Dal nichel al litio: continua caduta prezzi dei metalli preferiti per l’auto elettrica

Litio al livello più basso degli ultimi due anni, cobalto al punto più basso in quattro anni, nichel al minimo da tre anni, così come il rame. I metalli e le materie prime necessarie per le auto elettriche, segnalate in alcuni casi come carenti nel futuro, in realtà stanno inanellando ribassi su ribassi nei mercati.

L’aumento dell’offerta, principalmente guidato dalla riapertura delle economie in Cina e Australia, ha innescato un flusso di nuove forniture sul mercato. Tuttavia, questa crescita dell’offerta non è stata accompagnata da una domanda proporzionalmente robusta, a causa di una serie di fattori economici globali, tra cui la crescita economica più lenta del previsto nella stessa Cina e una domanda inferiore alle attese di auto elettriche, nonché l’aumento dei tassi di interesse. Questi fattori hanno creato un surplus di metalli per batterie sul mercato, portando a una diminuzione dei prezzi.

Secondo i dati di Benchmark Mineral Intelligence, quest’anno il prezzo del carbonato di litio, una materia prima utilizzata nelle batterie, è sceso del 70%, quello del cobalto del 25%, mentre il nichel ha perso oltre il 40% al London Metal Exchange.

Per Fastmarkets, nel 2023 sono state aperte più di 20 miniere di litio. I minatori stanno inoltre espandendo la produzione con un obiettivo di lungo termine perché le nuove miniere impiegano in media dai 10 ai 15 anni per entrare in funzione. “Pre-Covid c’erano problemi di approvvigionamento”, ha affermato Kwasi Ampofo, responsabile dei metalli e dell’estrazione mineraria presso Bloomberg NEF al Wall Street Journal. I produttori in Cina e Australia hanno aumentato le loro forniture con la riapertura delle economie, ma la domanda non ha tenuto il passo. “Non siamo usciti dal Covid col botto come previsto”, ha aggiunto. E si prevede che l’offerta di tutti e tre i metalli per batterie supererà la domanda nel prossimo anno. “Le prospettive sono piuttosto ribassiste”, ha aggiunto Ampofo.

Uno dei fattori chiave del crollo del nichel è stata l’impennata dell’offerta dall’Indonesia, da quando il governo ha imposto un divieto permanente sulle esportazioni di minerale di nichel nel gennaio 2020, nel tentativo di attirare investitori stranieri, incoraggiare la lavorazione interna e l’ulteriore utilizzo a valle delle sue materie prime. Il divieto ha indotto gli investitori stranieri, soprattutto dalla Cina, a costruire fonderie locali e ha contribuito ad aumentare il valore delle esportazioni indonesiane. Così la produzione indonesiana di nichel è cresciuta di oltre due volte e mezzo in soli tre anni. Ciò ha già costretto diverse miniere a chiudere, ad esempio in Australia, interessando colossi come il gruppo Bhp o Glencore.

La riduzione dei margini potrebbe portare anche a una riduzione degli investimenti in nuove fonti di materie prime, complicando ulteriormente la catena di approvvigionamento a lungo termine. C’è però ovviamente un aspetto positivo. Si prevede che i prezzi delle batterie scenderanno ulteriormente nel 2024, a 133 dollari per kilowattora, dopo essere scesi a 139 dollari per kWh lo scorso anno da 161 dollari per kWh nel 2022, secondo Bloomberg NEF. Livelli nettamente inferiori ai 780 dollari per kWh di dieci anni fa.

auto elettriche

Italia virtuosa in Europa: superati i 50mila punti di ricarica. Uno ogni 4,39 auto elettriche

Le auto elettriche sono poche, le colonnine di ricarica invece sono tante. Hanno superato quota 50.000 (precisamente 50.678), secondo quanto emerge dalla quinta edizione dello studio ‘Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia’, presentato oggi da Motus-E. Nel 2023 sono stati posati 13.906 nuovi punti, di cui 3.450 solo nell’ultimo trimestre. In termini percentuali, la rete di ricarica italiana segna nell’ultimo anno un’espansione del 38% e del 94,7% sul 2021. Insieme al numero delle colonnine aumenta anche l’incidenza delle infrastrutture a più alta potenza: il 22% dei punti di ricarica installati nel 2023 è di tipo veloce e ultraveloce in corrente continua. Il volume delle nuove installazioni pone inoltre l’Italia tra i Paesi più virtuosi d’Europa.

Infatti, rispetto agli altri grandi Stati del Vecchio Continente, con 23 punti di ricarica a uso pubblico ogni 100 auto elettriche circolanti, l’infrastruttura italiana si conferma davanti a quella di Francia (14 punti ogni 100 auto elettriche circolanti), Germania (10 punti ogni 100 auto elettriche circolanti) e Regno Unito (10 punti ogni 100 auto elettriche circolanti), conservando il primato anche considerando solo i punti di ricarica veloci in corrente continua: Italia (3,4 punti ogni 100 auto elettriche circolanti), Francia (2,1 punti ogni 100 auto elettriche circolanti), Germania (2 punti ogni 100 auto elettriche circolanti), Regno Unito (1,5 punti ogni 100 auto elettriche circolanti). Anche per quanto riguarda il numero di punti di ricarica rispetto alla lunghezza totale della rete stradale l’Italia è davanti, con una media di 1 punto ogni 5 km di strade, precedendo Regno Unito (1 punto ogni 6 km), Germania (uno ogni 7 km) e Francia (uno ogni 9 km).

