rifiuti

L’ambiente preoccupa gli italiani: clima, rifiuti e smog in cima alla lista

Climate change, qualità dell’aria e rifiuti. Così è composto il podio delle preoccupazioni degli italiani in tema ambientale. In particolare, le prime due categorie sono state segnalate in oltre il 50% dei casi come ‘principali’, quota che si abbassa al 45% considerando la terza. Nella sua indagine ‘Preoccupazioni ambientali e comportamenti ecocompatibili’, l’Istat tenta ancora una volta di fotografare il mutamento delle consapevolezze e costumi degli italiani su argomenti specifici. Già a partire dal 1998 e con continuità tra il 2012 e il 2021, l’indagine rileva la percezione dei cittadini rispetto alle tematiche ambientali. Sta di fatto che nel 2021, i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente (52,5% della popolazione di 14 anni e più), seguito a stretto giro dai problemi legati all’inquinamento dell’aria (51,5%) e dallo smaltimento e la produzione di rifiuti (44,1%). Ulteriori fattori di rischio ambientale a livello globale vengono percepiti nell’inquinamento delle acque (40,1%) e nell’effetto serra e buco nell’ozono (34,9%). Gli altri problemi ambientali preoccupano meno di 3 persone su 10. In fondo alla graduatoria speciale compaiono temi come l’inquinamento elettromagnetico (che preoccupa ‘solo’ l’11,1% del campione di cittadini), e, risalendo, l’inquinamento acustico (12,3%), la rovina del paesaggio (12,4%), l’esaurimento delle risorse (19%) e ancora la distruzione delle foreste (22,3%), il dissesto idrogeologico (22,4%), l’inquinamento del suolo (22,9%), le catastrofi provocate dall’uomo (23,3%) e l’estinzione di alcune specie (25,7%).

La percezione dei principali problemi legati all’ambiente varia tuttavia in relazione alla posizione geografica. Ad esempio secondo l’Istat i cambiamenti climatici preoccupano il 54,3% degli abitanti del Nord-est rispetto al 46,5% di quelli del Sud. L’inquinamento delle acque è particolarmente sentito dagli abitanti di entrambe le ripartizioni settentrionali, molto meno nel Mezzogiorno, soprattutto nelle isole. Viceversa, i residenti del Centro e del Mezzogiorno sono più sensibili alle tematiche legate alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). In particolare, l’argomento rifiuti è più sentito dai cittadini del Lazio (52,2%) e della Campania (51,9%) rispetto alle altre aree del Paese (media nazionale del 44,1%). E se vivere in centri metropolitani densamente popolati rafforza la preoccupazione su inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e sui rifiuti, i residenti dei piccoli comuni risultano maggiormente sensibili rispetto all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico. Anche l’età fa mutare priorità e consapevolezze. Nell’indagine Istat si chiarisce infatti che i giovani fino a 34 anni sono più sensibili sulla perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over55), sulla distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e sull’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli over55 si dichiarano invece più preoccupati per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%).

Non solo: l’Istat spiega che “l’analisi dei comportamenti ambientali e, degli stili di vita e di consumo sono di grande interesse per costruire un quadro complessivo dell’approccio dei cittadini rispetto all’ambiente”. E allora ecco che nel 2021 il 67,6% degli intervistati dichiara di fare abitualmente attenzione a non sprecare energia, il 65,9% a non sprecare l’acqua e il 49,6% a non adottare mai comportamenti di guida rumorosa al fine di diminuire l’inquinamento acustico. Inoltre, il 37,1% della popolazione legge le etichette degli ingredienti e il 24,4% acquista prodotti a chilometro zero.

