Agricoltura, Prandini: “Da Ue serve certezza sui tempi, no limite aiuti di stato”

“La Commissione Europea ha dato i primi segnali in termini di apertura, di ascolto, di dialogo rispetto a quelle che erano le proposte che avevamo avanzato ormai più di due settimane fa, soprattutto la presidente von der Leyen”. Così il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, di fronte al Parlamento europeo a margine delle proteste di agricoltori in corso a Bruxelles. “Manca però ancora la certezza – ha aggiunto – rispetto a quelle che sono le tempistiche in termini di attuazione delle modifiche degli stessi regolamenti, sia per quanto riguarda la semplificazione burocratica, sia per quanto riguarda le certezze delle risorse stanziate. Ma soprattutto abbiamo chiesto di poter andare oltre quello che è il limite degli aiuti di Stato per intervenire nei confronti di quei settori produttivi che sono stati fortemente penalizzati negli ultimi anni. Quindi continueremo a esser presenti a Bruxelles fino a che non avremo la certezza rispetto a quelli che sono i regolamenti che devono essere modificati e dovranno essere attuati”.

Agricoltura, Pd riunisce filiera. Schlein: “Crisi profonda, chi difende il settore da Meloni?”

Il Partito democratico apre il dibattito sul futuro dell’agricoltura con la Conferenza nazionale. Al Nazareno riunisce associazioni di categoria, sindacati, sigle ambientaliste, rappresentanze della filiera agroalimentari per cercare quelle che la segretaria, Elly Schlein, definisce “soluzioni a un malessere reale, di cui vanno cercate le cause senza facili capri espiatori e strumentalizzazioni per la campagna elettorale“. Secondo la leader dem, però, non c’è un motivo solo: “Il comparto vive una crisi profonda, per ragioni molteplici, ma il nutrimento è il fondamento della vita e la politica deve dare più attenzione al tema“.

La protesta dei trattori qualcosa ha smosso nel dibattito pubblico, ma ora che i mezzi sono tornati nei rispettivi capannoni, resta lo scontro tra maggioranza e opposizione, sia interno che a livello europeo. “Meloni si è rivolta agli agricoltori dicendo di averli difesi dalle scelte dell’Unione europea. Ma io mi domando: chi li difende dalle sue scelte? Perché il governo non ha fatto nulla in questo anno e mezzo, colpevolmente“, attacca Schlein. Che rincara la dose contro l’esecutivo anche sull’energia: “Dovremmo occuparcene tutti i giorni in Parlamento, invece abbiamo l’impressione di un governo nella migliore delle ipotesi distratto, nella peggiore nemico delle rinnovabili, che invece sono un grande potenziale“. Anche in agricoltura. Settore per il quale chiede di ripristinare il “contributo economico pubblico per le assicurazioni agricole contro gli eventi climatici, tagliato dal 65% a circa il 40, così non si assicurerà più nessuno“.

La segretaria dem non assolve nemmeno l’Europa. Ammette che sul consumo di suolo anche la sua parte politica, quando ha avuto responsabilità di governo, non ha fatto molto, lasciando che dell’argomento si occupassero solo le politiche Ue, mentre sulla reciprocità “serve un’attività di antitrust rafforzata per verificare la correttezza della formazione dei prezzi e immaginare, magari, anche una commissione d’inchiesta, vera, sulle pratiche sleali, perché abbiamo l’impressione che non siano realmente attuate in questo momento“. Argomento, questo, su cui sono tornati tanti dei relatori interventi alla Conferenza nazionale. “Bisogna concentrare l’attenzione nella definizione di nuova politica agricola“, dice il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che indica nella fiscalità, il lavoro per la mano d’opera e la competitività tre punti importanti su cui intervenire.

Per Coldirettitema centrale è combattere le pratiche sleali. Non possiamo immaginare che ci siano restrizioni, penso ai fitosanitari, ma senza applicare il principio di reciprocità“, sottolinea il vicepresidente, David Granieri. Bisogna “frenare il consumo di suolo e occorre un piano di contenimento della fauna selvatica, è urgente“, spiega invece il presidente di Cia-agricoltori italiani, Cristiano Fini: “Le politiche agricole europee vanno fatte con gli agricoltori e non contro, come purtroppo è accaduto in questi anni“.

Chiare anche le posizioni dei sindacati. “L’attuale livello di produzione sta dimostrando che è insostenibile, dal punto di vista etico, ambientale ed economico, come dimostrano le proteste di questi giorni“, ricorda il segretario della Flai Cgil agricoltura, Davide Fiatti. Ritiene “fondamentale che le risorse europee vengano ricondotte, con la giusta assistenza fiscale, alle piccole e medie imprese, che sono una parte centrale della nostra agricoltura” la segretaria della Fai Cisl, Raffaella Bonaguro. Mentre Uila chiede alla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, di far saltare il trilogo in programma il prossimo 5 marzo sulla direttiva per il Packaging: “Se passasse la proposta della commissione Ambiente del Parlamento Ue tante persone rischierebbero di perdere il lavoro – spiega il segretario generale, Stefano Mantegazza –. Solo in Italia, in agricoltura, sarebbero circa 30mila“.