Tornando in Italia, continua il recupero delle installazioni nel Sud e nelle isole, dove si concentra ora il 23% del totale dei punti di ricarica presenti della penisola, a fronte del 19% del Centro e del 58% del Nord Italia. La Lombardia si conferma la prima Regione per punti di ricarica (9.395), davanti a Piemonte (5.169), Veneto (4.914), Lazio (4.659) ed Emilia-Romagna (4.253). In evidenza la Campania, seconda Regione assoluta per crescita dell’infrastruttura nel 2023, con 2.691 nuovi punti installati.

Nell’anno ha fatto meglio solo la Lombardia (+4.853), mentre a poca distanza seguono i progressi di Piemonte (+2.519), Veneto (+2.492) e Lazio (+1.991). Tra le città, Roma è quella che al 31 dicembre 2023 conta più punti di ricarica installati (3.588), seconda piazza per Milano (2.883) e terza per Napoli (2.652). La classifica cambia però se consideriamo il numero di punti di ricarica per km² di superficie, con Napoli sul gradino più alto del podio (225 punti ogni 100 km²), davanti a Milano (183 punti ogni 100 km²) e Roma (67 punti ogni 100 km²).

Dunque “i numeri ci parlano di un’Italia che sa essere al passo coi tempi e che con il pieno utilizzo delle risorse dedicate del Pnrr – su cui si attendono aggiornamenti dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – potrà avvalersi di una rete di ricarica tra le più avanzate d’Europa, aumentando ulteriormente anche la capillarità”, spiega il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, “ma la corsa delle colonnine di ricarica deve essere affiancata da un’espansione del mercato delle auto elettriche, che vede l’Italia troppo indietro rispetto agli altri major market europei”.

Mentre nella Ue il volume complessivo per l’intero anno 2023 ha superato 1,5 milioni di unità, +37% annuale, e la quota di mercato delle auto elettriche a batteria ha raggiunto il 14,6%, a gennaio sono state immatricolate in Italia solo 2.947 vetture full electric (-56,6% rispetto al mese precedente e -11,6% rispetto a gennaio 2023), con la quota di mercato che scende al 2,1% dal 6,1% registrato a dicembre 2023 e dal 2,6% del gennaio 2023. Il parco circolante completamente elettrico si attesta così a 222.711 unità in Italia. In pratica c’è un punto ricarica ogni 4,39 auto.

Auto elettrica

Il mercato delle auto elettriche supera il 20% ad agosto: è la prima volta in Europa

La quota di mercato delle auto elettriche ha superato per la prima volta il 20% nel mese di agosto in Europa. Era all’11,6% nello stesso mese dello scorso anno. E’ quanto emerge dai dati diffusi dall’associazione dei costruttori automobilistici (ACEA), che mostrano come il mercato nel suo complesso abbia registrato il tredicesimo mese consecutivo di crescita.

Il mese scorso sono state vendute nell’Unione Europea 787.626 unità, pari a una crescita del 21% su base annua. L’aumento è stato particolarmente marcato nei tre mercati più grandi: +37,3% in Germania, +24,3% in Francia e +11,9% in Italia. “Il mercato europeo si sta riprendendo dalla carenza di componenti dello scorso anno”, spiega l’Acea in una nota.

Ad agosto, le immatricolazioni di auto elettriche a batteria nell’Ue hanno registrato un’impennata del 118,1%, raggiungendo 165.165 unità, pari al 21% del mercato. Ad eccezione di Malta (-22,6%), tutti i mercati dell’Ue hanno registrato una crescita percentuale a due o tre cifre, con la Germania, il più grande mercato in termini di volume, che ha registrato una notevole crescita del 170,7%. Il Belgio ha registrato il tasso di crescita più elevato, pari al 224,5%. Nel complesso, le vendite di auto elettriche a batteria sono aumentate di un significativo 62,7%, con quasi 1 milione di unità registrate da gennaio ad agosto.

Il mese scorso, le immatricolazioni di nuove auto ibride-elettriche nell’Ue sono aumentate del 29%, grazie soprattutto alla forte crescita in tre dei quattro mercati principali: Germania (+59%), Francia (+38,7%) e Spagna (+21,5%), mentre l’Italia ha registrato un leggero calo (-2,3%). Il risultato è stato un aumento cumulativo del 28,6%, con quasi 1,8 milioni di unità vendute tra gennaio e agosto, pari a un quarto del mercato.