Dall’indagine emerge anche uno spunto sui cambiamenti delle preoccupazioni nel corso del tempo. “L’analisi dei dati in serie storica– spiega l’Istituto di statistica – fa presupporre che le preoccupazioni più legate al clima abbiano un andamento fortemente legato alle policy e all’influenza mediatica”. Emblematico il fatto che nel 1998 la preoccupazione per l’effetto serra coinvolgeva quasi 6 persone su 10 mentre nel 2021 interessa soltanto il 34,9% degli intervistati. È aumentato però il timore per i cambiamenti climatici, dal 36% nel ’98 al 52,5% del 2021 (ovvero +16%). Tale variazione si spiega anche per l’aumento delle manifestazioni globali a favore della tutela ambientale (dal movimento legato alla decarbonizzazione a quello promosso dall’attivista Greta Thunberg e i Fridays for future). L’Istat rileva infatti “che l’attenzione aumenta in misura decisa a partire dal 2019 in concomitanza ai movimenti di protesta che hanno preso avvio a livello globale”.

Papa

Il Papa invoca una ‘conversione ecologica’: “Urgente ridurre emissioni”

Papa Francesco invoca una “conversione ecologica” e lancia un nuovo appello per ridurre le emissioni di Co2. Lo fa in un messaggio inviato alla Conferenza ‘Resilience of People and Ecosystems under Climate Stress’, organizzata in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze.

Il fenomeno del cambiamento climatico, sottolinea, è diventato un’emergenza che “non resta più ai margini della società“. Ha, al contrario, assunto un ruolo “centrale“, rimodellando non solo i sistemi industriali e agricoli ma anche “influenzando negativamente la famiglia umana globale, specialmente i poveri e coloro che vivono nelle periferie economiche del nostro mondo“.

Le sfide sono due: “Ridurre i rischi climatici riducendo le emissioni e aiutare e consentire alle persone di adattarsi ai cambiamenti del clima che si stanno progressivamente aggravando. Poi fa riferimento a due ulteriori preoccupazioni: “la perdita di biodiversità e le numerose guerre in corso in varie regioni del mondo che, insieme, comportano conseguenze dannose per la sopravvivenza e il benessere dell’uomo, tra cui i problemi di sicurezza alimentare e l’inquinamento crescente“. Sono crisi che, ricorda, dimostrano che “tutto è collegato” e che la promozione del bene comune a lungo termine del nostro pianeta è “essenziale per un’autentica conversione ecologica.

Nella prima settimana di luglio, Jorge Mario Bergoglio, in nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, ha approvato una legge che prevede l’obbligo di aderire alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e all’Accordo di Parigi, con, spiega, “la speranza che all’alba del ventunesimo secolo l’umanità sarà ricordata per essersi generosamente assunta le sue gravi responsabilità“.

(Photo credits: Vincenzo PINTO / AFP)

Giornata mondiale dello squalo, nel Mediterraneo il 50% delle specie è a rischio

Dalla salute degli squali – in molti casi predatori all’apice della catena alimentare – dipende il benessere degli ecosistemi marini, ma più del 50% delle loro specie nel Mediterraneo è minacciato di estinzione. L’allarme lo lancia il Wwf nella giornata mondiale dedicata agli squali, diffondendo i dati dei progetti SafeSharks e Medbycatch.

Il report è pubblicato nell’ambito della campagna #GenerAzioneMare, che raccoglie anche raccomandazioni per istituzioni e consumatori sull’importanza di salvaguardare squali e razze per la tutela del Mediterraneo.

Nel mondo, la percentuale di squali e razze a rischio è del 37,5%, dato che schizza oltre al 50% se riferito alle specie del Mediterraneo, con gravi conseguenze su tutto l’ecosistema marino. Questa situazione è provocata dalla pesca eccessiva, sia diretta (tra cui anche molta pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, per finalità sia alimentari che cosmetiche), sia indiretta a causa delle catture accidentali (bycatch) per cui queste specie finiscono vittime involontarie delle attività di pesca.

squalo

SafeSharks e Medbycatch sono due progetti internazionali, portati avanti in Italia insieme a Coispa Tecnologia & Ricerca, nati per migliorare le conoscenze sui tassi di cattura accidentale di specie vulnerabili in Mediterraneo e ingaggiare pescatori e autorità per garantire buone pratiche di gestione e mitigazione delle catture accidentali. I due progetti hanno coinvolto i pescatori di Monopoli, che praticano la pesca con palangaro (lunga lenza di grosso diametro con inseriti a intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo) al pesce spada nell’Adriatico meridionale, rendendoli attori fondamentali nelle fasi di ricerca e raccolta dei dati. La raccolta dati ha rivelato che le verdesche (Prionace glauca) rappresentano, in media, il 15% del pesce sbarcato: ogni sette pesci spada – in media- viene sbarcata una verdesca.