Altro argomento trattato è il rapporto tra ambiente e agricoltura. Sul punto le maggiori associazioni concordano in pieno: il futuro è l’agroecologia. “Il malessere non può essere attribuito alla transizione ecologica, che di fatto non è mai partita – dichiara Franco Ferroni del Wwf -. Il Green deal non è morto, ma ciò che è successo in queste settimane lo ha indotto in una ‘coma’ fisiologico“. Torna sulla reciprocità Greenpeace, sottolineando che “l’accordo con il Mercosur è anacronistico per il nostro mercato”, lamenta la responsabile Agricoltura, Federica Ferrario. Per il Pd si tratta di un primo passo, spiegano i vertici dem. Ora, però, gli attori della filiera si attendono di passare dalle parole alle proposte. Anche dall’opposizione.

Fini (Cia): “Irpef piccolo passo ma montagna da scalare. Domani non saremo in piazza”

Il ripristino dell’esenzione dell’Irpef è un “piccolo passo“, ma in agricoltura “la montagna è ancora da scalare“. Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori italiani, venerdì 9 febbraio è stato convocato dal governo con le altre associazioni di categoria a Palazzo Chigi.

Sul tavolo c’era anche l’Irpef, la punta di un iceberg di problemi. Il ripristino è comunque un segnale, spiega durante il #GeaTalk: “Tante aziende agricole, soprattutto medio piccole, già erano esentate. Però, ce ne sono anche altre che invece dovevano pagarla, dunque questo è un passo verso queste aziende che devono stare sul mercato proprio come le altre”. Cia aveva presentato un emendamento per una esenzione completa per tutti. “Si è trovata questa mediazione, che approviamo, rispetto all’enormità dei problemi che abbiamo va nella giusta direzione. Dobbiamo affrontare tante altre problematiche, la montagna è ancora da scalare”, scandisce.

 

 Il tavolo con il governo sarà aggiornato?

C’è stata una grande disponibilità da parte del presidente Meloni a incontrarci in futuro, non abbiamo fissato date. Credo debba essere fatto perché abbiamo bisogno di seguire passo dopo passo le proposte fatte dal governo e controllare che vengano messe in pratica. Molte contenevano nostre rivendicazioni, fatte nell’assemblea nazionale del 30 novembre, nella manifestazione del 26 ottobre e ancora prima a febbraio, durante la conferenza economica. Dovremo vigilare perché .le proposte si trasformino in fatti.

 Il ripristino dell’esenzione è stato accolto piuttosto tiepidamente dagli agricoltori senza bandiera, che non accennano a indietreggiare sulle proteste dei prossimi giorni. Voi domani sarete in piazza a Roma?

No. C’è una parcellizzazione e anche una certa frammentazione di questi movimenti nati in maniera spontanea: alcune sigle hanno portato avanti rivendicazioni solo agricole, altre invece si sono aperte a temi diversi, che non condividiamo. Sono movimenti spontanei, autonomi che non hanno voluto alcuna bandiera sindacale. Anzi, a volte si sono scagliati, in maniera ingiusta secondo noi, contro le rappresentanze agricole. Non saremo in piazza ma rivendichiamo anche noi alcuni temi che vengono posti. Dunque, vediamo in maniera positiva questa attenzione sul mondo agricolo, è un fatto positivo che sia centrale nel dibattito.

Il ministro Francesco Lollobrigida e il governo hanno fatto abbastanza in Europa o si poteva fare di più?

Hanno posto grande attenzione sull’agricoltura. Sono state fatte cose molto positive, alcune per certi versi insperate. Mi riferisco in particolare al Pnrr, dove sono state stanziate risorse molto importanti nei confronti dell’agricoltura. Hanno tenuto posizioni decise a livello europeo che hanno portato risultati importanti per tutto il sistema Italia, perché la Commissione ha portato avanti scelte scellerate che andavano contro gli agricoltori e il Parlamento europeo ha dovuto metterci una pezza per evitare il tracollo del settore. In questo il governo ha lavorato bene. Ma restano sul tavolo alcuni temi che dovremo affrontare con urgenza, credo che su questo si possa e si debba migliorare.

Pensa anche lei che i trattori siano nelle piazze per colpa del Green Deal?

Siamo europeisti convinti e altrettanto convintamente pensiamo che sulle tematiche agricole vada cambiato il paradigma degli ultimi anni. Timmermans ha avuto carta bianca per portare avanti all’interno della Commissione alcune politiche scellerate fatte contro gli agricoltori e non con gli agricoltori, come invece andavano fatte. Se si vuole portare avanti il Green Deal europeo, le politiche vanno fatte con gli agricoltori. Sogno davvero un’Europa che finalmente possa mettere al centro l’agricoltura come settore economico fondamentale e produttore del bene primario che è il cibo, ma anche come presidio del territorio e dell’ambiente, di aree fragili del Paese che senza agricoltura non avrebbero un futuro. Su quei territori dovremmo accendere un faro.

