistici della Corea del Nord, che gli Stati Uniti considerano una crescente minaccia all’Asia orientale, Washington è intenzionata a chiedere a Pechino di fare pressioni sul leader nordcoreano Kim Jong-Un per cessare questo tipo di attività e iniziare colloqui sulla denuclearizzazione.

 

(Photo credits: AHMAD GHARABLI / AFP)