Ma ridurre un tale impatto è possibile. All’interno del progetto infatti, il monitoraggio mediante tag satellitari, applicati sulle verdesche accidentalmente pescate e poi successivamente liberate con il supporto dei pescatori, ha permesso di verificare che il 90% delle verdesche rilasciate sopravvive. Il rilascio in mare può quindi essere una valida misura gestionale per migliore lo stato delle popolazioni di verdesca. L’utilizzo degli ami circolari, testati al posto dei tradizionali ami a forma di J, sembra inoltre influire sulle condizioni degli animali alla cattura e potrebbe contribuire a migliorare la probabilità di sopravvivenza nel caso siano liberati. Grazie ai dati raccolti dai tag è anche emerso che le verdesche durante il giorno preferiscono nuotare in acque anche molto profonde fino oltre i 600 metri, mentre durante la notte cacciano in superficie, anche a pelo d’acqua.

Queste informazioni sono state la chiave per ideare una strategia di mitigazione basata sull’inversione notte-giorno delle operazioni di pesca. Importantissimo risultato del progetto, è stato infatti verificare che per le giornate di pesca in cui l’inversione delle attività di pesca è stata messa in atto, il bycatch di verdesche è stato ridotto a 0. Sebbene siano necessari ulteriori test per valutare i risultati di questa strategia in altre stagioni e gli effetti sulla cattura di pesce spada (i primi dati indicano una riduzione di cattura di circa il 30%), questo è un primo passo importante verso l’identificazione di misure gestionali adeguate.

I progetti SafeSharks e Medbycatch ci hanno permesso di dimostrare che il tasso di cattura accidentale di verdesche in alcune attività di pesca è considerevole e non può essere ignorato, e che misure gestionali efficaci possono essere identificate insieme a ricercatori e pescatori. L’Italia deve implementare quanto prima un monitoraggio adeguato su scala nazionale insieme a concrete misure di mitigazione delle catture accidentali di elasmobranchi, come richiesto dalla Raccomandazione della Commissione Generale per la Pesca in Mediterraneo e Mar Nero del 2021 (GFCM 44/2021/16). Deve anche dotarsi quanto prima di un Piano d’Azione Nazionale sugli Elasmobranchi secondo le linee guida FAO e UE” afferma Giulia Prato, Responsabile Mare del WWF Italia. Per proteggere queste specie nel Mediterraneo e nel mondo, secondo il WWF, è anche necessario poi cambiare le proprie abitudini di consumo, evitandone l’acquisto.

(Photo credits: Joost Van Uffelen | Wwf)

libro

Un italiano su cinque sceglie i libri per informarsi sull’ambiente

Cambiamento climatico, economia circolare e gestione dei rifiuti, sostenibilità, transizione ecologica, tutela del pianeta: oltre il 50% della popolazione considera la letteratura ambientale un canale di formazione/informazione adatto a chiunque. Romanzi e saggistica tra i generi più gettonati. La lettura viaggia su carta: il libro cartaceo, soprattutto in formato tascabile, è il supporto più utilizzato. È quanto emerge da un’indagine condotta da IPSOS e promossa da Comieco – Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi cellulosici – proprio per approfondire le scelte letterarie degli italiani in tema di ecologia e sostenibilità.

L’ambiente è al centro degli interessi di politica, stampa ma anche comuni cittadini, tanto che l’87% degli italiani si dichiara sensibile verso le questioni ambientali. Tematiche affrontate quotidianamente da tutti gli organi di informazione: dalla televisione alle radio, alla stampa ad internet. Ma non sono le uniche fonti autorevoli: anche i libri infatti svolgono un ruolo di primo piano in termini di documentazione e educazione verso l’ambiente.