Siete disposti quindi ad accettare la sfida della transizione ecologica?

Siamo rimasti in balia delle ideologie per troppi anni. Come per le Tea, per alcuni anni paragonate agli ogm, in maniera ideologica. Abbiamo perso tantissimo tempo. Metterle a disposizione significa andare verso il compromesso tra ambiente e agricoltura. Ci sono tanti temi su cui l’agricoltore accetta la sfida climatica, a parte di avere gli strumenti per contrastarla. Il grande errore della Commissione europea è stata anteporre la sfida ambientale quando i due settori dovevano andare di pari passo.

Cosa pensa della nuova Pac?

Su questa Pac credo ci sia una responsabilità a livello europeo nella costruzione di un impianto che non dà risposte agli agricoltori, ma anche a livello nazionale. Da un calcolo fatto, solo il 70-75% dei contributi arriva agli agricoltori rispetto al passato, quindi manca nelle casse un 20-25% di denari che erano comunque importanti, soprattutto in alcune realtà, come nelle are più fragili del Paese. Va rivisto l’impianto per la futura Pac, perché quella di oggi non risponde per tanti aspetti alle richieste del settore agricolo e quindi dobbiamo avere una visione futuristica rispetto alla crisi climatica che stanno affrontando le aziende agricole. Tutto il tema legato alla gestione del rischio è fondamentale, poi c’è quello legato alle aziende più fragili, che si occupano di una agricoltura che deve resistere.

Cosa risponde a chi dice che il settore dell’agricoltura gode già di molti sussidi?

A chi punta il dito contro l’agricoltura perché riceve molti sussidi – aggiunge Fini parlando con Gea -, dico che la Pac è stata impostata anni fa per sostenere i redditi degli agricoltori da un lato e dall’altro per cercare di riequilibrare i prezzi sul mercato. Credo ci siano ancora oggi queste esigenze, ma il sussidio viene dato perché l’agricoltore non riesce ad avere un reddito adeguato perché non riesce a formare lui stesso il prezzo di mercato delle proprie produzioni e dall’altro lato c’è una grande valenza ambientale e sociale dell’agricoltura che va riconosciuta e che il mercato non è in grado di riconoscere. Rivendico che gli agricoltori non stanno percependo sussidi, ma il giusto compenso per quello che fanno.

Teme la concorrenza dell’Ucraina e del Mercosur?

Se l’Ucraina dovesse entrasse nell’Ue sarebbe un grosso problema da gestire. E’ un Paese molto grande e importante dal punto di vista agricolo, che metterebbe una concorrenza spietata per certi aspetti. Lì la mano d’opera costa molto meno, i prodotti sarebbero immessi nel mercato senza dazi. Sarebbe una concorrenza importante. Dal punto di vista agricolo sarebbe grosso problema. Dal punto di vista del Mercosur, ci sono poche opportunità e tanti punti critici. Primo il fatto di poter immettere sul mercato a livello europeo prodotti che hanno regole diverse rispetto ai nostri. Noi continuiamo a sostenere una regola di reciprocità negli scambi commerciali europei, è chiaro che questo trattato va nella direzione opposta. Questo dobbiamo modificarlo, creerebbe una concorrenza sleale che non ci possiamo più permettere. La regola di reciprocità significa che noi a livello europeo produciamo con regole che vanno verso la transizione ecologica dell’agricoltura, non possiamo continuare a importare produzioni che non hanno le nostre regole e ci fanno concorrenza sleale.

Meloni convoca associazioni agricoltori: “Sempre difesi in Ue. Irpef entro 10mila euro”

Mentre i trattori rombano sull’asfalto di Roma, il governo convoca le associazioni più rappresentative del mondo agricolo a Palazzo Chigi. Un confronto durato circa due ore, aperto e chiuso dalla premier, Giorgia Meloni, che esordisce subito riconoscendo la strategicità del comparto per l’economia italiana. “In Europa il Governo ha difeso gli agricoltori e contestato fin dall’inizio le scelte sbagliate imposte dalla Commissione europea”, ricorda ai rappresentanti e Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri e Alleanza Cooperative, convocati per fare il punto sui principali dossier sul tavolo. Con la presidente del Consiglio c’è anche una folta rappresentanza di ministri, dai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini (videocollegato da Potenza), a Francesco Lollobrigida (Masaf), Giancarlo Giorgetti (Mef), Matteo Piantedosi (Interni), Raffaele Fitto (Sud e Pnrr), Marina Calderone (Lavoro) e Luca Ciriani (rapporti con il Parlamento).