Le immatricolazioni di nuove auto ibride plug-in nell’Ue sono cresciute del 5,5%, per un totale di 58.557 unità. La forte performance di mercati importanti come i Paesi Bassi (+44,7%), la Francia (+40,5%) e la Svezia (+24,9%) ha contribuito a compensare il calo della Germania (-41,1%), il più grande mercato per questa fonte di energia. Nonostante questa crescita, la quota di mercato delle auto ibride plug-in è scesa dall’8,5% al 7,4% nell’agosto di quest’anno.

La benzina rimane in testa con quasi il 33% del mercato, meno che nell’agosto 2021 (39%). Il diesel rappresenta ora solo il 12,5% del mercato europeo (16% nell’agosto 2021), mentre circa il 7% delle vendite è rappresentato da modelli ibridi plug-in, rispetto all’8,5% dell’anno precedente.

Nei primi otto mesi dell’anno, l’incremento è stato del 17,9%, con 7,1 milioni di auto vendute, anche se ancora al di sotto dei 9 milioni registrati nel 2019, prima della pandemia di Covid-19. Tra le marche e i costruttori, il gruppo Volkswagen rimane leader di mercato con il 27% delle vendite (209.500 unità) ad agosto, davanti al gruppo Stellantis (17%). Renault è terza, con il 9,5%. Tesla ha registrato la crescita più forte in agosto: +247% a 27.300 auto. Il costruttore californiano ha così superato in particolare i marchi Fiat, Citroën, Seat, Cupra e Ford.

Le vendite di Stellantis in Europa (Ue+Efta+Uk) sono cresciute del 6,3% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Le unità vendute sono state 145.392, a fronte di 136.723 di un anno fa. Crescono le vendite anche nei primi otto mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2022 (+4,3%) e la quota di mercato passa dal 17% al 19,2%.

Stellantis lancia Free2move Charge: ricarica ‘facile’ per auto elettriche

Un nuovo ecosistema progettato per facilitare la ricarica delle auto elettriche tramite diversi dispositivi e servizi. Stellantis lancia Free2move Charge, piattaforma con l’obiettivo di democratizzare l’auto elettrica e la sua ricarica, per facilitarne l’accesso e tutto il processo di gestione. Gestito dalla nuova Stellantis Charging & Energy Business Unit, Free2move Charge soddisfa le necessità dei clienti di veicoli elettrici a casa, al lavoro e in viaggio. “Con l’accelerare dell’uso dei veicoli elettrici, i nostri clienti ci richiedono di essere molto di più di semplici provider di mobilità – afferma Ricardo Stamatti, vicepresidente senior di Stellantis Charging & Energy Business Unit -. Stiamo compiendo un importante passo in avanti attraverso la definizione di una business unit dedicata che supporterà la nostra ambiziosa strategia di elettrificazione e agirà come naturale estensione dei nostri brand iconici. Free2move Charge è la prima implementazione di questo approccio“.

Free2move Charge partirà entro la fine del 2023, dal terzo trimestre di quest’anno in Nord America. In Europa i servizi saranno offerti in “undici Paesi” entro “la fine dell’anno”, ha precisato Magdalena Malgorzata Jablonska, Enlarged Europe commercial officer and Marketing for the Business Unit di Stellantis. “Avremo molti partner“, tra cui società energetiche e altre case automobilistiche, ha precisato Stamatti, aggiungendo che Stellantis “continua a valutare” lo standard NACS di Tesla, che include già Ford e GM tra i suoi partner. In Europa, la piattaforma permetterà l’accesso a circa 500mila punti di ricarica con l’obiettivo di crescere costantemente, anche con l’aumento graduale delle reti di ricarica nei vari paesi in cui il servizio è disponibile.

Semplificando la ricarica continua (e-ABC Promise), Free2move Charge rende anche intelligente, comprendendo le esigenze degli utenti e ottimizzando la gestione complessiva dell’energia per migliorare l’efficienza, l’affidabilità e l’accesso, riducendo il costo totale di proprietà e massimizzando i benefici ambientali. Lavorando con un team di Free2move e-Genius, i clienti saranno in grado di creare un pacchetto personalizzato che potranno modificare e adattare in qualsiasi momento durante l’esperienza di proprietà, permettendogli di evolversi e di essere sempre adattato alle loro esigenze. Il supporto e-Genuis sarà disponibile prima in Europa.

Rimuovendo gli ostacoli alla proprietà di veicoli elettrici a batteria, inclusa l’ansia di ricarica, Free2move Charge è uno strumento chiave per raggiungere gli obiettivi del piano strategico Stellantis Dare Forward 2030, incluso il raggiungimento di un mix di vendite di veicoli elettrici a batteria per autovetture (Bev) al 100% in Europa e un mix di vendite di Bev per autovetture e autocarri leggeri al 50% negli Stati Uniti entro il 2030.