Per 1 italiano su 5 la letteratura è un valido canale per l’educazione delle persone al senso civico, al terzo posto dopo la tv generalista e i documentari. E quando si parla di senso civico, uno degli indicatori più importanti è l’attenzione per l’ambiente e proprio le tematiche ambientali rappresentano il centro degli interessi di lettura di molti: 1 intervistato su 3 dichiara di aver letto almeno un titolo sul tema ambientale negli ultimi 5 anni, il più delle volte romanzi o saggi. Tra chi legge autori italiani, prevale il desiderio di approfondire argomenti più vicini alla propria quotidianità, mentre per avere una prospettiva globale dell’argomento trattato la scelta ricade sugli stranieri.

Attento a risparmiare, attratto dai formati tascabili ma ancora affezionato alla carta. È questo l’identikit complessivo del lettore ambientale che emerge dalla ricerca. Gli uomini leggono di ambiente più delle donne (37% vs. 29%), mentre tra le fasce d’età prevale quella tra i 31-51 anni rispetto agli over 65 (41% vs 25%).

In generale, la letteratura ambientale è un tema trasversale che attrae: oltre il 40% dichiara di esserne interessato e, tra questi, il 57% considera l’offerta di titoli del panorama editoriale più che sufficiente. Capire cosa si può fare in prima persona per la tutela dell’ambiente (per il 40%) e soddisfare il desiderio di informarsi in maniera completa e puntuale (per il 38%) sono le principali motivazioni che spingono i lettori a scegliere titoli sull’ambiente.

fiori

Uniti nella biodiversità, Praga rilancia l’Ue ‘green’ in Consiglio

‘Uniti nella diversità’, e perché no?, ‘uniti nella biodiversità’. La Repubblica ceca rivisita il motto dell’Unione europea e lo coniuga in chiave ambientale, con una installazione floreale a richiamare la ricchezza naturale del club dei Ventisette in un chiaro invito a rispettare, preservare e sfruttare quanto offre l’ambiente. Dodici tappeti a forma di fiore, tutti diversi, tutti raffiguranti diverse varietà di steli, corolle e petali, sistemati nell’atrio del Justus Lipsius, l’edificio consacrato alle riunioni tecniche e politiche degli Stati membri dell’Ue. La presidenza di turno arricchisce e orna la sede del Consiglio dell’Unione europea con questa opera simbolica e politica.

È ormai prassi consolidata che ogni governo, in occasione dei sei mesi di presidenza di turno, porti a Bruxelles contributi artistico-culturali volti a promuovere il proprio Paese, la propria agenda, e accrescere il senso di appartenenza al progetto comune. Praga sceglie la via ‘green’. Dodici fiori quante le stelle nella bandiera dell’Unione, dodici tappeti realizzati con materiale recuperato e riciclato, chiara espressione dell’impegno per la lotta a sprechi e alla realizzazione di quell’economia circolare che vuole un sistema produttivo incapace di produrre rifiuti e scarti.

Una margherita, un girasole, una gerbera, stelle alpine. Tanti esempi di patrimonio naturale tipico di ogni Stato membro a tappezzare la casa degli Stati in un voluto riferimento e omaggio a bellezza, diversità e interconnessione della natura, in cui gli artisti vedono parallelismi con la cooperazione degli Stati dell’Ue. “Anche gli stati differiscono l’uno dall’altro, ma crescono dallo stesso terreno e insieme formano un’unione intrecciata, e la loro identità locale non preclude la loro unità complessiva e sono più forti grazie alla loro alleanza nell’Ue”, spiega la presidenza ceca.

Flower Union’, ovvero l’unione dei fiori, è il titolo del contributo artistico e non solo che Praga, alla seconda presidenza di turno da quanto ha avuto accesso all’Ue, ha deciso di organizzare per richiamare l’attenzione su diverse tematiche, tutte diverse e trasversali ma interconnesse, a cominciare dall’attenzione per ambiente, natura e biodiversità.

commissione Ue

Il palazzo ‘green’ della Commissione Ue per tagliare 60% di Co2 al 2030

Green Deal, Fit for 55, economia circolare, transizione verde. Nomi di dossier e strategie ‘made in EU’ che hanno tutti un elemento in comune, la Commissione europea che li ha messi sul tavolo in forza del potere di iniziativa legislativa. Per l’istituzione comunitaria che detta la linea, gli obiettivi di sostenibilità non possono rappresentare un’eccezione, e quindi l’esecutivo comunitario offre l’esempio con un rinnovato edificio a prova di impegni e sforzi green. Il palazzo Berlaymont, sede di lavoro e riunione del collegio, risponde agli imperativi di risparmio energetico, isolamento acustico, riduzione degli sprechi.