L’Europa è un punto ricorrente nel discorso di Meloni. Sia per sottolineare che il suo esecutivo è “favorevole alla difesa dell’ambiente e alla transizione ecologica, ma sempre nettamente e fermamente contrario a quella che è diventata una transizione ideologica, fatta da diktat e regole ideologiche per le quali si sacrifica la produzione, mettendo a rischio quel concetto di sovranità alimentare che resta un nostro indirizzo irrinunciabile”. Sia per rivendicare le vittorie politiche ottenute su emissioni, packaging, fitofarmaci, rotazione forzata e messa a riposo obbligatoria. Per non parlare dei fondi del Pnrr che, con la rimodulazione, sono aumentati “da 5 a 8 miliardi”. Meloni elenca anche le misure messe in campo finora dalla sua squadra e, rivolgendosi alle associazioni, chiede di “riconoscere che l’aumento delle risorse a favore del comparto c’è stato, e rilevante, seppur in una condizione difficile di bilancio”. Ammettendo che “in 16 mesi non è possibile fare i miracoli e correggere anni di scelte sbagliate”, ma “l’inversione di tendenza è evidente”.

Non trascura ovviamente il capitolo Irpef agricola: “L’esenzione negli anni passati è stata una misura iniqua e ha favorito soprattutto i grandi imprenditori e le imprese con volumi di affari elevati. La proposta del governo – spiega – è quella di aiutare gli agricoltori che ne hanno bisogno limitandola ai redditi agrari e domenicali che non eccedono l’importo di 10mila euro”. E’ probabile che l’emendamento al Milleproroghe arrivi nella serata di lunedì.

La reazione è positiva, ma come sottolinea anche Lollobrigida al termine del confronto, questo tema “non è mai risultato il problema centrale del mondo agricolo”. Il responsabile del Masaf, lasciando Palazzo Chigi (e prima di incontrare una rappresentanza dei trattori), riprende le parole di Giorgetti, sottolineando che il provvedimento “garantirà, dice il ministro dell’Economia, più del 90% delle imprese italiane”. Fonti della Lega, però, dopo un vertice tra i dirigenti e il leader, Matteo Salvini, insistono: serve “massimo impegno per sostenere il settore e intervenire ancora più efficacemente sull’Irpef”. Anche Forza Italia riunisce il gruppo dirigente: “D’intesa con tutto il governo e con gli altri partiti della maggioranza, ci siamo adoperando per chiudere un ‘pacchetto’ che dia una risposta pronta ed efficace alle nuove esigenze degli agricoltori”. Dopo il tavolo con le associazioni, il segretario Tajani ribadisce: “Daremo tutte le risposte che possiamo con una visione strategica, con iniziative concrete e senza promesse che non si possano mantenere”.

E’ positivo anche il clima tra le sigle del mondo agricolo. “E’ stato un incontro proficuo, il gesto di attenzione rivolto dal governo a tutti gli agricoltori in questa giornata ovviamente fa piacere”, dice il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Sull’Irpef un passo avanti è stato fatto certamente, si può ancora far qualcosa di più – aggiunge -. Crediamo che si possa alzare l’asticella o comunque creare strumenti di progressività e lavorare su aliquote diverse in funzione della capacità di contribuzione”. Giansanti, che plaude alla scelta di attivare un tavolo sul lavoro, porta a Palazzo Chigi le richieste della sua associazione, partendo dal presupposto che il dialogo con l’Ue deve cambiare.

Lo stesso fa anche Coldiretti, che chiede interventi dalle filiere al fisco. “Penso che sia Bruxelles il luogo in cui dobbiamo concentrare tutto ciò che dobbiamo fare per ottenere le risposte che chiediamo a istituzioni. Non vuol dire essere filo-governativi ma confrontarsi con il governo per dare risposte concrete rispetto ai bisogno dei nostri imprenditori”, spiega il presidente, Ettore Prandini.

Pragmatica la posizione di Cia-Agricoltori italiani: “Nell’incontro ci sono state presentate delle proposte che ricalcano i temi che abbiamo posto, ora però dobbiamo passare dalle parole ai fatti – afferma il presidente, Cristiano Fini -. Dovremo vigilare, continuare a confrontarci affinché queste proposte vengano messe in pratica”.

Von der leyen

Von der Leyen lancerà il 25 gennaio il dialogo strategico sull’agricoltura

Il dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Ue con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, partirà formalmente il 25 gennaio, alla presenza di una trentina di organizzazioni della filiera. Il dialogo strategico per rimettere gli agricoltori al centro della transizione era stato annunciato a settembre da von der Leyen in occasione del Discorso sullo stato dell’Unione e confermato a dicembre dalla leader tedesca, che ha indicato il mese di gennaio per l’avvio.