Free2move Charge è costruito su tre pilastri: Home, Business e Go. Il primo, offre supporto ai clienti privati con l’installazione, il finanziamento e la garanzia della ricarica domestica e di altri hardware e servizi energetici. Le opzioni possono variare da cavi di ricarica CA e wall box oggi a Vehicle-2-Home, Vehicle-2-Grid e sistemi completi di gestione dell’energia con funzionalità all’avanguardia come soluzioni wireless touch-free e ricarica robot induttiva in fase di sviluppo per versioni future.
Free2move Charge Business affronta tutti gli ostacoli come piattaforma one-stop-shop con una suite completa di servizi energetici e di ricarica: supporto tempestivo, stima dei costi di esercizio iniziali e futuri, corretto dimensionamento dell’infrastruttura di ricarica, installazione, manutenzione e accesso alla ricarica pubblica mentre sei in viaggio.
Free2move Charge GO garantisce l’accesso diretto alla più ampia rete curata possibile di punti di ricarica pubblici attraverso partner in Nord America, Europa e altre regioni che verranno annunciate a breve. Oltre all’accesso, al pagamento e al supporto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, Free2move Charge GO lancerà progressivamente funzionalità leader come Plug and Charge, prenotazioni, programmi fedeltà, abbonamenti, pacchetti prepagati, singola fattura/fatturazione e persino consegnerà un addebito a una posizione richiesta quando necessario.

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Le auto elettriche hanno un problema: i loro nomi

Un quarto dei 300 modelli di auto in circolazione negli Usa ha lo stesso nome da oltre 20 anni, nonostante la vettura di base sia cambiata. E’ il caso della Porsche 911, introdotta nel 1965, o della Toyota Corolla, che debuttò nel 1966. Il Chevrolet Suburban, marchio più vecchio, ha addirittura 89 anni. Con l’avvento dell’elettrificazione, le case automobilistiche stanno ora sfornando modelli uno dietro l’altro, che però – secondo l’ultima newsletter di Bloomberg Green – hanno un problema: non hanno nomi accattivanti, oltre a prezzi molto più alti della media. Ad esempio il primo veicolo elettrico di massa della Toyota si chiama bZ4X, dove ‘bZ’ sta per emissioni “oltre lo zero”, il 4 si riferisce alle quattro ruote motrici e la X indica la forma di un crossover. Honda invece chiamerà il suo secondo veicolo elettrico e:Ny1. Poi, secondo Bloomberg, ci sono nomi che possono generare confusione. La E-Pace della Jaguar ha il motore a gas, mentre è la I-Pace quella a batteria. L’ID.4 è l’auto elettrica Volkswagen a forma di Sub, mentre l’ID. Buzz è il remake del famoso furgone tedesco.

Per David Placek, fondatore di Lexicon Branding, un nome di prodotto eccellente deve soddisfare tre requisiti: deve essere memorabile, degno di nota e distintivo all’interno della categoria. Inoltre, è utile che il nome sia “quello che noi chiamiamo fluente nell’elaborazione'” dice Placek. Quando la mente lo guarda e dice: “Ok, posso capirlo”. Molti nuovi nomi di mezzi elettrici non sono all’altezza. O si attengono troppo alla tradizione per risultare degni di nota – scrive Bloomberg – o si spingono così lontano per distinguersi da non essere memorabili.

Ci sono anche i nomi che, aggiungendo lettere, diventano meno chiari con il proliferare delle varianti. Audi ha lanciato il suo veicolo elettrico con il nome di “e-tron” – abbastanza ragionevole, dice Bloomberg – ma ora ha una serie di e-tron, tra cui l’originale e una e-tron Gt (molto diversa). Mercedes ha fatto un’operazione simile: i modelli elettrici dell’azienda comprendono EQS, EQA, EQB ed EQE, oltre a EQS SUV, EQB SUV ed EQE SUV.

La spinoff di Volvo, Polestar, invece ha adottato l’approccio dell’iPhone: la sua prima auto (non più in produzione) è stata la 1. Ora c’è la 2 e la 3 è in arrivo. I migliori nomi di veicoli elettrici non sono “probabilmente acronimi o accozzaglie di lettere, ma sono freschi, originali e divertenti da pronunciare”, sottolinea ancora Bloomberg. “General Motors ha seguito questa strada con la Chevrolet Bolt e la Cadillac Lyric. La Ioniq di Hyundai si adatta bene. Lucid ha il suo Air, Fisker il suo Ocean e Subaru il suo Solterra. Poi c’è l’Ariya di Nissan, presumibilmente un’alterazione della parola sanscrita che significa nobile o ammirevole. La Taycan di Porsche è una scelta unica, che richiama alla mente un’inafferrabile bestia della giungla”.

Secondo le stime di BloombergNEF, solo nel prossimo anno vedremo 30 nuovi veicoli elettrici negli Stati Uniti. “Fino ad allora, un applauso al team di Toyota che ha proposto Prius, che a 25 anni di distanza ha ancora un bell’effetto. Devono essere andati in pensione prima che arrivasse la bZ4X”, conclude la newsletter Bloomberg Green.

In Francia apre la prima fabbrica di batterie per auto del Paese

La Francia avrà la sua prima fabbrica di batterie per auto elettriche. Apre martedì prossimo, nei pressi di Lens: un evento industriale di rilievo per Parigi, che vuole garantirsi l’indipendenza dal colosso cinese e diventare addirittura esportatrice entro la fine del decennio.