Un lavoro iniziato ben prima delle politiche eco-sostenibili dell’Ue. Il palazzo Berlaymont è stato realizzato negli anni Sessanta. Completato nel 1969, dovette subire un’imponente opera di bonifica per rimuovere tutto l’amianto utilizzato durante la costruzione, dopo che venne accertata la natura cancerogena della sostanza. Una nuova ristrutturazione dell’edificio è stata condotta dal 1991 al 2004. È in quell’occasione che la sede della Commissione è stata dotata con sistemi all’avanguardia di sostenibilità, attraverso l’installazione di un sistema di cogenerazione che consente di aumentare l’efficienza dell’energia utilizzata nell’edificio, soffitti radianti e raffrescanti per il controllo della temperatura negli uffici, serbatoi di ghiaccio che consentono lo stoccaggio del freddo al di fuori delle ore di punta per l’utilizzo durante l’orario di lavoro. A questo si aggiunge un sistema per il recupero dell’acqua usata e il riutilizzo nei circuiti dei serbatoi d’acqua per servizi igienici sistema di irrigazione degli impianti.

I lavori di ristrutturazione hanno inoltre dotato la facciata del Berlaymont di 21 mila metri quadrati di di lamelle mobili in vetro controllate da un computer collegato a sensori meteorologici, che riposiziona i pannelli in base alla posizione del sole, alla temperatura e alla velocità del vento. Questa facciata esterna, costruita attorno alla struttura esistente, funziona da coperta ad alta tecnologia che trattiene il calore durante i mesi invernali e ripara dal sole durante l’estate. Inoltre, questa doppia facciata riduce i livelli di rumore all’interno dell’edificio.

L’esecutivo comunitario vuole dare il buon esempio in fatto di lotta ai cambiamenti climatici, e si pone dunque l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 60% rispetto ai livelli del 2005. Per questo, oltre a quello che già offre l’edificio, altre azioni sono in corso d’opera per rendere ancor più verde la sede di lavoro. Nello specifico, è in atto uno studio di fattibilità per l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto, e in parallelo da marzo di quest’anno si sta procedendo alla ristrutturazione di lampade e impianti di illuminazione di tutti i 18 piani.

(Photo credits: EMMANUEL DUNAND / AFP)

Pelù

Il ‘green’ della rock band italiana Litfiba sul palco dell’Ultimo Girone

Energie rinnovabili, pulite, green, risparmio dell’acqua. E, ancora, difesa del popolo curdo e di quello palestinese, critiche all’occupazione russa dell’Ucraina e al nucleare ‘pulito’. L’ambientalismo e le denunce sociali dei Litfiba sono tornati e lo hanno fatto sui palchi dell’ultimo tour della storica rock band italiana (lasciatemi dire, anche l’unica, ma chi scrive è di parte). La tappa torinese di sabato 9 luglio, nella meravigliosa cornice della Palazzina di caccia di Stupinigi, non ha fatto eccezione.

E mentre si chiude il cerchio inaugurato nel 1980 in via de’ Bardi a Firenze (cosa faranno al termine del tour Piero Pelù e Ghigo Renzulli?), intorno c’è un caos senza precedenti. Crollano letteralmente le montagne, la terra ha sete, i popoli hanno fame. E il bandido Piero lo ricorda, come sempre: “Energia e acqua non vanno sprecate“, urla dal palco fasciato nei consueti pantaloni di pelle, con il petto a vista e una camicia rossa maculata. Perché è pur sempre un’icona del rock. E quando le icone parlano, la platea ascolta. In migliaia applaudivano quelle parole non certo nuove – sono anni che Pelù ne parla – ma questa volta lo hanno fatto con gli occhi lucidi (e tanti con il posacenere portatile appeso alla cintura, altro che sesso-droga-rock’n’roll).