A guidare il confronto, spiegano a GEA fonti della Commissione, sarà Peter Strohschneider, indicato per la “lunga e riconosciuta esperienza professionale“, in particolare come presidente della ‘commissione per il futuro dell’agricoltura’ (Zukunftskommission Landwirtschaft, ZKL) del governo federale tedesco. L’iniziativa, a cui parteciperanno diverse organizzazioni degli agricoltori tra cui COPA e COGECA e IFOAM Organics Europe, punterà nei prossimi mesi a promuovere la creazione di nuove soluzioni e a realizzare una “visione comune” entro l’estate del 2024. Dopo la riunione di avvio saranno organizzati diversi incontri tematici, che si svolgeranno nella prima metà dell’anno.

Il confronto tra agricoltori, cooperative, imprese agricole e organizzazioni non governative e i rappresentanti della società civile, servirà a mettere a fuoco sfide e opportunità per la filiera, come un tenore di vita equo per gli agricoltori e le comunità rurali, il sostegno all’agricoltura entro i confini del nostro pianeta e dei suoi ecosistemi, lo sfruttamento delle enormi opportunità offerte dalla conoscenza e dall’innovazione tecnologica e la promozione di un futuro prospero per il sistema alimentare dell’Ue in un mondo competitivo.

L’intero sistema alimentare deve anche affrontare diverse sfide serie, come il cambiamento climatico e un mercato globale molto competitivo, con un enorme impatto sull’intero settore, in particolare sugli agricoltori e sulle comunità rurali”, ricordano fonti della Commissione. Il dialogo dovrebbe servire a trovare il giusto equilibrio tra gli obiettivi di sicurezza alimentare e il reddito degli agricoltori, non perdendo di vista gli obiettivi della transizione verde che devono coinvolgere anche il comparto (dal momento che da lì arriva oltre il 10 per cento delle emissioni).

Dallo scorso autunno la Commissione europea ha lanciato una nuova fase del Green Deal, più attenta alla realtà industriale e agli agricoltori che negli ultimi mesi hanno manifestato il loro disappunto su alcuni dei pilastri chiave della strategia per la crescita verde dell’Europa. E la loro insoddisfazione è presto diventata bandiera politica del Partito popolare europeo (Ppe) – famiglia politica della stessa von der Leyen – in vista delle prossime elezioni di giugno. Il gruppo e in generale il centrodestra europeo ha preso di mira prima la proposta di Legge sul ripristino della natura, accusata di minacciare la produzione agricola e dunque la sicurezza alimentare in un momento delicato, come quello attuale, della guerra di Russia in Ucraina. E poi, ha contribuito ad affossare la proposta di riduzione dell’uso dei pesticidi, che ormai slitterà direttamente alla prossima legislatura.

agricoltura biologica

Le donne in agricoltura? Migliorano la vita economica delle loro comunità

Più donne impegnate nell’agricoltura equivale a un maggior benessere della comunità. E’ quanto emerge da uno studio della Penn State e dell’Università del Wisconsin-Madison, il primo a valutare concretamente questo collegamento. Ma perché accade? Secondo i ricercatori la causa principale è dovuta al modo in cui le donne agricoltrici affrontano le loro attività; modi che hanno un impatto positivo sulle comunità a cui appartengono.

Lo studio, pubblicato su Applied Economics Perspectives and Policy, ha rivelato che le contee degli Stati Uniti con una quota maggiore di aziende agricole possedute o gestite da donne hanno tassi più elevati di imprenditorialità non agricola, aspettative di vita più lunghe e tassi di povertà più bassi.

“Sappiamo da precedenti ricerche qualitative che le donne agricoltrici tendono a entrare nel settore per ragioni diverse rispetto agli uomini e spesso prendono decisioni pensando al bene comune”, spiega Claudia Schmidt, assistente di marketing e sistemi alimentari locali/regionali presso la Penn State University e autrice principale dello studio. “Ad esempio – aggiunge – si sforzano di soddisfare un bisogno sociale nella loro comunità o danno priorità alla gestione ambientale rispetto ai profitti”. La ricerca esplora, quindi, il concetto di “agricoltura civica” a guida femminile, che “si traduce effettivamente in un miglioramento del benessere della comunità in luoghi con percentuali più elevate di donne agricoltrici”.

Il fatto che esistano ricadute positive sul territorio, spiegano i ricercatori, suggerisce che avere una massa critica di donne agricoltrici all’interno di una regione più ampia, e non solo all’interno di una contea, ha un impatto ancora maggiore sul benessere regionale
Negli ultimi 20 anni negli Usa il numero delle aziende agricole gestite da donne è aumentato. E in Italia? Secondo un’indagine del centro studi di Confagricoltura, le imprese femminili attive in agricoltura sono 256.815 (dieci anni fa erano meno della metà, rappresentavano il 14% del totale delle aziende).