È uno dei cavalli di battaglia di Emmanuel Macron: la reindustrializzazione comporterà la produzione di batterie in Francia e in Europa, in un momento in cui la Cina ha preso un notevole vantaggio in questo campo.

ACC (Automotive Cell Company), una joint venture al 50% tra TotalEnergies, Stellantis (nata dalla fusione di PSA e Fiat-Chrysler) e Mercedes-Benz, è quindi la prima ad aprire la sua “gigafactory” in Francia.

Attualmente in Europa ne sono in funzione solo pochi, ma i progetti sono fiorenti nel Vecchio Continente, dove negli ultimi anni ne sono stati annunciati circa cinquanta.
Nel nord della Francia, un’area emblematica della deindustrializzazione del Paese, quattro impianti dovrebbero entrare in funzione entro la fine del decennio.

Il primo di questi è l’ACC di Billy-Berclau, vicino al sito storico di PSA a Douvrin, che dovrebbe essere seguito da un progetto del gruppo sino-giapponese AESC-Envision a Douai (Nord), che produrrà per Renault dall’inizio del 2025. La start-up Verkor di Grenoble – sostenuta da Renault, Schneider Electric e Arkema – prevede di avviare la produzione nel suo impianto di Dunkerque a partire dalla metà del 2025, sempre per il gruppo Renault. Infine, ProLogium, gruppo taiwanese specializzato in batterie “solide”, ha annunciato a metà maggio il suo insediamento a Dunkerque, con inizio della produzione previsto per la fine del 2026.

Casa Bianca-Elon Musk: c’è l’accordo sulle stazioni di ricarica per le auto elettriche

La rete di stazioni di ricarica di Tesla negli Stati Uniti sarà disponibile per altri marchi di veicoli elettrici entro la fine del 2024, grazie agli accordi tra la Casa Bianca ed Elon Musk. Tesla ha accettato di aprire almeno 7.500 stazioni alle auto elettriche di altri produttori, secondo un documento governativo che illustra gli sforzi per installare circa 500mila stazioni di ricarica in più entro il 2030.

I rapporti tra la Casa Bianca e il multimiliardario sono stati spesso conflittuali, ma il team del presidente Biden ha spiegato che Musk si è reso disponibile quando il governo ha chiesto ai principali operatori del settore di espandere la loro rete di stazioni di ricarica. La mancanza di stazioni è considerata un grosso freno alla transizione verso le auto elettriche negli Stati Uniti.

Attualmente, i proprietari di Tesla possono acquistare adattatori per ricaricare le loro auto presso le stazioni di altri marchi, ma non è così per i conducenti di altri veicoli elettrici. La rete di ‘supercharger’ di Tesla è uno dei motivi per cui l’azienda automobilistica è in vantaggio.

Dal suo arrivo alla Casa Bianca, Joe Biden ha avviato diverse misure per favorire la crescita delle auto elettriche, come i 7,5 miliardi di dollari stanziati per la costruzione di stazioni di ricarica nel 2021. La decisione di Tesla di consentire ad altri marchi di utilizzare le sue stazioni di ricarica con adattatori consentirà all’azienda di Elon Musk di beneficiare delle sovvenzioni statunitensi.

Il documento cita anche gli impegni presi da altre aziende a favore delle stazioni di ricarica, tra cui Hertz, BP e General Motors. Le stazioni finanziate dal governo dovranno soddisfare diversi criteri, dall’affidabilità alla possibilità di localizzarle con uno smartphone. Studi recenti hanno dimostrato che molti automobilisti si sentono “frustrati dalle stazioni di ricarica troppo lente, utilizzate da troppe persone o che non funzionano“, osserva l’amministrazione, assicurando che i nuovi standard “risolveranno questo problema“.

Auto elettriche Norvegia

Ecco la ‘rekkevideangst’: la paura tutta norvegese che si scarichi l’auto elettrica

La parola entrata nel vocabolario comune in Norvegia è “rekkevideangst” e descrive l’ansia legata all’autonomia dei veicoli elettrici. Temperature spesso gelide, terreno accidentato, distanze molto lunghe, la Norvegia non è il parco giochi ideale per l’auto elettrica, che perde autonomia con il freddo intenso. Tuttavia, il paese nordico è il campione mondiale indiscusso nella diffusione di questi veicoli. L’anno scorso è stato registrato un record: quattro auto nuove su cinque (79%) erano elettriche. Un fatto curioso, visto che il regno è un grande produttore di petrolio, ma ha anche l’obiettivo di mettere fine ai motori termici per le nuove immatricolazioni dal 2025. Cioè dieci anni prima dell’Unione Europea. Dati decisamente lontani dalle statistiche europee. Secondo l’Acea, il mercato delle auto elettriche ha rappresentato il 12,1% delle vendite di auto nuove nel 2022 nell’Ue, rispetto al 9,1% dell’anno precedente.