E lui rincara la dose: Parlare di nucleare pulito è come” parlare dell’onestà “di un mafioso. Da sempre i Litfiba (Pelù soprattutto) sensibilizzano la fan base sui rischi di un eventuale ritorno al nucleare, di cui nel pieno della crisi energetica si è tornati a parlare. Dagli appelli pubblici per il referendum del 2011 al palco di Stupinigi, snocciolando i ricordi delle tragedie di Chernobyl e Fukushima “sulla pelle – ricorda il frontman – della nostra tiroide“.

Questa volta non ha citato Greta Thunberg, ma sappiamo che ce l’ha nel cuore. È del 2020, infatti, il brano solista ‘Picnic all’inferno’ nel quale faceva letteralmente parlare la giovane simbolo del movimento Fridays For Future (“Piccola guerriera, scesa dalla luna, come una nave di vichinghi nella notte scura”). L’artista aveva ripreso il discorso di Greta in occasione della COP24 nel dicembre 2018 a Katowice (Polonia) inserendolo nella canzone e ‘duettando’ con lei. E poi, come dimenticare il Clean beach tour con Legambiente per ripulire le spiagge dai rifiuti.

C’era tutto questo sul palco sabaudo che più sabaudo non si poteva, tra una ‘Fata Morgana’ e un ‘Terremoto’, tra una ‘Regina di cuori’ (che ha costretto Pelù a raccogliere reggiseni per tutto il palco) e ‘Resta’, seguendo un ideale percorso che dal 1980 a oggi ha portato la band all’Ultimo Girone.

Purtroppo per chi scrive questa volta non c’è stato un ‘greendez-vous’ vero e proprio (in passato sì e ancora sventolo le foto ricordo come santini da conservare gelosamente nella scatola dei ricordi), ma anche a dieci metri dal palco la coscienza ambientale dei Litfiba si è sentita forte. Certo, pensare che questa è stata l’ultima volta insieme sul palco per la coppia Pelù-Renzulli lascia un po’ di amaro in bocca, ma dopo 42 anni – forse – è ora di voltare pagina. O forse no.

Italiani e vacanze green: come cambiano le richieste dei viaggiatori

Quali sono i desideri che guidano i viaggiatori italiani quest’anno? A restituire una fotografia dai contorni piuttosto nitidi è l’osservatorio EY Future Travel Behaviours che ha condotto un’indagine su un campione di oltre mille soggetti, attraverso rilevazioni esplicite e tecniche di neuroscienze cognitive. Tra i fattori emersi dalla ricerca spicca un dato in particolare: il 46% degli intervistati considera essenziale l’impatto delle proprie scelte sull’ambiente. Cresce anche l’ansia verso i problemi climatici con il 75% del campione contro il 67% della scorsa edizione (i test condotti sono di natura implicita). Nell’analisi si rintraccia, in particolare, una preferenza sempre più netta verso esperienze diversificate e personali. Tra i profili dei viaggiatori del 2022 si registra una lieve crescita (+1%) dei cosiddetti Health and environmental concerned travelers, ovvero coloro che non hanno intenzione di aumentare il numero di viaggi per via di preoccupazioni legate all’ambiente e alla salute.

Una sensibilità ambientale che si accentua nelle generazioni più giovani. Utravel, corporate startup del Gruppo Alpitour dedicata agli under 30, ha stilato delle linee guida per viaggiare a impatto quasi zero. “Vogliamo farci portavoce di una nuova generazione di giovani viaggiatori – afferma Martina Antoniotti, Head of Marketing & Communication di Utravel che vuole scoprire il mondo con attenzione all’ambiente, curiosità, rispetto e voglia di integrarsi con i territori”. Tra i consigli redatti dall’azienda, che pianta un albero per ogni viaggio venduto, quello di “portarsi sempre dietro una borraccia, ma anche utilizzare sapone solido, non stampare le prenotazioni e mangiare piatti a km 0” conclude Antoniotti.