Secondo gli ultimi dati Istat, le donne occupate in agricoltura sono 823mila: il 30% circa del totale. I capi di azienda donna registrati nel 2020 sono il 31,5% (30,7% nel 2010; 25,8% nel 2000). Le aziende guidate da donne sono collocate soprattutto nelle Regioni del centro sud: la percentuale più alta (40%) di imprenditrici agricole è in Molise. Quelle a capo di aziende agricole coltivano il 21% della Sau (Superficie agricola utilizzata), ma producono il 28% del Pil agricolo.

Agricoltura, Giansanti: “Guerre e instabilità non fanno bene a nessuno, troppe ricadute”

La Sala Serpieri di Palazzo della Valle, sede nazionale di Confagricoltura, ritorna agli antichi splendori, completamente restaurata e con una nuova illuminazione. In una giornata “importante” come quella di oggi, in cui “celebriamo la bellezza di un’opera d’arte del genere, che ritorna alle sue origini“, è giusto anche “mettere al centro i temi di discussione e le preoccupazioni che oggi il settore dell’agricoltura affronta“, confessa il presidente Massimiliano Giansanti, che approfitta del momento per riflettere sui fattori che piegano il comparto.

Il quadro internazionale, la guerra in Ucraina, nel golfo arabico e le difficoltà che si riscontrano anche sul canale di Suez, denuncia, mettono “seriamente in difficoltà” non solo le imprese dell’industria e del commercio ma anche le attività agricole e i consumatori: “Sempre di più sono i fattori esogeni che vanno a incidere sul costo di produzione e trovano un uguale risultato nell’ aumento dei prezzi al consumatore. Questo non ce lo possiamo permettere”.

Gli imprenditori agricoli, rivendica Giansanti, sono “lo scheletro su cui si regge la comunità” e portano sulle spalle il peso della responsabilità di dover “garantire la certezza di cibo per tutti“. Ma l’instabilità del momento, ribadisce, “non fa bene a nessuno“.

Tanto più che il comparto deve fare i conti non solo con le speculazioni e l’inflazione, ma anche e soprattutto con il cambiamento climatico. “L’agricoltura è custode e qualche volta vittima dell’ambiente”, osserva il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, nel corso dell’inaugurazione della sala. Parla di un “bisogno straordinario” di agricoltura e di un “rapporto molto stretto” con la Chiesa: “In agricoltura c’è comunità, l’agricoltura invita all’attesa in un momento in cui c’è bulimia digitale. La terra richiede manutenzione, pazienza, lavoro. Per questo abbiamo tanto bisogno della terra, come filosofia, modo di vivere, capacità di scelta delle cose che contano davvero. Nella terra c’è moltissima integrazione e preoccupazione per le aree interne”, scandisce.

Dove non si fa agricoltura il territorio è più soggetto a danni che potrebbero essere mitigati dagli agricoltori”, fa eco il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra. E’ per questo che, conferma, si deve fare in modo che “agricoltura e ambiente vadano di pari passo”.

Via libera definitivo alla Manovra 2024. Meloni: “Al centro famiglie, lavoro e imprese”

Con il via libera della Camera (200 voti favorevoli, 112 no e 3 astenuti), la legge di Bilancio 2024 è stata definitivamente approvata dal Parlamento. Dall’energia al Ponte sullo Stretto, alla lotta all’inflazione, sono diversi i temi trattati dal testo da circa 24 miliardi di euro.

Soddisfatta la premier, Giorgia Meloni: “Ringrazio a nome mio e del governo i parlamentari di maggioranza di Senato e Camera per il sostegno e la compattezza dimostrati. Un segnale positivo per una Manovra importante, che mette al centro le famiglie, il lavoro e le imprese. In linea con i principi che guidano la nostra azione e con il programma che gli italiani hanno votato“, scrive su Facebook. Aggiungendo che “questa volta la Manovra viene approvata senza il voto di fiducia. Ringrazio per questo anche le opposizioni che, pur nel forte contrasto sui temi, hanno contribuito allo svolgimento del dibattito. E ora avanti con determinazione, coraggio e responsabilità”. Anche per Giancarlo Giorgettibene il sì alla manovra. Proseguiamo su un percorso di prudenza, responsabilità e fiducia. Avanti così“, commenta il ministro dell’Economia dopo il voto.

Ecco, di seguito, alcuni dei punti principali della manovra 2024.

BONUS ELETTRICO – Proroga del bonus sociale elettrico anche per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2024. La copertura di spesa è di 200 milioni, che saranno trasferiti alla Cassa per i servizi energetici e ambientali. CARO SPESA – Contro l’inflazione dei beni di prima necessità, il provvedimento prevede nuove risorse per la carta ‘Dedicata a te’ per chi ha un Isee pari o inferiore a 15mila euro. Il Fondo viene rifinanziato nel 2024 con 600 milioni di euro. Inoltre, “in considerazione del permanere di condizioni di disagio sociale ed economico”, il Fondo per la distribuzione di generi alimentari alle persone indigenti viene inoltre incrementato di 50 milioni di euro.