Il gelo potrebbe essere – ma non lo è – un ostacolo alla diffusione dei veicoli elettrici in Norvegia, perché se vengono lasciati all’aperto a temperature comprese tra -10/-15°C, consumano molta più batteria. Nella stagione fredda, la perdita di autonomia dipende dal modello del veicolo e, ovviamente, dall’intensità del gelo.
Ma in Norvegia la parola d’ordine è: pianificazione. Le app delle case automobilistiche e l’ampia rete di punti di ricarica veloci e superveloci, più di 5.600, aiutano ad affrontare anche lunghi viaggi. Il problema è tutt’altro che insormontabile, tanto è vero che le auto elettriche hanno rappresentato lo scorso anno il 54% delle nuove immatricolazioni nel Finnmark, la regione più settentrionale del Paese. Situata nel cuore dell’Artico, detiene un record nazionale che fa venire i brividi: la colonnina di mercurio scende anche a -51°C.

Anche altri paesi nordici abituati a temperature rigidissime, come l’Islanda (33,3% delle immatricolazioni nel 2022) o la Svezia (32,9%), sono leader mondiali nelle auto completamente elettriche. “Sempre più veicoli elettrici hanno sistemi di preriscaldamento della batteria, il che è intelligente perché aumenta l’autonomia e l’auto si ricarica più velocemente se si riscalda“, spiega Christina Bu, segretaria generale dell’Associazione norvegese per i veicoli elettrici.
La politica norvegese è proattiva, con motori termici altamente tassati a differenza di quelli elettrici, anche se il governo sta iniziando a tagliare questi vantaggi finanziari per compensare un deficit stimato in quasi 40 miliardi di corone (3,8 miliardi di euro) l’anno scorso. “La ricetta del successo in Norvegia è la tassazione ecologica“, riassume Christina Bu. “Tasseremo ciò che non ci piace, le auto a combustibili fossili, e incoraggiamo ciò che ci piace, le auto elettriche. È così semplice. E se può farlo la Norvegia, possono farlo tutti“, aggiunge.

Cattaneo: “Sì a nucleare e carbone, il Pnrr va cambiato”

Alessandro Cattaneo, ingegnere, deputato di Forza Italia dal 2018, ex sindaco di Pavia, uno dei dirigenti di Forza Italia più vicini a Silvio Berlusconi, racconta dalla sua città come il centrodestra intende affrontare – e risolvere – il tema caldissimo dell’energia e quello non meno importante dell’ambiente. Un’intervista garbata ma ferma, con alcuni punti fondamentali intorno ai quali sviluppare la campagna elettorale e non solo.

EMERGENZA ENERGIA

All’interno del programma del centrodestra ‘Per l’Italia’, il punto 11 è dedicato all’emergenza energia. Tanti obiettivi, tanti progetti da mettere a terra e non tutti di facile realizzazione: “Il programma è stato scritto con persone competenti, con esperti di settore. Io sono ingegnere e ho dato il mio contributo grazie alle competenze che ho maturato come sindaco a livello amministrativo e per le mie conoscenze scientifiche e tecniche”, dice Cattaneo. Il programma, spiega, “è composto da una serie di iniziative che rappresentano una sommatoria: ciascuna da sola non dà risposte sufficienti, ma se vengono sommate tutte insieme possono fornire una soluzione strutturale all’Italia“.

Il tema “più importante” sarà quello delle bollette, perché “qualcosa va fatto subito” e riguarda “il welfare”. Come “dare bonus a chi non riesce a pagarle e si troverebbe con la luce staccata” . E ancora, attraverso azioni come “leva fiscale, detrazioni, interventi sulle energivore” per aiutare le aziende “che se no chiudono e lasciano a casa i dipendenti“. E ancora, “tornare a estrarre il nostro gas naturale che è di buona qualità”, “diversificare le fonti con i rigassificatori, che ci permettono di importare il gas liquefatto da altre aree che non sia la Russia”. E, dice Cattaneo, “bisogna tornare ad occuparsi di nucleare in maniera molto pragmatica. Noi dobbiamo diventare leader nella ricerca del nucleare di quarta generazione. Non possiamo essere assenti tra i grandi Paesi del mondo”.

E le rinnovabili? “Per noi – spiega il deputato azzurro – sono fondamentali, anche se oggi siamo bloccati dalle troppe politiche dei no. In Italia non mancano i soldi, ci sono quelli del Pnrr e quelli privati della finanza internazionale, ci sono progetti fatti, ma mancano le autorizzazioni. Bisogna immaginare una Legge Obiettivo sulla realizzazione delle opere” necessarie alle “rinnovabili, come è successo per l’alta velocità”.

NUCLEARE, LA SOLUZIONE

Il nucleare è tanto delicato quanto cogente. Forza Italia, non è un mistero, sta dalla parte di chi vuole affidarsi a questo tipo di energia, anche se le problematiche e i tempi non facilitano le progettualità. Ma Cattaneo avanza con decisione: “I 20 paesi più industrializzati del mondo ce l’hanno tutti, tranne noi” e, soprattutto, “quando arrivano le bollette, le nostre aziende partono con un gap competitivo… È come correre i 100 metri ma noi dobbiamo farne 120”. “Il nucleare pulito – sottolinea Cattaneo – è alla portata della ricerca” e pur rispettando “il volere popolare dei due referendum”, “non dimentichiamo che Bruxelles ha identificato il nucleare e il gas come fonti pulite”.