Più in generale, la consapevolezza ambientale inizia ad avere il suo peso nelle scelte di viaggio degli italiani. “È entrato a far parte della cultura un pensiero rivolto all’ambiente, anche per i numerosi provvedimenti che abbiamo preso in Europa. – spiega a Gea Ivana Jelinic, presidente di Fiavet (Federazione Italiana Imprese Viaggi e Turismo) – Si tendono a preferire destinazioni poco esplorate, una ricettività che rispetti l’ambiente, magari anche all’aria aperta senza perdere però nessuna comodità. Si preferiscono soluzioni di viaggio a minore impatto ambientale, se possibile con mezzi di trasporto ecosostenibili. L’esempio più importante sono proprio le navi da crociera che hanno fatto investimenti sulla sostenibilità molto all’avanguardia”.

Il Pnrr con i fondi stanziati per la competitività delle imprese turistiche arriva, in questo senso, a potenziare la transizione sostenibile delle attività ricettive e di accoglienza. La domanda di un turismo green non assomiglia, infatti, a una tendenza passeggera. “È una solida consapevolezza: lo dimostrano gli investimenti multimilionari delle aziende su questo tema. Se fosse un trend passeggero, non ci sarebbero piani industriali” dichiara la presidente di Fiavet.

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Turismo sempre più green, aumenta la sensibilità di vacanzieri e strutture

Puntare su strutture ricettive a basso impatto energico, fare attenzione alle emissioni generate con i propri spostamenti, preferire ristoranti che puntano su prodotti a km zero. Sono solo alcune delle principali regole su cui si basa il turismo ecosostenibile, un modo di viaggiare attento all’ambiente che negli ultimi anni sta facendo breccia nel cuore degli italiani.

Secondo l’11° Rapporto ‘Gli italiani, il turismo sostenibile e l’ecoturismo’, il 43% degli italiani si dice disponibile a spendere il 10 o il 20% in più per non danneggiare l’ambiente durante le proprie vacanze, mentre poco meno della metà (48%) prima di scegliere una struttura turistica si informa si informa sull’attenzione che ha per l’ambiente.

Dati citati anche da Paola Fagioli, esponente di Legambiente Turismo, realtà che ha l’obiettivo di consentire alle imprese turistiche e ricettive di avere una maggiore sensibilità ecologica e un riconoscimento ambientale. “Le varie indagini mostrano una maggiore attenzione all’ambiente degli italiani quando pianificano le ferie e nei comportamenti durante le vacanze. La sensibilità è cresciuta soprattutto con la ripresa dei viaggi dopo la pandemia. E anche le strutture ricettive si stanno muovendo nella stessa direzione, visto che in fase di prenotazione sono sempre di più le persone che si informano sull’attenzione alla sostenibilità della destinazione scelta“, afferma parlando con GEA. Chiari messaggi per tutti gli operatori del comparto turistico: investire sulla sostenibilità ambientale di strutture e proposte può essere anche una chiave decisiva per attrarre la clientela.

Per capire quanto incidano sull’ambiente le scelte fatte in tema di viaggi e vacanze basta considerare alcuni numeri. Uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista Journal Nature Climate Change ha stimato che il turismo è responsabile dell’8% delle emissioni di CO2 a livello globale. Non solo: secondo il programma ambientale delle Nazioni Unite il 14% dei rifiuti solidi prodotti ogni anno nel mondo è generato dall’industria turistica. Ogni singolo vacanziero ne produce in media fino a 2 kg al giorno, ben oltre il dato riferito a ogni cittadino italiano nel 2021 che è di 1,33 kg (fonte Ispra). Trasporti e rifiuti, dunque, ma secondo Fagioli (che è anche direttrice di Legambiente Emilia Romagna) il primo aspetto da migliorare è un altro: l’efficienza energetica delle strutture. “Il nostro Paese ha un patrimonio edilizio datato, e le strutture ricettive ovviamente non fanno eccezione. Migliorare le prestazioni energetiche è fondamentale. Basti pensare solo all’impatto generato d’estate da un impianto di climatizzazione poco efficiente“, spiega.