PONTE SULLO STRETTO – E’ di 11,6 miliardi di euro la dotazione per la realizzazione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. La cifra è pluriennale e copre l’arco temporale tra il 2024 e il 2032. Di queste risorse 9,3 miliardi arriveranno dal bilancio pubblico, mentre 2,3 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione: 1,6 miliardi dagli stanziamenti previsti inizialmente per la Sicilia e la Calabria e 718 milioni dai ministeri.

ASSICURAZIONI CONTRO EVENTI CALAMITOSI – Le imprese sono tenute a stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni agli immobili direttamente cagionati da calamità naturali e catastrofi su territorio nazionale, come i terremoti, le alluvioni, le eruzioni vulcaniche, i fenomeni di bradisismo, le frane, le inondazioni e le esondazioni. L’eventuale scoperto o franchigia nei contratti per “l’adempimento dell’obbligo di assicurazione” non potrà essere superiore al 15% del danno. Il rifiuto o l’elusione dell’obbligo a contrarre l’assicurazione è punito con una multa da 200mila a un milione di euro, irrogate tramite Ivass.

VULNERABILITA’ SISMICA EDIFICI PUBBLICI – E’ istituito, presso il Mef, per poi essere trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il finanziamento di un ‘Programma di mitigazione strutturale della vulnerabilità sismica degli edifici pubblici’, con una dotazione con una dotazione totale di 285 milioni, di cui 45 per il 2024, poi 60 milioni per ciascuno degli anni 2025, 2026, 2027 e 2028.

RICOSTRUZIONI POST CALAMITA’ – L’articolo 72 è dedicato alle misure per garantire la prosecuzione delle attività amministrative delle strutture commissariali e degli uffici speciali per la ricostruzione. Tra queste ci sono la la proroga dei contratti stipulati dai comuni del cratere sismico del 2009, in deroga alla normativa vigente in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le Amministrazioni Pubbliche, l’autorizzazione di spesa è incrementata di 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Inoltre, il termine di scadenza dello stato di emergenza per gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 viene prorogato, per le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, al 31 dicembre 2024 ed è autorizzata la spesa di 12,2 milioni per il 2024 per le spese relative al funzionamento, all’assistenza tecnica, all’assistenza alla popolazione, al contributo di autonoma sistemazione e a interventi sostitutivi per gli eventi sismici che hanno colpito i territori dell’Emilia-Romagna nel 2012.

SOSTEGNO A PMI ORTOFRUTTICOLE – L’Ismea è autorizzato a erogare prestiti cambiari in favore delle Pmi agricole del settore ortofrutticolo per un massimo pari al 50% dell’ammontare dei ricavi registrati nel 2022 dall’impresa richiedente e, comunque, non superiore a 30mila euro, con inizio del rimborso dopo 24 mesi dalla data di erogazione e durata fino a 5 anni.

EMERGENZE AGRICOLTURA – Per le situazioni di crisi di mercato nel settore agricolo, agroalimentare, zootecnico e della pesca generate da eventi non prevedibili, è istituito presso il Masaf un Fondo per la gestione delle emergenze finalizzato a sostenere gli investimenti delle imprese che operano in questi settori, con una dotazione totale di 270 milioni di euro, suddivisi in 90 milioni per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.

GARANZIE GREEN – Sace è abilitata a rilasciare, fino al 31 dicembre 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, anche a carattere sociale, dei servizi pubblici locali, dell’industria e ai processi di transizione verso un’economia pulita e circolare e la mobilità sostenibile, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la mitigazione dei loro effetti, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l’innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese. Lo prevede la bozza della legge di Bilancio. Le garanzie sono concesse per una durata massima di 25 anni e per una percentuale massima di copertura non eccedente il 70 per cento, ovvero il 60 per cento, ove rilasciate in relazione a fideiussioni, garanzie e altri impegni di firma, che le imprese sono tenute a prestare per l’esecuzione di appalti pubblici e l’erogazione degli anticipi contrattuali ai sensi della pertinente normativa di settore, ovvero il 50 per cento nel caso di esposizioni di rango subordinato.

Pnrr, inviata a Bruxelles la richiesta di pagamento della V rata: 10,6 miliardi. Meloni esulta

L’Italia ha inviato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della quinta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entro il 31 dicembre, come avevano promesso sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il ministro che ha in mano il dossier, Raffaele Fitto. Una ‘doppietta‘, quella messa a segno dal governo, che ha incassato il 28 dicembre il bonifico di 16,5 miliardi della quarta rata, dopo la verifica, da parte di Bruxelles, del raggiungimento dei 28 obiettivi e traguardi previsti.

La richiesta di pagamento di oggi della quinta rata, che segue il versamento avvenuto ieri della quarta rata e l’entrata in vigore del nuovo Piano, chiude un anno di grande impegno e di risultati straordinari del governo nell’attuazione del Pnrr”, commenta la premier, Meloni. Che assicura: “Siamo molto soddisfatti e determinati a proseguire il lavoro anche nei prossimi mesi”.