CARBONE, IMITARE LA GERMANIA

Per far fronte alla crisi energetica, la Germania è tornata pesantemente sul carbone. Una soluzione lontana dall’obiettivo di emissioni zero. Eppure Cattaneo non se la sente di bocciare la scelta del governo Scholz: “Il dato interessante e paradossale, è che la Germania tiene accese le centrali a carbone con i Verdi ambientalisti per la prima volta al governo. Un paradosso, sì, ma siccome i tedeschi sono molto pragmatici, per affrontare l’assenza di gas non hanno potuto che riattivare le centrali”. E se lo fanno loro, è il ragionamento, “evidentemente non c’è alternativa” se non quella di “chiudere le aziende”. E allora “io scelgo di tenere aperte le imprese e qualche centrale a carbone. In Italia, tra l’altro, non ne abbiamo tante ma sono tra le più moderne del mondo, come quella di Civitavecchia. Poi, come dice Cingolani, andranno spente e riconvertite”.

AUTO ELETTRICHE, CHE ERRORE

Con la corsa all’elettrificazione, per volere dell’Ue, dal 2035 sarà bandita la produzione di auto a benzina e a diesel. “È una decisione sbagliatissima – s’infervora Cattaneo – noi ci siamo opposti con tutte le nostre forze, a Bruxelles, attraverso Tajani e Berlusconi. È una scelta ideologica”. La preoccupazione di Cattaneo è per le imprese e per i lavoratori: “Vuol dire che la filiera dell’auto dismette tutto ciò che è motore a combustione, il che si tramuta in Italia in un milione di posti di lavoro a rischio. Io ritengo che se i ragazzi dei Fridays for future, che dicono cose giuste, tornano a casa e il proprio padre è stato licenziato in virtù di decisioni troppo ideologiche, forse ci ripensano. Serve un approccio di ambientalismo diverso, che non è appannaggio della sinistra”.

CENTROSINISTRA DA PAURA

Una sinistra che, argomenta Cattaneo, “fa venire i brividi”. Il programma su energia e ambiente “l’ho letto, certo. Molto sintetico, molti slogan e poca concretezza. C’è da aver paura di fronte a un approccio del genere. La sinistra può prendere decisioni dalla sera alla mattina, decisioni che vanno a soddisfare le pulsioni di qualche piazza ambientalista, ma che rischiano di fare danni importanti alle imprese italiane. Le aziende non sono il nemico, ma l’alleato nella transizione ecologica. A qualche ambientalista piacerebbe che girassimo tutti in bicicletta, ma saremmo anche tutti affamati a quel punto”.

AMBIENTE E TERMOVALORIZZATORE

Al punto 12 del programma del centrodestra, si parla di ambiente. Dalla piantumazione – il famoso milione di alberi da piantare di Berlusconi – alla salvaguardia dell’acqua, al riciclo dei rifiuti. Per un termovalorizzatore è caduto un governo e Cattaneo lo sa bene: “Ero relatore di quel provvedimento, il dl aiuti. Noi eravamo d’accordo, anche se era il Pd a proporlo. In assoluto è necessario lavorare di più e meglio sull’economia circolare. L’Italia è un Paese manifatturiero e può diventare leader nel mondo per queste pratiche. Io dico: meno ideologia e più pragmatismo”.

PNRR DA RIVEDERE

L’ultimo argomento, non meno delicato degli altri, è il Pnrr. Che per Cattaneo, come per Berlusconi, ha bisogno di “un’aggiustatina”. Lo accetterà l’Europa? “Il Pnrr – dice – ha qualche problema nel merito e nel metodo. Vogliamo negare che siamo già in ritardo negli obiettivi? E perché siamo in ritardo? Viene meno anche l’alibi che i soldi ci sono… ma questo Paese non riesce a spenderli, perché il codice appalti è farraginoso, perché le stazioni appaltanti degli 8 mila comuni non ce la fanno, perché persino le regioni faticano a stare dietro a questi ritmi”. Quindi, conclude Cattaneo, “o tagliamo la burocrazia, oppure gli obiettivi non si ottengono. Noi diciamo di rivedere il Pnrr innanzitutto nella modalità di spesa dei denari e poi per usare meglio la leva dei soldi pubblici. Da liberali vogliamo spalancare le porte ai privati in un’ottica sussidiarietà. Nel merito, poi… Se il Pnrr nasce da una risposta giusta dell’Europa ‘buona’ in tempo di pandemia, oggi c’è una crisi energetica che presuppone una pari, forse maggiore, emergenza. Se noi diciamo di ricalibrare il Pnrr diciamo una cosa giusta e in Europa nessuno può avere nulla da dire.