Una spinta può venire dal programma di investimenti legata al Pnrr, che prevede 2,4 miliardi di euro (cioè meno dell’1% del totale) per i progetti del settore Turismo e Cultura, in buona parte dedicati proprio all’ammodernamento delle strutture ricettive. Fagioli però rileva alcune criticità. “La somma destinata al turismo sembra davvero esigua se si pensa che parliamo di uno dei comparti più rilevanti di tutta l’economia nazionale“, sottolinea. Non solo. “Vanno anche semplificate le procedure e le modalità per accedere ai vari bandi e incentivi destinati alle imprese turistiche – aggiunge Fagioli -. Inutile puntare su formule come ad esempio i Click Day, che non danno alcuna importanza al merito di chi fa richiesta. Questa burocrazia rischia di scoraggiare chi opera nel settore, già alle prese con altre problematiche come, nell’ultimo periodo, la difficoltà di trovare manodopera“.

turismo

Gli itinerari più green? Sono tutti in Europa

Cosa cerca oggi un turista in vacanza? Bel mare, attività culturali e divertimento non bastano più; sono sempre di più le persone che tra i criteri di ricerca inseriscono anche l’attenzione all’ambiente e, stando ai dati di Google e Booking.com, l’83% dei viaggiatori in tutto il mondo pensa che la sostenibilità sia vitale. Da questo punto di vista, il Vecchio Continente si dimostra al passo coi tempi. Il Sustainable Travel Index 2021, l’ultimo report presentato all’ITB Berlin Convention da Caroline Bremner, responsabile Travel Research di Euromonitor, premia infatti l’Europa, posizionandola al primo posto per territorio e pratiche green nel 2020.

LA SVEZIA TRA I PAESI PIU’ VIRTUOSI

In testa ai Paesi più virtuosi per viaggi sostenibili troviamo la Svezia, che vanta un’offerta turistica varia ed eco-friendly. La nazione è nota per il suo incredibile patrimonio naturale, che comprende ben 30 parchi nazionali, ma anche per l’alto livello di sostenibilità raggiunto in 23 centri urbani, specialmente in grandi città come Götheborg e Stoccolma, e per essere un modello per l’alloggio sostenibile, grazie alla sua rinomata architettura eco-chic di carattere nordico. Non a caso già nel 2010 era stata eletta prima Capitale verde d’Europa. Entro il 2045, inoltre, con buona probabilità la Svezia avrà ridotto del 100% le sue emissioni grazie all’incremento degli autobus elettrici, delle strade intelligenti e dell’agricoltura urbana.

Nella top five delle destinazioni più sostenibili, su un totale di 99 Paesi esaminati, troviamo poi la Slovacchia, l’Austria, la Finlandia e l’Estonia. L’Italia si piazza al 34esimo posto. Tra le prime 15 città più green stilate nel Sustainable Cities Index, inoltre, ben 12 si trovano in Europa, con in testa Madrid, Stoccolma, Dublino, Bruxelles e Berlino.

I PILASTRI DEL TURISMO SOSTENIBILE

Ma quali sono i fattori chiave del turismo sostenibile? Oltre che ambientale, la sostenibilità deve essere anche sociale ed economica. Deve tenere conto della domanda e dei possibili fattori di rischio per il Paese, come la pandemia e la guerra in Ucraina hanno recentemente dimostrato. Il turismo sostenibile si basa quindi su alloggi green e strutture eco-friendy, ma anche sull’attenzione al trasporto, con possibilità di usufruire di bike sharing, piste ciclabili e mezzi pubblici a zero emissioni. “Il 66% dei consumatori globali vuole avere un impatto positivo sull’ambiente nella loro vita quotidiana, secondo la nostra indagine Euromonitor sugli stili di vita”, ha sottolineato Caroline Bremner, responsabile del report. Un’esigenza diventata ancora più evidente in seguito alla pandemia e alle restrizioni sui viaggi degli ultimi due anni. Un chiaro segnale del fatto che l’attenzione all’ambiente e le pratiche green sono sempre più fattori essenziali per il rilancio del turismo.