Esulta anche Fitto: “La richiesta di pagamento della quinta rata segna un ulteriore importante successo del presidente del Consiglio Meloni e del governo nell’attuazione del Piano”. Il nostro Paese è il primo Stato membro dell’Ue a presentare formalmente la richiesta. “Come già avvenuto per la quarta, anche per la richiesta della quinta l’Italia si conferma in anticipo sui tempi rispetto a tutti gli altri Stati membri – aggiunge il ministro per gli Affari europei -. Un risultato straordinario che è frutto di un grande lavoro di squadra e di un dialogo costante e positivo con la Commissione europea”.

La nuova tranche di risorse europee vale 10,6 miliardi di euro ed è legata a 52 obiettivi, che riguardano investimenti in diversi settori chiave. A partire dall’agricoltura, per aumentare l’efficienza dei sistemi di irrigazione e implementare la produzione di energia verde. Ma anche nel comparto idrico, con nuove opere per il potenziamento delle condotte, dei sistemi di depurazione e per la riduzione delle perdite di rete. E ancora l’ambiente, con la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti per la valorizzazione dei rifiuti. Per il trasporto pubblico locale è previsto il rafforzamento del parco autobus a emissioni zero e di metropolitane, tram e bus rapid transit.

Per quanto riguarda le infrastrutture, la quinta rata del Pnrr prevede l’elettrificazione della linea ferroviaria del Mezzogiorno e l’alta velocità lungo la tratta Salerno-Reggio Calabria. Ma ci sono target anche nella cultura, con l’efficientamento energetico di cinema, teatri e musei; nella scuola, con la realizzazione di nuovi plessi ad alta efficienza energetica, del patrimonio immobiliare pubblico, con la costruzione di nuovi edifici dell’amministrazione della giustizia e l’ammodernamento di quelli esistenti. Nella sanità, con l’implementazione di moderni sistemi di cura legati alla telemedicina. Nella Pubblica Amministrazione, con interventi per la transizione al digitale. E per le università, con l’assegnazione di borse di studio e il finanziamento di progetti di ricerca.

Sulle riforme, poi, Palazzo Chigi sottolinea che “sono stati raggiunti importanti obiettivi, come la piena operatività del sistema nazionale di e-procurement per l’acquisizione di beni, servizi e informazioni in via telematica, la riorganizzazione del sistema scolastico, l’entrata in vigore delle misure legate alla concorrenza e al quadro legislativo degli appalti pubblici”. Prima del nuovo versamento (finora l’Italia ha ottenuto un totale di 101,9 miliardi, diviso in quattro rate), si aprirà ora l’iter di valutazione e verifica, da parte delle istituzioni europee, dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi e delle milestones previste. “Sappiamo che la fase di assessment sarà come sempre molto rigorosa – conclude Fitto -. Ma da parte nostra siamo fiduciosi“.

Calano i pesticidi nel piatto, ma Legambiente avverte: “Ora serve una legge contro il multiresiduo”

Cala la percentuale di pesticidi sulle nostre tavole, ma resta alta l’allerta rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”. E’ quanto emerge dal nuovo report di Legambiente ‘Stop pesticidi nel piatto 2023’, realizzato in collaborazione con Alce Nero e presentato oggi a Roma. Al centro dello studio 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale sottoposti ad analisi e relativi a 15 Regioni del nostro Paese.

La buona notizia è che la percentuale dei campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%). Regolare e senza residui è risultato, invece, il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%). A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui. Dati, questi, che, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti del “cocktail di fitofarmaci”. Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.

Nei campioni analizzati sono state rintracciate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci. La frutta si conferma la categoria più colpita dalla presenza di residui, trovati nel 67,96% dei campioni. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 68,55% dei campioni analizzati è risultato senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino sono quelli in cui è stato rintracciato il numero più alto di residui permessi (rispettivamente 71,21% e 50,85%). Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.

Legambiente, con questo report, lancia oggi un appello alle istituzioni nazionali ed europee chiedendo “interventi concreti sotto il profilo legislativo”, in particolare una legge una specifica sul multiresiduo che, “sulla base delle attuali evidenze scientifiche, vieti la compresenza di principi attivi”. Allo stesso tempo, l’associazione ambientalista continua la sua battaglia contro il glifosato e lancia una nuova campagna “Glifosato free”, per premiare le aziende che, “a dispetto della proroga, hanno messo al bando tale sostanza”. “Il multiresiduo – dice Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – deve essere combattuto attraverso procedimenti normativi. Gli effetti dei “cocktail di fitofarmaci” devono essere prevenuti e arginati. Una legge appare come l’unica soluzione per fare da argine. Serve, poi, una sempre maggiore sensibilizzazione da parte di cittadine e cittadini”.