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Tutto quello che devi sapere sulla ricarica delle auto elettriche

Lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 deciso dall’Unione Europea segna un passo fondamentale verso la decarbonizzazione dei trasporti, ma apre uno scenario critico per i consumatori. Inevitabilmente costretti a passare a mezzi alimentati da fonti alternative, in molti nei prossimi anni opteranno per veicoli ibridi, senza necessità di ricarica. Ma la strada verso il 100% elettrico, in attesa che anche l’auto solare diventi una realtà di massa, è ormai segnata. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Primo fra tutti ‘l’ansia da autonomia’. Quando si sale su un’auto BEV, alimentata da motore elettrico a batteria senza uso di combustibili fossili, la prima domanda che si fa è: quanto durerà la ricarica? E poi: quanto ci metterò a ricaricarla?

AUTONOMIA AUTO ELETTRICHE

Impossibile dare un valore assoluto, perché ovviamente (come succede con le auto a benzina e diesel) l’autonomia dipende dalla capacità della batteria e dal modello del veicolo. Inoltre, sui consumi influiscono lo stile di guida, la velocità, la tipologia di percorso e le condizioni climatiche. Le case automobilistiche in ogni caso comunicano il dato di autonomia medio. In media, a oggi, con un’auto BEV si possono percorrere tra i 200 e i 500 km. Ma si arriva fino ai 900 km con un ‘pieno’ per alcuni modelli di Tesla, pioniera della mobilità elettrica. La percorrenza media di un veicolo elettrico è di 6-8 km/kWh, la capacità media è di 30-80 kWh. Questi sono i due dati da valutare nell’acquisto del veicolo: più sono alti i due valori, più a lungo durerà la batteria.

VELOCITÀ DI RICARICA

Anche in questo caso, la velocità di ricarica di un’auto elettrica dipende da diversi fattori. Dalla potenza con cui si carica (potenza in kW della presa disponibile nelle stazioni di ricarica), dalla potenza massima accettata dal caricabatteria interno al veicolo, dal tipo di cavo utilizzato oltre ovviamente che dalla capacità del sistema di accumulo di bordo e dallo stato di carica. Secondo i dati di Enel X, un’auto media con una batteria da 25 kWh richiede 8 ore per ricaricare completamente a casa (con una potenza media di 3 kW), 2 ore per ricaricare completamente in stazioni di ricarica più veloci (con potenza compresa tra 7,4 e 22 kW), 30 minuti per ricaricare completamente presso le stazioni di ricarica più veloci (con potenza compresa tra 43 kW e 50 kW).

LA POTENZA DEI PUNTI DI RICARICA

A oggi, rileva Motus-E, il 92% dei punti di ricarica è in corrente alternata (AC), mentre l’8% in corrente continua (DC). Di queste il 14% è a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 78% a ricarica accelerata in AC (tra più di 7 kW e 43 kW), un 4% fast DC (fino a 50 kW) e il restante 4% ad alta potenza (di cui quasi il 2% oltre i 150 kW). Si assiste ad installazioni a potenze sempre più elevate, infatti nell’ultimo trimestre sono soprattutto i punti di ricarica in DC ad aumentare con un +46% per i punti di ricarica tra 50 e 150 kW e un +38% per i punti di ricarica con potenza superiore ai 150 kW. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, è confermato anche questo trimestre che il 57% circa dei punti di ricarica sono distribuiti nel Nord Italia, il 23% circa nel Centro mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. Del totale dei punti di ricarica. Inoltre, il 32% è disponibile nei capoluoghi di provincia ed il restante negli altri comuni del territorio. Ancora fortemente limitata la presenza di infrastrutture di ricarica in ambito autostradale, tuttavia si registrano dei segnali positivi. Infatti, anche per quanto riguarda i punti di ricarica in autostrada si evidenzia l’incremento trimestrale più alto mai registrato nelle nostre rilevazioni (+85 punti di ricarica ad uso pubblico) che portano ad un totale di 235 punti di ricarica disponibili sui corridoi autostradali. Di questi 151 con ricarica veloce o ultraveloce. Considerando la rete italiana autostradale complessiva di circa 7.318 km, risultano 2,1 punti di ricarica veloce ed ultraveloce ogni 100 km.

QUANTO COSTA UN PIENO?

Proprio come per le auto a diesel o benzina, dipende dalla capacità della batteria, ma anche dalla velocità di ricarica. I prezzi medi per una ricarica domestica variano fra 0,15-0,30 euro per kWh. Se invece si fa rifornimento presso colonnine, i prezzi si aggirano dagli 0,40 euro al kWh per le ricariche più lente agli 0,80 euro al kWh per quelle più veloci.

RICARICA MOBILE

Oltre alle Infrastrutture di ricarica fisse, in Italia si sta sviluppando una rete di ricarica mobile, che si differenzia rispetto alla rete di ricarica tradizionale in quanto non è posizionata in un luogo specifico ma raggiunge l’utente. Attualmente il servizio è presente a Roma, Milano, Bologna e Torino con un totale di 36 dispositivi mobili con una potenza di ricarica fino a 70kW. Lo sviluppo potrebbe rappresentare una soluzione complementare per l’accelerazione verso un sistema di ricarica nazionale in grado di rispondere adeguatamente all’incremento previsto dei fabbisogni delle auto elettriche.